CORTE DI CASSAZIONE, SEZIONE II CIVILE

SENTENZA 2 FEBBRAIO 2012 N. 1479

a cura dell’Avv. Giuseppe Benfatto 

MASSIMA

 

In materia di circolazione stradale, la preventiva informazione dei conducenti e delle persone che accedono o transitano nei centri storici o alle zone a traffico limitato costituisce condizione di legittimità dell’accertamento dell’accesso a tali aree mediante sistemi elettronici di rilevazione automatizzata solo a seguito della delibera del Garante per la protezione dei dati personali dell’8 aprile 2010, che ha introdotto specificamente tale obbligo a carico dei Comuni e che è priva di efficacia retroattiva, poiché, per il periodo precedente, era sufficiente il rispetto delle prescrizioni poste dal d.P.R. 22 giugno 1999, n. 250, e dalla delibera del Garante per la protezione dei dati personali del 29 aprile 2004, che imponevano la mera segnalazione degli impianti in forma semplificata, essendo tali disposizioni orientate a riferire la rilevazione al veicolo piuttosto che al conducente.

 

IL CASO

 

La questione giurisprudenziale affrontata in questa pronuncia parte dalla contestazione di sei verbali elevati nei confronti di un cittadino  che era entrato nella zona a traffico limitato del Comune di Bologna senza rispettarne le relative prescrizioni, salvo successivamente contestarne la legittimità presso il competente Giudice di Pace. In primo grado il privato vede rigettate tutte le censure sollevate verso i predetti verbali. Rispetto a tale pronuncia negativa decide di proporre ricorso per saltum alla Suprema Corte di Cassazione, basandolo sulla presunta violazione da parte del Comune della normativa a tutela dei privati nella raccolta e gestione dei dati personali.

 

 

NOTA ESPLICATIVA

 

Come detto la polizia municipale di Bologna aveva elevato sei verbali di contestazione ad un privato che era transitato con il proprio motociclo in un’area per cui vigeva il divieto di circolazione. Tali verbali venivano contestati innanzi al Giudice di Pace lamentando, con il primo motivo, che la contestazione dell’infrazione non era avvenuta in modo immediato; tuttavia, a tal proposito, il Giudice di Pace evidenziava che i verbali erano stati correttamente redatti e che il Codice della Strada consente la contestazione non immediata senza che risulti necessaria l’indicazione nel verbale delle ragioni per cui la contestazione non è stata immediata.

Il privato, in secondo luogo, contestava la mancata omologazione delle apparecchiature utilizzate per l’accertamento delle infrazioni. Tuttavia anche su questo punto il giudicante dava atto al Comune di aver rispettato tutte le prescrizioni sull’iter prodromico  alla installazione delle apparecchiature di rilevamento elettronico.

Con il terzo motivo l’opponente lamentava la violazione della normativa a tutela della privacy, in quanto il Comune, di fatto, gestiva dati personali relativi agli spostamenti del privato senza una sua previa autorizzazione ed informazione.

Anche su questo punto l’opposizione si rivelava infondata, in quanto il Comune provava di aver ottenuto la specifica autorizzazione di cui al DPR n. 250 del 1999 per l’utilizzo dei dati relativi al sistema di controlo automatico degli accessi nella zona Ztl.

Contro la sentenza di rigetto del giudice di prime cure il privato ricorreva in Cassazione con un solo motivo in cui lamentava l’errata applicazione del D.lgs. n. 196/’03 affermando che all’atto della raccolta dei dati personali con qualunque mezzo l’interessato deve essere informato sugli elementi essenziali di cui all’art. 13 del citato decreto.

Per cui la Pa che intende procedere a rilevamenti per l’accertamento di illeciti amministrativi attraverso sistemi di videosorveglianza, si deve determinare all’installazione di segnali di preavviso ed all’informazione sul successivo trattamento  dei dati raccolti.

Quindi il ricorso per Cassazione del privato si incentrava sulla questione della presegnalazione dell’apparecchiatura di rilevazione a distanza delle infrazioni e sulle ulteriori informazioni relative al trattamento dei dati personali, dovute ai soggetti interessati.

I giudici di legittimità partono dall’assunto che i Comuni e gli altri enti pubblici possono, in virtù  del DPR n. 250/’99, raccogliere immagini relative agli accessi nelle Ztl, ma i dati raccolti possono essere conservati solo per il periodo necessario per la contestazione delle infrazioni e per definire il relativo contenzioso. Inoltre, con la delibera dell’8 aprile 2010 il Garante per la protezione dei dati personali ha precisato che  l’utilizzo delle immagini relative ai sistemi di videosorveglianza deve essere finalizzato esclusivamente al perseguimento degli scopi istituzionali.

Tale delibera, per la prima volta, specifica che i conducenti dei veicoli e le persone che accedono o transitano in aree dove sono attivi sistemi elettronici di rilevazione automatizzata delle violazioni (come le zone a traffico limitato) devono essere previamente informati in ordine al trattamento dei dati personali.

Dunque, l’obbligo di informazione a favore dei conducenti e delle persone che accedono o transitano nelle zone a traffico limitato risulta specificamente introdotto con la delibera del Garante della Privacy datata 8 aprile 2010 e non si ritiene possa operare in modo retroattivo.

Ne consegue che per le violazioni anteriori al 2010 si deve avere riguardo  al DPR n. 250 del 1999 per stabilire la legittimità o meno delle rilevazioni. La precedente normativa imponeva solo la segnalazione dell’impianto regolarmente omologato e la previa autorizzazione per la sua installazione. Invece, nulla veniva prescritto prima del 2010  relavitavamente all’informazione ai privati delle finalità e modalità di trattamento dei dati raccolti dai sistemi di videosorveglianza.

Nel caso specifico, temporalmente anteriore al 2010, sarebbe stato risolutivo l’accertamento della mera presenza della segnaletica atta ad indicare un sistema di videosorveglianza della zona a traffico limitato; tuttavia, l’accertamento  sulla presenza o meno della segnalazione non può avere luogo in secondo grado, in considerazione del fatto che la censura è stata proposta in sede di legittimità, dove può essere censurata esclusivamente la violazione di legge. Ne deriva il rigetto del ricorso.

 

 

NORMATIVA DI RIFERIMENTO

 

DPR 22 giugno 1999 n. 250;

Decreto legislativo n. 196/2003;

Delibera Garante per la protezione dei dati personali 29 aprile 2004;

Delibera Garante per la protezione dei dati personali 8 aprile 2010.

 

            SENTENZA IN COMMENTO

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SETTIMJ Giovanni – Presidente

Dott. PETITTI Stefano – rel. Consigliere

Dott. PARZIALE Ippolisto – Consigliere

Dott. D’ASCOLA Pasquale – Consigliere

Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

(OMISSIS), rappresentato e difeso dall’Avvocato (OMISSIS) per procura speciale in calce al ricorso, elettivamente domiciliato in (OMISSIS) presso l’Avvocato (OMISSIS) (Studio legale (OMISSIS));

– ricorrente –

contro

COMUNE DI BOLOGNA, in persona del Sindaco pro-tempore, rappresentato e difeso dagli Avvocati (OMISSIS) e (OMISSIS) per procura speciale in atti;

– resistente con procura –

avverso la sentenza del Giudice di pace di Bologna n. 5789/05, depositata in data 1C ottobre 2005.

Udita, la relazione della causa svolta nella pubblica udienza dell’8 luglio 2011 dal Consigliere relatore Dott. Stefano Petitti;

sentito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale in persona del dott. SGROI Carmelo, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza depositata in data 12 ottobre 2005, il Giudice di pace di Bologna rigettava l’opposizione proposta da (OMISSIS) avverso sei verbali di contestazione della violazione dell’articolo 7 C.d.S., commi 9 e 13, elevati nei suoi confronti dalla Polizia Municipale di Bologna, per essere transitato, con il proprio motociclo, nella via (OMISSIS) violando il divieto di circolazione in vigore per tale categoria di utenti.

Quanto al primo motivo di opposizione, il Giudice di pace rilevava che i verbali erano stati correttamente redatti e che la contestazione immediata non era necessaria, rientrando il caso di specie (rilevazione degli accessi dei veicoli nelle zone a traffico limitato e circolazione sulle corsie riservate attraverso i dispositivi previsti dalla Legge n. 127 del 1997, articolo 17, comma 133-bis) tra quelli per i quali l’articolo 201 C.d.S., comma 1-bis, consente che la contestazione non sia immediata e che non sia neppure necessaria l’indicazione nel verbale delle ragioni per cui la contestazione stessa non e’ stata fatta immediatamente.

Quanto al secondo motivo di opposizione – concernente la mancata omologazione delle apparecchiature utilizzate – il Giudice di pace dava atto di come il Comune avesse documentato il rispetto di tutte le prescrizioni attestanti l’avvenuto perfezionamento di tutto l’iter prodromico alla installazione delle apparecchiature di rilevamento elettronico.

Con riferimento, infine, al terzo motivo di opposizione – violazione della legge sulla privacy -, il Giudice di pace rilevava che il Comune aveva ottenuto la specifica autorizzazione di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 250 del 1999 per l’utilizzo dei dati rilevati tramite il sistema di controllo automatico degli accessi alla ZTL, e che i dati erano utilizzati nel pieno rispetto della normativa sulla privacy, e cioe’ solo in caso di commessa violazione.

i Per la cassazione di questa sentenza ricorre (OMISSIS) sulla base di un motivo; l’intimata amministrazione ha depositato procura per partecipare alla discussione in pubblica udienza.

Con ordinanza depositata il 13 aprile 2010, la Corte ha disposto l’acquisizione del fascicolo d’ufficio, non pervenuto nonostante la tempestiva istanza del ricorrente.

La trattazione della causa e’ stata quindi fissata per la pubblica udienza del 21 ottobre 2010, e da questa rinviata a nuovo ruolo essendosi ravvisata la necessita’ di rinnovare la notificazione degli avvisi d’udienza.

In prossimita’ dell’udienza dell’8 luglio 2011, il ricorrente ha depositato memoria.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con l’unico motivo di ricorso, il ricorrente deduce violazione o falsa applicazione del Decreto Legislativo n. 196 del 1996, articolo 13 e quindi del principio di inutilizzabilita’ dei dati illegittimamente raccolti.

Premesso che il fatto dedotto dall’amministrazione nel giudizio di merito, e cioe’ l’avvenuta installazione del cartello di segnalazione dell’uso di telecamere, non era stato provato ed anzi i verbali erano stati elevati in un periodo in cui i segnali non erano ancora stati installati, il ricorrente ritiene che il Giudice di pace abbia errato nell’applicazione del Decreto Legislativo n. 196 del 2003. In particolare, l’articolo 13 prevede che, all’atto della raccolta dei dati, l’interessato deve essere informato sugli elementi essenziali contenuti nel medesimo art.. Per applicare correttamente la prescritta informativa, il Garante dei dati personali ha introdotto semplificazioni, consentendo a chiunque operi tali modalita’ di controllo di esibire la sola informativa semplificata, sicche’ anche la P.A. che intenda procedere a rilevamenti, anche al fine dell’accertamento di illeciti amministrativi, attraverso sistemi di videosorveglianza, deve procedere all’installazione dei segnali di preavviso secondo il fac-simile allegato al provvedimento dell’Autorita’ Garante, non derogato, ma solo integrato dal Decreto del Presidente della Repubblica n. 250 del 1999. In sostanza, contrariamente a quanto sostenuto dal Giudice di pace, non sarebbe stata sufficiente la mera autorizzazione di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 250 del 1999. La violazione delle prescrizioni concernenti l’informazione, conclude il ricorrente, comporta la inutilizzabilita’ dei dati personali rilevati a mezzo sistema di videosorveglianza.

Il ricorso e’ infondato.

Occorre preliminarmente rilevare che non e’ piu’ in contestazione, non essendo la statuizione di primo grado stata impugnata sul punto, la regolarita’ del procedimento che ha condotto alla installazione delle apparecchiature di rilevazione degli accessi nella ZTL del Comune di Bologna e la sussistenza delle prescritte omologazioni.

Il ricorso per cassazione si incentra infatti unicamente sulla questione della presegnalazione della esistenza dell’apparecchiatura di rilevazione a distanza.

In proposito, deve rilevarsi che con F.P.R. 22 giugno 1999, n. 250, e’ stato adottato un regolamento recante norme per l’autorizzazione alla installazione e all’esercizio di impianti per la rilevazione degli accessi di veicoli ai centri storici e alle zone a traffico limitato, a norma della Legge 15 maggio 1997, n. 127, articolo 7, comma 133-bis.

Tale regolamento prevede, all’articolo 1, comma 1, che, ai fini dell’installazione ed esercizio di impianti per la rilevazione degli accessi di veicoli a centri storici o nelle zone di traffico limitato ai sensi della Legge 15 maggio 1997, n. 127, articolo 17, comma 133-bis, introdotto dalla Legge 16 giugno 1998, n. 191, articolo 2, comma 33, i Comuni richiedono l’autorizzazione al Ministero dei lavori pubblici, Ispettorato generale per la circolazione e la sicurezza stradale; al comma 3 il medesimo articolo 1 stabilisce che l’autorizzazione di cui al comma 1 e’ rilasciata entro il termine di novanta giorni dalla data di ricevimento dell’istanza, previa verifica dell’omologazione o dell’approvazione delle apparecchiature utilizzate nell’impianto di rilevazione e delle compatibilita’ con gli obiettivi indicati dal Comune; mentre il comma 4 introduce una ipotesi di silenzio assenso per il caso di mancata risposta sulla domanda di autorizzazione entro il termine di novanta giorni.

All’articolo 3, citato Decreto del Presidente della Repubblica dispone che gli impianti sono utilizzati per la rilevazione dei dati riguardanti il luogo, il tempo e 1’identificazione dei veicoli che accedono al centro storico o nelle zone a traffico limitato e che gli impianti raccolgono dati sugli accessi rilevando immagini solamente in caso di infrazione (comma 1); stabilisce poi che la procedura sanzionatoria prevista dal titolo 6 del codice della strada, ha luogo solamente in presenza di violazione documentata con immagini; a tal fine la custodia e l’utilizzazione dei dati rilevati dagli impianti sono riservati al responsabile di cui all’articolo 4 ed al personale di polizia stradale; l’organo di polizia stradale, sulla base del rilevamento, accerta l’identita’ del soggetto destinatario della notifica della violazione e procede alla redazione del verbale di contestazione.

Al verbale non e’ allegata la documentazione con immagini che e’ custodita per eventuali contestazioni (comma 2). E’ poi previsto che la documentazione con immagini sia utilizzata per le sole finalita’ di applicazione del regolamento e sia conservata per il solo periodo necessario alla contestazione dell’infrazione, all’applicazione della sanzione ed alla definizione dell’eventuale contenzioso (comma 3). I dati rilevati sono accessibili per fini di polizia giudiziaria o di indagine penale (comma 4).

Quanto alle modalita’ di esercizio dell’impianto, l’articolo 5 dispone che l’esercizio degli impianti ha luogo nel rispetto delle norme di omologazione od approvazione, per le finalita’ per cui sono stati autorizzati, e comunque nei limiti di cui alla Legge 15 maggio 1997, n. 127, articolo 17, comma 133-bis, introdotto dalla Legge 16 giugno 1998, n. 191, articolo 2, comma 33, (comma 1); prescrive che gli impianti non siano interconnessi con altri strumenti, archivi o banche dati (comma 2) e che siano gestiti direttamente dagli organi di polizia stradale, che debbano essere nella disponibilita’ degli stessi, e che durante il funzionamento degli impianti non sia necessaria la presenza di un organo della polizia stradale (comma 3); dispone che l’accertamento delle violazioni rilevate, come previsto dall’articolo 385 reg. att. C.d.S., possa essere effettuato in tempo successivo con esonero della contestazione immediata (comma 4).

L’articolo 6 stabilisce poi che i dati rilevati possono essere utilizzati anche per la riscossione del pagamento della tariffa stabilita dall’articolo 7, comma 9, del codice della strada (comma 1), nonche’ a fini statistici e per studi, analisi e rilievi di traffico (comma 3).

Di poco successivo e’ il decalogo delle regole per non violare la privacy in materia di videosorveglianza, adottato dal Garante per la protezione dei dati personali il 29 novembre 2000. In tale provvedimento si e’ previsto che chi intende svolgere attivita’ di videosorveglianza deve osservare, per quel che qui rileva, le cautele di cui ai punti 4 e 10, rispettando comunque il principio di proporzionalita’ tra mezzi impiegati e fini perseguiti. Le dette prescrizioni hanno il seguente contenuto. “4. Si devono fornire alle persone che possono essere riprese indicazioni chiare, anche se sintetiche, che avvertano della presenza di impianti di videosorveglianza, fornendo anche le informazioni necessarie ai sensi della Legge n. 675 del 1996, articolo 10. Cio’ e’ tanto piu’ necessario quando le apparecchiature non siano immediatamente visibili. (…). 10. I particolari impianti per la rilevazione degli accessi dei veicoli ai centri storici e alle zone a traffico limitato devono essere conformi anche alle disposizioni contenute nel Decreto del Presidente della Repubblica n. 250 del 1999. E’ altresi’ necessario che la relativa documentazione sia conservata per il solo periodo necessario per contestare le infrazioni e definire il relativo contenzioso e che ad essa si possa inoltre accedere solo a fini di indagine giudiziaria o di polizia”.

A tale primo provvedimento ha poi fatto seguito la deliberazione del Garante per la protezione dei dati personali del 29 aprile 2004, la quale, per quanto qui rileva, ha previsto, in via generale, al punto 3.1., che gli interessati devono essere informati che stanno per accedere o che si trovano in una zona videosorvegliata e dell’eventuale registrazione; cio’ anche nei casi di eventi e in occasione di spettacoli pubblici (concerti, manifestazioni sportive) o di attivita’ pubblicitarie (attraverso web cam). L’informativa deve fornire gli elementi previsti dal Codice (articolo 13) anche con formule sintetiche, ma chiare e senza ambiguita’. Tuttavia il Garante ha individuato ai sensi dell’articolo 13, comma 3, del Codice un modello semplificato di informativa “minima”, riportato in fac-simile in allegato al presente provvedimento e che puo’ essere utilizzato in particolare in aree esterne, fuori dei casi di verifica preliminare indicati nel punto successivo. Il modello e’ ovviamente adattabile a varie circostanze. In presenza di piu’ telecamere, in relazione alla vastita’ dell’area e alle modalita’ delle riprese, vanno installati piu’ cartelli. Al punto 3.6., la delibera del Garante stabilisce poi che deve essere assicurato agli interessati identificabili l’effettivo esercizio dei propri diritti in conformita’ al Codice, in particolare quello di accedere ai dati che li riguardano, di verificare le finalita’, le modalita’ e la logica del trattamento e di ottenere l’interruzione di un trattamento illecito, in specie quando non sono adottate idonee misure di sicurezza o il sistema e’ utilizzato da persone non debitamente autorizzate.

Con specifico riferimento ai soggetti pubblici, al punto 5.1. e’ stabilito che un soggetto pubblico puo’ effettuare attivita’ di videosorveglianza solo ed esclusivamente per svolgere funzioni istituzionali che deve individuare ed esplicitare con esattezza e di cui sia realmente titolare in base all’ordinamento di riferimento. Diversamente, il trattamento dei dati non e’ lecito, anche se l’ente designa esponenti delle forze dell’ordine in qualita’ di responsabili del trattamento, oppure utilizza un collegamento telematico in violazione del Codice. In particolare, al punto 5.2., e’ poi previsto che contrariamente a quanto prospettato da alcuni enti locali, l’informativa agli interessati deve essere fornita nei termini illustrati nel paragrafo 3.1. e non solo mediante pubblicazione sull’albo dell’ente, oppure attraverso una temporanea affissione di manifesti. Quanto, infine, agli accessi a centri storici, nella citata delibera, al punto 5.3., si prevede che qualora introducano sistemi di rilevazione degli accessi dei veicoli ai centri storici e alle zone a traffico limitato, i comuni dovranno rispettare quanto dettato dal Decreto del Presidente della Repubblica 22 giugno 1999, n. 250. Tale normativa impone ai comuni di richiedere una specifica autorizzazione amministrativa, nonche’ di limitare la raccolta dei dati sugli accessi rilevando le immagini solo in caso di infrazione (Decreto del Presidente della Repubblica n. 250 del 1999, articolo 3). Si prevede altresi’ che i dati trattati possano essere conservati solo per il periodo necessario per contestare le infrazioni e definire il relativo contenzioso e si puo’ accedere ad essi solo a fini di polizia giudiziaria o di indagine penale.

Piu’ di recente, con delibera 8 aprile 2010, il Garante per la protezione dei dati personali ha adottato una nuova deliberazione in materia di videosorveglianza, la quale, con riferimento ai soggetti pubblici, detta, al punto 5.3., una regolamentazione della videosorveglianza in materia di utilizzo di dispositivi elettronici per la rilevazione di violazioni al Codice della strada, stabilendo che “gli impianti elettronici di rilevamento automatizzato delle infrazioni, utilizzati per documentare la violazione delle disposizioni in materia di circolazione stradale, analogamente all’utilizzo di sistemi di videosorveglianza, comportano un trattamento di dati personali”. Al punto 5.3.1. la delibera dispone quindi che “l’utilizzo di tali sistemi e’ (…) lecito se sono raccolti solo dati pertinenti e C non eccedenti per il perseguimento delle finalita’ istituzionali del titolare, delimitando a tal fine la dislocazione e l’angolo visuale delle riprese in modo da non raccogliere immagini non pertinenti o inutilmente dettagliate”, e detta prescrizioni concernenti le modalita’ di utilizzazione degli impianti elettronici. Per quanto qui piu’ specificamente rileva, al punto 5.3.2. la delibera dispone che “anche i conducenti dei veicoli e le persone che accedono o transitano in aree dove sono attivi sistemi elettronici di rilevazione automatizzata delle violazioni devono essere previamente informati in ordine al trattamento dei dati personali (articolo 13 del Codice)” e al punto 5.3.3. stabilisce che “qualora si introducano sistemi di rilevazione degli accessi dei veicoli ai centri storici e alle zone a traffico limitato, i comuni dovranno rispettare quanto previsto dal Decreto del Presidente della Repubblica 22 giugno 1999, n. 250. Tale normativa prevede che i dati trattati possono essere conservati solo per il periodo necessario per contestare le infrazioni e definire il relativo contenzioso, ferma restando l’accessibilita’ agli stessi per fini di polizia giudiziaria o di indagine penale (Decreto del Presidente della Repubblica n. 250 del 1999, articolo 3)”.

Dal richiamato quadro normativo emerge che 1’obbligo di informazione dei conducenti e per le persone che accedono o transitano in aree dove sono attivi sistemi elettronici di rilevazione automatizzata delle violazioni devono essere previamente informati risulta introdotto specificamente dalla delibera del 2010, la quale peraltro non puo’ ritenersi dotata di efficacia 1 retroattiva. Per il periodo precedente, nel quale si colloca la vicenda oggetto del presente giudizio, deve quindi prescindersi dalla detta prescrizione, con la conseguenza che per effetto della disciplina previgente deve affermarsi che in tema di controllo elettronico dell’accesso dei veicoli ai centri storici o alle zone a traffico limitato, la legittimita’ della rilevazione risulta subordinata all’osservanza, da parte delle amministrazioni, delle prescrizioni poste dal Decreto del Presidente della Repubblica n. 250 del 1999, e segnatamente di quella che impone l’autorizzazione alla installazione e alla utilizzazione degli apparecchi elettronici omologati, nonche’ alla segnalazione dell’impianto. Una simile conclusione discende pianamente dalla lettura del punto 5.3. della delibera del Garante del 2004, nella quale la disciplina della videosorveglianza in relazione al controllo degli accessi ai centri storici e alle zone a traffico limitato si riduce alla osservanza dei quanto dettato dal citato Decreto del Presidente della Repubblica.

Ne’ la esistenza di un obbligo ulteriore di previa informazione ai conducenti e’ desumibile dalla delibera del 2004, la quale prescrive solo la segnalazione degli impianti, nella forma semplificata dalla stessa delibera prevista. Peraltro, giova evidenziare che la disciplina della rilevazione delle violazioni al codice della strada, prima della delibera del 2010 del Garante, era orientata dalla considerazione che la rilevazione aveva ad oggetto il veicolo piuttosto che il conducente, essendosi posto per la prima volta in via generale il problema della previa informativa agli utenti solo con la citata delibera, laddove in precedenza specifiche disposizioni stabilivano un simile obbligo per alcune violazioni, quale ad esempio quella dei limiti di velocita’ rilevate a mezzo di apparecchiature elettroniche.

In tale contesto normativo, dunque, l’oggetto della censura consiste in un accertamento di fatto e cioe’ nel verificare se la segnalazione vi sia stata o no.

Ma una simile questione esula dai limiti della censura proposta che e’ esclusivamente di violazione di legge.

Il ricorso va quindi rigettato.

Non vi e’ luogo a provvedere sulle spese del presente giudizio atteso che l’intimato Comune di Bologna ha conferito una procura speciale volta ad abilitare il difensore alla partecipazione alla discussione in pubblica udienza, ma una tale partecipazione non vi e’ stata.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.

 

 

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