Cassazione penale sezione III sentenza 13 aprile 2012 n 14026
Guardia di Finanza, poteri, proprietà intellettuale, tutela, sequestro, legittimità

La terza sezione penale
(Presidente Mannino – Relatore Ramacci)

Ritenuto in fatto
1. Il Tribunale di Benevento, con ordinanza del 4 ottobre 2011,
ha rigettato la richiesta di riesame presentata nell’interesse di
M.G. avverso il decreto di convalida di sequestro probatorio
datato 10 settembre 2011 ed emesso dal Pubblico Ministero
nell’ambito di un procedimento penale concernente la
violazione della legge sul diritto d’autore.
Avverso l’ordinanza il predetto propone ricorso per cassazione.
2. Con un unico motivo di ricorso lamenta la mancanza di
motivazione dell’ordinanza impugnata, osservando che il
Tribunale avrebbe errato nel considerare valida la motivazione
per relationem della convalida da parte del Pubblico Ministero
mediante richiamo agli atti di polizia giudiziaria.
Rileva, inoltre, di aver sottoposto all’attenzione dei giudici del
riesame il fatto che l’attività di verifica espletata dalla Guardia
di Finanza, conclusasi con il sequestro, si fondava sul disposto
dell’articolo 2 D.Lv. 19.3.2001 n. 600, in contrasto con gli articoli
13 e 14 Cost. e non rispettava le garanzie fissate dallo “Statuto
del contribuente” e che su tali argomentazioni il Tribunale non
aveva fornito adeguata risposta, essendosi limitato ad
osservare che l’eventuale illegittimità della perquisizione non
avrebbe comunque invalidato il successivo sequestro,
riguardante il corpo del reato.
Aggiunge di aver evidenziato, in sede di riesame, anche la
nullità della convalida per difetto di motivazione e vizi formali e
che, anche sul punto, i giudici avrebbero omesso ogni
motivazione, non potendosi considerare tale quella che ritiene
sufficiente il richiamo alla natura di corpo del reato delle cose
sottoposte a vincolo, senza alcuna formulazione
dell’imputazione.
Insiste, pertanto, per l’accoglimento del ricorso.

Considerato in diritto
3. Il ricorso è inammissibile. Occorre preliminarmente osservare che il ricorrente, pur
richiamando correttamente la giurisprudenza di questa Corte
attraverso la quale è stato definito l’ambito di operatività del
giudizio di riesame delle misure cautelari reali, ne travisa il
senso.
4. Si è infatti ripetutamente osservato che il ricorso per
cassazione avverso l’ordinanza emessa in sede di riesame di
provvedimenti di sequestro (probatorio o preventivo) può
essere proposto esclusivamente per violazione di legge e non
anche con riferimento ai motivi di cui all’articolo 606, lettera e)
C.P.P. pur rientrando, nella violazione di legge, la mancanza
assoluta di motivazione o la presenza di motivazione
meramente apparente in quanto correlate all’inosservanza di
precise norme processuali (SS.UU. n. 5876, 13 febbraio 2004.
Conf. Sez. V n. 35532, 1 ottobre 2010; Sez. VI n. 7472, 20
febbraio 2009; Sez. V n. 8434, 28 febbraio 2007).
Ciò che rileva, pertanto, è la fisica assenza della motivazione
(Sez. V n. 35532, 1 ottobre 2010, cit.) o la motivazione che risulti
del tutto estranea rispetto alle risultanze processuali o fondata
su argomentazioni di puro genere, asserzioni apodittiche o
proposizioni prive di efficacia dimostrativa, cosicché il
ragionamento posto a sostegno della decisione adottata sia
soltanto fittizio e, in sostanza, inesistente (Sez. V n.24862, 1 luglio
2010; Sez. VI n.6839, 1 giugno 1999).
Nella fattispecie tali condizioni non sussistono, avendo i giudici
del riesame adeguatamente giustificato le ragioni del loro
convincimento attraverso un preliminare e del tutto legittimo
richiamo al contenuto degli atti processuali ed una disamina
dei motivi posti a sostegno della richiesta di riesame, ai quali
viene fornita risposta.
Il Tribunale ha, infatti, in primo luogo esaminato la legittimità
dell’intervento della polizia giudiziaria, oggetto di
contestazione da parte dell’indagato, richiamando
correttamente il D.Lv. 68/2001 posto a sostegno
dell’operazione conclusa dalla Guardia di Finanza, poiché tale
disposizione normativa attribuisce espressamente (articolo 2,
comma secondo, lettera I)) al Corpo della Guardia di finanza
compiti di prevenzione, ricerca e repressione delle violazioni in
materia di diritti d’autore, know-how, brevetti, marchi ed altri
diritti di privativa industriale, relativamente al loro esercizio e
sfruttamento economico, disponendo espressamente (articolo
2, comma quarto) che ferme restando le norme del codice di procedura penale e delle altre leggi vigenti, i militari del
Corpo, nell’espletamento di tali compiti (oltre agli altri indicati
all’articolo 2, comma secondo), si avvalgono delle facoltà e
dei poteri previsti dagli articoli 32 e 33 del D.p.r. 29 settembre
1973, n. 600, 51 e 52 del D.p.r. 26 ottobre 1972, n. 633.
I compiti come sopra specificati vengono ulteriormente estesi,
dall’articolo 2, comma secondo, lettera m) del succitato
decreto legislativo, anche ad “ogni altro interesse economico-

finanziario nazionale o dell’Unione Europea”.
Tale disposizione, dunque, oltre ad escludere la tassatività
dell’elencazione contenuta nelle lettere precedenti, attribuisce
alla Guardia di Finanza un ambito operativo più ampio,
sostanzialmente coincidente con quello di vera e propria
polizia economico – finanziaria e quindi non limitato alla sola
materia fiscale e tributaria.
Vero è che, in altra decisione di questa Corte richiamata in
ricorso (Sez. III n.15959, 10 maggio 2006), si è affermato che
qualora gli ufficiali e gli agenti, nella specie della Guardia di
finanza, accedano nei locali di una impresa ai fini di
investigazioni concernenti la materia fiscale e tributaria, gli
stessi possono compiere, di propria iniziativa, atti di
perquisizione e di sequestro, ai sensi degli articoli 352 e 354
C.P.P., in ordine a reati di natura non fiscale o finanziaria
soltanto ove, nell’ambito degli accertamenti programmati,
trovino elementi dai quali emerga la flagranza di un reato
diverso, escludendo la natura di legge finanziaria alla legge
633/1941 sulla tutela del diritto di autore, ma la decisione si
limita a richiamare, in base alle necessità del caso ed in via
incidentale, l’articolo 2 del D.Lv. 68/2001, l’articolo 33 D.p.r.
600/73 e l’articolo 52 D.p.r. 633/72 con riferimento ai contenuti
generali e le materie disciplinate, osservando che avrebbero
potuto giustificare esclusivamente verifiche fiscali dirette alla
prevenzione e repressione delle violazioni finanziarie,
escludendo poi la possibilità di procedere ad accertamenti
concernenti il diritto d’autore sulla base di quanto disposto
dagli articoli 33 e 35 della legge 7 gennaio 1929, n.4, senza
analizzare, quindi, la questione concernente l’espresso
richiamo dell’articolo 2 comma secondo, lettera m) del D.Lv.
68/2001 alla materia del diritto d’autore e la specifica
attribuzione delle facoltà e poteri attribuite dal comma quinto
attraverso un richiamo alle disposizioni di cui ai D.p.r. 600/73 e
633/72 il quale, in quanto diretto, prescinde dalla materia da essi trattata estendendone, conseguentemente, l’ambito di
efficacia.
5. In ogni caso, l’ordinanza impugnata, pur riconoscendo la
legittimità dell’intervento della Guardia di Finanza nel caso
specifico, supera comunque la questione osservando che,
comunque, l’eventuale illegittimità della perquisizione non
invalida il sequestro in quanto concernente cose costituenti
corpo di reato o a questo pertinenti e ciò in ragione del fatto
che il potere di sequestro, in quanto riferito a cose
obbiettivamente sequestrabili, non dipende dalle modalità
con le quali queste sono state reperite, ma è condizionato
unicamente all’acquisibilità del bene e alla insussistenza di
divieti probatori espliciti o univocamente enucleagli dal
sistema, a tal proposito richiamandosi un principio espresso da
questa Corte (Sez. II n.26819, 12 luglio 2010; Sez. VI n. 6842, 18
febbraio 2004; Sez. II n. 4827, 2 maggio 1995; Sez. VI n. 1557, 22
maggio 1991, V. anche Sez. I n. 26674, 13 giugno 2011) ed
osservando come gli applicativi software privi di licenza d’uso
sequestrati costituiscano corpo del reato.
6. I giudici del riesame forniscono adeguata risposta anche
alle doglianze in punto di legittimità del decreto di convalida,
riconoscendo come conforme a legge il richiamo per
relationem effettuato agli atti di polizia giudiziaria e l’assenza di
violazioni del diritto di difesa.
Anche in questo caso l’ordinanza si presenta del tutto immune
da censure.
Occorre ricordare, in primo luogo, come, in tema di sequestro
probatorio, le Sezioni Unite di questa Corte abbiano avuto
modo di stabilire che anche tale tipologia di sequestro deve
essere sorretto, a pena di nullità, da idonea motivazione circa il
presupposto della finalità perseguita, in concreto, per
l’accertamento dei fatti (Sez. VI n. 21736, 29 maggio 2008; SS.
UU. n. 5876, 13 febbraio 2004).
Con riferimento a tale motivazione si è ritenuto però
sufficientemente argomentato il provvedimento nel quale il
Pubblico Ministero richiami per relationem, ai fini
dell’individuazione del fatto per cui si procede e delle ragioni
del sequestro, gli atti redatti dalla polizia giudiziaria, senza
necessità di riprodurli ed è stata esclusa, in tale ipotesi, una
eventuale lesione del diritto di difesa, che risulta garantito dalla
consegna del verbale di sequestro e, comunque, dalla notifica
del provvedimento del PM e dal successivo deposito ex art.

324, comma sesto C.P.P. (Sez. III n. 20769, 3 giugno 2010; Sez. II
n. 38603 18 ottobre 2007; Sez. V n. 7278, 28 febbraio 2006; Sez.
V n. 2108, 8 giugno 2000).
In definitiva, tranne nei casi in cui l’esigenza probatoria del
“corpus delicti” sia in Ve ipsa” (v. Sez. IV n. 8662, 3 marzo 2010,
relativa ad un sequestro di stupefacenti) è necessario che il
provvedimento di convalida di sequestro probatorio effettuato
dal Pubblico Ministero o il decreto di sequestro probatorio dallo
stesso emesso contengano, quantomeno, una indicazione,
ancorché essenziale e sintetica, delle esigenze probatorie che
giustificano il vincolo.
Il provvedimento di convalida del sequestro non richiede,
inoltre, la completa formulazione di un capo di imputazione in
quanto, avuto riguardo alla fase in cui interviene la convalida,
ben può fare riferimento esclusivamente al titolo del reato per
cui si procede ed agli atti redatti dalla polizia giudiziaria (Sez. II
n. 38603, 18 ottobre 2007).
Tali principi, che il Collegio condivide, vanno pertanto
riaffermati.
Nel caso in esame il tribunale ha rilevato, facendo buon uso
delle disposizioni normative applicate e dei principi dianzi
richiamati, che il provvedimento redatto dal Pubblico Ministero
assolve adeguatamente all’onere motivazionale imposto dalla
legge.
Invero, il Pubblico Ministero risulta aver richiamato ed allegato
al decreto di convalida il verbale di perquisizione e sequestro
nel quale erano dettagliatamente indicate le ragioni
dell’intervento della polizia giudiziaria ed ha giudicato la
necessità del vincolo con l’esigenza di provare i fatti che la
stessa polizia giudiziaria aveva descritto negli atti richiamati,
indicando le disposizioni che si ritenevano violate.
In definitiva, il provvedimento di sequestro e la successiva
convalida risultavano compiutamente descrittivi dei fatti, delle
condotte penalmente rilevanti e delle concrete finalità
probatorie che avevano reso necessario il vincolo e
correttamente il Tribunale ne ha riconosciuto la piena
legittimità.
7. Il ricorso, conseguentemente, deve essere dichiarato
inammissibile e alla declaratoria di inammissibilità – non
potendosi escludere che essa sia ascrivibile a colpa del
ricorrente (Corte Cost. 7-13 giugno 2000, n. 186) – consegue
l’onere delle spese del procedimento, nonché quello del

versamento, in favore della Cassa delle ammende, della
somma, equitativamente fissata, di Euro 1.000,00.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al
pagamento delle spese del procedimento e della somma di
Euro 1.000,00 in favore della Cassa delle ammende.

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