Non c’è infortunio se si usa la bici per andare a lavoro

di Loretta Moramarco

Cassazione Civile, Sez. 6, Ordinanza 18 maggio 2012, n. 7970

Brutte notizie per chi usa la bicicletta per recarsi a lavoro: l’ordinanza in esame ha, infatti, negato il riconoscimento del diritto all’indennità a carico dell’INAIL in caso di infortunio stradale subito da una lavoratrice mentre si recava sul luogo di lavoro in bicicletta.

La Suprema Corte ha ritenuto non censurabile l’iter motivazionale seguito dalla Corte d’Appello che aveva negato il diritto all’indennità in assenza della dimostrazione della necessità di avvalersi del mezzo privato, essendo il percorso casa – lavoro adeguatamente fornito dai mezzi pubblici. La corte di merito non aveva, inoltre, ritenuto non rilevante la circostanza che l’utilizzo della bicicletta risultasse di maggiore comodità per la lavoratrice e fosse il più idoneo a conciliare le esigenze lavorative con quelle familiari.

Cassazione Civile, Sez. 6, Ordinanza 18 maggio 2012, n. 7970

 

1.La Corte di Appello di Milano con sentenza n. 4993 del 2010, in accoglimento dell’appello proposto dall’INAIL contro la decisione del Tribunale della stessa città, ha rigettato la domanda proposta da (Omissis), diretta ad ottenere l’indennità a seguito di infortunio occorsole il (Omissis), allorchè, nel percorrere con la propria bicicletta il percorso dalla casa al luogo di lavoro, la stessa era rimasta vittima di un incidente stradale.

La Corte territoriale ha ritenuto, contrariamente a quanto assunto dal primo giudice, che non fosse stata dimostrata da parte dell’appellata la necessità di utilizzare il mezzo privato (la bicicletta) per recarsi al luogo di lavoro, trovandosi il percorso dalla abitazione al luogo di lavoro in pieno centro urbano ed essendo servito da mezzi di trasporto pubblico, anche su rotaie, che viaggiano in corsie preferenziali.

La stessa Corte ha aggiunto che l’utilizzo del mezzo pubblico avrebbe potuto far conseguire all’appellata maggiore comodità e minore disagio nel conciliare esigenze lavorative e familiari, ma non rappresentava una necessità, atteso che il tempo occorrente a coprire il percorso con il mezzo pubblico, di circa 30 minuti, non impediva alla (Omissis) di far fronte ai suoi impegni.

La (Omissis) ricorre con un unico articolato motivo, cui resiste l’INAIL con controricorso.

2. La ricorrente contesta la decisione di appello per avere negato il riconoscimento dell’infortunio in itinere, sostenendo che il giudice di appello non ha tenuto nella debita considerazione le condizioni di salute e familiari che consigliavano l’uso della bicicletta, al posto del mezzo pubblico, nel percorrere il tragitto casa – luogo di lavoro.

Il ricorso così proposto non merita adesione, atteso che tende ad ottenere il riesame del merito della causa opponendo un diverso apprezzamento alle valutazioni del giudice di merito circa la necessità dell’utilizzo della bicicletta da parte della (Omissis), fondate su adeguata e logica motivazione con riferimento agli anzidetti profili (sulla necessità dell’utilizzo del mezzo di trasporto proprio per raggiungere il luogo di lavoro e sull’assenza di alternative si richiama precedente e consolidato orientamento di questa Corte: cfr da ultimo Cass. ordinanza n. 22759 del 3 novembre 2011).

Le spese del giudizio di cassazione seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente alle spese, che liquida in euro 30,00 per esborsi, oltre euro 1500,00 per onorari ed oltre accessori d legge.

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