TRIB. ROMA – DOTT. CORRIAS – ORDINANZA DEL 14.5.2018

Avv. Federica Federici – Dott. Rossana Fornicola

 

MASSIMA

In relazione ad un procedimento penale per direttissima, il cui difensore non veniva liquidato in regime di gratuito patrocinio stante il difetto di un documento di identità valido (nello specifico il codice fiscale), il difensore ricorreva al Tribunale Ordinario Civile, il quale

– ritenuta la legittimazione passiva del Ministero della Giustizia quale organo sul cui bilancio gravano i compensi degli avvocati di persone ammesse al patrocinio a spese dello Stato;

– rilevato: che il decreto impugnato ha respinto l’istanza dell’odierno ricorrente unicamente per mancata allegazione di un valido documento d’identità all’autocertificazione reddituale prevista dall’art. 79 del DPR. 115/2002;  che tuttavia il citato art. 79 prevede che l’autocertificazione in questione debba essere resa in forma di dichiarazione sostitutiva di certificazione ex art. 46, co. 1, lettera o) del DPR. 445/2000, per la cui validità non è prevista l’allegazione di alcun documento d’identità, posto che detta allegazione, secondo l’art. 47 del citato DPR. 445/2000, è necessaria unicamente per le dichiarazioni sostitutive degli atti di notorietà

ammetteva il ricorrente, al patrocinio a spese dello Stato e condannava il Ministero della Giustizia a rifondere a xx le spese del giudizio, ai sensi del DM. Giustizia n. 37/2018.

SINTESI DEL CASO

Si tratta di una questione che ha dato luogo alla impossibilità di esercitare il diritto di difesa e che trae spunto da un procedimento penale in direttissima che si è svolto davanti al Tribunale di Roma nei confronti di un cittadino straniero che chiedeva di essere ammesso al gratuito, dichiarando di non avere nessun mezzo di sussistenza né in Italia né all’estero. Ma l’istanza veniva rigettata perché questo immigrato non era in possesso del proprio codice fiscale, essendo sbarcato da Lampedusa da pochissimo tempo e, quindi, il Giudice Penale ritenne di non poter ammettere la domanda dello stesso al gratuito patrocinio poiché mancante di uno degli elementi indefettibili richiesti per essere ammessi al beneficio suddetto.

LA MATERIA DEL CONTENDERE

Si premette che, nei procedimenti penali, civili ed amministrativi, oggi la legge disciplina in maniera più organica il diritto di tutte le persone di essere assistite da un avvocato scelto di propria fiducia e pagato a spese dello Stato nel caso non abbiano sufficienti mezzi di sostentamento. La questione di cui si è occupati in questo caso riguarda una specifica problematica che è sempre stata sofferta dai cittadini stranieri, che al momento in cui hanno avuto bisogno di difendersi attraverso il gratuito patrocinio, se lo sono quasi sempre visti negare perché non erano in possesso del famoso codice fiscale o documento d’identità.

QUAESTIO IURIS

La questione affrontata nel caso de quo, pone l’attenzione sul diritto di essere ammessi al gratuito patrocinio a spese dello Stato, in quanto tale diritto, a parere del ricorrente è una implicazione necessaria del diritto alla difesa costituzionalmente garantito, e non può essere negato allo straniero che non sia “regolarmente soggiornante”.

NORMATIVE DI RIFERIMENTO

– Ai sensi dell’ articolo 24 della Costituzione della Repubblica italiana, “Tutti possono agire in giudizio per la tutela dei propri diritti e interessi legittimi. La difesa è un diritto inviolabile in ogni stato e grado del procedimento. Sono assicurati ai non abbienti, con appositi istituti, i mezzi per agire e difendersi davanti ad ogni giurisdizione. La legge determina le condizioni e i modi per la riparazione degli errori giudiziari“. Tale principio sancisce la garanzia di accesso alla giustizia anche ai non abbienti, garanzia che costituisce un diritto inviolabile, riconosciuto all’uomo in quanto tale a prescindere dal fatto che si tratti di una persona straniera o italiana e che sia in condizioni regolari o irregolari di un soggiorno in Italia;

– Art. 6, comma 3, lettera c) della Convenzione Europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (firmata a Roma il 4 novembre 1950 e resa esecutiva con legge n. 848 del 4 agosto 1955),  che garantisce al cittadino italiano o straniero di poter essere assistito gratuitamente da un avvocato d’ufficio;

– Sentenza del Consiglio di Stato n.59 del 14 gennaio /2015 che riconosce come previsto dall’art 24 Cost., a un cittadino bengalese, presente in Italia senza permesso di soggiorno, il patrocinio a spese dello Stato in quanto tale articolo prevede e garantisce la difesa in giudizio a “tutti” (e non solo ai cittadini;

– Secondo il diritto dell’UE, in particolare alla luce della direttiva rimpatri (2008/115/CE), i cittadini di paesi terzi, il cui soggiorno è irregolare, non possono più rimanere nel limbo. Tuttavia, la CEDU ha ritenuto che determinati diritti, a causa della loro natura fondamentale e del loro legame con la dignità umana, si applichino a tutte le persone presenti nel territorio, ivi compresi i migranti irregolari. Tra questi diritti, si annoverano anche il diritto all’assistenza medica, il diritto all’accoglienza, il diritto all’istruzione ed il diritto alla difesa;

– La Corte costituzionale, con l’ordinanza n. 144 del 14 maggio 2004, per i cittadini extracomunitari irregolari o senza codice fiscale: ha stabilito che nel caso in cui il richiedente sia cittadino straniero non residente nel territorio italiano, la mancata indicazione del suo codice fiscale o di quello dei suoi familiari non costituisce causa d’inammissibilità  se vengono indicati gli elementi di cui all’art. 4 D.P.R. n. 605/1973 (cognome nome, luogo e data di nascita, sesso, domicilio fiscale estero). Grazie a questa ordinanza dunque, anche i cittadini stranieri clandestini possono usufruire del gratuito patrocinio, ad esempio per impugnare provvedimenti di espulsione o di diniego di rinnovo del permesso, in materia di lavoro e per procedimenti penali. Si tratta di una decisione della Corte Costituzionale del 14 maggio 2004 (ordinanza n. 144), avente ad oggetto la questione di legittimità costituzionale dell’art 79 del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, contenuto nel Testo Unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia, che disciplina le condizioni per l’ammissione al gratuito patrocinio a spese dello Stato.

– L’art. 6, comma 2, del d.p.r. 29 settembre 1973, n. 605 (Disposizioni relative all’anagrafe tributaria e al codice fiscale dei contribuenti), prevede espressamente che l’obbligo di indicazione del numero di codice fiscale dei soggetti non residenti nel territorio dello Stato, cui tale codice non risulti attribuito, si intende adempiuto con la sola indicazione dei dati di cui all’art. 4 – dello stesso d.p.r. – con l’eccezione del domicilio fiscale, in luogo del quale va indicato il domicilio o sede legale all’estero.

– La legge 605/1973 che ha istituito il codice fiscale, si basa essenzialmente sulle generalità del soggetto. Ecco che, nel caso in cui fosse materialmente impossibile ottenere il codice fiscale, come per lo straniero irregolare, sarà possibile in alternativa far valere comunque il diritto al gratuito patrocinio, semplicemente indicando i dati di cui sopra.

– L’art 14, comma 3, lettera d) del Patto internazionale relativo ai diritti civili e politici(reso esecutivo in Italia con legge n. 881 del 25 ottobre 1977) prevede espressamente il diritto dell’imputato a vedersi assegnato un difensore d’ufficio gratuitamente, qualora non abbia i mezzi per pagarlo;

– si ritiene violato anche l’art 10 della Costituzione che, appunto, vincola il legislatore italiano per quanto concerne specificamente la condizione giuridica dello straniero, a conformarsi ai principi stabiliti negli accordi internazionali. Se gli accordi internazionali citati sono assolutamente chiari nel garantire che il diritto di difesa, nel caso in cui non vi siano mezzi economici, è a spese dello Stato, è chiaro che una legge italiana che fosse interpretata nel senso di non consentire (per motivi puramente burocratici) la difesa gratuita, sarebbe incostituzionale in quanto violerebbe l’obbligo del legislatore italiano di conformarsi ai trattati internazionali;

Secondo il Giudice Civile adìto queste garanzie sono evidentemente riferibili anche allo straniero, senza che si debba operare una distinzione rispetto alla presenza regolare o irregolare dello stesso. E’ chiaro che una persona accusata di reato ha il diritto di difendersi indipendentemente dal fatto che abbia o non abbia il permesso di soggiorno o altri documenti di identità, anche perché il diritto di difesa è un diritto riferibile a tutte le persone, secondo la Costituzione, e non soltanto ai cittadini.

 

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