Il comportamento privato incide sempre sulla valutazione del servizio dell’ufficiale
Consiglio di Stato , sez. IV, sentenza 07.07.2011 n° 4076

Massima

Sintesi del caso

Questioni da risolvere

Normativa di riferimento

Nota esplicativa

Con un primo ricorso, notificato il 19 luglio 2006, che ha preso il numero R.G.
6820/2006, il Ministero dell’Economia ed il Comando generale della Guardia di Finanza
hanno impugnato la sentenza del Tribunale amministrativo regionale della Toscana n.
2318 del 2006 di accoglimento del ricorso n. 3088/00 proposto dal ten. col. A. M.
avverso la scheda valutativa ed il relativo giudizio compilato dai suoi superiori per il
periodo 20 luglio 1998 – 14 giugno 1999.

Resiste l’appellato, che replica in memoria.

Avverso tale sentenza è stato altresì proposto, da parte degli appellanti predetti,
unitamente al Comando Interregionale della Guardia di Finanza per l’Italia centro-

settentrionale, ulteriore ricorso di identico tenore, notificato il 29.07.2006, rubricato
come R.G. n. 7094/2006.

Entrambi i ricorsi sono stati chiamati all’udienza del 15.03.2011 e posti in decisione.

Va disposta la riunione dei due ricorsi che rivolgono identiche censure alla medesima
sentenza.

Il giudizio finale di “superiore alla media” relativo al periodo predetto, impugnato dal ten.
col. M., è motivato col rilievo che egli “pur connotato dalle positive qualità personali già
riconosciutegli, ha fatto emergere taluni appannamenti sul versante comportamentale
attinenti al privato, che si sono riversati nella sua azione e nel rendimento complessivo di
servizio. Disponibilità, impegno, capacità, acutezza nel giudicare i dipendenti e
quant’altro connesso al comando sono stati nel periodo al segno di un rendimento pieno
e sicuro”.

Il Tar ha evidenziato che il ricorrente aveva riportato la sanzione disciplinare di giorni 7
di consegna semplice, inflittagli in data 4.5.99, conseguente a una vicenda venuta a
conoscenza dei superiori gerarchici nel periodo cui la valutazione si riferisce che trovava
riferimento in una relazione sentimentale svoltasi nel periodo dal 1992 al 1997; ha, quindi, ritenuto “evidente che il comportamento considerato disciplinarmente scorretto è
stato posto in essere dall’interessato in un lasso temporale del tutto diverso da quello
che ha costituito l’oggetto della valutazione contestata. Ne discende che l’irrogazione
della sanzione, sia pure avvenuta durante detto periodo, non poteva costituire, di per sé,
motivo di deteriore valutazione, soprattutto se motivata con riferimento al rendimento in
servizio tenuto dal ricorrente nello stesso periodo di tempo considerato. Tale
contraddizione appare ancora più evidente ove si ponga mente al contenuto analitico
della scheda valutativa nella quale, proprio con riferimento alle qualità professionali
dell’ufficiale, vengono formulati giudizi del tutto positivi che in nulla possono rimandare
ad un appannamento del rendimento in servizio, così come evidenziato nel giudizio
complessivo, poi confermato da entrambi i revisori.”
Le conclusioni cui è giunta la sentenza sono contestate dagli appellanti con richiami,
accompagnati da ampie citazioni giurisprudenziali, alla discrezionalità tecnica attribuita
alle autorità che redigono o revisionano il documento caratteristico ed all’autonomia dei
giudizi nel tempo, segnalando che la qualifica finale attribuita, assolutamente positiva, di
“superiore alla media”, appena inferiore a quella apicale di “eccellente” ottenuta
dall’ufficiale in relazione a precedenti periodi di valutazione, ma che non può essere
posta a fondamento di alcuna pretesa di invariabilità del giudizio, risulta coerente con le
meno brillanti, rispetto al precedente periodo, aggettivazioni riportate nei documenti
caratteristici relativamente a numerose e significative “voci interne”, quali, ad esempio,
per le qualità morali e di carattere, “energia” e “iniziativa” (entrambe da “spiccata” a
“normale”), “tatto” (da “ha molto tatto” a “corretto”), “amor proprio” (da “vivo” a
“normale”) ed altre, per le qualità professionali, “capacità organizzativa” (da “eccellente”
a “buona”), “senso della disciplina” (da “altissimo” a “superiore alla media”),
“rendimento in servizio” (da “elevato” a “pieno e sicuro”).

Parte appellante sottolinea, inoltre, che non era previsto alcun particolare onere
motivazionale aggiuntivo alla valutazione delle singole qualità, non dandosi un caso di
notevole oscillazione di giudizio, e che nell’assoluto rispetto dell’art. 7 del d.p.r. n.
429/1967 non è stata fatta menzione nel documento caratteristico di alcun fatto specifico
oggetto di contestazione nel procedimento disciplinare citato in sentenza né della
sanzione inflitta.

L’appellato replica valorizzando i propri eccellenti precedenti e sostenendo di aver
mantenuto costanti risultati di servizio, non risultando alcun concreto calo di rendimento
o la benché minima incertezza nel suo operato; sostiene che anche se nel 1997 si è
conclusa la “incriminata” relazione sentimentale, il suo rendimento è rimasto esemplare
sino al 19.7.98, onde sarebbe quanto meno singolare che l’appannamento ravvisato
dall’amministrazione si sia palesato proprio nel momento in cui la relazione, da tempo
conclusa è venuta a conoscenza dei superiori gerarchici, considerato che anche nel
periodo oggetto della valutazione contestata il suo comportamento ha continuato a
caratterizzarsi per quel livello di eccellenza che lo ha sempre contraddistinto;
contraddittorietà ed illogicità dell’operato dell’amministrazione emergerebbero dalle
aggettivazioni delle varie qualità e dal fatto in sé che un soggetto, dopo esser stato
uniformemente e costantemente ritenuto meritevole della valutazione di eccellente,
venga improvvisamente considerato, senza una ragione effettiva e concreta, superiore
alla media.

Il Collegio condivide i rilievi di parte appellante.

La circostanza che le valutazioni relative ai periodi precedenti abbiano dato luogo alla
qualifica di “eccellente” fa onore all’ufficiale ma non può costituire garanzia
dell’assegnazione di corrispondente qualifica finale per i periodi di valutazione successivi,
ossia un vincolo per i giudizi a questi ultimi relativi, e, pertanto, non costituisce, di per
sé, sintomo di eccesso di potere sotto il profilo della contraddittorietà l’attribuzione della
diversa valutazione caratteristica finale appena inferiore di “superiore alla media” per il periodo 20 luglio 1998 – 14 giugno 1999, che non richiedeva un corredo motivazionale
particolare non versandosi in ipotesi di notevole scarto dei coefficienti di valutazione.

Concorde, e condivisa anche dal Tar Toscana nella sentenza impugnata, è la
giurisprudenza secondo la quale i giudizi analitici e quello complessivo formulati di anno
in anno sono autonomi, in considerazione della potestà discrezionale attribuita
all’amministrazione in ordine alla valutazione del servizio reso in relazione al periodo
specifico, alle variabili esigenze dell’amministrazione stessa, alle autorità che
intervengono nella formazione del documento caratteristico secondo la progressione di
carriera del militare.

Si tratta, quindi, nella specie, di verificare se sussistano elementi di contraddittorietà
intrinseca all’impugnato provvedimento e sul punto non può condividersi l’avviso
espresso dai primi giudici.

La scheda valutativa del periodo in questione evidenzia aggettivazioni meno lusinghiere
rispetto al passato e numerose voci interne, anche di risalto per l’aspetto delle qualità
professionali, sono state apprezzate con valutazioni pur sempre ampiamente positive e
tuttavia lievemente meno gratificanti rispetto ai massimi previsti dalla scala gradualistica
delle aggettivazioni (es. “buona” e non più “eccellente” capacità organizzativa, “superiore
alla media” anziché “altissimo” senso della disciplina, “pieno e sicuro” ma non più
“elevato” rendimento in servizio); coerente e consequenziale rispetto all’insieme delle
aggettivazioni delle varie voci, alcune, seppur di poco, ridimensionate, risulta, dunque, il
giudizio finale, che non avrebbe potuto concludersi con la massima qualifica non
essendosi le voci interne, con le quali esso deve armonizzarsi, attestate parimenti su
livelli apicali.

I primi giudici, riferendosi all’accenno, nella motivazione del giudizio finale, a “taluni
appannamenti sul versante comportamentale attinenti al privato” e ricostruendo la
vicenda disciplinare che, nel periodo in questione, ha portato all’irrogazione di una
sanzione, hanno rilevato che i fatti sanzionati erano avvenuti in lasso temporale
precedente e ritenuto perciò che la sanzione non poteva costituire motivo di deteriore
valutazione, tanto più con riferimento al rendimento in servizio.

Non può concordarsi con tale avviso, che postula che il giudizio di periodo sia, nella
sostanza, ancorato a fatti accaduti in periodi precedenti e segue, al proposito, la tesi
dell’originario ricorrente che sarebbe illogico ritenere che la relazione sentimentale
“incriminata”, che non aveva prodotto cali di rendimento finché perdurava, li avrebbe
determinati una volta esaurita ma risaputa dai superiori gerarchici.

Il giudizio contestato si fonda sul rendimento in concreto osservato nel periodo, ritenuto,
per “disponibilità, impegno, capacità, acutezza nel giudicare i dipendenti e quant’altro
connesso al comando”, porsi “al segno di un rendimento pieno e sicuro” (ossia ad un
livello leggermente inferiore a quello riscontrato in periodi precedenti); non le vicende
sentimentali dell’ufficiale né la sanzione disciplinare in sé considerati, che non vengono
menzionati, sono presi in considerazione ai fini della valutazione, ma il riverbero
oggettivo della situazione personale (nel periodo caratterizzata dall’assoggettamento a
procedimento disciplinare e a sanzione) sul rendimento sotto i profili segnalati.

Non può aderirsi, per quanto già detto riguardo all’autonomia delle valutazioni periodiche
e in punto motivazione delle stesse, alla tesi dell’appellante che l’abbassamento delle
note caratteristiche da eccellente a superiore alla media avrebbe potuto essere
giustificata solo dall’indicazione di specifici episodi concerti significativi del ravveduto
appannamento delle brillanti caratteristiche sino ad allora riconosciute o da violazioni dei
doveri di fedeltà, diligenza, rettitudine e subordinazione.

Né l’appellato riesce a dimostrare l’illogicità del giudizio o contraddittorietà tra le singole voci interne, considerato che, se le valutazioni di voci omogenee sono diversamente
calibrate, ciò non si traduce in irragionevolezza, concernendo le varie voci profili distinti
(ad es. non v’è contraddittorietà tra le gradate aggettivazioni “altissimo”, “spiccato” e
“superiore alla media” rispettivamente assegnate alle voci senso del dovere, senso della
responsabilità, senso della disciplina, in quanto trattasi di componenti distinte del quadro
delle qualità professionali dell’ufficiale, suscettibili, come tali, di essere apprezzati con
sfumature diverse).

La domanda degli appellanti merita, dunque, accoglimento, con annullamento della
sentenza impugnata.

Si ravvisano, per l’attinenza della questione a rapporto di impiego, giusti motivi di
compensazione delle spese del giudizio.

P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta) definitivamente
pronunciando sugli appelli, come in epigrafe proposti, li accoglie e, per l’effetto,
annulla la sentenza impugnata.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Dottrina

Sentenze e precedenti conformi e difformi

Bibliografia

Testo sentenza

Consiglio di Stato
Sezione IV
Sentenza 15 marzo – 7 luglio 2011, n. 4076

(Presidente Trotta – Relatore La Guardia)
Fatto e diritto

Con un primo ricorso, notificato il 19 luglio 2006, che ha preso il numero R.G. 6820/2006, il Ministero
dell’Economia ed il Comando generale della Guardia di Finanza hanno impugnato la sentenza del Tribunale
amministrativo regionale della Toscana n. 2318 del 2006 di accoglimento del ricorso n. 3088/00 proposto dal
ten. col. A. M. avverso la scheda valutativa ed il relativo giudizio compilato dai suoi superiori per il periodo 20
luglio 1998 – 14 giugno 1999.

Resiste l’appellato, che replica in memoria.

Avverso tale sentenza è stato altresì proposto, da parte degli appellanti predetti, unitamente al Comando
Interregionale della Guardia di Finanza per l’Italia centro-settentrionale, ulteriore ricorso di identico tenore,
notificato il 29.07.2006, rubricato come R.G. n. 7094/2006.

Entrambi i ricorsi sono stati chiamati all’udienza del 15.03.2011 e posti in decisione.

Va disposta la riunione dei due ricorsi che rivolgono identiche censure alla medesima sentenza.

Il giudizio finale di “superiore alla media” relativo al periodo predetto, impugnato dal ten. col. M., è motivato
col rilievo che egli “pur connotato dalle positive qualità personali già riconosciutegli, ha fatto emergere taluni
appannamenti sul versante comportamentale attinenti al privato, che si sono riversati nella sua azione e nel rendimento complessivo di servizio. Disponibilità, impegno, capacità, acutezza nel giudicare i dipendenti e
quant’altro connesso al comando sono stati nel periodo al segno di un rendimento pieno e sicuro”.

Il Tar ha evidenziato che il ricorrente aveva riportato la sanzione disciplinare di giorni 7 di consegna semplice,
inflittagli in data 4.5.99, conseguente a una vicenda venuta a conoscenza dei superiori gerarchici nel periodo
cui la valutazione si riferisce che trovava riferimento in una relazione sentimentale svoltasi nel periodo dal
1992 al 1997; ha, quindi, ritenuto “evidente che il comportamento considerato disciplinarmente scorretto è
stato posto in essere dall’interessato in un lasso temporale del tutto diverso da quello che ha costituito
l’oggetto della valutazione contestata. Ne discende che l’irrogazione della sanzione, sia pure avvenuta durante
detto periodo, non poteva costituire, di per sé, motivo di deteriore valutazione, soprattutto se motivata con
riferimento al rendimento in servizio tenuto dal ricorrente nello stesso periodo di tempo considerato. Tale
contraddizione appare ancora più evidente ove si ponga mente al contenuto analitico della scheda valutativa
nella quale, proprio con riferimento alle qualità professionali dell’ufficiale, vengono formulati giudizi del tutto
positivi che in nulla possono rimandare ad un appannamento del rendimento in servizio, così come evidenziato
nel giudizio complessivo, poi confermato da entrambi i revisori.”
Le conclusioni cui è giunta la sentenza sono contestate dagli appellanti con richiami, accompagnati da ampie
citazioni giurisprudenziali, alla discrezionalità tecnica attribuita alle autorità che redigono o revisionano il
documento caratteristico ed all’autonomia dei giudizi nel tempo, segnalando che la qualifica finale attribuita,
assolutamente positiva, di “superiore alla media”, appena inferiore a quella apicale di “eccellente” ottenuta
dall’ufficiale in relazione a precedenti periodi di valutazione, ma che non può essere posta a fondamento di
alcuna pretesa di invariabilità del giudizio, risulta coerente con le meno brillanti, rispetto al precedente periodo,
aggettivazioni riportate nei documenti caratteristici relativamente a numerose e significative “voci interne”,
quali, ad esempio, per le qualità morali e di carattere, “energia” e “iniziativa” (entrambe da “spiccata” a
“normale”), “tatto” (da “ha molto tatto” a “corretto”), “amor proprio” (da “vivo” a “normale”) ed altre, per le
qualità professionali, “capacità organizzativa” (da “eccellente” a “buona”), “senso della disciplina” (da
“altissimo” a “superiore alla media”), “rendimento in servizio” (da “elevato” a “pieno e sicuro”).

Parte appellante sottolinea, inoltre, che non era previsto alcun particolare onere motivazionale aggiuntivo alla
valutazione delle singole qualità, non dandosi un caso di notevole oscillazione di giudizio, e che nell’assoluto
rispetto dell’art. 7 del d.p.r. n. 429/1967 non è stata fatta menzione nel documento caratteristico di alcun fatto
specifico oggetto di contestazione nel procedimento disciplinare citato in sentenza né della sanzione inflitta.

L’appellato replica valorizzando i propri eccellenti precedenti e sostenendo di aver mantenuto costanti risultati
di servizio, non risultando alcun concreto calo di rendimento o la benché minima incertezza nel suo operato;
sostiene che anche se nel 1997 si è conclusa la “incriminata” relazione sentimentale, il suo rendimento è
rimasto esemplare sino al 19.7.98, onde sarebbe quanto meno singolare che l’appannamento ravvisato
dall’amministrazione si sia palesato proprio nel momento in cui la relazione, da tempo conclusa è venuta a
conoscenza dei superiori gerarchici, considerato che anche nel periodo oggetto della valutazione contestata il
suo comportamento ha continuato a caratterizzarsi per quel livello di eccellenza che lo ha sempre
contraddistinto; contraddittorietà ed illogicità dell’operato dell’amministrazione emergerebbero dalle
aggettivazioni delle varie qualità e dal fatto in sé che un soggetto, dopo esser stato uniformemente e
costantemente ritenuto meritevole della valutazione di eccellente, venga improvvisamente considerato, senza
una ragione effettiva e concreta, superiore alla media.

Il Collegio condivide i rilievi di parte appellante.

La circostanza che le valutazioni relative ai periodi precedenti abbiano dato luogo alla qualifica di “eccellente” fa
onore all’ufficiale ma non può costituire garanzia dell’assegnazione di corrispondente qualifica finale per i
periodi di valutazione successivi, ossia un vincolo per i giudizi a questi ultimi relativi, e, pertanto, non
costituisce, di per sé, sintomo di eccesso di potere sotto il profilo della contraddittorietà l’attribuzione della
diversa valutazione caratteristica finale appena inferiore di “superiore alla media” per il periodo 20 luglio 1998
– 14 giugno 1999, che non richiedeva un corredo motivazionale particolare non versandosi in ipotesi di
notevole scarto dei coefficienti di valutazione.

Concorde, e condivisa anche dal Tar Toscana nella sentenza impugnata, è la giurisprudenza secondo la quale i
giudizi analitici e quello complessivo formulati di anno in anno sono autonomi, in considerazione della potestà
discrezionale attribuita all’amministrazione in ordine alla valutazione del servizio reso in relazione al periodo
specifico, alle variabili esigenze dell’amministrazione stessa, alle autorità che intervengono nella formazione del
documento caratteristico secondo la progressione di carriera del militare.

Si tratta, quindi, nella specie, di verificare se sussistano elementi di contraddittorietà intrinseca all’impugnato
provvedimento e sul punto non può condividersi l’avviso espresso dai primi giudici.

La scheda valutativa del periodo in questione evidenzia aggettivazioni meno lusinghiere rispetto al passato e
numerose voci interne, anche di risalto per l’aspetto delle qualità professionali, sono state apprezzate con
valutazioni pur sempre ampiamente positive e tuttavia lievemente meno gratificanti rispetto ai massimi previsti
dalla scala gradualistica delle aggettivazioni (es. “buona” e non più “eccellente” capacità organizzativa,
“superiore alla media” anziché “altissimo” senso della disciplina, “pieno e sicuro” ma non più “elevato”
rendimento in servizio); coerente e consequenziale rispetto all’insieme delle aggettivazioni delle varie voci,
alcune, seppur di poco, ridimensionate, risulta, dunque, il giudizio finale, che non avrebbe potuto concludersi con la massima qualifica non essendosi le voci interne, con le quali esso deve armonizzarsi, attestate parimenti
su livelli apicali.

I primi giudici, riferendosi all’accenno, nella motivazione del giudizio finale, a “taluni appannamenti sul
versante comportamentale attinenti al privato” e ricostruendo la vicenda disciplinare che, nel periodo in
questione, ha portato all’irrogazione di una sanzione, hanno rilevato che i fatti sanzionati erano avvenuti in
lasso temporale precedente e ritenuto perciò che la sanzione non poteva costituire motivo di deteriore
valutazione, tanto più con riferimento al rendimento in servizio.

Non può concordarsi con tale avviso, che postula che il giudizio di periodo sia, nella sostanza, ancorato a fatti
accaduti in periodi precedenti e segue, al proposito, la tesi dell’originario ricorrente che sarebbe illogico ritenere
che la relazione sentimentale “incriminata”, che non aveva prodotto cali di rendimento finché perdurava, li
avrebbe determinati una volta esaurita ma risaputa dai superiori gerarchici.

Il giudizio contestato si fonda sul rendimento in concreto osservato nel periodo, ritenuto, per “disponibilità,
impegno, capacità, acutezza nel giudicare i dipendenti e quant’altro connesso al comando”, porsi “al segno di
un rendimento pieno e sicuro” (ossia ad un livello leggermente inferiore a quello riscontrato in periodi
precedenti); non le vicende sentimentali dell’ufficiale né la sanzione disciplinare in sé considerati, che non
vengono menzionati, sono presi in considerazione ai fini della valutazione, ma il riverbero oggettivo della
situazione personale (nel periodo caratterizzata dall’assoggettamento a procedimento disciplinare e a sanzione)
sul rendimento sotto i profili segnalati.

Non può aderirsi, per quanto già detto riguardo all’autonomia delle valutazioni periodiche e in punto
motivazione delle stesse, alla tesi dell’appellante che l’abbassamento delle note caratteristiche da eccellente a
superiore alla media avrebbe potuto essere giustificata solo dall’indicazione di specifici episodi concerti
significativi del ravveduto appannamento delle brillanti caratteristiche sino ad allora riconosciute o da violazioni
dei doveri di fedeltà, diligenza, rettitudine e subordinazione.

Né l’appellato riesce a dimostrare l’illogicità del giudizio o contraddittorietà tra le singole voci interne,
considerato che, se le valutazioni di voci omogenee sono diversamente calibrate, ciò non si traduce in
irragionevolezza, concernendo le varie voci profili distinti (ad es. non v’è contraddittorietà tra le gradate
aggettivazioni “altissimo”, “spiccato” e “superiore alla media” rispettivamente assegnate alle voci senso del
dovere, senso della responsabilità, senso della disciplina, in quanto trattasi di componenti distinte del quadro
delle qualità professionali dell’ufficiale, suscettibili, come tali, di essere apprezzati con sfumature diverse).

La domanda degli appellanti merita, dunque, accoglimento, con annullamento della sentenza impugnata.

Si ravvisano, per l’attinenza della questione a rapporto di impiego, giusti motivi di compensazione delle spese
del giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta) definitivamente pronunciando sugli
appelli, come in epigrafe proposti, li accoglie e, per l’effetto, annulla la sentenza impugnata.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

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