Cassazione civile sezione lavoro sentenza 10 settembre 2012 n 15100
Lavoratore, periodo di valutazione, termine, scadenza, cessazione, legittimità

La sezione lavoro
(Presidente/Relatore Roselli)

Svolgimento del processo
Con un primo ricorso del 21 maggio 2008 C.T. esponeva di essere affetto da “agnosia spaziale”
ossia da difficoltà di riconoscere i luoghi, che si concretava in un’invalidità del novanta per
cento, e di essere stato avviato obbligatoriamente al lavoro quale coadiutore amministrativo
presso l’Azienda – unità sanitaria locale n. XX di Venezia. Il periodo di prova di due mesi non
si era svolto regolarmente a causa dell’assegnazione a mansioni diverse da quelle previste nel
momento dell’assunzione e comunque non compatibili con il suo stato di salute. Pertanto il T.
chiedeva dichiararsi la nullità della delibera di recesso dell’Azienda dal rapporto di lavoro per
mancato superamento della prova, e la condanna alla reintegrazione.
Con un secondo ricorso del 18 luglio 2008 il T. chiedeva accertarsi che, essendo stata
comunicata la suddetta delibera dopo la scadenza del termine di prova, il rapporto era ormai a
tempo indeterminato.
Costituitasi l’Azienda in entrambi i giudizi, l’adito Tribunale di Venezia rigettava la domanda
con decisione confermata dalla Corte d’appello con sentenza del 12 luglio 2010.
La Corte osservava che l’eccezione di incompetenza dell’organo aziendale ad emettere l’atto di
recesso era inammissibile perché proposta per la prima volta in appello.
Potendo la volontà di recesso per mancato superamento della prova essere manifestata in
forma orale, non rilevava che la notifica dell’atto scritto fosse avvenuta dopo la fine del periodo
di prova.
La Corte considerava infine le attività lavorative affidate al T. e, negata la prospettabilità di
alcune circostanze nuove in appello, escludeva che le mansioni fossero incompatibili con le
condizioni sanitarie del lavoratore.
Contro questa sentenza ricorre per cassazione il T. mentre l’Azienda ULSS n. XX veneziana
resiste con controricorso. Memorie utrinque.

Motivi della decisione
Col primo motivo il ricorrente lamenta violazione dell’art. 414 cod. proc. civ. e vizio di
motivazione, per avere la sentenza impugnata considerato tardivo il suo rilievo di
incompetenza dell’organo amministrativo che aveva accertato il mancato superamento della
prova. Il ricorrente sostiene di aver saputo di un telegramma, comunicante il detto accertamento, soltanto dalla comparsa di risposta della convenuta ossia quando il processo era
già in corso.
Il motivo non può essere accolto.
Nell’atto introduttivo del giudizio del 21 maggio 2008 il ricorrente parlò di una lettera del 27
marzo precedente, di comunicazione del suo “licenziamento”. Non dice ora egli che cosa gli
impedì di rilevare, in quella lettera, il difetto di competenza poi da lui lamentato e di
denunciarlo tempestivamente nel suo ricorso al Tribunale.
L’attuale motivo di ricorso è perciò inammissibile perché generico, ossia inosservante delle
prescrizioni contenute nell’art. 366, nn. 3 e 4, cod. proc. civ.
Col secondo motivo il ricorrente prospetta la violazione degli artt. 1325, 1350, 2096 cod. civ.,
per non avere l’ente pubblico espresso in forma scritta l’atto di recesso.
Il motivo non è fondato.
Con sentenza 2 agosto 2002 n. 11633 le Sezioni unite di questa Corte hanno stabilito, con
riferimento al patto di prova stipulato in caso di assunzione obbligatoria, la non necessità
della formale comunicazione del motivo di recesso da parte del datore di lavoro, salvo il potere,
spettante al lavoratore, di provare in sede giudiziale l’illiceità del motivo e perciò l’invalidità
dell’atto negoziale unilaterale. In tal senso anche Cass. 27 gennaio 2004 n. 1458.
Nel caso di specie il ricorrente nelle pagg. 4 e 23 del suo atto d’impugnazione afferma che il
“licenziamento” (recte: manifestazione della volontà di recesso) fu comunicato con lettera
27.03.08, e tanto basta ad escludere la fondatezza della doglianza di difetto della forma scritta,
quand’anche nella lettera non fossero stati espressi i motivi.
Quanto detto sopra a dimostrare l’inconsistenza anche del quarto motivo, in cui il ricorrente si
riferisce al mancato ricevimento di un non meglio specificato telegramma.
Col terzo motivo egli invoca l’art. 2096 cit. e sostiene che la dichiarazione di recesso giunta al
lavoratore dopo la scadenza del termine di durata della prova non può risolvere il rapporto di
lavoro, che deve intendersi trasformato in rapporto a tempo indeterminato.
Questa tesi è errata.
È vero che a norma del quarto comma dell’art. 2096 cit., compiuto il periodo di prova
l’assunzione diviene definitiva, ma questa disposizione si riferisce al caso in cui alla scadenza
del termine il rapporto di lavoro continui a svolgersi, e non al caso in cui le prestazioni cessino
alla scadenza del termine e la volontà recessiva del datore venga recepita successivamente dal
lavoratore.
Nella specie il ricorrente non sostiene di aver prospettato, nel giudizio di merito, la
prosecuzione della sua attività lavorativa oltre il termine, onde la censura si dimostra priva di
fondamento. Il quinto motivo è rubricato con “inversione degli oneri di allegazione e di prova in ordine
all’intempestiva comunicazione del recesso” mentre nella parte conclusiva si parla di “negozio
unilaterale ricettizio che deve provenire dall’organo deputato ad emetterlo” e non si
specificano i contenuti dell’evocata allegazione e prova.
Il motivo è perciò inammissibile perché perplesso e privo di indicazione della norma di diritto
asseritamente violata, ossia per inosservanza dell’art. 366 cit.
Anche il sesto motivo è inammissibile poiché il ricorrente, parlando di illecito svolgimento
della prova, non volta a sfruttare le capacità residue dell’invalido, prospetta questioni di fatto
estranee al controllo di legittimità oppure indica fatti nuovi, non trattati nella sentenza
d’appello, senza lamentare l’omissione di motivazione.
Rigettato il ricorso, le spese seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali in
cinquanta Euro, più tremila Euro per onorario, oltre ad accessori di legge.

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