di Maria Monteleone

Il padre o la madre che si disinteressino totalmente dei figli o si comportino in modo pregiudizievole per la loro crescita possono decadere dalla potestà genitoriale [1] mediante un provvedimento del giudice. Si tratta di un atto estremo e, come tale, utilizzabile solo per rispondere a situazioni gravemente pericolose per l’integrità psico-fisica del minore.

La potestà genitoriale è l’insieme dei poteri di decisione che entrambi i genitori hanno relativamente alla cura e all’educazione dei figli minori. Essa presuppone un legame affettivo sincero tra genitore e bambino, una presenza morale e materiale costante da parte del primo nella vita del secondo. Quando manca questo presupposto, il figlio può risentirne in modo grave e ciò può appunto comportare la perdita della potestà genitoriale.

In ogni caso, il giudice, prima di dichiarare decaduto il genitore dalla potestà genitoriale, deve tenere in considerazione l’interesse del minore e vedere se quest’ultimo risulti effettivamente pregiudicato in modo grave dalla condotta del genitore [2].

Il pregiudizio è grave solo quando è sintomatico dell’inidoneità del padre o della madre ad assolvere al proprio ruolo, per cui l’unica soluzione possibile è quella di sottrargli i poteri decisionali in modo da non nuocere al figlio.

Infatti, la decadenza dalla potestà genitoriale non ha una funzione sanzionatoria, bensì una funzione preventiva perché volta ad evitare che, in futuro, il protrarsi delle condotte negative del genitore possa danneggiare il figlio.

 

Casi di decadenza dalla potestà genitoriale

Il giudice pronuncia il provvedimento di decadenza dalla potestà sui figli qualora la madre o il padre:

1) non adempia ai propri doveri di genitore e cioè:

– non provveda al mantenimento, all’istruzione e all’educazione del figlio [3];

– violi gli obblighi di assistenza familiare (abbandonando la casa familiare o non procurando i mezzi di sussistenza alla famiglia o dilapidando i beni del minore) [4];

– si disinteressi del bambino, senza cercarlo o rifiutandolo e senza partecipare ai momenti importanti della sua vita. È per esempio il caso di un padre che, pur pagando gli alimenti al figlio, dimostri di non essere “affettivamente” presente (non recandosi neppure al suo battesimo) [5].

 

2) abusi dei propri poteri di genitore e cioè:

maltratti il bambino o l’altro genitore (con evidente turbamento per il minore) [6];

abusi dei mezzi di correzione nei confronti del figlio, tramite violenza fisica o psicologica [7] (per esempio, lo picchi in modo eccessivamente violento e sproporzionato rispetto alla mancanza posta dal bambino).

3) in generale, tenga comportamenti tali da pregiudicare la sana crescita del bambino o crei situazioni di particolare gravità. Si pensi ai casi di genitori tossicodipendenti o alcolizzati [8].

 

Conseguenze della perdita della potestà genitoriale

Il genitore che decade dalla potestà sui figli perde il potere di decisione nei loro confronti, il potere di scelta relativo alla loro cura ed educazione nonché il potere di rappresentarli in giudizio e di amministrare i loro beni.

Nonostante la perdita di potestà, il genitore resta obbligato al mantenimento dei figli (ne abbiamo parlato qui: http://www.laleggepertutti.it/19028_il-genitore-senza-piu-potesta-sui-figli-e-sempre-obbligato-al-mantenimento).

Il genitore che perde la potestà non perde ovviamente la qualità di padre o madre e pertanto può sempre frequentare il bambino, a meno che il giudice non abbia disposto l’allontanamento del minore stesso o del genitore dalla residenza familiare [9]. Ciò avviene nei casi particolarmente gravi di maltrattamento, abuso, tossicodipendenza ecc.

Nei casi meno gravi in cui la condotta del genitore sia pregiudizievole per i figli, ma non tale da comportare la decadenza dalla potestà, il giudice può disporre l’allontanamento temporaneo del genitore o adottare i provvedimenti che ritiene più opportuni fino a quando non cessi la causa di pregiudizio. In tal caso, il magistrato potrebbe autorizzare delle visite periodiche degli assistenti sociali [10].

 

Reintegrazione nella potestà

Quando cessano le cause che hanno dato luogo alla decadenza dalla potestà e non c’è più alcun pericolo di pregiudizio per il figlio, il giudice può reintegrare il genitore decaduto nella potestà [11].

 

 

[1] Art. 330 cod. civ.: “Il giudice può pronunziare la decadenza della potestà quando il genitore viola o trascura i doveri ad essa inerenti o abusa dei relativi poteri con grave pregiudizio del figlio”.

[2] Corte Cost., sent. 23.02.2012, n. 31.

[3] Tali obblighi sono sanciti dall’art. 147 cod. civ.

[4] Art. 570 cod. pen. (reato di violazione degli obblighi di assistenza familiare).

[5] Trib. Minorenni di L’Aquila, decreto dell’8 giugno 2007.

[6] Art. 572 cod. pen. (reato di maltrattamenti in famiglia).

[7] Art. 571 cod. pen. (reato di abuso dei mezzi di correzione).

[8] In questi casi il giudice deve accertare se sussiste un effettivo grave pregiudizio per il minore, altrimenti sono sufficienti altri provvedimenti (per es. allontanamento dalla casa familiare).

[9] Art. 330 cod civ.

[10] Art. 333 cod. civ.

[11] Art. 332 cod. civ.

Tratto da laleggepertuti  http://www.laleggepertutti.it/19180_i-doveri-verso-i-figli-e-la-perdita-della-potesta-genitoriale

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