di Maria D’Amico

 

Si parla tanto di mediazione ed il termine si fa strada  in molti ambiti.

Mediazione familiare,culturale,civile etc… Perchè questo bisogno di mediazione si è fatto così vivo ed intenso in questi anni,tanto da essere sostenuto da importanti scelte legislative?Il fattore M mediazione sembra essere un vero fattore rivoluzionario e scatenante di una nuova modalità di interazione tra gli individui,che va incoraggiata e sostenuta.

L’uomo contemporaneo, stimolato ad agire con la stessa velocità di un computer può gestire poteri una volta inimmaginabili, ma corre il rischio di smarrirsi, di perdere il senso del “naturale fluire della vita”.Non è semplice integrarsi in un sistema così complesso e conflittuale,che corre e lascia indietro chi non tiene il passo, relegando ed emarginando lo spazio dell’ascolto nella vita sociale.  Ascolto e ricerca di soluzioni sono invece gli elementi chiave della mediazione.

Ecco perchè non occorre essere un veggente per immaginare che la mediazione nella sua veste di obbligatorietà avrà nel lungo termine un ruolo oserei dire terapeutico e nonostante le inziali difficoltà ed ostilità da parte di alcune professionalità  e professionisti riuscirà a centrare il suo obiettivo cioè abituerà le parti ad utilizzare la mediazione in modo che possano apprezzarne,con il tempo, i benefici,percorrendo un campo che può portare ad una nuova visione di se stessi e della società.

Mi riferisco alla possibilità, data alle parti, di avere un’ occasione, unica e irripetibile di poter discutere, confrontare e confrontarsi, ragionare, mettere a fattore comune le risorse e dunque negoziare, inteso nel senso più ampio e positivo dell’azione, nelle migliori condizioni possibili.

Questa possibilità a volte coglie di sorpresa proprio coloro che, “costretti al tavolo” della mediazione, si accorgono che forse questa sosta, forzata può o potrebbe diventare la via d’uscita per la riappropriazione di un proprio spazio decisionale.

Spesso accecate dal desiderio di affermare un proprio presunto diritto, prima ancora o ancor più che mosse dal desiderio di vedere concretamente risolto un reale problema le parti intraprendono la “via della giustizia” senza rendersi conto dei minori costi e grandi benefici che da essa potranno conseguire e senza prendere in considerazione alcuna valida alternativa.

Atro importante aspetto connesso al primo è la mancata valutazione dei propri reali interessi e la propensione a trasformare ogni controversia in una questione “di principio”,per cui spesso ci si sente dire:“ma per quale motivo dovrei mediare se ho ragione io?”, senza rendersi conto di cosa significhi realmente agire in giudizio, soprattutto in termini di costo,di tempo,di investimento di energie.

Da tali motivazioni si origina l’importanza della mediazione nel nostro tessuto sociale e la speranza che questa diventi il volano di una cultura peace-keeping,orientata alla concezione del conflitto come elemento transitorio che può e deve essere gestito in maniera costruttiva.

I più importanti filoni di studi sulla mediazione possono ricondursi a due tipologie di approccio.

La mediazione settlement conference e la mediazione trasformativa.

La mediazione SETTLEMENT CONFERENCE è quella nella quale le parti vengono tenute separate le une dalle altre ed il mediatore, trascorso del tempo con entrambe, le incoraggia a considerare la possibilità di formulare un’offerta più vicina a ciò che l’altra parte propone,compatibilmente con gli interessi in campo.

Se questo tipo di mediazione vede protagonista un mediatore molte volte paziente che lascia alle parti la possibilità di esprimere le loro emozioni, tuttavia gli attribuisce un ruolo finalizzato a mantenere l’attenzione sull’ offerta e il mediatore cerca sopratutto di aiutare le parti a comprendere con maggiore chiarezza ciò che accadrebbe qualora la controversia non fosse risolta attraverso la mediazione.

Ma la mediazione è qualcosa in più,è anche e sopratutto un’opportunità per una conversazione ‘migliorata’; nella quale le parti si incontrano finalmente e parlano di argomenti che non sono necessariamente collegati  al raggiungimento di un accordo, cose come il passato, i sentimenti traditi o le loro diverse personalità.

La mediazione può svolgere una funzione coadiuvante a forte valenza educativa, nelle dinamiche, nei processi e nelle relazioni. Questa concezione di mediazione è quella propria della mediazione trasformativa,che ha un approccio diverso rispetto alla scuola di negoziato di Harvard, dalla quale si origina,ma della quale ridiscute alcuni aspetti, evolvendosi con una propria strada originale.

Grazie a due importanti organismi statunitensi,la fondazione Hewlett e il programma di studio della mediazione per i cittadini, guidato da Robert Sherman,finanziato dalla fondazione Surdna, la mediazione trasformativa,presentata nel famoso libro The promise of mediation di Bush e Folger diventò un approccio applicativo nell’ambito delle Poste statunitensi ,dove sulla base di tali teorie si gestì una mediazione customer oriented in linea con gli assiomi della mediazione trasformativa Il punto principale della mediazione trasformativa è che il mediatore svolge il suo ruolo e raggiunge i propri  obiettivi solo se e quando riesce a portare le parti a responsabilizzarsi e a riconoscersi resiprocamente,nella propria storia,nella dignità di una posizione differente,di una propria realtà.

Nel suo discorso di apertura, il mediatore spiega che il suo compito è quello di aiutare le parti a raggiungere una comprensione più chiara dei propri interessi e delle opzioni, e, se lo vorranno, a raggiungere una migliore comprensione del loro avversario. Pervenire ad una soluzione del conflitto non è l’obiettivo più importante della mediazione, il vero successo sta nel rinnovato incontro e nella migliore comprensione dell’altro.

Nella epocale crisi di portata storico-politico-economica che ha generato inevitabilmente smarrimento sociale, alterando equilibri talvolta già precari e favorendo

il sorgere di tensioni la mediazione ha una dimensione aggregante e sociale,poichè ha cercato soluzioni a conflitti e contenziosi politici e territoriali, scolastici e condominiali,mirando a comporre liti in vari contesti. La mediazione, è uno strumento ed un arte che può essere appresa all’interno di un contesto formale o informale( formal o non formal learning),e viene vista a seconda delle correnti di pensiero e degli approcci, da un lato

come strumento alternativo alla giurisdizione tradizionale, dall’altro come suo valido affiancamento, in quanto elemento atto a favorire – attraverso ben definite procedure e pratiche – la gestione di un evento che ha procurato una frattura, nonché la riparazione del danno.

 

Fra i numerosi campi in cui, come poc’anzi constatato, si applicano le teorie e le pratiche della mediazione, si ricordano anche i principali approcci e tecniche della mediazione penale ,in particolare quelli utilizzati con minorenni e giovani adulti che transitano nei circuiti penali della giustizia minorile per aver commesso reati. A livello internazionale, la mediazione penale appare come l’apice di un percorso, individuale e sociale, quali che siano gli esiti del giudizio . Motivo per cui numerosi autori ritengono che, proprio tramite lo strumento della mediazione

si realizzi l’espressione più profonda e significativa della Restorative Justice e non solo modalità di ‘settlement” del conflitto in corso (ecco perchè terapeutica).La mediazione si propone come alternativa non solo rispetto al processo ,ma anche rispetto al giudizio,poichè non si formula un criterio di giusto/ sbagliato nè vincitore ed un vinto ,si presenta inoltre come un duttile strumento che va utilizzato e gestito dalla comunità (scuole,ospedali,piccole beghe etc..)e questa concezione presuppone una migliore qualità interattiva della relazione umana.

Si può quindi considerare la mediazione trasformativa come un creative problem solving o una sorta di terapia, poichè le persone spesso si sentono meglio dopo la mediazione, hanno una nuova consapevolezza circa quello che vogliono trarre dalla situazione, si capiscono meglio tra loro, e spesso raggiungono un accordo che permette loro di andare avanti. Nell’ardita interpretazione  della mediazione come terapia non deve sfuggire che la terapia ha proprio il compito di gestire il conflitto.

La terapia psicodinamica (Psychodynamic therapy)ad es  cerca di alleviare il conflitto interiore tra l’id,parte istintiva,l’io e il super-io legato all’educazione familiare.

Questi conflitti si presume siano iniziati nell’ infanzia e siano legati al rapporto del paziente con i genitori. Si cominciano ad avere progressi quando il paziente inizia a prendere consapevolezza di questi conflitti inconsci per poi adottare strategie per cambiare il suo comportamento. I mediatori trasformativi, al contrario, non fanno ipotesi circa la presenza o l’origine dei conflitti interni dei clienti, né cercano di rendere conscio l’inconscio, ma rimangono concentrati su ciò che i clienti scelgono di comunicare. La risoluzione di un conflitto interiore potrebbe essere un effetto collaterale di una mediazione trasformativa, ma non né è l’obiettivo principale.

La terapia cognitivo-comportamentale (Cognitive behavioral therapy) cerca invece di aiutare i pazienti ad imparare  e assumere dei comportamenti che permettono di raggiungere più rapidamente la felicità. Nonostante ci siano molte varianti di terapia cognitivo-comportamentale, elementi condivisi sono la centralità dell’apprendimento e la convinzione che gli individui possano imparare modi migliori di comportarsi e di pensare. La mediazione trasformativa spesso porta a nuovi modi di pensare e reinterpretare l’attuale conflitto, il mediatore trasformativo non da direttamente delle indicazioni in questo senso, ma permette loro di emergere dalla conversazione,attraverso l’ ascolto e comprensione delle ragioni dell’altro.

La terapia sistemica familiare (Family systems therapy) si concentra sulle interazioni all’interno della famiglia. Essa cerca di identificare i modelli controproducenti e conflittuali dell’interazione spingendo poi il gruppo o gli individui ad adottare  modifiche e/o ridefinizioni dei singoli ruoli. Mentre questo approccio condivide con la mediazione trasformativa un focus sull’interazione, si differenzia sia per la tendenza del terapeuta ad essere categorico nell’individuazione degli schemi e nel suggerimento di alternative, sia per i contesti in cui vengono utilizzati. Quindi, mentre la terapia sistemica familiare spera di migliorare le interazioni familiari per il lungo termine, i mediatori trasformativi tendono ad essere concentrati su una specifica controversia.

 

La terapia centrata sulla persona (Person-centered therapy). Entrambi gli approcci presuppongono che il progresso derivi dalle scelte personali e consapevoli dei soggetti, dove il terzo riveste un ruolo di aiuto sostenendo incondizionatamente tali scelte. La differenza tra gli approcci sta nel fatto che nella terapia centrata sulla persona il focus è su una relazione terapeutica talvolta di lungo corso tra il terapeuta ed il cliente, mentre la mediazione trasformativa  nasce con la speranza che il supporto del mediatore abbia effetto ed ottenga un risultato in un percorso di breve periodo, anche in una singola riunione.

La terapia Gestalt (Gestalt therapy),teoria della forma  pone grande enfasi sulla “immediatezza” – il terapeuta mantiene l’attenzione sul presente e sull’interazione tra il terapeuta e il paziente. Il terapeuta può utilizzare una grande varietà di tecniche, quali la role-playing, per aiutare il cliente a comprendere il suo stesso comportamento. Grazie a questa comprensione, il cliente può imparare ad essere maggiormente vivo e presente. Sebbene appaia con immediatezza molto simile al mediatore trasformativo ed al suo micro-focus sulla conversazione in corso, l’approccio Gestalt si differenzia in quanto è il terapeuta ad indirizzare il cliente verso certi esercizi e verso il presente, mentre il mediatore trasformativo segue il cliente ovunque si trovi, anche in discussioni riguardanti il passato e il futuro.

Quindi, è comprensibile che per l’avvocato la mediazione trasformativa sia qualcosa di nuovo ed inconsueto,a taluni di loro suoni come terapia – e richieda l’acquisizione di competenze non strettamente giuridiche ,poichè i mediatori trasformativi, tendono a concentrarsi sul procedimento oltre che sul risultato.

I mediatori dunque  nell’ auspicio della creazione e condivisione di buone prassi da adottare nella gestione della conflittualità latente e manifesta sono generalmente invitati a prestare assistenza in controversie specifiche,curandosi che tale “terapia” sia somministrata nel modo più positivo,  pur quando le parti compaiono con evidente controvoglia o addirittura a comparire sia solamente la parte istante.

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