Forno

FORNO BARBECUE COSTRUITO SUL CONFINE: TUTELE GIURIDICHE E SPUNTI DI RIFLESSIONE

A cura dell’Avv. Giuliana Degl’Innocenti

Sarà, innanzitutto di preliminare importanza precisare come ai sensi dell’art. 873 del c.c. le “costruzioni” su fondi confinanti vadano tenute a una distanza stabilita per legge (il codice civile prevede, appunto, una distanza di 3 m, che può essere aumentata dai regolamenti locali).
E’, tuttavia, doveroso ai fini che qui interessano, dare una definizione di “costruzione”.

Sul punto è illuminante la recente statuizione della Cassazione, con la quale la Suprema Corte ha stabilito che: “Deve ritenersi ‘costruzione’ qualsiasi opera non completamente interrata, avente i caratteri della solidità, stabilità ed immobilizzazione rispetto al suolo, anche mediante appoggio o incorporazione o collegamento fisso ad un corpo di fabbrica contestualmente realizzato o preesistente, e ciò indipendentemente dal livello di posa ed elevazione dell’opera stessa, dai suoi caratteri e dalla sua destinazione. Conseguentemente gli accessori e le pertinenze che abbiano dimensioni consistenti e siano stabilmente incorporati al resto dell’immobile, così da ampliarne la superficie o la funzionalità economica, sono soggette al rispetto della normativa sulle distanze” (Cass. Civ. sez. II, sentenza 3 gennaio 2013 n. 72, Cass. Civ. 15282/2005; Cass. Civ. 3199/2002; Cass. Civ. 5116/1998).

Pertanto, affinché per il forno con barbecue valga la disciplina sulle distanze legali tra le costruzioni, esso dovrebbe rivestire i caratteri di “dimensione consistente” e “stabile incorporazione al resto dell’immobile, così da ampliarne la superficie o funzionalità economica”. Ciò avverrà, appunto, qualora il forno sia ad esempio dotato di una struttura muraria, con cappa e canna fumaria.
Esiste, poi, un consistente filone di decisioni di merito nelle quali è stato ritenuto che un forno o barbecue possano essere ritenuti “costruzioni” ai sensi del codice civile. Vedasi, ad esempio la seguente pronuncia (Tribunale, sez. I, di Latina, sentenza del 1.6.2010): “Non sussistono dubbi in ordine alla qualifica di costruzioni da attribuire ai suddetti manufatti [forni e barbecue]. Sia la dottrina che la giurisprudenza hanno adottato un’interpretazione estensiva del concetto di costruzione, definendo come tale ogni opera edilizia, stabilmente infissa al suolo, con la conseguenza che rientrano in tale ambito applicativo non solo le opere in muratura ma anche quelle in legno o altro materiale. In particolare, in considerazione della ratio della norma è sorto un consolidato orientamento giurisprudenziale, secondo il quale il concetto di costruzione non si esaurisce in quello di edificio ma si estende a qualsiasi opera non completamente interrata avente i caratteri della stabilità, della solidità ed immobilizzazione rispetto al suolo anche mediante appoggio o incorporazione o collegamento fisso ad un preesistente corpo di fabbrica idoneo a creare intercapedini pregiudizievoli alla sicurezza ed alla salubrità del godimento della proprietà”.

Per quanto sinora esposto, quindi, le eventuali contestazioni mosse dal proprietario del fondo confinante al vicino, dunque, non sarebbero del tutto destituite di fondamento, tuttavia non esistendo una norma che preveda espressamente il manufatto “barbecue” quale “costruzione” occorrerà fare riferimento al regolamento comunale e poi sarà eventualmente il giudice di merito a poter decidere con discrezionalità sulla eventuale rimozione del manufatto e ricollocazione alla distanza dal confine prevista della legge.

Altro problema risulterà essere quello delle eventuali immissioni conseguenti all’uso del forno in oggetto, come quelle di fumi e odori (art. 844 del c.c.).
Cominciamo col dire che la normativa in materia di utilizzo del barbecue si concentra sulla legittimità delle immissioni di fumo conseguenti all’accensione o alla cottura. Pertanto la norma fondamentale, in tale materia è sicuramente il sopramenzionato articolo 844, I comma del codice civile, il quale recita, appunto: “Il proprietario di un fondo non può impedire le immissioni di fumo o di calore, le esalazioni, i rumori, gli scuotimenti e simili propagazioni derivanti dal fondo del vicino, se non superano la normale tollerabilità, avuto anche riguardo alla condizione dei luoghi”.

Sul punto si segnalano diverse pronunce di merito e di legittimità le quali si sono espresse nel considerare i fumi come deprimenti della qualità della vita e pertanto da bandire. L’art. 844 del codice civile, in origine era soprattutto orientato a tutelare le esigenze della produzione poste su un livello di importanza prevalente rispetto alla qualità della vita del privato. Tuttavia l’articolo in parola è stato progressivamente interpretato dalla giurisprudenza, anche della Suprema Corte, in senso contrario all’impostazione iniziale che ne è risultata ribaltata privilegiando l’interesse della qualità della vita privata. I fumi e gli odori provenienti dal barbecue, vista la vicinanza e le immissioni che la cottura è in grado di sviluppare, sono capaci di provocare un sensibile disturbo e disagio in un’abitazione e contribuiscono a deprimervi la qualità della vita, rendendo quindi applicabile la fattispecie di cui all’art. 844 del codice civile.

Pertanto, possiamo ritenere che da un lato il codice civile stabilisce che il vicino non può impedire a priori al proprietario confinante di produrre fumo, mentre dall’altro lato obbliga quest’ultimo soggetto a non esagerare al punto di dare fastidio.

La chiave di lettura sta proprio nel concetto di superamento o meno dei limiti della normale tollerabilità.

A dare un contenuto concreto, però, al concetto di normale tollerabilità, ci pensa, di volta in volta, la valutazione discrezionale del giudice di pace. Ad ulteriore rafforzamento del concetto, la Cassazione ha anche stabilito che non è nemmeno obbligatorio da parte del giudice ricorrere a perizie di sorta (così Cass. n.5215 del 09/5/95 e Cassazione 21 gennaio 1998, n. 739): “l’attitudine, rispettivamente, dei rumori a disturbare le occupazioni o il riposo delle persone e delle emissioni di gas, vapori o fumi a molestare persone non deve necessariamente essere accertata mediante perizia, ben potendo, al contrario, il giudice, secondo le regole generali, fondare il proprio convincimento al riguardo su elementi probatori di diversa natura quali, in particolare, le dichiarazioni testimoniali di coloro che siano in grado riferire caratteristiche ed effetti dei rumori e delle emissioni summenzionati, quando tali dichiarazioni non si risolvano nell’espressione di valutazioni meramente soggettive o di giudizi di natura tecnica, ma si limitino a riferire quanto oggettivamente percepito dai dichiaranti medesimi”.

Lascia un commento

Help-Desk