Genitori figli

LA FAMIGLIA DI FATTO: TUTELE GIURIDICHE E SPUNTI GIURISPRUDENZIALI

A cura dell’Avv. Giuliana Degl’Innocenti

 

L’unico modello familiare disciplinato in modo completo dall’ordinamento italiano è la “famiglia legittima” (articolo 29 Costituzione “La Repubblica riconosce i diritti della famiglia come società naturale basata sul matrimonio”), mentre per quanto riguarda la “famiglia di fatto”, che è stata qualificata dalla Corte Costituzionale unicamente come formazione sociale ai sensi dell’articolo 2 della Costituzione, non esiste ancora una normativa che specificatamente la regoli.
E’ però doveroso rilevare che come i coniugi, anche le coppie di fatto – oggi in aumento – possono incontrare nel proprio percorso di vita insieme una crisi senza ritorno. Se accade ciò e  se è presente prole, le situazioni da risolvere sono del tutto similari a quelle che si verificano a seguito della separazione dei coniugi: affidamento dei figli, loro mantenimento e tra queste, di preminente importanza, la situazione relativa all’assegnazione dell’abitazione adibita durante la convivenza a residenza comune.
Sul punto si annota che fin dal 1998 la Corte Costituzionale ha dichiarato che l’assenza di una specifica disciplina che regoli le conseguenze della cessazione del rapporto di convivenza non risulta ostativo a far sì che il Giudice disponga egualmente l’assegnazione della casa familiare, essendo la condizione dei figli unica a prescindere dalla identificazione del loro status (figlio legittimo o naturale, tra l’altro oggi ormai scomparso).
Il predetto  fondamentale assunto è stato sancito dalla Corte Costituzionale e poi recepito dalla legge n. 54 del 2006 la quale prevede all’articolo 4, comma secondo, che l’articolo 155-quater, primo comma, codice civile (“Assegnazione della casa coniugale”) si applichi anche ai procedimenti relativi ai figli di genitori non coniugati: “Il godimento della casa familiare è attribuito tenendo prioritariamente conto dell’interesse dei figli. Dell’assegnazione il Giudice tiene conto nella regolazione dei rapporti economici tra i genitori, considerato l’eventuale titolo di proprietà. Il diritto al godimento della casa familiare viene meno nel caso che l’assegnatario non abiti o cessi di abitare stabilmente nella casa familiare o conviva more uxorio o contragga nuovo matrimonio. Il provvedimento di assegnazione e quello di revoca sono trascrivibili e opponibili a terzi ai sensi dell’articolo 2643”.
Al contrario, si osserva che non è invece possibile assegnare la casa familiare in favore del convivente se non risulta la presenza di figli minorenni o maggiorenni non economicamente autosufficienti, perché appunto oggetto di tutela è il diritto del figlio a conservare l’ambiente domestico quale dimensione degli affetti, degli interessi e delle consuetudini di vita. In assenza di figli, l’assegnazione della casa familiare non è contemplata neppure per le coppie sposate.
L’attribuzione dell’abitazione familiare, che la giurisprudenza ha qualificato come un diritto personale di godimento atipico, assume lo scopo di tutelare l’interesse dei figli a cui deve essere consentita la possibilità di continuare a vivere nelle stessa casa.

Tuttavia la previsione legislativa del 2006 ha lasciato un margine di discrezionalità al Giudice nel decidere se e a chi assegnare la casa familiare. I criteri a cui il Magistrato dovrà in ogni caso fare riferimento sono le necessità dei figli e i tempi di permanenza dei medesimi presso ciascun genitore, dato che la stabile convivenza del genitore con i figli minorenni o maggiorenni non economicamente indipendenti costituisce elemento imprescindibile per l’assegnazione della casa familiare.
Poiché è stato riconosciuto ampiamente il principio di bigenitorialità, cioè il diritto dei figli a mantenere rapporti equilibrati con entrambi i genitori – la situazione di affido più frequente è sicuramente quella dell’affido condiviso, la casa familiare potrà essere assegnata dunque dal Giudice a quello tra i due genitori presso il quale i minori avranno la collocazione prevalente.

In caso di affido in via esclusiva, l’assegnazione della casa familiare dovrebbe invece essere – come accedeva per giurisprudenza costante ante riforma del 2006 – stabilita nei riguardi del genitore affidatario.

L’assegnazione della abitazione familiare può essere disposta dal Tribunale anche quando il genitore, con cui i figli continueranno a vivere, non sia il proprietario dell’immobile.
Si rileva, altresì, che a seguito del sacrificio del diritto di proprietà conseguente all’assegnazione della casa predetta, il Giudice – come espressamente prevede l’articolo 155-quater, primo comma codice civile – dovrà tenerne conto nella regolazione dei rapporti patrimoniali tra i genitori relativi al mantenimento dei figli.
Il diritto all’assegnazione della casa coniugale viene meno, come prevede l’articolo 155-quater codice civile, qualora l’assegnatario non abiti la casa familiare o cessi di abitarvi stabilmente, quando instauri una convivenza more uxorio nella predetta abitazione, quando contragga nuovo matrimonio, oppure, anche se non specificatamente indicate dal legislatore, quando viene ripresa la convivenza tra i coniugi e/o i due partner, in caso di morte dell’assegnatario, quando la prole raggiunge la maggiore età e l’autosufficienza economica e/o cessa di vivere con il genitore affidatario.

Diversamente dalla separazione dei coniugi, nell’ipotesi di crisi della famiglia di fatto, la competenza a conoscere la materia, dipende da diversi fattori. Se i figli sono minorenni competente sarà il Tribunale per i minorenni della circoscrizione territoriale del luogo ove il minore risiede. Nel caso invece, in cui non siano avanzate domande contestuali di affidamento e mantenimento del figlio minore, perché i genitori hanno già raggiunto accordi in relazione al regime d’affido, competente sarà il Tribunale ordinario. Nell’ipotesi che i genitori dovessero autonomamente raggiungere un accordo sull’assegnazione della casa coniugale, non essendovi alcuna normativa specifica che preveda, come per i coniugi che intendono separarsi, un obbligo di verifica da parte dei Magistrati delle intese inerenti alla prole minorenne (omologazione), si è diffusa la prassi di depositare egualmente avanti al Tribunale per i minorenni un ricorso congiunto al fine di ottenere un provvedimento che nel recepire l’accordo raggiunto tra i genitori, conferisca al medesimo stabilità e certezza. Mentre se i figli sono maggiorenni competente sarà sempre il Tribunale ordinario.

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