Consiglio di Stato sezione V sentenza 23 ottobre 2012 n 5410

Bosco, definizione, aree limitrofe, disboscamento, autorizzazione paesaggistica

Il concetto di bosco è da intendersi a livello eco – sistemico, non solo quale formazione vegetale ma quale insieme di elementi biotici, abiotici e paesaggistici che ne connotano il proprio essere peculiare. Ne consegue che la presenza di essenze arboree e floreali formatesi spontaneamente dimostra la naturale vocazione del terreno a bosco, peraltro normale nei terreni limitrofi ai boschi, allorché venga dissodato il terreno e tolto il manto erboso per effettuare lo scavo propedeutico alla edificazione di un fabbricato rurale. In caso di costruzione in zona sottoposta a vincolo paesistico e a vincolo forestale occorrono l’autorizzazione forestale al mutamento di destinazione d’uso da foresta a zona antropizzata da parte dell’ente preposto alla tutela boschiva e l’autorizzazione paesaggistica da parte dell’ente preposto alla tutela paesaggistica, oltre naturalmente al permesso di costruire di competenza del Comune, in quanto la materia della tutela delle zone boscate e dell’ecosistema forestale è disciplinata da norme preposte alla cura di un interesse pubblico del tutto differente e distinto dalla tutela e valorizzazione del paesaggio e dell’ambiente, disciplinata infatti da un altro corpo normativo. Riferimenti normativi: D.Lgs. 29 ottobre 1999, n. 490; R.D. n. 3267/1923; D.Lgs. 18 maggio 2001, n. 227; art. 167, D.L.gs. 22 gennaio 2004, n. 42; D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152.

 

TAR Puglia Bari sezione I sentenza 11 ottobre 2012 n 1756

Servizi pubblici locali, pazienti dializzati, trasporto, concorrenza, autorizzazione

L’articolo 25, co. 1, lett. b), n. 1), D.L. 24 gennaio 2012, n. 1, convertito con L. 24 marzo 2012, n.27, prescrive l’obbligo per l’ente pubblico di effettuare “a monte” una valutazione sulla presenza o meno delle condizioni per la liberalizzazione di un servizio, di cui ha preventivamente determinato i contenuti degli obblighi di servizio pubblico, scegliendo se optare per l’attuazione di una concorrenza “nel mercato” o “per il mercato”, vale a dire se attribuire un servizio pubblico in esclusiva ad un solo operatore (indifferentemente scelto in esito a gara pubblica o a società mista o mediante house providing) oppure consentire a più operatori economici di concorrere nella gestione del servizio nel medesimo ambito territoriale.

Pertanto il passaggio da un sistema sostanzialmente concessorio, quale quello preordinato all’individuazione di un unico operatore economico incaricato di erogare il servizio di cui all’art. 4, L. n. 148/2011 ad un regime autorizzatorio (con caratteristiche omologhe a quelle di cui alla direttiva “servizi” 2006/123/CE) con tariffe regolate ed aperto alla “sovrapposizione” di più operatori nello stesso mercato, non è lesivo delle regole comunitarie sulla tutela della concorrenza. (Nel caso di specie, il servizio di trasporto dei pazienti dializzati nei distretti sanitari dell’ASL BA, per come organizzato, presentava senz’altro i tratti distintivi del servizio pubblico locale ex art. 112 T.u.e.l., essendo diretto in modo indifferenziato nei confronti dell’utenza – tutti i pazienti dializzati che intendono usufruire del servizio di trasporto – in regime di doverosità e con trasferimento del rischio di gestione in capo al gestore.)

Riferimenti normativi: art. 25, co. 1, lett. b), n. 1), D.L. 24 gennaio 2012, n. 1; vedi anche il parere A.G.C.O.M., 4 aprile 2012.

 

Cassazione penale sezione V sentenza 24 ottobre 2012 n 41503

Processo penale, parte civile, danno, risarcimento, quantificazione, prova

Ai fini della pronuncia di condanna generica al risarcimento dei danni in favore della parte civile non è necessario che il danneggiato provi l’effettiva sussistenza dei danni ed il nesso di causalità tra questi e l’azione dell’autore dell’illecito, essendo sufficiente l’accertamento di un fatto potenzialmente produttivo di conseguenze dannose: la suddetta pronuncia infatti costituisce una mera “declaratoria juris” da cui esula ogni accertamento relativo sia alla misura sia alla stessa esistenza del danno, il quale è rimesso al giudice della liquidazione. Riferimenti normativi: art. 576 c.p.p. Cfr. Cass. Pen., sez. VI, sentenza 11 marzo 2005, n. 12199.

 

Cassazione penale sezione II sentenza 05 ottobre 2012 n 39130

Riciclaggio, reato presupposto, concorso, differenza, autore principale

In tema di riciclaggio di denaro, beni o altre utilità provenienti da delitto, il criterio per distinguere la responsabilità in ordine a tale titolo di reato dalla responsabilità per il concorso nel reato presupposto – che escluderebbe la prima – non può essere solo quello temporale ma occorre, in più, che il giudice verifichi, caso per caso, se la preventiva assicurazione di “lavare” il denaro abbia realmente (o meno) influenzato o rafforzato, nell’autore del reato principale, la decisione di delinquere.Riferimenti normativi: artt. 648 bis c.p. Cfr. Cass. Pen., sez. 5, sentenza 28 febbraio 2007, n. 8432.

 

Cassazione penale sezione I sentenza 19 novembre 2012 n 45057

Lesioni personali aggravate

Mer i minorenni, che ha dedotto motivazione illogica ed erronea, rilevando che, contrariamente a quanto sostenuto dal Tribunale per i minorenni, era ravvisabile nel comportamento tenuto dall’indagato il delitto di tentato omicidio aggravato, in quanto occorreva tener conto non della idoneità della lesione inferta alla p.o., ma l’idoneità dell’azione posta in essere dall’indagato.

 

Cassazione civile sezioni unite sentenza 02 luglio 2012 n 11067

Titolo esecutivo, sentenza, credito indeterminato, determinazione, prove

L’accertamento contenuto nel provvedimento giudiziale addotto come titolo esecutivo, al di là della formulazione di questo, può risultare integrato attraverso l’apporto probatorio proveniente dalla parte istante. Di conseguenza, in una situazione processuale in cui la contestazione fatta dal debitore venga ritenuta dallo stesso giudice generica al punto da essere considerata affatto mancata, il giudice non può dichiarare d’ufficio che al credito accertato nel provvedimento giurisdizionale fatto valere come titolo esecutivo mancano i tratti richiesti dall’art. 474 c.p.c., senza che le parti siano state invitate a discutere la questione ed integrare le proprie difese anche sul piano probatorio.  Riferimenti normativi: art. 474 c.p.c.

 

Cassazione civile sezione II sentenza 19 ottobre 2012 n 18048

Contumacia, dichiarazione, udienza, apertura, 60 minuti, principio generale

Non è rinvenibile nell’ordinamento la regola generale dell’obbligo di attendere un’ora per la chiusura del verbale di trattazione dell’udienza di appello fissata ex art. 348 c.p.c. Infatti non si può desumere un principio di carattere generale, valido per tutte le udienze istruttorie, nel senso del diritto della parte di poter comparire entro sessanta minuti dall’orario fissato, fidando sull’impossibilità di trattazione all’ora stabilita e di relativa chiusura del verbale, dall’art. 59 disp. att. c.p.c., il quale si riferisce ad uno specifico tipo di procedimento quale quello davanti al giudice di pace. Riferimenti normativi: artt. 171 e 348 c.p.c.; art. 59 disp. att. c.p.c.

 

Cassazione civile sezione VI ordinanza 08 novembre 2012 n 19376

Danno biologico, uniformità pecuniaria, personalizzazione, tabelle milanesi

Nella liquidazione del danno biologico, qualora manchino criteri stabiliti dalla legge, l’adozione della regola equitativa di cui all’art. 1226 cod. civ. deve garantire non solo una adeguata valutazione delle circostanze del caso concreto, ma anche l’uniformità di giudizio a fronte di casi analoghi, essendo intollerabile e non rispondente ad equità che danni identici possano essere liquidati in misura diversa sol perché esaminati da differenti uffici giudiziali. Riferimenti normativi. art. 1226 c.c.

 

Cassazione civile sezioni unite sentenza 12 aprile 2012 n 5756

Danno erariale, sottosegretario, Ministro, immagine, competenza, Corte dei Conti

Sussiste la giurisdizione della Corte dei conti per il danno all’immagine arrecato dal ministro e dal sottosegretario (nella specie, in relazione ad illeciti accertati in sede penale, che avevano determinato un’ingiustificata lievitazione della complessiva spesa farmaceutica) per la perdita di prestigio ed in conseguenza della minore fiducia ingenerata nell’opinione pubblica dall’operato della P.A., stante il rapporto di servizio dei medesimi con lo Stato, non rilevando l’individuazione del soggetto che abbia subito il pregiudizio, né che il danno sia stato cagionato all’una o all’altra branca dell’amministrazione, giacché quello all’immagine concerne l’unica entità soggettiva costituita dallo Stato-persona. Riferimenti normativi: art. 1, co. 4, L. 14 gennaio 1994, n. 20. Cfr. Cass. Civ., SS.UU., sentenza 13 novembre 2000, n. 1170 e Cass. Civ., SS.UU., sentenza 2 marzo 2006, n. 4582.

 

Cassazione civile sezione lavoro sentenza 10 settembre 2012 n 15100

Lavoratore, periodo di valutazione, termine, scadenza, cessazione, legittimità

Vero che a norma del quarto comma dell’art. 2096 c.c., compiuto il periodo di prova, l’assunzione diviene definitiva, questa disposizione va riferita però al caso in cui alla scadenza del termine il rapporto di lavoro continui a svolgersi, e non al caso in cui le prestazioni cessino alla scadenza del termine e la volontà recessiva del datore venga recepita successivamente dal lavoratore. Riferimenti normativi: art. 2096 c.c.

 

Cassazione penale sezione V sentenza 07 novembre 2012 n 42962

Ius corrigendi, violenza privata, coercizione fisica, figlia

La costrizione fisica usata nei confronti della figlia minore, obbligata con la forza a seguire il padre presso l’abitazione dei nonni paterni, e a tal fine letteralmente trascinata per parecchi metri, eccede i limiti della causa di giustificazione di cui all’art. 51 c.p. e non può essere legittimata dallo ius corrigendi perché, quali che siano le finalità educative perseguite dal genitore, il diritto genitoriale non può estendersi fino a farvi rientrare l’uso gratuito della violenza. Riferimenti normativi: artt. 51 e 610 c.p.

 

Cassazione civile sezione II sentenza 14 novembre 2012 n 19939

Supercondominio: fattispecie legale che si riferisce ad una pluralità di edifici, costituiti o meno in distinti condomini, ma compresi in una più ampia organizzazione condominiale, legati tra loro dall’esistenza di talune cose, impianti e servizi comuni. Si applicano, in toto, le norme sul condominio Per supercondominio s’intende la fattispecie legale che si riferisce ad una pluralità di edifici, costituiti o meno in distinti condomini, ma compresi in una più ampia organizzazione condominiale, legati tra loro dall’esistenza di talune cose, impianti e servizi comuni (quali il viale d’accesso, le zone verdi, l’impianto di illuminazione, la guardiola del portiere, il servizio di portierato, eccetera) in rapporto di accessorietà con fabbricati. Ai fini della costituzione di un supercondominio, non è necessaria né la manifestazione di volontà dell’originario costruttore, né quella di tutti i proprietari delle unità immobiliari di ciascun condominio, essendo sufficiente che i singoli edifici, abbiano, materialmente, in comune alcuni impianti o servizi, ricompresi nell’ambito di applicazione dell’art. 1117 cod. civ.. Al supercondominio si applicano, in toto, le norme sul condominio, anziché quella sulla comunione

 

Cassazione civile sezione III sentenza 14 febbraio 2012 n 2103

Immobile, genitori, comodato, uso abitativo, termine implicito, restituzione

Quando un bene immobile sia dato in comodato da uno dei genitori affinché funga da residenza familiare dei futuri coniugi, il vincolo di destinazione appare idoneo a conferire all’uso, cui la cosa deve essere destinata, il carattere di elemento idoneo ad individuare il termine implicito della durata del rapporto, rientrando tale ipotesi nella previsione dell’art. 1809, primo comma, cod. civ.; ne consegue che, una volta cessata la convivenza ed in mancanza di un provvedimento giudiziale di assegnazione del bene, questo deve essere restituito al comodante, essendo venuto meno lo scopo cui il contratto era finalizzato.

Riferimenti normativi: artt. 1809-1810 c.c. Cfr. Cass. Civ., SS.UU., sentenza 7 settembre 2004, n. 13603.

 

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