Al vaglio delle Sezioni Unite la questione della rilevabilità d’ufficio dell’inefficacia del contratto concluso dal falsus procurator.

 a cura dell’Avv. Roberto Chiatto

Recentemente, con l’ordinanza 14688 del 27/6/2014, è stata  sollecitata l’assegnazione alle Sezioni Unite della questione della rilevabilità d’ufficio dell’inefficacia del contratto stipulato dal falsus procurator, dominata finora dalla tradizionale tesi dell’eccezione in senso stretto affidata allo pseudo-rappresentato.

 

1-     Premessa.

Per comprendere i termini del dibattito, occorre una breve premessa.

Le patologie che possono affliggere l’istituto della rappresentanza (artt. 1387 e ss., c.c.) si risolvono nell’abuso e nel difetto del potere rappresentativo.

Si verifica l’abuso del potere di rappresentanza nei casi in cui il rappresentante agisce in conflitto di interessi con il rappresentato, quando trascura o lede l’interesse di quest’ultimo e, infine, quando si discosta dalle istruzioni ricevute. La concreta possibilità di un abuso del potere rappresentativo presuppone che tale potere non solo esista in capo al rappresentante, ma che sia altresì stato legittimamente conferito con procura dal rappresentato. La peculiarità dunque di questo vizio si fonda su un cattivo uso del potere, un  utilizzo scorretto e sconveniente. Gli atti giuridici e i negozi, come i contratti, posti in essere dal rappresentante, nonostante non curino adeguatamente l’interesse del rappresentato, anzi possono pregiudicarlo, sono tuttavia pienamente validi ed efficaci verso quest’ultimo, il quale avrà diritto ad un risarcimento del danno per inadempimento dell’incarico da parte del rappresentante. Soltanto quando, oltre al pregiudizio, si configuri anche un conflitto di interessi conosciuto o riconoscibile dal terzo (art. 1394 c.c.), il contratto sarà suscettibile di essere invalidato tramite l’azione di annullamento. Stessa sorte per il c.d. contratto con se stesso, species del genus conflitto di interessi.

Diverso dall’abuso è il difetto di rappresentanza, che si caratterizza o per la totale assenza di potere rappresentativo in capo al rappresentante, o, a fronte di un potere legittimamente conferito, per il superamento dei limiti fissati dalla procura (deve precisarsi che spesso la rappresentanza convive con una rapporto gestorio sottostante, nelle forme del mandato. Pertanto, se il rappresentante eccedesse i contenuti del rapporto di gestione restando tuttavia all’interno dei limiti della procura, si verificherebbe solo un abuso). In queste ipotesi, emerge la figura del falsus procurator, i cui negozi giuridici sono di regola inefficaci nei confronti del falso rappresentato, del terzo, e dello stesso falso rappresentante.

In breve sintesi, si possono ipotizzare tre diverse situazioni a cui si ricollegano tre diversi effetti:

a-     se il rappresentante abusa del potere rappresentativo, l’atto è valido e efficace, salvo l’obbligo risarcitorio verso il rappresentato;

b-    se il rappresentante agisce il difetto di rappresentanza, l’atto è inefficace;

c-     se il rappresentante agisce in conflitto di interessi, l’atto è invalido (annullabile).

2-     I termini del dibattito.

Premesso tutto ciò, le incertezze riguardano i profili sostanziali e processuali degli atti compiuti e dei contratti stipulati dal falsus procurator, cioè da un soggetto che difetta di ogni potere rappresentativo o agisce, bensì in presenza di un potere rappresentativo ma oltre i limiti della procura ricevuta.

 

2.1 – Il problema sostanziale.

Sul versante sostanziale, quello inerente alla natura giuridica del contratto de quo, la dottrina e la giurisprudenza maggioritarie propendono da tempo per l’inefficacia. Si sostiene che il contratto in questione sia perfetto, in quando completo di tutti gli elementi costitutivi di cui all’art 1325 c.c., e valido, non presentando alcuna irregolarità o contrarietà a previsioni di legge. Tuttavia si presenta come inefficace, id est temporaneamente improduttivo dei propri effetti giuridici. Inefficace in primis verso il (falso) rappresentato, dal momento che questi non ha conferito alcun potere di rappresentanza e pertanto il negozio è del tutto estraneo alla sua sfera giuridica. Inefficace poi verso lo stesso (falso) rappresentante: infatti, trattandosi di rappresentanza diretta, il falsus procurator ha operato la spendita del nome (c.d. contemplatio domini) del rappresentato e giammai potrebbe subire nella propria sfera giuridica gli effetti dei negozi da lui posti in essere; non è parte sostanziale del contratto e nemmeno sarebbe ipotizzabile e ammissibile una sua sostituzione in luogo del rappresentato per una sorta di sanzione a suo carico, limitandosi la sanzione alla responsabilità (precontrattuale) verso il terzo. Infine, il contratto è inefficace anche verso il terzo contraente.

Questa ricostruzione non viene tuttavia condivisa in toto. Infatti, parte della giurisprudenza parla di invalidità, oscillando tra la nullità e l’annullabilità, oppure di negozio incompleto, imperfetto e in via di formazione. In estrema sintesi:

a-     invalidità. Alcuni orientamenti sostengono l’invalidità giuridica, in particolare, la nullità del contratto. La conclusione è tratta dall’assenza, nella previsione normativa, di azioni a tutela del falso rappresentato, come invece avviene espressamente in caso di conflitto di interessi (art. 1394 c.c.) e contratto con se stesso (art. 1395, comma 2, c.c.). A contrario quindi dovrebbe ipotizzarsi la possibilità per chiunque, in particolare giudice e terzo contraente, di agire per far dichiarare la nullità del contratto, ovviamente senza limiti temporali;

b-    contratto in via di formazione. Si considera il contratto sic et simpliciter imperfetto e in itinere, in attesa della ratifica del falso rappresentato per il suo completamento.

Ora, forti dubbi si nutrono in particolare verso la tesi della nullità.

Se il contratto fosse davvero nullo non si comprenderebbe perché l’art 1399, al terzo comma, prevede la possibilità di sciogliere il negozio solo l’accordo in tale senso dei due contraenti. Il richiamo al c.d. mutuo dissenso lascia intendere che il contratto sia pienamente esistente, valido e vincolante per le parti, cosicché nessuna delle due (pseudo rappresentante e terzo) potrebbe liberarsi unilateralmente, tramite un recesso, ma solo nei modi ordinari di scioglimento del contratto. Nell’ottica della nullità, nessun ostacolo sarebbe sorto alla pacifica ammissibilità del recesso unilaterale.

In secondo luogo, in aperta contestazione della nullità interviene l’istituto della ratifica, previsto dal comma 1 dall’art 1399 c.c. Infatti, la ratifica è un negozio unilaterale con cui il falso rappresentato rende efficace nei suoi confronti il contratto stipulato dal falso rappresentante. Si tratta di un atto con cui, in buona sostanza, si accetta l’operato dello pseudo rappresentante, integrando in via sopravvenuta il difetto originario di legittimazione. Ora, se il contratto fosse nullo, come sarebbe possibile recuperare nella propria sfera giuridica effetti di un negozio insuscettibile di produrli in quanto definitivamente invalido ab origine?

Difficilmente la tesi della nullità potrebbe resistere alle critiche su esposte. Non resta quindi che condividere la tesi della inefficacia, considerando in tale ottica la ratifica come una conditio iuris sopravvenuta alla cui verificazione è subordinato il contratto in questione (Cass. 4601/1983; Cass. 410/2000; Cass. 11396/1999; Cass. 3872/2004).

 

2.2 – Il problema processuale.

La questione rimessa alle ss.uu. riguarda la rilevabilità d’ufficio dell’inefficacia del contratto stipulato da falso rappresentante. Già da tempo la giurisprudenza maggioritaria ha negato la rilevabilità d’ufficio ad opera del giudice, come nel caso del contratto nullo, e del terzo (Cass. 14618/2010; Cass. 12144/1999; Cass. 7501/1993), configurando l’inefficacia come una eccezione in senso stretto affidata al solo falso rappresentato. L’orientamento poggia sulla considerazione che la legge tutela il falso rappresentato, consentendo solo a questo di far valere l’inefficacia. E l’onere della prova segue le normali regole di cui all’art 2697 c.c.: se Tizio (falso rappresentante) stipula un contratto con Caio (terzo contraente) in nome di Sempronio (falso rappresentato), qualora Caio agisca per l’esecuzione del contratto verso Sempronio, sarà quest’ultimo a eccepire l’inefficacia del contratto e spetterà a Caio dimostrare invece l’esistenza del potere rappresentativo. Vero è che una qualche tutela è prevista anche per il terzo vincolato al contratto. Ma i rimedi si limitano alla risoluzione consensuale o al diritto di interpello al giudice (la c.d. actio interrogatoria) diretto alla fissazione di un termine molto breve di decadenza per la ratifica del falso rappresentato. Decorso invano il termine, la ratifica si intende negata ex art 1399, comma 4, c.c. e il terzo è svincolato da un contratto, ormai divenuto definitivamente inefficace per il mancato verificarsi della condizione. Nessuno spazio dunque per un rilievo dell’inefficacia.

 

3-     Conclusione.

In attesa dell’eventuale pronuncia delle sezioni unite, sembrano deboli e poco convincenti le argomentazioni volte da un lato a respingere la tesi dell’inefficacia del contratto stipulato dal falsus procurator a favore della nullità (o addirittura della inesistenza) e dall’altro ad ampliare l’eccezione, passando dall’esclusivo potere del falso rappresentato di eccepirla in giudizio ad una eccezione in senso ampio a disposizione anche del terzo contraente.

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