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A cura della dott.ssa Filomena Agnese Chionna

Con crescente frequenza, ci si interroga in merito all’operatività del leasing.

Risulta utile premettere alcuni cenni, volti ad evidenziare i connotati giuridici della fattispecie in esame.

Il leasing, meglio conosciuto come locazione finanziaria, può essere definito come quella operazione negoziale , in cui il soggetto utilizzatore, si rivolge ad una società di leasing meglio nota come locatore, affinché questi acquisti da un fornitore la proprietà di un bene ben individuato, per poi concederlo in godimento allo stesso utilizzatore, dietro versamento di un corrispettivo periodico.

Detta operazione può ben essere scorporata in due distinte operazioni ossia il leasing tra concedente ed utilizzatore ed il contratto di fornitura tra fornitore e concedente.

A tal proposito, occorre menzionare che, nell’ambito di tale fattispecie convergono differenti figure meglio delineati in dottrina come leasing operativo e leasing finanziario, quest’ultimo, a sua volta può suddividersi in traslativo o di godimento.

Il problema centrale, oggetto di analisi da parte della Cassazione a Sezioni Unire, ruota attorno ai rimedi esperibili da parte dell’utilizzatore, ossia la possibilità di  far valere la pretesa di adempimento del contratto di fornitura oltre al risarcimento del danno sofferto, ovvero se possa proporre domanda di risoluzione del contratto di vendita (tra il fornitore e la società di leasing), come effetto naturale del contratto di locazione finanziaria.

Ne discende ulteriore questione, strettamente collegata, cioè se tale legittimazione sussiste solo in presenza di una specifica clausola contrattuale con la quale venga trasferita la posizione sostanziale dal concedente all’utilizzatore o se ne consegua quale effetto naturale.

Dall’analisi relativa alla disciplina e dall’esame della ratio, ne deriva che, tra il contratto di leasing finanziario, concluso tra concedente e utilizzatore, e quello di fornitura concluso tra concedente e fornitore allo scopo di soddisfare l’interesse dell’utilizzatore ad acquisire la disponibilità della cosa, si verifica un’ipotesi di collegamento negoziale in forza del quale l’utilizzatore è legittimato far valere la pretesa di adempimento del contratto di fornitura e del risarcimento del danno conseguentemente sofferto.

In merito alla proporzione della domanda di risoluzione del contratto di vendita tra il fornitore e la società di leasing, come effetto naturale del contratto di locazione finanziaria, oppure se tale legittimazione sussiste solo in presenza di una specifica clausola contrattuale, le sezioni Unite della Cassazione hanno affermato che,in tema di vizi della cosa che la rendano inidonea all’uso, occorre distinguere l’ipotesi in cui gli stessi siano emersi prima della consegna rifiutata dall’utilizzatore, da quella in cui siano emersi successivamente alla stessa perché nascosti o taciuti in mala fede dal fornitore. Il primo caso va assimilato a quello di mancata consegna, con la conseguenza che il concedente, in forza del principio di  buona fede, una volta informato della rifiutata consegna, ha il dovere di sospendere il pagamento del prezzo in favore del fornitore, e ricorrendone i presupposti, di agire verso quest’ultimo per la risoluzione del contratto di fioriture o per la riduzione del prezzo, nel secondo caso l’utilizzatore può agire contro il fornitore per il risarcimento dei danni e la restituzione dei canoni già pagati al concedente.

 

 

 

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