Sara Cadelano

Nei rapporti dei cittadini con gli organi della pubblica amministrazione ed i gestori di pubblici servizi, i certificati e gli atti di notorietà sono sempre sostituiti dalle dichiarazioni sostitutive, ai sensi degli artt. 46 e 47 D.P.R. n. 445/2000.

Pertanto, le pp.aa. ed i gestori di pubblici servizi sono tenuti ad accettare tali dichiarazioni prodotte dall’interessato e ad acquisire d’ufficio le informazioni oggetto di tali dichiarazioni, nonché tutti i dati e documenti in possesso delle pp.aa., previa indicazione, da parte dell’interessato, degli elementi indispensabili per il reperimento delle informazioni o dati richiesti.

Il D.P.R. n. 445/2000 prevede due tipi di dichiarazioni sostitutive: la dichiarazione sostitutiva di certificazione (art. 46, D.P.R. n. 445/2000) e la dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà (art. 47, D.P.R. n. 445/2000).

Pertanto, dal primo gennaio 2012, i certificati rilasciati ai privati non possono più essere esibiti ad altre pp.aa. ed ai gestori di pubblici servizi.

A tal fine, in virtù dell’art. 40 d.P.R. n. 445/2000, i certificati rilasciati all’interessato, a partire dalla medesima data, devono riportare, a pena di nullità, la dicitura: “Il presente certificato non può essere prodotto agli organi della pubblica amministrazione o ai privati gestori di pubblici servizi”.

L’omissione di detta dicitura costituisce violazione dei doveri d’ufficio.

Le dichiarazioni sostitutive hanno la stessa validità temporale prevista per le certificazioni che sostituiscono.

Possono presentare l’autocertificazione non solo i cittadini italiani ma anche i cittadini dell’Unione Europea ed i cittadini dei paesi extracomunitari in possesso di regolare permesso di soggiorno, limitatamente ai dati attestabili dalle pubbliche amministrazioni italiane.

Le singole pp.aa. preparano i moduli necessari per la redazione delle dichiarazioni sostitutive; gli interessati non sono obbligati ad utilizzarli: si tratta, infatti, di una mera facoltà.

Nel testo di tali moduli, le pp.aa. inseriscono il richiamo alle sanzioni penali di cui all’art. 76 T.U.D.A., per le ipotesi di falsità in atti e dichiarazioni mendaci ivi indicate.

I suddetti moduli devono contenere, altresì, l’indicazione dell’informativa sulla privacy.

In tutte le ipotesi in cui sia possibile utilizzare le dichiarazioni sostitutive, le singole amministrazioni inseriscono la relativa formula nei moduli per le istanze.

Appare opportuno rilevare, inoltre, che le dichiarazioni sostitutive possono essere utilizzate nei rapporti fra privati solo qualora vi sia un accordo, in tal senso, fra le parti.

Inoltre, non possono essere utilizzate dall’autorità giudiziaria nello svolgimento di funzioni giurisdizionali[1].

Non è possibile sostituire con autocertificazione i certificati medici, sanitari, veterinari, di origine, di conformità CE, di marchi o brevetti, salvo diverse disposizioni della normativa di settore (art. 49, D.P.R. n. 445/2000).

In particolare, la dichiarazione sostitutiva di certificazione (art. 46, DPR 445/2000), c.d. autocertificazione, consente all’interessato di comprovare, mediante dichiarazione sottoscritta, una serie di stati, qualità personali e fatti espressamente indicati dalla norma; ad esempio, la data e luogo di nascita, la residenza, il godimento dei diritti civili e politici, lo stato di celibe, coniugato, vedovo o stato libero, lo stato di famiglia etc.[2]

Tali dichiarazioni possono essere anche contestuali all’istanza.

L’autocertificazione sostituisce i certificati, senza che sia necessario presentare, successivamente, il certificato vero e proprio.

Tutti gli stati, fatti e qualità personali non espressamente previsti nell’elenco di cui all’art. 46, possono essere comprovati dall’interessato, a titolo definitivo, mediante dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà (art. 47, D.P.R. n. 445/2000). Il dichiarante può anche rendere dichiarazioni nell’interesse proprio ma riguardanti stati, qualità personali e fatti relativi ad altri soggetti di cui egli abbia diretta conoscenza.

Le amministrazioni che ricevono le dichiarazioni sostitutive sono tenute ad effettuare idonei controlli, anche a campione ed in tutti i casi in cui sorgano fondati dubbi sulla veridicità delle dichiarazioni sostitutive di cui agli artt. 46 e 47.

Le pp.aa. ed i loro dipendenti, tuttavia, sono esenti da ogni responsabilità per gli atti emanati, qualora l’emanazione sia conseguenza di false dichiarazioni o di documenti falsi o contenenti dati non più rispondenti a verità, prodotti dall’interessato o da terzi.

Tale esenzione da responsabilità è esclusa nel caso in cui il dipendente pubblico abbia agito con dolo o colpa grave.

L’art. 71, co. 3, T.U.D.A. esamina l’ipotesi in cui, nelle dichiarazioni di cui agli artt. 46 e 47, siano rilevabili d’ufficio irregolarità od omissioni che non costituiscano falsità.

A tal proposito, si precisa che l’irregolarità si verifica qualora la dichiarazione presenti un vizio che non ne comporti la nullità ma permetta, comunque, l’uso della dichiarazione mediante rettifica, ai fini del procedimento.

L’omissione, invece, è costituita dall’incompletezza di una parte della dichiarazione.

Orbene, in ipotesi di irregolarità od omissioni, il procedimento prosegue comunque, a condizione che il dichiarante non avesse l’intenzione fraudolenta di falsificare la realtà di quanto dichiarato.

Sostanzialmente, tale norma costituisce una specificazione del principio di cui all’art. 6, co. 1, lett. b), legge n. 241/1990, in ragione del quale il responsabile del procedimento può richiedere la rettifica di dichiarazioni o istanze erronee o incomplete.

Conseguentemente, l’irregolarità non comporta decadenze a carico del dichiarante; la p.a., pertanto, in tali ipotesi, è tenuta a completare l’istruttoria ed a pronunciarsi motivatamente, con provvedimento finale espresso.

Nell’ipotesi, invece, in cui l’irregolarità o l’omissione venga rilevata d’ufficio, il funzionario competente a ricevere la documentazione (o il responsabile del procedimento) dovrà informare tempestivamente il cittadino di tali irregolarità ed invitarlo a perfezionare la dichiarazione.

Il soggetto interessato ha l’onere di regolarizzare o completare la dichiarazione (art. 71, co. 3, T.U.D.A.). In merito, non sono previste decadenze; tuttavia, finché l’utente non provveda alla regolarizzazione, il procedimento rimane sospeso e, pertanto, rimangono sospesi anche i termini per la conclusione del procedimento.

Qualora, invece, il dichiarante rilasci dichiarazioni non vere, formi atti falsi o ne faccia uso nei casi previsti dal D.P.R. n. 445/2000, nei suoi confronti verranno comminate le sanzioni previste dal codice penale e dalle leggi speciali in materia (art. 76 del D.P.R. n. 445/2000). In proposito, si specifica che l’esibizione di un atto contenente dati non più rispondenti a verità equivale ad uso di atto falso.

Inoltre, qualora emerga la non veridicità del contenuto delle dichiarazioni, il dichiarante decade dai benefici conseguenti al provvedimento emanato sulla base della dichiarazione non veritiera (art. 75 D.P.R. n. 445/2000).

Per quanto riguarda i reati nei quali il cittadino può incorrere, cui si è fatto cenno sopra, si tratta della “Falsa attestazione o dichiarazione ad un pubblico ufficiale sull’identità o su qualità personali proprie o di altri” (art. 495 c.p.), “False dichiarazioni sull’identità o su qualità personali, proprie o altrui“ (art. 496 c.p.), “Falsità materiale commessa dal privato” (art. 482 c.p.) ed “Uso di atto falso” (art. 489 c.p.).

Si noti che l’art. 76, co. 3, T.U.D.A., al fine di eliminare ogni dubbio sul possesso della qualifica di pubblico ufficiale da parte dei dipendenti pubblici addetti al ricevimento delle dichiarazioni dei privati, stabilisce che, in ogni caso, le dichiarazioni sostitutive di certificazione e di atto di notorietà si considerano sempre come rilasciate ad un pubblico ufficiale. Pertanto, in tali casi, può, appunto, concretamente configurarsi la fattispecie astrattamente prevista dall’art. 495 c.p.

Infine, l’art. 76, co. 4, D.P.R. n. 445/2000 prevede una sanzione accessoria a quelle stabilite dal codice penale, per i casi in cui i reati di cui sopra vengano compiuti per ottenere la nomina ad un pubblico ufficio o l’autorizzazione all’esercizio di una professione od arte. In tal caso, infatti, qualora il giudice penale ravvisi la sussistenza di gravi violazioni alle norme sulla falsità in atti, può applicare l’interdizione dai pubblici uffici o dalla professione ed arte.


[1] In proposito, si rileva che la circolare 20 dicembre 1988, n. 2677 del Ministro per la Funzione Pubblica, sulla quale non ha inciso l’entrata in vigore del D.P.R. n. 445/2000, ha specificato, con riferimento alla facoltà di autocertificazione introdotta dalla legge n. 15/1968, che “tali norme non riguardano la presentazione di atti e documenti all’autorità giudiziaria nell’espletamento delle funzioni giurisdizionali, per cui continuano ad osservarsi le disposizioni contenute nei codici o in leggi speciali”.

[2] Per completezza, si precisa che gli altri stati, qualità personali e fatti espressamente indicati dalla norma di cui all’art. 46 d.P.R. 445/2000 sono i seguenti: esistenza in vita; nascita del figlio, decesso del coniuge, dell’ascendente o discendente; iscrizione in albi, registri o elenchi tenuti dalle pubbliche amministrazioni; appartenenza ad ordini professionali; titoli di studio, esami sostenuti; qualifica professionale posseduta, titolo di specializzazione, di abilitazione di formazione, di aggiornamento e di qualificazione tecnica; reddito o situazione economica anche ai fini delle concessioni dei benefici di qualsiasi tipo previsti da leggi speciali; assolvimento di specifici obblighi contributivi con indicazione dell’ammontare corrisposto; possesso e numero del codice fiscale, della partita IVA e di qualsiasi dato presente nell’archivio dell’anagrafe tributaria; stato di disoccupazione; qualità di pensionato e categoria di pensione; qualità di studente; qualità di legale rappresentante di persone fisiche o giuridiche, di tutore, di curatore e simili; iscrizione presso associazioni o formazioni sociali di qualsiasi tipo; situazioni relative all’adempimento degli obblighi militari, ivi comprese quelle attestate nel foglio matricolare dello stato di servizio; di non aver riportato condanne penali e di non essere destinatario di provvedimenti che riguardano l’applicazione di misure di prevenzione, di decisioni civili e di provvedimenti amministrativi iscritti nel casellario giudiziale ai sensi della vigente normativa; di non essere a conoscenza di essere sottoposto a procedimenti penali; qualità di vivenza a carico; tutti i dati a diretta conoscenza dell’interessato contenuti nei registri dello stato civile; di non trovarsi in stato di liquidazione o di fallimento e di non aver presentato domanda di concordato.

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