CORTE DI CASSAZIONE, SEZIONI UNITE – SENTENZA 18 ottobre 2012, n.17839
Sentenze di legittimità
Sentenza  17839/2012
Sezioni U
Udienza del 9/10/2012
Depositato il 18/10/2012
REPUBBLICA ITALIANA 
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONI UNITE CIVILI

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ROBERTO PREDEN                                      – Primo Pres.te f.f. –
Dott. MARIA GABRIELLA LUCCIOLI                  – Presidente Sezione –
Dott. MAURIZIO MASSERA                                   – Rel. Consigliere –
Dott. RENATO RORDORF                                      – Consigliere –
Dott. ALDO CECCHERINI                                      – Consigliere –
Dott. LUIGI MACIOCE                                           – Consigliere –
Dott. ANTONIO IANNIELLO                                 – Consigliere –
Dott. VITTORIO NOBILE                                       – Consigliere –
Dott. STEFANO PETITTI                                         – Consigliere –
ha pronunciato la seguente

SENTENZA

sul ricorso 25303-2009 proposto da:
I.C.S. DI STANCHIERI QUINTINO S.R.L., in persona del
legale rappresentante pro-tempore, elettivamente
domiciliata in ROMA, VIALE GIULIO CESARE 151, presso
lo studio dell’avvocato ROSATI ANGELO, rappresentata e
difesa dall’avvocato NORSCIA ANTONIO, per delega a

margine del ricorso;
– ricorrente –
contro 

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro-

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI
PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO
STATO, che la rappresenta e difende ope legis;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 39/2008 della COMMISSIONE
TRIBUTARIA REGIONALE di L’AQUILA, depositata il
23/10/2008;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 09/10/2012 dal Consigliere Dott. MAURIZIO
MAS SERA;
udito l’Avvocato Antonio NORSCIA;
udito il P.M. in persona dell’Avvocato Generale Dott.
PASQUALE PAOLO MARIA CICCOLO, che ha concluso per
l’accoglimento del primo motivo del ricorso, assorbiti
gli altri. SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1. – I.C.S. di Stanchieri Quirino S.r.l. ricorse alla Commissione
Tributaria Provinciale di Teramo chiedendo che venisse annullato
l’atto di irrogazione sanzioni notificatole dall’Ufficio di Teramo
dell’Agenzia delle Entrate per avere impiegato tre lavoratori
dipendenti non regolarmente iscritti nei libri obbligatori ai fini
previdenziali e fiscali.
La Commissione adita respinse il ricorso (sentenza 22 maggio – 6
giugno 2006).
2. – Con sentenza in data 23 ottobre 2008 la Commissione
Tributaria Regionale di L’Aquila rigettò l’appello della I.C.S.
rilevando che il fatto era provato; che alla fattispecie non era
applicabile la normativa successivamente intervenuta; che,
comunque, essa non avrebbe comportato una sanzione
matematicamente minore.
3. – Avverso la suddetta sentenza la I.C.S. di Stanchieri Quirino
ha proposto ricorso per cassazione affidato a tre motivi.
L’Agenzia delle Entrate ha resistito con controricorso.
Il ricorso, originariamente avviato alla trattazione in camera di
consiglio avanti alla Sezione Tributaria di questa Corte, è stato
rimesso alle Sezioni Unite.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1 – Il primo motivo eccepisce il difetto di giurisdizione delle
Commissioni Tributarie a favore della giurisdizione del Giudice
Ordinaria.
La ricorrente fa leva sulla sentenza n. 130 del 14 maggio 2008
della Corte Costituzionale, che ha sancito l’estraneità della
materia delle sanzioni concernenti l’impiego di lavoratori irregolari
all’ambito oggettivo della giurisdizione tributaria in quanto la
sanzione di cui al D.I.u.12 del 2002 ha come presupposto
l’inosservanza di norme lavoristico – previdenziali.
Assume l’applicabilità alla fattispecie degli effetti della citata
pronuncia di incostituzionalità non essendosi esaurito il rapporto
de qua in mancanza della formazione del giudicato.
I 2.1 – La doglianza non merita accoglimento. Occorre premettere
che nel giudizio di primo grado la ricorrente aveva eccepito
l’incompetenza delle Commissione Tributaria a conoscere la
materia trattata e che tale eccezione non era stata accolta dalla
Commissione Tributaria Provinciale di Teramo.
Come risulta dalla parte espositiva della sentenza impugnata e
anche dallo stesso ricorso (vedi pagg. 1 e 2), la questione non era
stata riproposta in sede di appello avanti alla Commissione
Tributaria Regionale, che, infatti, non l’ha trattata.
In tale situazione, la ricorrente avrebbe dovuto, in primis,
formulare un motivo di ricorso per chiedere che la sentenza
impugnata fosse annullata per violazione dell’art. 112 c.p.c.
avendo omesso di pronunciarsi su un motivo di appello. A corredo
del motivo avrebbe dovuto riferire testualmente le pertinenti parti
del proprio appello e allegarne copia al ricorso, nel rispetto degli
artt. 366 n. 6 e 369, comma 2 n. 4 cod. proc. civ.
Inoltre, per ragioni di completezza, vale la pena osservare che
neppure nella memoria ex art. 378 cod. proc. civ. presentata alla
Sezione Tributaria di questa Corte, all’origine della decisione della
medesima di rimettere il ricorso alle Sezioni Unite, la ricorrente
ha riportato uno specifico motivo di appello, essendosi limitata a
riferire una mera argomentazione inserita alla pag 17 del relativo
atto, priva del carattere di specificità voluto dall’art. 342 codice di
rito.
2.2 – Tanto premesso, non vi sono ragioni che inducano a
discostarsi dall’orientamento già espresso da queste Sezioni Unite
che, pronunciando su identica questione, hanno già affermato
(sentenza n. 9594 del 13 giugno 2012) che, se per effetto della
non impugnazione della questioni di giurisdizione della sentenza
che ha deciso il merito della controversia, si è formato il giudicato
implicito sulla sussistenza della giurisdizione, la pronuncia di
incostituzionalità della norma sul cui presupposto il giudice ha
deciso nel merito non ha effetto su quel processo, perché il rilievo
del difetto di giurisdizione è ormai precluso.

In altri termini, una volta che il giudice di primo grado ha ritenuta
la propria giurisdizione e ha pronunciato nel merito, la omessa
riproposizione avanti al giudice di appello della questione di
giurisdizione, determina che su di essa si formi il giudicato, con
l’ulteriore conseguenza che la pronuncia di incostituzionalità non
può riverberare alcun effetto.
3 – Il secondo motivo adduce violazione e falsa applicazione di
norme di diritto in ordine alle prove (artt. 2697, 2727 e seg. cod.
civ.).
La censura, pur formalmente prospettata sotto il profilo della
violazione di norme di diritto, in realtà attacca il contenuto
decisorio della sentenza impugnata e sollecita un diverso
apprezzamento delle risultanze processuali.
Inoltre il quesito formulato ai sensi dell’art. 366-bis cod. proc.
civ., applicabile alla specie ratione temporis, non postula
l’enunciazione di un principio di diritto fondato sulle norme
indicate, ma sollecita una valutazione della negata correttezza
della sentenza impugnata.
4 – Il terzo motivo lamenta difetto di motivazione su un fatto
decisivo.
Si censura l’affermazione della Commissione Regionale, secondo
cui la società ricorrente aveva avuto la possibilità di annotare sul
libro matricola (non rinvenuto dai verbalizzanti) il nome dei
dipendenti trovati in cantiere in epoca successiva all’ispezione.
La censura presenta le medesime caratteristiche negative della
precedente: scade necessariamente nel merito e non rispetta il
dettato dell’art. 366-bis cod. proc. civ. in quanto il momento di
sintesi non risulta conforme al paradigma delineato
dall’interpretazione giurisprudenziale.
5 – Pertanto il ricorso è rigettato. Le spese seguono il criterio
della soccombenza. La liquidazione avviene come in dispositivo
alla stregua dei soli parametri di cui al D.M. n. 140/2012
sopravvenuto a disciplinare i compensi professionali.

P.Q.M.

3 Rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione,
liquidate in complessivi 6.000,00 per compensi, oltre spese prenotate a debito
Roma 9.10.2012.
Il Consigliere Est
Il Presidente.

Depositata in Cancelleria il 18/10/2012

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