CORTE DI GIUSTIZIA U.E., Sez. IV– causa C – 190/11, depositata il 06 settembre 2012

 

– pregiudiziale proposta da: Oberster Gerichtshof – Austria;

– nel procedimento: Daniela Mühlleitner contro Ahmad Yusufi e Wadat Yusufi;

– ad oggetto: risoluzione per vizi occulti di un contratto di vendita di un’autovettura, rimborso del prezzo nonché risarcimento danni.

 

Qualora il consumatore acquisti direttamente sottoscrivendo il contratto in altro Stato membro, il contratto concluso non esclude la competenza dei giudici dello Stato membro di residenza del consumatore.

 

-Nota a cura di Alvise Divari-

 

Massima:

La possibilità per un consumatore di convenire in giudizio un commerciante straniero dinanzi ai giudici nazionali non richiede che il contratto controverso sia concluso a distanza. Pertanto, il fatto che il consumatore si sia recato nello Stato membro del commerciante per sottoscrivere il contratto non esclude la competenza dei giudici dello Stato membro del consumatore. Il consumatore può convenire dinanzi ai giudici nazionali il commerciante con il quale ha concluso un contratto, malgrado quest’ultimo risieda in altro Stato membro, e ciò, qualora due condizioni risultino soddisfatte: occorre, in primo luogo, che il commerciante eserciti la propria attività commerciale o professionale nello Stato membro di residenza del consumatore ovvero che, con qualsiasi mezzo (ad esempio attraverso l’utilizzo di Internet), egli diriga le sue attività verso tale Stato membro ed, in secondo luogo, che il contratto oggetto della controversia rientri nell’ambito di tale attività”.

 

Il fatto:

I. La sig.ra Mühlleitner, residente in Austria, interrogava la rete Internet alla ricerca di una particolare autovettura di marca tedesca per uso privato. Dopo aver designato un veicolo attraverso un portale tedesco, la consumatrice veniva reindirizzata verso l’offerta presentata dai sigg.ri Yusufi, i quali, anche attraverso codesto c.d. sito-vetrina (d.n. “www.mobi[e].de”), svolgevano un’attività di vendita al dettaglio di automobili, per il tramite della società semplice d.n. “Autohaus Yusufi Gbr”, con sede in Amburgo (Germania).

II. Di poi, a fronte delle più ampie garanzie ricevute dai venditori, ora telefonicamente ora per iscritto, la sig.ra Mühlleitner si recava in Germania laddove, con contratto di vendita sottoscritto di proprio pugno in Amburgo, acquistava il veicolo prendendolo immediatamente in consegna.

III. Rientrata in Austria, l’autovettura presentava sin da subito alcuni vizi sostanziali quindi l’acquirente chiedeva ai sigg.ri Yusufi la riparazione in garanzia del mezzo.

IV. Al diniego palesato dai venditori, la consumatrice austriaca adiva il giudice di prossimità del luogo della propria residenza, il Landesgericht Wels (Austria), per la risoluzione del contratto di vendita ai sensi dell’art. 15, par. 1, lett. c) del regolamento di Bruxelles I, nonché per il rimborso del prezzo ed il risarcimento dei danni.

V. Dapprima il giudice austriaco, pur non dubitando dello status di consumatrice, negava giurisdizione ritenendo che la mera possibilità di consultare un sito internet dall’Austria non fosse sufficiente a fondarne la competenza e, viepiù, che il contatto telefonico fosse all’origine della conclusione del contratto.

VI. Devoluto il dictum al giudice di secondo grado austriaco, l’Oberlandesgericht Linz confermava la decisione del giudice di Wels, ivi contestualmente richiamando la differenza tra sito internet passivo, quello dei sigg.ri Yusufi, e sito “attivo”, distinzione segnatamente presente nella dichiarazione congiunta del Consiglio e della Commissione in relazione agli artt. 15 e 73 del regolamento di Bruxelles I.

VIII. Indi la tenace sig.ra Mühlleitner interponeva ricorso in cassazione (“Revision”) dinanzi all’Oberster Gerichsthof. Tuttavia, al contempo, la medesima Corte esitava per la decisione della Corte di Giustizia nelle cause Pammer e Hotel Alpenhof (C- 585/08 e C – 144/09), la quale avrebbe dovuto fornire precisazioni in merito alla nozione di ”attività diretta verso lo Stato in cui è domiciliato il consumatore”; detta pronuncia, successivamente, avvalorerà le convinzioni dell’Obster Gerichsthof sulla base delle quali i sigg.ri Yusufi avrebbero diretto le loro attività professionali o commerciali verso l’Austria.

IX. Quindi il medesimo giudice di cassazione austriaca decideva di sottoporre alla Corte di Giustizia la questione pregiudiziale: “Se l’applicazione dell’art. 15, par. 1, lett. c), del regolamento di Bruxelles I presupponga che il contratto tra consumatore ed imprenditore sia stato concluso a distanza”, cioè, se la possibilità di adire i giudici nazionali presupponga, in aggiunta, che il contratto tra consumatore e professionista sia concluso a distanza. Detto in altri termini: se il fatto che il consumatore si sia recato nello Stato membro del commerciante per sottoscrivere il contratto non escluda la competenza dei giudici dello Stato membro del consumatore.

 

Dispositivo:

L’art. 15, paragrafo 1, lett. c), del regolamento (CE) n. 44/2001 del Consiglio, del 22 dicembre 2000, concernente la competenza giurisdizionale, il riconoscimento e l’esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale dev’essere interpretato nel senso che non richiede che il contratto tra il consumatore ed il professionista sia stato concluso a distanza”.

 

Riferimenti normativi:

– art. 13, I° co., p.to III, Convenzione di Bruxelles del 27 settembre 1968;

– considerando 13 del regolamento di Bruxelles I;

– art. 2, par. 1, regolamento di Bruxelles I;

– art. 5, p.to 1, regolamento di Bruxelles I;

– art. 5, p.to 3, regolamento di Bruxelles I;

– art. 15, par. 1, lett. c), regolamento Bruxelles I;

– art. 16, parr. 1 e 2, regolamento Bruxelles I;

– considerando 7 del regolamento (CE) n. 593/2008 del Parlamento Europeo e del Consiglio, del 17 giugno 2008, sulla legge applicabile alle obbligazioni contrattuali (Roma I);

– considerando 24 del regolamento Roma I;

– articolo 6, par. 1, regolamento Roma I;

– dichiarazione congiunta del Consiglio e della Commissione in relazione agli artt. 15 e 23 del regolamento di Bruxelles I fatti a margine;

– motivi della proposta di regolamento (CE) del Consiglio presentata dalla Commissione a Bruxelles il 14 luglio 1999 [COM (1999) 348 def.];

– relazione del 18 settembre 2000 della commissione giuridica e del mercato interno del Parlamento europeo sulla proposta del futuro regolamento di Bruxelles I (documento definitivo A5-0253/2000, emendamento 23 e motivazione);

– risoluzione del Parlamento europeo su una nuova strategia per la politica dei consumatori, altri atti P6_ TA – PROV (2011) 0491 del 15 novembre 2011;

– proposta di regolamento del Parlamento Europeo e del Consiglio relativo ad un diritto comune europeo della vendita, dell’11 ottobre 2011 (COM(2011) 635 def.);

– art. 5 Trattato Unione Europea;

– art. 6:101 PECL;

– artt. 69 e 100 CESL;

– artt. 35 CISG;

– art. 63 Codice del Consumo.

 

Precedenti e pronunce di rilevo:

– Corte di Giustizia U.E., cause riunite Peter Pammer e Hotel Alpenhof, sentenza del 7 dicembre 2010, C- 585/08 e C – 144/09, pp. tti 55, 60, 70, 86, 87;

– Corte di Giustizia U.E., causa Engler, sentenza del 20 gennaio 2005, C – 27/02, p.to 33;

– Corte di Giustizia U.E., causa Ilsinger, sentenza del 14 maggio 2009, C – 180/06, p.to 41;

– Corte di Giustizia U.E., causa Gonzàles Alonso, sentenza del 01 marzo 2012, C – 166/11;

– Corte di Giustizia U.E., causa Fritz, sentenza del 15 aprile 2010, C- 215/08;

– Corte di Giustizia U.E., causa Shevill, sentenza del 7 marzo 1995, C – 68/93, pp.tti 20-21;

– Corte di Giustizia U.E., causa Zuid Chemie, sentenza del 16 luglio 2009, C- 189/09, pp.tti 17 -18;

– Corte di Giustizia U.E., cause eDate Advertising Gmbh e Olivier e Robert Martinez, sentenza 25 ottobre 2011, C- 509/09 e C – 161/10.

COMMENTO

 

La Corte di Giustizia aggiunge l’ennesimo tassello alle fondamenta di uno “statuto europeo dei diritti del consumatore” al preciso scopo di rafforzare la fiducia nel mercato, ed, al contempo, galvanizzare gli scambi concorrenziali nell’ottica di un mercato comune.

Tale pronuncia si inserisce all’indomani della Direttiva 2001/83/UE del Parlamento europeo e del Consiglio del 25 ottobre 2011, nel più ampio quadro di armonizzazione dei diritti dei consumatori nei contratti di vendita.

La sentenza di cui infra fa il paio con un’importante precedente del 2010 (procedimenti riuniti Pammer e Hotel Alpenhof, nelle cause C- 585/08 e C-144/09) ed introduce nell’ordinamento europeo una forma di sindacato giurisdizionale, cela va sans dire “diffuso”, sui diritti dei consumatori nel mercato degli acquisti transfrontalieri.

Nel panorama giurisprudenziale la pronuncia in commento precede l’ attesa sentenza sulla domanda pregiudiziale proposta dalla Corte ungherese, (Fövárosi Biróság –domanda pregiudiziale del 27 luglio 2011, causa C – 397/11) in materia di dichiarazione d’ufficio della nullità della clausola abusiva, e segue la recente pronuncia sulla giurisdizione dello Stato membro in cui il soggetto residente sia leso diffamazione attraverso Web (Corte di Giustizia U.E., Sez. Grande, sentenza del 25.10.2011, causa C-509/09).

La pronuncia, più segnatamente, verte sulla interpretazione dell’art. 15, par. 1, lett. c) del regolamento (CE) n. 44/2001 del Consiglio del 22 dicembre 2000, noto come Bruxelles I, nella sua formulazione meno restrittiva, il quale radica la giurisdizione dello Stato membro in cui è domiciliato il consumatore: “qualora il contratto sia stato concluso con una persona le cui attività commerciali o professionali si svolgono nello Stato membro in cui è domiciliato il consumatore o sono dirette, con qualsiasi mezzo, verso tale Stato membro o verso una pluralità di Stati che comprende tale Stato membro, purchè il contratto rientri nell’ambito di dette attività”.

La fattispecie in oggetto tuttavia, non riguarda un acquisto transfrontaliero in senso stretto, giacchè la conclusione del contratto e la dazione del bene avvenivano in Germania.

La locuzione acquisto transfrontaliero, infatti, designa lo scambio di beni e la loro esportazione tra Stati membri conclusasi a distanza (anche on line).

Vero è, invece, che la sig.ra Mühlleitner si recava ad Amburgo per sottoscrivere il contratto ed ivi prendeva in carico la vettura poi trasportata in Austria, sebbene la fase delle c.d. trattative si svolgeva in larga parte a mezzo di comunicazioni a distanza (telefonate, e-mail).

Il caso in oggetto attiene, ad una particolare vis abtractiva della giurisdizione dello Stato membro all’interno del quale è svolta attività commerciale ( pre-contractual statement).

Ciò, necessariamente, comporta una interpretazione sistematica dell’art. articolo 6, par. 1, regolamento Roma I con l’art. 15, par 1 lett. c) del regolamento di Bruxelles I, come suggerito dal considerando 24 del regolamento di Roma I in un’ottica di: “interpretazione armoniosa” tra le due fonti ed, altresi, al fine di: “garantire l’uniforme applicazione in tutti gli Stati membri” (v.d. p.to 28 sentenza in commento).

Come noto l’art. 6, par. 1, del Regolamento di Roma I, sancisce che, fatti salvi gli artt. 5 e 7, il contratto concluso tra un consumatore e un professionista è disciplinato dalla legge del paese nel quale il consumatore ha la residenza abituale, a condizione che si verifichino, in via alternativa, almeno uno dei due presupposti, vale a dire: a) che il professionista”svolga le sue attività commerciali o professionali nel paese in cui il consumatore ha la residenza abituale” (pursuing activities); b) il medesimo:”diriga tali attività, con qualsiasi mezzo, verso tale paese o vari paesi tra cui quest’ultimo” (directing activities).

Se il primo requisito non può alimentare alcun dubbio (presenza fisica ed attività in loco), al contrario, le caratteristiche delle c.d. “directing activities” risultano oggetto di accesi dibattiti in dottrina e giurisprudenza.

Basti per ciò solo ricordare che sulla scorta di un orientamento dottrinale, il regolamento di Roma I ha scarsa importanza applicativa a proposito dei contratti stipulati nei locali commerciali del venditore ma rileva, piuttosto, nelle vendite a distanza (in quanto diano luogo a transazioni transfrontaliere) (v.d. Pietro Sirena, Diritto comune europeo della vendita vs. Regolamento di Roma I: quale futuro per il diritto europeo dei contratti ?, in Riv. I contratti n. 7/2012).

A tale impasse la Corte ha cercato di porre soluzione, come anticipato, con pronuncia del 2010 (nei procedimenti riuniti C- 585/08 e C- 144/09), con la quale: “Al fine di stabilire se l’attività di un commerciante, presentata sul suo sito internet o su quello di un intermediario, possa essere considerata “diretta” verso lo Stato membro sul territorio del quale il consumatore è domiciliato, ai sensi dell’art. 15, n. 1, lett. c), del regolamento n. 44/2001, occorre verificare se, prima dell’eventuale conclusione di un contratto con il consumatore, risulti da tali siti Internet e dall’attività complessiva del commerciante che quest’ultimo intendeva commerciare con consumatori domiciliati in uno o più Stati membri, tra i quali quello di domicilio del consumatore stesso, nel senso che era disposto a concludere contratti con il medesimo”.

Al riguardo non basta la semplice accessibilità del sito (c.d. sito internet “passivo” o vetrina), ma devono sussistere degli indici sintomatici e presuntivi (v.d. sent. Pammer e Hotel Alpenhof, pp.tti 86-87), compendiati ad esempio da:

1. mappe o piantine di itinerari per raggiungere in loco l’attività da altro Stato membro;

2. utilizzazione di moneta o lingue diverse ed appartenenti ad altri Stati membri;

3. indicazione di recapiti unitamente a ad un prefisso internazionale;

4. nome a dominio di primo livello diverso da quello dello Stato membro in cui il commerciante è stabilito;

5. menzione di clientela internazionale composta da clienti domiciliati in Stati membri diversi.

Frattanto, al ricorrere di una o più di queste situazioni, il consumatore verrà tutelato dalla legge del proprio domicilio.

Fermo quanto sopra, la Corte, nella pronuncia in commento, con un’interpretazione ortopedica della norma, si spinge ben oltre dichiarando la superfluità della conclusione a distanza.

Orbene, nè il regolamento di Roma I né il regolamento di Bruxelles I, al fine di individuare la legge applicabile o la giurisdizione, dicono che il contratto debba essere concluso a distanza.

In buona sostanza per la Corte di Giustizia, all’occorrenza di uno dei due presupposti in questione, vale a dire:

a) che il commerciante eserciti la propria attività commerciale o professionale nello Stato membro di residenza del consumatore ovvero che, con qualsiasi mezzo (ad esempio attraverso l’utilizzo di Internet), egli diriga le sue attività verso tale Stato membro;

b) che il contratto oggetto della controversia rientri nell’ambito di tale attività,

il consumatore potrà opzionare la giurisdizione del luogo della propria residenza.

A parere della Corte assume rilevo assorbente il luogo di svolgimento delle attività commerciali della convenuta (“una proposta specifica o una pubblicità”, v.d. p.to 39), non già la residenza del convenuto o la modalità di conclusione del contratto.

A sommesso giudizio di chi scrive, le conclusioni dei giudici di Lussemburgo potrebbe riservare delle conseguenze niente affatto virtuose.

Si dia il caso, analogamente a quanto in esame, che un commerciante al dettaglio pubblicizzi la propria mercanzia in internet, con un sito anche in lingua inglese, english domain name e recapito telefonico con prefisso internazionale, ma ponga in vendita la merce o la prestazione esclusivamente in loco.

Accedendo alla tesi della Corte di Giustizia, chiunque chieda delle informazioni commerciali in ordine ad alcuni oggetti pubblicizzati oppure ne percepisca l’offerta profusa nel proprio Stato di residenza per il tramite della rete Internet, potrebbe, se successivamente acquista l’oggetto fisicamente (scambio consenso e prestazioni) nell’altro Stato membro, convenire presso il giudice del proprio Stato di residenza il venditore, o prestatore di servizi, di altro Stato membro.

Ciò per la semplice ragione che la lingua inglese e la rete web rappresentano, a tutt’oggi, i principali veicoli del mercato globalizzato accessibili e comprensibili alla più parte degli utenti.

Pensiamo, ad esempio, agli effetti che la pronuncia potrebbe riservare con riguardo all’attività di servizi professionali.

Qualora uno studio professionale pubblicizzi i propri servizi in internet, ma stipuli il contratto d’opera professionale in Italia e renda la prestazione professionale nello Stato del proprio domicilio, il cliente consumatore potrebbe, in un’eventuale causa di responsabilità professionale, citarlo presso il giudice dello Stato membro di propria residenza.

E’ ben vero che ad oggi i gruppi di studio in seno alla U.E. ritengono che le dichiarazioni pre-contrattuali possano divenir parte integrante del contratto  in quanto incorporate.

In tal senso depone l’art. 6:101 PECL secondo il quale, la parte che sia un professional supplier, atto a fornire informazioni sulla qualità o sull’uso dei beni, o servizi o altro di cui sia titolare, all’atto di metterli in commercio o pubblicizzarli before the contract is concluded, resti vincolato contrattualmente alle dichiarazioni all’uopo rese, salvo che si provi che l’altra parte sapeva o non avrebbe potuto non sapere che la dichiarazione era inesatta (v.d. Alessandra Benedetto, Gli effetti delle dichiarazioni precontrattuali nelle relazioni commerciali internazionali: rilievi critici sul diritto nazionale e transnazionale, in www.comparazionedirittocivile.it).

Sullo stesso solco viene dato registrare pure l’art. 69 e 100 CESD con riguardo alle dichiarazioni del trader e l’art. 35 CISG.

E’ altrettanto vero, d’altronde, che non sono ancora chiare le conseguenze cui il negozio parrebbe affetto in ipotesi di mancata conformità (nullità – annullabilità – inesistenza ?).

Orbene, tutto ciò rappresentato, è apprezzabile l’intervento della Corte nel senso di rafforzare la tutela del consumatore contraente debole (uomo senza veste), ma, de jure condendo, si auspica in un intervento del legislatore comunitario che sappia maglio bilanciare le sproporzioni insite nei mercati B2C (business to consumer), anche con riguardo alle competenze giurisdizionali.

 

SENTENZA

Corte di Giustizia Europea

Sezione IV

Sentenza 6 settembre 2012

«Competenza giurisdizionale in materia civile e commerciale – Competenza in materia di contratti conclusi dai consumatori – Regolamento (CE) n. 44/2001 – Articolo 15, paragrafo 1, lettera c) – Eventuale limitazione di tale competenza ai contratti conclusi a distanza»

Nella causa C‑190/11,

avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dall’Oberster Gerichtshof (Austria), con decisione del 23 marzo 2011, pervenuta in cancelleria il 22 aprile 2011, nel procedimento,

Daniela Mühlleitner

contro

Ahmad Yusufi,

Wadat Yusufi,

LA CORTE (Quarta Sezione),

composta dal sig. J.-C. Bonichot, presidente di sezione, dai sigg. K. Schiemann, L. Bay Larsen, dalla sig.ra C. Toader (relatore) e dal sig. E. Jarašiūnas, giudici,

avvocato generale: sig. P. Cruz Villalón

cancelliere: sig.ra C. Strömholm, amministratore

viste le osservazioni presentate:

– per D. Mühlleitner, da C. Schönhuber, Rechtsanwalt;

– per A. Yusufi e W. Yusufi, da U. Schwab, e G. Schwab, Rechtsanwälte;

– per il governo ceco, da M. Smolek e J. Vláčil, in qualità di agenti;

– per il governo italiano, da G. Palmieri, in qualità di agente, assistita da M. Russo, avvocato dello Stato;

– per il governo polacco, da M. Szpunar e B. Majczyna, in qualità di agenti;

– per il governo portoghese, da L. I. Fernandes e S. Nunes de Almeida, in qualità di agenti;

– per la Confederazione svizzera, da D. Klingele, in qualità di agente;

– per la Commissione europea, da A.-M. Rouchaud-Joët e M. Wilderspin, in qualità di agenti,

sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 24 maggio 2012,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1 La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione dell’articolo 15, paragrafo 1, lettera c), del regolamento (CE) n. 44/2001 del Consiglio, del 22 dicembre 2000, concernente la competenza giurisdizionale, il riconoscimento e l’esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale (GU 2001, L 12, pag. 1; in prosieguo: il «regolamento Bruxelles I»).

2 Tale domanda è stata sollevata nell’ambito di una controversia tra la sig.ra Mühlleitner ed i sigg. Yusufi, avente ad oggetto la risoluzione per vizi occulti di un contratto di vendita di un’autovettura, il rimborso del prezzo di vendita nonché il risarcimento dei danni.

Contesto normativo

Il diritto dell’Unione

3 L’articolo 13, primo comma, punto 3, della Convenzione di Bruxelles del 27 settembre 1968 concernente la competenza giurisdizionale e l’esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale (GU 1972, L 299, pag. 32), come modificata dalle successive convenzioni relative all’adesione dei nuovi Stati membri a tale convenzione (in prosieguo: la «Convenzione di Bruxelles»), così recita:

«In materia di contratti conclusi da una persona per un uso che possa essere considerato estraneo alla sua attività professionale, in appresso denominata “consumatore”, la competenza è regolata dalla presente sezione, salve le disposizioni dell’articolo 4 e dell’articolo 5, punto 5.

(…)

3) qualora si tratti di un altro contratto che abbia per oggetto una fornitura di servizio o di beni mobili materiali se:

a) la conclusione del contratto è stata preceduta da una proposta specifica o da una pubblicità nello Stato in cui il consumatore ha il proprio domicilio e se

b) il consumatore ha compiuto in tale Stato gli atti necessari per la conclusione del contratto».

4 Ai sensi del considerando 13 del regolamento Bruxelles I, in materia di contratti di assicurazione, di consumo e di lavoro, è opportuno tutelare la parte più debole con norme relative alla competenza giurisdizionale più favorevoli ai suoi interessi rispetto alle regole generali.

5 L’articolo 2 del regolamento Bruxelles I sancisce il principio secondo il quale le persone domiciliate nel territorio di uno Stato membro sono convenute, a prescindere dalla loro nazionalità, dinanzi ai giudici di tale Stato membro.

6 L’articolo 15, paragrafo 1, lettera c), del regolamento Bruxelles I così dispone:

«Salve le disposizioni dell’articolo 4 e dell’articolo 5, punto 5, la competenza in materia di contratti conclusi da una persona, il consumatore, per un uso che possa essere considerato estraneo alla sua attività professionale è regolata dalla presente sezione:

(…)

c) (…) qualora il contratto sia stato concluso con una persona le cui attività commerciali o professionali si svolgono nello Stato membro in cui è domiciliato il consumatore o sono dirette, con qualsiasi mezzo, verso tale Stato membro o verso una pluralità di Stati che comprende tale Stato membro, purché il contratto rientri nell’ambito di dette attività».

7 A termini dell’articolo 16, paragrafi 1 e 2, del regolamento Bruxelles I:

«1. L’azione del consumatore contro l’altra parte del contratto può essere proposta o davanti ai giudici dello Stato membro nel cui territorio è domiciliata tale parte, o davanti ai giudici del luogo in cui è domiciliato il consumatore.

2. L’azione dell’altra parte del contratto contro il consumatore può essere proposta solo davanti ai giudici dello Stato membro nel cui territorio è domiciliato il consumatore».

8 Il considerando 7 del regolamento (CE) n. 593/2008 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 giugno 2008, sulla legge applicabile alle obbligazioni contrattuali (Roma I) (GU L 177, pag. 6; in prosieguo: il «regolamento Roma I»), afferma che il campo di applicazione materiale e le disposizioni del regolamento de quo dovrebbero essere coerenti con quelli del regolamento Bruxelles I.

9 Il considerando 24 del regolamento Roma I è del seguente tenore:

«Per quanto riguarda più in particolare i contratti conclusi da consumatori, (…) [l]a coerenza tra il presente regolamento e il regolamento [Bruxelles I] richiede, da un canto, che si faccia riferimento al concetto di “attività diretta” come condizione d’applicazione della norma che tutela il consumatore e, dall’altro, che questa nozione sia oggetto di un’interpretazione armoniosa nel regolamento [Bruxelles I] e nel presente regolamento tenendo presente che una dichiarazione congiunta del Consiglio e della Commissione relativa all’articolo 15 del regolamento [Bruxelles I] precisa che l’applicazione dell’articolo 15, paragrafo 1, lettera c), “presuppone non soltanto che l’impresa diriga le sue attività verso lo Stato membro in cui è domiciliato il consumatore, o verso una pluralità di Stati che comprende tale Stato membro, ma anche che il contratto sia stato concluso nell’ambito di dette attività”. Tale dichiarazione ricorda inoltre che “la mera accessibilità di un dato sito Internet non è sufficiente ai fini dell’applicabilità dell’articolo 15: occorre che il sito medesimo inviti a concludere contratti a distanza e che un contratto sia stato effettivamente concluso a distanza, con qualsiasi mezzo. In quest’ambito, la lingua o la valuta caratteristica del sito Internet non costituisce un elemento pertinente”».

10 L’articolo 6, paragrafo 1, del regolamento Roma I prevede quanto segue:

«1. Fatti salvi gli articoli 5 e 7, un contratto concluso da una persona fisica per un uso che possa essere considerato estraneo alla sua attività commerciale o professionale (“il consumatore”) con un’altra persona che agisce nell’esercizio della sua attività commerciale o professionale (“il professionista”) è disciplinato dalla legge del paese nel quale il consumatore ha la residenza abituale, a condizione che il professionista:

a) svolga le sue attività commerciali o professionali nel paese in cui il consumatore ha la residenza abituale; o

b) diriga tali attività, con qualsiasi mezzo, verso tale paese o vari paesi tra cui quest’ultimo;

e il contratto rientri nell’ambito di dette attività».

Procedimento principale e questione pregiudiziale

11 Risulta dalla decisione di rinvio e dagli elementi del fascicolo che la sig.ra Mühlleitner, residente in Austria, aveva effettuato una ricerca su Internet di un’autovettura di marca tedesca che intendeva acquistare per uso privato. Dopo essersi connessa alla piattaforma di ricerca tedesca denominata «www.mobil[e].de», ella aveva specificato la marca ed il tipo di veicolo desiderati, ottenendo in tal modo un elenco di autovetture corrispondenti alle caratteristiche precisate.

12 Selezionato il veicolo che meglio combaciava con i criteri di ricerca specificati, la sig.ra Mühlleitner veniva reindirizzata verso un’offerta dei convenuti, sigg. Yusufi, i quali svolgono un’attività commerciale di vendita al dettaglio di automobili, per tramite dell’Autohaus Yusufi GbR (in prosieguo: l’«Autohaus Yusufi»), società semplice con sede in Amburgo (Germania).

13 Al fine di ottenere informazioni più dettagliate in relazione al veicolo proposto su detta piattaforma di ricerca, la sig.ra Mühlleitner contattava i ricorrenti attraverso il recapito telefonico indicato sul sito Internet dell’Autohaus Yusufi, il quale comprendeva un prefisso internazionale. Dal momento che il veicolo di cui trattasi non era più disponibile, gliene veniva proposto un altro, le cui caratteristiche venivano ulteriormente specificate tramite messaggio di posta elettronica. Le veniva altresì precisato che la sua cittadinanza austriaca non avrebbe costituito un ostacolo all’acquisto di un veicolo dai convenuti.

14 Successivamente la sig.ra Mühlleitner si recava in Germania e, con contratto di vendita sottoscritto il 21 settembre 2009 ad Amburgo, acquistava dai sigg. Yusufi il veicolo de quo al prezzo di EUR 11 500, prendendolo immediatamente in consegna.

15 Rientrata in Austria, la sig.ra Mühlleitner scopriva che il veicolo acquistato era viziato da alcuni difetti sostanziali e chiedeva, pertanto, ai convenuti di provvedere alla loro riparazione.

16 Dal momento che i convenuti si rifiutavano di riparare il veicolo, la sig.ra Mühlleitner adiva il giudice del luogo di propria residenza, il Landesgericht Wels (Austria), con una domanda di risoluzione del contratto di vendita del veicolo, contratto che essa asserisce aver concluso quale consumatrice con un’impresa che aveva diretto la sua attività commerciale o professionale verso l’Austria, fattispecie, questa, ricompresa nell’articolo 15, paragrafo 1, lettera c), del regolamento Bruxelles I.

17 I convenuti contestavano lo status di «consumatrice» della sig.ra Mühlleitner e la competenza giurisdizionale internazionale dei giudici austriaci, sostenendo che della controversia avrebbero dovuto conoscere i giudici tedeschi. Essi affermavano altresì di non aver diretto la propria attività verso l’Austria e sostenevano che la ricorrente aveva concluso il contratto in Germania, presso la sede della loro impresa.

18 Il 10 maggio 2010 il giudice di primo grado, il Landesgericht Wels, respingeva il ricorso dichiarandosi incompetente. Pur non contestando lo status di «consumatrice» della sig.ra Mühlleitner, detto giudice riteneva, tuttavia, che la possibilità di consultare il sito Internet dell’Autohaus Yusufi in Austria non fosse sufficiente a fondare la competenza dei giudici austriaci, che il contatto telefonico dell’attrice fosse all’origine della conclusione del contratto e che dalla lettera successivamente inviata non risultasse che i convenuti avevano diretto la loro attività verso l’Austria. Avverso tale decisione la sig.ra Mühlleitner proponeva appello dinanzi all’Oberlandesgericht Linz.

19 Il 17 giugno 2010 l’Oberlandesgericht Linz confermava la decisione di primo grado. Analogamente, detto giudice non contestava lo status di «consumatrice» della sig.ra Mühlleitner, ma, richiamandosi alla dichiarazione congiunta del Consiglio e della Commissione in relazione agli articoli 15 e 73 del regolamento Bruxelles I fatti a margine dell’adozione del medesimo regolamento (in prosieguo: la «dichiarazione congiunta»), secondo la quale un sito Internet puramente «passivo» non è sufficiente per ritenere che un’attività sia diretta verso lo Stato del consumatore, rilevava che il sito Internet dell’Autohaus Yusufi presentava le caratteristiche di un sito «passivo». Inoltre, osservando che, secondo la dichiarazione congiunta, il contratto deve essere concluso a distanza, rilevava che ciò non era avvenuto nella specie. Detto giudice dichiarava, peraltro, ammissibile il ricorso in cassazione («Revision»), riconoscendo che il valore giuridico della dichiarazione congiunta era controverso.

20 La sig.ra Mühlleitner proponeva ricorso in cassazione («Revision») avverso tale decisione dinanzi all’Oberster Gerichtshof.

21 Come risulta dagli atti, detto giudice ritiene che, tenuto conto della possibilità di consultare il sito Internet dell’Autohaus Yusufi in Austria nonché dell’esistenza di contatti a distanza tra le parti contraenti per telefono e per posta elettronica, i convenuti abbiano diretto la loro attività verso l’Austria ai sensi dell’articolo 15, paragrafo 1, lettera c), del regolamento Bruxelles I.

22 Tuttavia, con sentenza del 9 novembre 2010, l’Oberster Gerichsthof decideva di sospendere il procedimento in attesa della pronuncia della sentenza della Corte nelle cause Pammer e Hotel Alpenhof (sentenza del 7 dicembre 2010, Pammer e Hotel Alpenhof, C‑585/08 e C‑144/09, Racc. pag. I‑12527), la quale avrebbe dovuto fornire precisazioni in merito alla nozione di «attività diretta verso lo Stato in cui è domiciliato il consumatore».

23 La pronuncia di detta sentenza avvalorava la convinzione dell’Oberster Gerichtshof secondo la quale i sigg. Yusufi avevano diretto le loro attività commerciali o professionali verso l’Austria. Detto giudice non dubitava, del pari, dello status di «consumatrice» della sig.ra Mühlleitner.

24 Il giudice medesimo si chiede, tuttavia, se non risulti dai punti 86 e 87 della citata sentenza Pammer e Hotel Alpenhof che l’articolo 15, paragrafo 1, lettera c), del regolamento Bruxelles I si applichi soltanto ai contratti conclusi a distanza.

25 Ciò premesso, l’Oberster Gerichtshof decideva di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte la seguente questione pregiudiziale:

«Se l’applicazione dell’articolo 15, paragrafo 1, lettera c), del regolamento (…) Bruxelles I (…) presupponga che il contratto tra consumatore e imprenditore sia stato concluso a distanza».

Sulla questione pregiudiziale

26 Si deve, anzitutto, ricordare che l’articolo 15, paragrafo 1, lettera c), del regolamento Bruxelles I costituisce una deroga tanto alla regola generale di competenza giurisdizionale sancita dall’articolo 2, paragrafo 1, di tale regolamento, che attribuisce la competenza ai giudici dello Stato membro sul territorio del quale il convenuto è domiciliato, quanto alla regola di competenza giurisdizionale speciale in materia di contratti, dettata dall’articolo 5, punto 1, del medesimo regolamento, secondo cui il giudice competente è quello del luogo in cui è stata o deve essere eseguita l’obbligazione dedotta in giudizio (sentenza Pammer e Hotel Alpenhof, cit., punto 53).

27 Ne consegue che tale deroga deve necessariamente essere oggetto di rigida interpretazione, in quanto una deroga o un’eccezione ad una regola generale devono essere interpretate restrittivamente.

28 Occorre inoltre rammentare che le nozioni cui fa ricorso il regolamento Bruxelles I – e, segnatamente, quelle di cui all’articolo 15, paragrafo 1, lettera c), di tale regolamento – devono essere interpretate in maniera autonoma, facendo principalmente riferimento al sistema e alle finalità del regolamento medesimo, al fine di garantirne l’uniforme applicazione in tutti gli Stati membri (v., in tal senso, sentenze del 20 gennaio 2005, Engler, C‑27/02, Racc. pag. I‑481, punto 33, nonché Pammer e Hotel Alpenhof, cit., punto 55).

29 A tal riguardo, la Corte ha già avuto modo di affermare che, nel sistema istituito dal regolamento Bruxelles I, l’articolo 15, paragrafo 1, lettera c), dello stesso occupa, come risulta dal suo considerando 13, il medesimo posto e assolve la medesima funzione di tutela del consumatore quale parte più debole dell’articolo 13, primo comma, punto 3, della Convenzione di Bruxelles (v. sentenza del 14 maggio 2009, Ilsinger, C‑180/06, Racc. pag. I‑3961, punto 41).

30 Infine, si deve precisare che non occorre verificare se le attività commerciali dei sigg. Yusufi fossero dirette verso l’Austria, in quanto il giudice del rinvio ha già ritenuto che tale condizione fosse soddisfatta.

31 È alla luce di tali considerazioni che occorre rispondere alla questione sollevata.

32 Con la sua questione pregiudiziale, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 15, paragrafo 1, lettera c), del regolamento Bruxelles I debba essere interpretato nel senso che richieda che il contratto tra il consumatore ed il professionista sia stato concluso a distanza. In tale contesto, tale giudice si pone la questione di accertare se dai punti 86 e 87 della citata sentenza Pammer e Hotel Alpenhof risulta che l’ambito di applicazione dell’articolo 15, paragrafo 1, lettera c), del regolamento Bruxelles I sia limitato ai soli contratti stipulati con i consumatori conclusi a distanza.

33 Al riguardo se è pur vero che l’articolo 15, paragrafo 1, lettera c), del regolamento Bruxelles I è inteso a tutelare i consumatori, ciò non implica che tale tutela sia assoluta (v. sentenza Palmer e Hotel Alpenhof, cit., punto 70). Inoltre, la necessità di concludere a distanza contratti stipulati con i consumatori è menzionata nella dichiarazione congiunta e al considerando 24 del regolamento Roma I, che riprende tale dichiarazione congiunta.

34 Tuttavia, tutti i governi che hanno depositato le loro osservazioni nonché la Commissione deducono argomenti legati all’interpretazione letterale, alla genesi ed all’interpretazione teleologica di tale disposizione, i quali suggeriscono di dare una risposta negativa alla questione pregiudiziale.

35 In primo luogo si deve rilevare che l’articolo 15, paragrafo 1, lettera c), del regolamento Bruxelles I non condiziona espressamente la sua applicazione alla circostanza che i contratti ricompresi nella sua sfera di applicazione siano stati conclusi a distanza.

36 Risulta, infatti, dal tenore letterale di tale disposizione che essa si applica qualora due condizioni specifiche siano soddisfatte. Occorre, in primo luogo, che il commerciante eserciti la propria attività commerciale o professionale nello Stato membro di residenza del consumatore ovvero che, con qualsiasi mezzo, egli diriga dette attività verso tale Stato membro o verso una pluralità di Stati che comprende il medesimo Stato membro e, in secondo luogo, che il contratto controverso rientri nell’ambito di detta attività.

37 Si deve poi rilevare che, nell’esposizione dei motivi della proposta di regolamento (CE) del Consiglio concernente la competenza giurisdizionale nonché il riconoscimento e l’esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale, presentata dalla Commissione a Bruxelles, il 14 luglio 1999 [COM(1999) 348 def.], tale istituzione considera che «l’eliminazione della condizione contenuta nell’ex articolo 13 [della Convenzione di Bruxelles], secondo cui il consumatore doveva aver compiuto nel proprio Stato gli atti necessari per la conclusione del contratto, implica che l’articolo 15, primo comma, punto 3 [divenuto articolo 15, paragrafo 1, lettera c), del regolamento Bruxelles I], si applica anche ai contratti conclusi in uno Stato membro diverso da quello del consumatore».

38 La Corte ha parimenti rilevato che il testo dell’articolo 15, paragrafo 1, del regolamento Bruxelles I non coincide integralmente con quello dell’articolo 13, primo comma, della Convenzione di Bruxelles. In particolare, essa ha dichiarato che i presupposti di applicazione che i contratti stipulati con i consumatori devono soddisfare risultano attualmente formulati in termini più generali rispetto al passato, affinché sia assicurata una migliore tutela dei consumatori in considerazione dei nuovi mezzi di comunicazione e dello sviluppo del commercio elettronico (v. sentenza Pammer e Hotel Alpenhof, cit., punto 59).

39 Il legislatore dell’Unione ha quindi sostituito i requisiti riguardanti, da un lato, il commerciante, vale a dire di avere effettuato una proposta specifica o una pubblicità nello Stato di domicilio del consumatore, e, dall’altro, il consumatore, vale a dire di aver compiuto in tale Stato gli atti necessari per la conclusione del contratto, con requisiti riguardanti unicamente il commerciante (sentenza Pammer e Hotel Alpenhof, cit., punto 60).

40 Al riguardo, non è irrilevante il fatto che, nella relazione del 18 settembre 2000 della commissione giuridica e del mercato interno del Parlamento europeo sulla proposta del futuro regolamento Bruxelles I (documento definitivo A5‑0253/2000, emendamento 23 e motivazione), sia fatta menzione del dibattito relativo all’opportunità di aggiungere il requisito secondo cui i contratti stipulati con i consumatori devono essere stati conclusi a distanza nonché gli argomenti che hanno, invece, condotto infine a non adottare tale emendamento.

41 La nuova formulazione, meno restrittiva, del precedente articolo 13 della Convenzione di Bruxelles, così come rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 17 delle sue conclusioni, si riflette del pari in accordi paralleli alla Convenzione di Bruxelles ed al regolamento Bruxelles I, segnatamente nell’articolo 15, paragrafo 1, lettera c), della convenzione allegata alla decisione 2007/712/CE del Consiglio, del 15 ottobre 2007, relativa alla firma, a nome della Comunità, della convenzione concernente la competenza giurisdizionale, il riconoscimento e l’esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale (GU L 339, pag. 1).

42 In secondo luogo, per quanto riguarda l’interpretazione teleologica dell’articolo 15, paragrafo 1, lettera c), del regolamento Bruxelles I, si deve osservare che l’inserimento di un requisito legato alla conclusione a distanza dei contratti stipulati con i consumatori sarebbe in conflitto con l’obiettivo perseguito da tale disposizione, nella sua nuova formulazione meno restrittiva, vale a dire quello della tutela dei consumatori, parti deboli del contratto.

43 In terzo luogo, per quanto riguarda la citata sentenza Pammer e Hotel Alpenhof, la Corte ha dichiarato ai punti 86 e 87 della medesima, in risposta agli argomenti dedotti dalla società Hotel Alpenhof, secondo i quali l’articolo 15, paragrafo 1, lettera c), del regolamento Bruxelles I non potrebbe trovare applicazione considerato che il contratto con il consumatore era stato concluso in loco e non a distanza, che tali argomenti erano inconferenti nel caso di specie, giacché, nei fatti, la prenotazione della stanza d’albergo e la relativa conferma avevano avuto luogo a distanza.

44 Infatti, come rilevato dall’avvocato generale ai paragrafi 36‑38 delle conclusioni relative alla causa in esame, si deve dichiarare che i punti 86 e 87 di detta sentenza rappresentano soltanto una risposta data alla Corte agli argomenti dedotti dalla società Hotel Alpenhof, senza che la loro portata possa essere estesa oltre le specifiche circostanze di tale controversia. Ne deriva che il requisito essenziale cui è subordinata l’applicazione dell’articolo 15, paragrafo 1, lettera c), del regolamento Bruxelles I è quello legato all’attività commerciale o professionale diretta verso lo Stato di residenza del consumatore. Al riguardo, sia l’avvio di contatti a distanza, come avvenuto nel procedimento principale, sia la prenotazione di un bene o di un servizio a distanza o, a fortiori, la conclusione a distanza di un contratto stipulato con un consumatore sono indizi di riconducibilità del contratto ad un’attività di tal genere.

45 Alla luce delle suesposte considerazioni, si deve rispondere alla questione sollevata dichiarando che l’articolo 15, paragrafo 1, lettera c), del regolamento Bruxelles I dev’essere interpretato nel senso che non richiede che il contratto tra il consumatore ed il professionista sia stato concluso a distanza.

Sulle spese

46 Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

Per questi motivi, la Corte (Quarta Sezione) dichiara:

L’articolo 15, paragrafo 1, lettera c), del regolamento (CE) n. 44/2001 del Consiglio, del 22 dicembre 2000, concernente la competenza giurisdizionale, il riconoscimento e l’esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale dev’essere interpretato nel senso che non richiede che il contratto tra il consumatore ed il professionista sia stato concluso a distanza.

Firme

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