Genitori figli

Doveri genitoriali, diritti e doveri del figlio

A cura della Dott.ssa Paola Todini

La disciplina concernente i rapporti tra genitori e figli e, dunque, i relativi diritti e doveri, come noto, è stata profondamente modificata dalla recente novella[1] che, nell’ambito della filiazione[2], ha segnato una svolta significativa, avvicinando la nostra legislazione al diritto europeo di famiglia[3]. Una nuova strategia impronta il c.d. “decreto filiazione”, il baricentro del sistema famiglia è rappresentato dall’esigenza primaria di tutelare “l’interesse dei minori”.

La tensione verso un unico status di figlio trova espressione sul piano lessicale nell’eliminazione di ogni aggettivazione, ma anche su quello sistematico, come si evince dall’art. 7 del Decreto di attuazione della novella del 2012, intitolato “Modifiche alle rubriche del libro primo del codice civile”. Il legislatore ha inserito ai commi 11 e 12, due capi. Un primo “Dei diritti e dei doveri dei figli[4] in cui è contenuta l’intera disciplina dei rapporti genitore-figlio in ordine agli aspetti economici, agli obblighi di mantenimento e all’esercizio della responsabilità. Un secondo capo, intitolato “Esercizio della responsabilità genitoriale a seguito di separazione, scioglimento, cessazione degli effetti civili, annullamento, nullità del matrimonio ovvero all’esito di procedimenti relativi ai figli nati fuori del matrimonio”, è inserito dopo l’art. 337 del c.c. ed in esso confluiscono le disposizioni precedentemente contenute nella legge di disciplina dei casi di scioglimento del matrimonio e degli artt. 155 e ss. del c.c..

I diritti ed i doveri genitoriali presenti nella nuova formulazione dell’art.  147 c.c. esprimono, seppur nella immutevolezza di alcuni loro aspetti, una nuova dimensione della relazione tra le situazioni giuridiche soggettive che compongono il rapporto di filiazione; essa, in una interpretazione post novella, deve essere letta , così come debbono essere letti i diritti e i doveri che la caratterizzano, alla luce della trasformazione della potestà genitoriale in responsabilità genitoriale[5]; rapporto da intendere, nel suo profilo strutturale, come relazione tra situazioni giuridiche[6].

Non si tratta evidentemente di una modifica puramente formale né squisitamente linguistica, quanto, piuttosto, di un definitivo abbandono dell’anacronistico concetto di potestà genitoriale che trae origine dalla consapevolezza dell’evoluzione socio-culturale delle relazioni genitori-figli; consapevolezza così radicata da condurre, ad esempio, alla teorizzazione della necessità di una educazione dialettica nei confronti dei cc.dd. grandes enfants[7].

L’uso della locuzione “responsabilità genitoriale” in luogo di “potestà”[8] esprime, in modo decisamente incisivo, il significato della scelta genitoriale, evidenziandone la funzione[9].

Risulta evidente come l’istituto della potestà genitoriale sia stato oggetto di una trasformazione, di matrice europea[10], caratterizzata dall’emersione e dall’acquisizione di nuovi doveri con conseguente perdita di diritti sui figli; fenomeno che si presenta quale naturale evoluzione dell’incisivo processo di riconoscimento, attualmente in atto, di un costante rinnovamento dei diritti dei minori.

In tale prospettiva puerocentrica il dovere genitoriale rappresenta un prius rispetto ai poteri sui figli che, unitamente ai doveri,  connotano la potestà genitoriale. I mutamenti linguistici, applicati dal legislatore per indicare il munus genitoriale, esprimono meglio i caratteri e lo scopo che connotano e a cui sono preposte le nuove relazioni genitori-figli[11]. Propedeutico a tale trasformazione della “potestà genitoriale” in “responsabilità genitoriale” è stato sia il ruolo svolto dalla giurisprudenza[12], CEDU [13] e nazionale[14], sia dalla C.E.F.L.[15].

La nuova endiadi, di origine europea, riflette una puntuale attenzione al benessere ed all’autonomia minorile. Deriva da ciò il completo abbandono del vetusto schema gerarchico fondato sulla dicotomia dei correlativi giuridici potestà-soggezione ed una contestuale esaltazione del compito genitoriale.

Già con la Raccomandazione n. R (84) 4 del Comitato dei Ministri agli Stati membri del Consiglio d’Europa veniva formulata la seguente definizione di responsabilità genitoriale: “…sono l’insieme dei poteri e doveri destinati ad assicurare il benessere morale e materiale del bambino, segnatamente prendendosi cura della persona del bambino, mantenendo le relazioni personali con lui, assicurando la sua educazione, il suo mantenimento, la sua rappresentanza legale e l’amministrazione dei suoi beni…”.

Il successivo Regolamento c.d. Bruxelles II bis, concernente le decisioni in materia matrimoniale e di responsabilità genitoriale, delinea una concezione europea del munus genitoriale che si identifica con l’assunzione delle responsabilità che i genitori hanno nei confronti della prole e nel loro esclusivo superiore interesse.

L’utilizzo della locuzione “responsabilità genitoriale”, infatti, pone l’accento sui doveri contenuti nel munus  piuttosto che sui diritti dei genitori, i quali, comunque, già rappresentavano, attraverso la concezione di potestà, gli strumenti indiretti del soddisfacimento dei diritti minorili. Tali diritti, infatti, sono conferiti ai genitori solamente ai fini della realizzazione di un interesse non proprio, ma di un terzo: il minore[16].

Il combinato disposto dell’articolo 30 della Costituzione, dell’art. 147 c.c. e dell’art. 315- bis, si viene a “porre definitivamente come Grundnorm dell’intera disciplina dei rapporti genitori-figli[17] nel quale ogni genitore è titolare di una posizione giuridica piena “volta a realizzare il c.d. progetto educativo della prole”.

La nuova formulazione dell’articolo 147 c.c., introdotta dall’art. 3 del decreto delegato, in una accezione puerocentrica della potestà genitoriale, evidenzia, in luogo dei doveri dei genitori verso i figli, i diritti dei figli nei confronti dei genitori, così come risulta dal rinvio all’articolo 315 – bis, posto a chiosa dell’art. 147 cc.. Nell’articolo, confluiscono le disposizioni già contenute nella precedente formulazione degli articoli 147 e 315 c.c., rispetto ai quali si predilige, però, una prospettiva diversa: l’esaltazione dei diritti dei minori di cui i doveri genitoriali divengono strumentali.

L’articolo in esame costituisce una specificazione dell’art. 30 della Costituzione ed aggiunge ai doveri di mantenimento[18], educazione ed istruzione [19]che i genitori hanno nei confronti della prole, anche il dovere di assistenza morale dei figli. L’elenco dei doveri genitoriali contenuto all’art. 147 c.c., però, non è tassativo né tantomeno esaustivo, atteso che i diritti riconosciuti ai minori attraverso tale articolo non possono essere realizzati se non accompagnati da atteggiamenti di cura ed affetto che assurgono a veri e propri doveri genitoriali. Solo l’insieme di tali elementi, infatti, realizza il fine ultimo della tutela offerta dalla normativa: lo sviluppo armonioso ed equilibrato della personalità dei minori.

L’art. 147 c.c. risponde, inoltre, all’esigenza di stemperare il concetto di soggezione del figlio ai poteri-doveri genitoriali, esaltando l’assunzione dell’obbligo del genitore che dovrà essere attuato in armonia con quanto previsto dall’art 315-bis. In questo senso autorevole dottrina[20] ha evidenziato come la tradizionale correlazione potere-dovere abbia lasciato il passo alla diversa dimensione diritto-dovere.

Da ultimo, appare opportuno sottolineare come il principio 3.1 C.E.F.L., avesse già fornito importanti indicazioni sul concetto di “responsabilità genitoriale”, definendola: “l’insieme d ei diritti e doveri finalizzati alla promozione e garanzia dei diritti del minore”.

In ordine al dovere di promozione si rileva che i termini “promoting”, “favoriser”, “Förderung” (utilizzati nelle versioni inglese, francese e tedesca con cui i principi sono formulati dalla CELF) non lasciano spazio ad altre interpretazioni essendo accomunati nelle tre lingue dal significato di “promozione”, “sviluppo”, “incoraggiamento”.   Il principio, infatti, connota positivamente il ruolo del genitore, il quale, come titolare della responsabilità, non è più chiamato solo al compimento di azioni volte alla cura ed all’interesse del minore, ma è tenuto anche alla promozione del medesimo. La specificazione relativa al modo di realizzazione dei diritti costituzionalmente garantiti ai minori contenuta nell’art. 147 c.c., che, seppur nella sua nuova formulazione impone il “rispetto” in luogo del “riconoscimento”[21] delle capacità,  inclinazioni naturali e aspirazioni dei minori, così come il generale diritto di “ricevere cura” ex art. 155 c.c.,  pur contenendo in nuce il principio di promozione dei diritti dei minori, non appare ancora sufficientemente idonea ad una esplicita lettura in termini di stimolo e promozione dei diritti minorili e del riconoscimento del relativo dovere del genitore.

La nuova formulazione dell’articolo 147 c.c. evidenzia, dunque, un accrescimento, seppur ancora non completo, dei doveri genitoriali derivanti dall’avvenuta trasformazione della potestà genitoriale in responsabilità, trasformazione che avvicina sempre più il nostro ordinamento al concetto di cura del minore già rilevato nell’ambito dei principi europei del diritto di famiglia in tema di filiazione, elaborati dalla C.E.F.L.. Il compito genitoriale, dunque, non si esaurisce in atti di protezione del soggetto in fieri, ma i tipici doveri genitoriali di educazione, mantenimento ed istruzione si arricchiscono dei caratteri di valorizzazione, indirizzo e rispetto della persona del minore.

Un ultima considerazione, l’articolo in esame vincola la discrezionalità genitoriale alla realizzazione non solo delle capacità, inclinazioni naturali[22] e aspirazioni del minore persona, ma, con un rinvio espresso, anche all’attuazione delle modalità di realizzazione contemplate nell’art. 315- bis c.c..

Quest’ultimo, introdotto dal comma 8 dell’art. 1 della Legge 219/2012, intitolato “Diritti e doveri dei figli”, costituisce   un vero e proprio statuto dei diritti del minore nel quale sono consacrati i diritti dei figli.  Ciò in primo luogo perché riferito a tutti i figli senza distinzioni e aggettivazioni qualificanti.

Nella disposizione confluiscono senza alcuna abrogazione, ma in una visione unitaria, diritti già esistenti che trovano qui una loro dimensione generale e non più strettamente settoriale. L’art. 315-bis, infatti, esplicita i contenuti dello status filiationis, già reso unico dalla nuova formulazione dell’art. 315 c.c.. In esso si “fotografa un rapporto dialettico genitori-figli costituito di diritti e doveri correlati e reciproci[23]”.

Si tratta dei diritti già contemplati dalla nuova formulazione dell’art. 147 c.c.,  riconosciuti ai figli nei confronti dei genitori in funzione della responsabilità genitoriale a questi ultimi attribuita, nonché il diritto a crescere ed essere educato nella propria famiglia già riconosciuto dalla Legge 184/83 e ss. mod., il diritto a mantenere significativi rapporti con i parenti[24], già contenuto nella precedente formulazione dell’art. 155 cc ed oggi inserito nella nuova formulazione dell’art. 337 – ter,  dall’art. 147cc., il diritto all’ascolto, già riconosciuto dall’art. 12 della Convenzione di New York ed in linea con le Guidelines of the Committee of Ministers of the Council of Europe on  child-friendly justice.

 Al riguardo appare opportuno sottolineare che la disposizione prevedendo l’ascolto del “.. figlio minore che abbia compiuto gli anni dodici, e anche di età inferiore ove capace di discernimento …”, individua una necessaria differenziazione dei minori in relazione alle  capacità cognitive da questi singolarmente raggiunte, in funzione delle quali riconosce, se non una capacità ad esprimere un consenso vincolante, il diritto alla partecipazione e manifestazione del proprio pensiero nei procedimenti che lo riguardano.

Si tratta di un diritto all’ascolto, dunque, ben distinto da quello contenuto nell’abrogato art. 155-sexies nel quale lo si prevedeva solo nell’ambito della crisi della convivenza[25].

La disposizione, inoltre, contempla, sempre in una visione puerocentrica e non di situazione giuridica corrispettiva, i doveri del figlio nei confronti della famiglia cui appartiene, precedentemente previsti, seppur in forma parzialmente diversa, nel testo dell’art. 315 cc. vecchia formulazione.

La partecipazione minorile ai bisogni della famiglia, alla luce della ratio riformatrice potrebbe essere letto in un’ottica di diritto-dovere di emancipazione del minore verso l’età adulta e indirizzato al grande minore, rappresentando, anche dal punto di vista di realizzazione del dovere educativo un dovere che si pone quale propensione della nuova concezione di responsabilità genitoriale volta alla sponsorizzazione della persona del minore.

Rispetto alla formulazione precedentemente contenuta nell’art. 315 cc., occorre rilevare che non si tratta di una semplice trasposizione normativa; il decreto delegato, infatti,  inserisce tra le variabili di cui tener conto per l’individuazione della contribuzione minorile ai bisogni della famiglia anche le capacità del minore ed introduce, dunque, un criterio di proporzionalità; ciò mostra, ancora una volta, come la norma di riferimento sia una norma che, anche analizzando la posizione giuridica soggettiva passiva del minore nel rapporto di filiazione, risulta sempre caratterizzata da una attenzione alle esigenze e peculiarità dei soggetti in fieri.

E’, altresì, da rilevare che questa sede avrebbe potuto essere, in un ottica di armonizzazione del diritto di famiglia europeo, l’occasione per introdurre tra i diritti dei minori quello a mantenere significativi rapporti non solo con i parenti e gli ascendenti, ma anche, così come già riconosciuto in numerosi Stati d’oltralpe[26] ed in conformità con i principi C.E.L.F., con gli altri soggetti adulti che per il minore rappresentano una significativa figura di riferimento.

Allo stesso modo non può non rilevarsi che, purtroppo, non è stata accolta la proposta della Commissione di inserire tra i diritti dei figli anche quello ad essere amato, un diritto da intendere come “interesse a ricevere quella carica affettiva …”  di vitale necessità nella fase di formazione del minore [27].

 Si auspica che il legislatore, sempre attento ai principi costituzionali ed europei, provveda a colmare tali lacune.



[1] I diritti e doveri dei genitori nei confronti della prole ed i correlati diritti dei figli originariamente erano contenuti nel Libro primo del codice civile sia nel Titolo VI, rubricato “Del matrimonio” sia nel titolo IX,  rubricato “Della potestà dei genitori”; il D.lgs 154/13 ha collocato, invece, la disciplina in questione nel titolo IX, Libro primo del codice civile, rubricato “Della responsabilità genitoriale e dei diritti e dei doveri dei figli”. Tale modifica evidenzia, anche dal punto di vista sistematico, l’inesistenza di una diversa posizione e, conseguentemente, l’inesistenza di una diversa disciplina offerta ai figli nati entro il matrimonio rispetto a quelli nati fuori da esso. Al fine di eliminare le “discriminazioni sistematiche” antecedenti la L. 219/12, anche dal punto di vista strutturale il titolo IX contiene, infatti, l’intera regolamentazione del rapporto di filiazione sia nella sua ordinaria fase fisiologica sia nel caso in cui il rapporto genitoriale, qualunque esso sia, presenti una patologia.

[2] Per una visione europea del rapporto di filiazione cfr. Castronovo C. e Mazzamuto S., Manuale di diritto privato europeo, Vol I, Milano, 2007, pag. 229 e ss., ove si evidenzia che “i diritti dei genitori per quanto concerne i figli minori si limitano quasi esclusivamente alla titolarità del rapporto, e quindi al potere di escludere i terzi dall’educazione e in generale dal contatto con essi, mentre è scomparsa o si è attenuata ogni forma di pretesa dei genitori nei confronti dei figli, sopravvivendo soltanto quella al rispetto e osservanza delle regole di convivenza del gruppo familiare”.

[3] Sul coordinamento, uniformazione e armonizzazione del diritto di famiglia in Europa si rinvia a W. PINTENS., La famiglia e il diritto in Europa: sviluppi e prospettive, in Introduzione al diritto di famiglia in Europa, (a cura di) S. PATTI, M.G. CUBEDDU, Milano, 2011, pag. 89 e ss. ; nonché M.G. CUBEDDU., La dimensione europea del diritto della famiglia, in Trattato di diritto di famiglia, vol I, Famiglia e matrimonio, (a cura di) G. FERRANDO, M. FORTINO, F. RUSCELLO, (diretto da ) P. ZATTI, Milano, 2011, pag. 95 e ss.; M.G. CUBEDDU, Diritto internazionale  privato, in Filiazione commento al decreto attuativo, Milano, 2014, pag. 290 e ss.

[4] Rispetto alla precedente formulazione “Della potestà dei genitori”, il titolo del nuovo capo pone l’accento sull’essenzialità della posizione minorile rispetto all’esercizio della responsabilità genitoriale esprimendo, ancora una volta, una visione puerocentrica dell’istituto anche attraverso l’introduzione dell’art. 155 –bis.

[5] La nuova rubricazione del titolo IX sostituisce il sintagma “potestà genitoriale” con “responsabilità genitoriale”, realizzando il disposto del comma sesto dell’art. 1 della Legge 10 dicembre 2012, n. 219 ed al contempo dando attuazione alla richiesta di unificazione delle disposizioni in materia di diritti e doveri dei figli contenuta all’art. 2, co. 1, lett. h) della medesima delega al Governo. Tale sostituzione, in ossequio alle fondamentali regole e principi del drafting legislativo, si realizza sia con sostituzioni compiute espressamente per ogni singola disposizione normativa sia attraverso la disposizione contenuta nell’art. 104 del Decreto di attuazione, il quale dispone che il  termine “potestà” riferito alla potestà genitoriale e  l’espressione “potestà genitoriale”, ovunque presenti in tutta la legislazione vigente,  siano sostituite dal sintagma “responsabilità genitoriale”.

[6] Amplius A. GORASSINI, La responsabilità genitoriale come contenuto della potestà, in Filiazione commento al decreto attuativo, Milano, 2014, pagg. 91 e ss., A. G. CIANCI, Dal concetto di potestà al concetto di responsabilità genitoriale: norme di raccordo, in Filiazione commento al decreto attuativo, Milano, 2014, pagg. 89 e ss.

[7] F. GIARDINA, I rapporti personali tra genitori e figli alla luce del nuovo diritto di famiglia, in Riv. trim. dir. civ., 1977, 1382 ss

[8] Le modificazioni intervenute in campo terminologico attraverso il decreto di attuazione sono già presenti in ambito europeo dove ai termini custody e guardianship si preferisce sostituire l’espressione parental responsabilities, così nei paesi di lingua germanica, l’espressione oggi utilizzata è elterliche Verantwortung, ed in Spagna alla patria potestad si sostituisce la responsabilidad parental, mentre la autorité parentale muta in responsabilité parentale.

[9] Il termine presenta una maggiore valenza semantica in quanto ricomprende sia il dovere genitoriale di tutela e rappresentanza del figlio nei confronti dei terzi sia il dovere del genitore verso il figlio, amplius cfr. Zatti P., Introduzione, in Zatti P. (diretto da), Trattato di diritto di famiglia, 2002, Milano, pag. 12.

[10] Come noto, infatti, la Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle Regioni, COM (2011) 60, con il fine di tutelare e promuovere i diritti dei minori negli Stati membri ha ribadito l’impegno all’adozione di un’impostazione coerente per tutte le azioni compiute dall’UE nel campo della tutela dei diritti minorili, affinché tutte le azioni della UE siano corrispondenti ad “un approccio integrato dei diritti dell’infanzia”. A tal fine, la Comunicazione formula tre principi generali dell’UE ed i relativi strumenti di attuazione e controllo; segnatamente: integrare pienamente i diritti dei minori nella politica europea sui diritti fondamentali; porre le basi per politiche fondate sui fatti; cooperazione con le parti interessate. La Comunicazione, inoltre si propone di realizzare un’azione concreta dell’UE a favore dei minori mediante una pluralità di azioni: giustizia minorile a misura di minore, azione mirata a proteggere i minori   vulnerabili, tutela e promozione esterna all’UE dei diritti dei minori. La Comunicazione nella concreta applicazione del diritto all’informazione e all’ascolto del minore si prefigge di realizzare, contemporaneamente alle azioni sopra evidenziate, un coinvolgimento ed una sensibilizzazione dei minori al fine di assicurare loro un concreto accesso ai diritti.

[11] Al riguardo, con specifico riferimento alle connotazioni del munus genitoriale sotto il profilo della responsabilità per un non corretto uso delle nuove tecnologie si rinvia a quanto osservato in P.TODINI, Psicoteconlogie e inadempimento dei doveri connessi alla responsabilità genitoriale, Roma 2012.

[12] Ancora una volta ci troviamo di fronte ad un mutamento del “dato norma” determinato dal cambiamento verificatosi sul piano del “dato realtà”, realizzato dalla scienza del diritto. amplius cfr. R. ORESTANO, Introduzione allo studio del diritto romano, Bologna, 1988, passim.

[13] In primo luogo, rilevano alcune sentenze della Corte europea dei diritti dell’uomo, nelle quali la Corte ha precisato che “l’espressione «diritti genitoriali» è sostituita dall’espressione «responsabilità genitoriale» che riflette l’evoluzione del diritto di famiglia per quanto riguarda il ruolo dei genitori, sul punto amplius cfr. M.G. Ruo, Diritti umani, famiglia e minori la giurisprudenza della Corte Europea dei diritti dell’Uomo, in Legalità e giustizia, 2005, 2.3, pag. 128 e ss..  Dalla Giurisprudenza CEDU emerge, dunque, la trasformazione della relazione genitori/figli in “responsabilità genitoriale”, una responsabilità, sottolinea la Corte, che sorge indipendentemente dall’accertamento del rapporto di filiazione ed indipendentemente dalla tipologia di filiazione (cfr. 27 ottobre 1994, ric. n. 18535/91, Kroon e altri c. Paesi Bassi ma anche 22 aprile 1997, ric. n. 21830/93 X, Y e Z c. Regno Unito).

[14] Nell’ambito della giurisprudenza nazionale è da sottolineare, inoltre, il ruolo svolto dalla Corte costituzionale, la quale, nel ribadire l’eguaglianza dei minori e a prescindere dalla relazione giuridica che lega i genitori, ha fatto espresso riferimento alla “responsabilità genitoriale” e non più alla “potestà genitoriale” (Corte Cost., ord. 20.11.2009, n. 310, in Fam. e Dir., 2010, 5, pag. 449 e ss.).

[15] Un ruolo di non scarsa rilevanza è stato, infatti, offerto dai principles della Commissione, in special modo i principi sulla responsabilità genitoria, pubblicati nel 2007 con “l’obiettivo principale … di proporre riflessioni pratico-teoriche per l’armonizzazione del diritto di famiglia in Europa”. L’utilizzo del termine “principio” ad opera della Commissione si mostra coerente ed efficace rispetto allo scopo che questo intende raggiungere. Così come avvenne per i principi della Commissione Lando, anche i principi della C.E.L.F. sono volti all’elaborazione di un modello europeo da offrire ai legislatori degli Stati membri. I principi, di natura dispositiva, innovano i Principles del Consiglio d’Europa (i principi contenuti nella White Paper on Principles concerning the Establishment and legal Consequences of Parentage  del Consiglio d’Europa,  infatti, apparivano non solo vetusti, ma anche più modesti, considerato che dei 29 principi, solo otto  riguardano la responsabilità genitoria e uno solo il mantenimento) e cristallizzano i risultati del processo evolutivo dei diritti minorili.

[16] Appare in tal senso significativa la definizione di responsabilità genitoriale offerta, nel 2004, dalla Commissione europea: “… Tutti i bambini hanno bisogno di essere protetti e di ricevere cure e attenzioni. Nella maggior parte dei casi, sono i genitori ad essere responsabili di questo compito. Per questo motivo si fa ricorso all’espressione “Responsabilitá genitoriale” per descrivere i diritti e gli obblighi connessi al compito di prendersi cura di un minore. Il concetto di “Responsabilitá genitoriale” ricomprende i doveri ed i diritti relativi alla cura della persona e dei beni di un minore. È inclusa anche la Responsabilitá di assicurare che il minore sia alloggiato, nutrito e vestito oltre a quella relativa alla sua educazione. Tra gli obblighi vi è quello di amministrare gli eventuali beni di proprietà del minore e tra i diritti quello di rappresentarlo legalmente.”.

[17] G. BALLARANI, P.SIRENA, Il diritto dei figli a crescere in famiglia e di mantenere rapporti con i parenti nel quadro del superiore interesse del minore, in Filiazione commento al decreto attuativo, Milano, 2014, pagg. 141.

[18] L’obbligo di mantenimento (che come noto nasce dalla procreazione cfr. amplius Cass. Civ. I, 5562/12) non avendo natura alimentare include le attività prodromiche allo sviluppo psico-fisico, include anche l’obbligo di fornire al minore tutto ciò che risulta strumentale allo svolgimento della vita di relazione nel contesto sociale di cui è parte ed è correlato alla capacità economica dei genitori.

Sul contenuto del dovere di mantenimento ex plurimis si rinvia a M. DOGLIOTTI, Doveri familiari e obbligazione alimentare, 1994, Napoli; I. PATRONE, Obbligo di mantenimento dei figli. Contenuto, garanzia, sanzioni, in Fam e dir., 1996, p. 68, P. PITTARO, Sul delitto di violazione degli obblighi di assistenza familiare, in Fam e dir., 1995; A. ANCESCHI, Rapporti tra genitori e figli, Milano, 2014, pag. 51 e ss.

[19] Come noto l’obbligo di educazione impone ai  genitori, titolari esclusivi della scelta dell’indirizzo educativo, di fornire al minore gli strumenti necessari a formare il loro senso civico e coscienza sociale; l’obbligo di istruzione quello di fornire gli strumenti ed i dati cognitivi, culturali e formativi  Ancora una precisazione, il riconoscimento della doverosità della promozione dei diritti minorili, ora rilevato, trova precipuo fondamento solamente nel diritto europeo della famiglia, essendo esso presente nel nostro ordinamento, ma solo in forma embrionale, ad oggi non ancora riconosciuto né formalmente acquisito.

Seppur risalente appare significativa la distinzione operata in dottrina tra i due doveri di educazione e di istruzione. Si evidenzia, infatti, che tra i due doveri la diversità, peraltro estremamente labile, è individuabile nei diversi obiettivi cui sono preposti. Nel concetto di educazione è insita una trasmissione di valori ed una crescita anche morale dell’individuo, mentre il concetto di istruzione attiene specificatamente alla cura dell’intelletto e all’acquisizione di nozioni e tecniche volte alla formazione dell’habitus scolastico. Risulta però, del tutto evidente, che anche l’attività formativa dell’individuo debba contenere caratteri educativi.  Amplius A. BUCCIANTE, La potestà dei genitori, la tutela e l’emancipazione, in Trattato diritto privato, P. RESCIGNO (diretto da), IV, Persone e famiglia, III, Torino, 1997, pag. 660 e ss..

Rileva, in tale distinzione il carattere comune a tali diritti evidenziato dalla Galluzzo “…il dovere di educazione e di istruzione che, patrimonialmente inteso, sta ad indicare il sobbarcarsi da parte dei genitori delle spese scolastiche per i figli. Infatti anche se lo Stato rende esecutivo il diritto allo studio sancito dall’art. 34 Cost. e fornisce, almeno fino a una certa classe, i libri di testo gratuiti rimangono a carico dei genitori altre spese attinenti agli obblighi scolastici e rientranti nei doveri di cui all’art. 147 c.c….  S.A.R. GALLUZZO, L’obbligo di mantenimento dei figli maggiorenni in Lessico di diritto di famiglia, 2003, 4.

La Cassazione in un recente arrêt ha precisato che l’endiadi “educato” e “mantenuto” non ha meramente valore descrittivo, ma, in una lettura coordinata con gli artt. 2 e 24 della Costituzione, assume altresì un valore morale sia nella sfera affettiva sia in quella sociale. Cass. I, 26205/13.

[20] G. GIACOBBE, Il nuovo articolo 147, in Filiazione commento al decreto attuativo, Milano, 2014, pagg. 109.

[21] E’ evidente che la modifica, riducendo la discrezionalità del genitore, che non è più chiamato ad agire tenendo conto solo della personalità del figlio, ma è obbligato a rispettarla, sia espressione di un procedimento indirizzato ad una lettura sempre più costituzionalmente orientata del diritto minorile. Tale orientamento volto a privilegiare la persona del minore comporta un totale distacco dalla precedente nozione di soggezione genitoriale che non esprimeva altro che l’atto autoritativo, seppur volto alla realizzazione dell’interesse della personalità del minorile.

 

[22] L’utilizzo della forma plurale in luogo di inclinazione naturale non appare causale, ma come sottolineato da autorevole dottrina, esprime una nuova concezione degli interessi da tutelare: il minore in tutta la sua complessità ed in tutte e sue sfraccettature, cfr. G. GIACOBBE, il nuovo art. 147 cit..

[23] A. BELLI, Una rilettura dei doveri del figlio nei confronti dei genitori, in Filiazione commento al decreto attuativo, Milano, 2014, pagg. 167.

[24] Amplius G. BALLARANI, P.SIRENA, Il diritto dei figli a crescere in famiglia cit., pag. 145 e ss.

[25] Amplius G. BALLARANI, Premessa: ascolto nella riforma della filiazione, in Filiazione commento al decreto attuativo, Milano, 2014, pagg. 127 e ss.

[26] Cfr art. 371-4, co 2 codice civile francese: “Si tel est l’intérèt de l’enfant, le juge aux affaires familiales fixe les modalités des relations entre l’enfant et un tires parent ou non”. Al riguardo la giurisprudenza ha chiarito prima delle odifiche introdotte dalla legge del 2013 che: “l’octroi du d’un droit de visite prèvu au second al. De l’art. 371-4 ancien ne costituie qu’une simple fculté pour le juge; méme en prèsence d’une situation exceptionnelle, le droit de visite peut ètre refusè si tel est l’intérèt de l’enfant et l’apreciation,  dùment motivée, des juges du fond sur ce point est soveraine”. Civ. 1 ere 10 mai 1977, Bul. Civ. I, n 213.

[27] Così M.C. BIANCA, Relazione illustrativa, 1989. II Carrano, 2011, 4, 183, senza negare la rilevanza giuridica dell’interesse del minore a ricevere l’affetto dalla propria famiglia, considera la formulazione “assistenza morale” adottata dagli estensori del dettato normativo come la  più idonea a “fornire un contenuto concreto al diritto in oggetto”.

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