Avv. Roberto Pusceddu

 

Sommario:  Premessa. 1. Le disposizioni definitorie del ‘contratto’ nel Codice Civile; – 2. Può un disegno essere un contratto?- 3. I ‘Comic Contracts’: definizione;- 4. I ‘Comic Contracts’: caratteri; – 5. L’immagine: dal contratto al testamento.

 

Premessa

Nel presente elaborato cercherò di fornire una possible risposta ad uno dei quesiti che si colloca alla base della mia ricerca: può un disegno essere un contratto?

Non ci si limita, dunque, in questa sede, ad individuare una funzione che, nell’ambito di un contratto, il disegno può assolvere affiancandosi al testo formulato linguisticamente. In questa particolare ipotesi che sarà sottoposta ad analisi, infatti, l’immagine – nella forma del ‘fumetto’ – sostituisce la formulazione linguistica delle disposizioni che normalmente e canonicamente contengono gli elementi dell’accordo intervenuto tra le parti.

Nel caso in esame, si perviene all’accordo con una modalità che potremmo definire ‘atipica’ e non standardizzata nel nostro ordinamento. Pur tuttavia, tra le parti il ‘contratto’ o la particolare forma contrattuale che di seguito si esaminerà ha un reale effetto vincolante.

 

  1. Le disposizioni definitorie del ‘contratto’ nel Codice Civile

È bene richiamare, sul piano definitorio, che cosa il legislatore intenda con il termine ‘contratto’.

L’articolo 1321 c.c. offre la seguente definizione di contratto: “l’accordo di due o più parti per costituire, regolare o estinguere tra loro un rapporto giuridico patrimoniale”.

Nell’ambito dell’autonomia contrattuale, il legislatore consente alle parti di determinare liberamente il contenuto delle disposizioni contrattuali, nel rispetto dei limiti imposti dalla legge, e di concludere contratti (art. 1322 c.c.) che non appartengano ai tipi aventi una disciplina particolare, purché siano diretti a realizzare interessi meritevoli di tutela secondo l’ordinamento giuridico.

Tale disposizione consente di affermare che il legislatore abbia manifestato esplicitamente e normativamente un’apertura in favore dell’utilizzo di forme anche atipiche di accordo cui consegua la conclusione di un contratto che spiega pienamente, in forza del principio di relatività, i suoi effetti tra le parti.

L’art. 1323 c.c. specifica che tutti i contratti, ancorché non appartenenti ai tipi che hanno una disciplina particolare, sono sottoposti alle norme generali contenute in questo titolo.

In questo senso, si potrebbe agevolmente affermare che il contratto ‘a fumetti’ – sul quale ci si soffermerà nel presente elaborato – possa qualificarsi come contratto connotato da atipicità.

  1. Può un disegno essere un contratto?

Per poter rispondere a questa domanda, mi soffermerò su un seconda tipologia contrattuale nella quale l’immagine assolve una importante funzione comunicativa e normativa. Si tratta dei c.d. Comic Contracts.

Ad aver creato la figura dei Comic Contracts (o “contratti a fumetti”) è stato Robert de Rooy[1], il quale, vivendo in un paese in via di sviluppo, aveva sentito l’esigenza di adoperarsi a favore delle persone che versavano in un grave stato di povertà sia economica sia culturale (si trattava, per lo più, di soggetti analfabeti). Perciò, è nata l’idea di utilizzare i fumetti come contratti.

  1. I ‘Comic Contracts’: definizione

I ‘contratti a fumetti’ sono contratti illustrati, vincolanti sul piano giuridico, per persone analfabete. Robert de Rooy sta sviluppando, ricercando e sostenendo i contratti di fumetti come un modo per le persone analfabete di comprendere autonomamente i contratti, guidare il comportamento e migliorare la relazione tra le parti contraenti.

Si definisce Comic Contract: “as a legally binding contract where the parties to the contract are represented by the characters; the content of the agreement is represented by the visual interaction of the parties, and is signed by the parties[2].

 

Credit: Fruit Picker contract pages by Jincom

 

  1. I ‘Comic Contracts’: caratteri.

I Comic Contracts sono documenti contrattuali:

(i) vincolanti sul piano giuridico,

(ii) in cui le parti sono rappresentate da ‘personaggi’;

(iii) l’accordo lo si raggiunge nell’immagine

(iv) le parti firmano il fumetto intendendolo come ‘contratto’.

Questi sono i caratteri che Robert Rooy individua nei Comic Contracts; egli in una recente presentazione presso l’International Association for Contract and Commercial Management (IACCM) Americas Conference ha affermato: “We produce illustrated contracts for people who are illiterate, people who are not literate in the language of the contract, employers with multi-cultural workplaces or companies that wish to transact with people who suffer from reading or intellectual disabilities. We want to enable people to be able to independently understand the contracts they are expected to sign. We want contracts to be useful in aligning expectations and to signal healthy relationships towards successful outcomes. We don’t try to serve the interests of any party, we try to serve the relationships between them”.

Può, dunque, un disegno essere un contratto?

I Comic Contracts evidentemente eccentrici e difformi rispetto al paradigma contrattuale che normalmente gli individui possiedono; un paradigma che identifica il contratto con il testo. Il testo, però, non deve essere l’unico modo in cui possa intendersi un contratto. In questo senso, le immagini non soltanto possono essere utili, come si è visto nei capitoli precedenti, per comprendere, sintetizzare, chiarire il testo di un contratto ma le immagini possono ‘essere’ il contratto. È  il caso dei Comic Contracts.

I Comic Contracts possono essere utilizzati per ogni tipologia di contratto. Non vi è motivo per escludere la loro utilizzabilità, per esempio, nel settore assicurativo. Uno studio del Consiglio delle Assicurazioni australiano ha rilevato che la maggior parte dei consumatori non si sofferma sulla lettura del testo contrattuale.

Nel presente elaborato ho assunto diverse direttrici di ricerca: (i) visualisation in contracts, (ii) visualisation about contracts. In base alla prima direttrice (i), ci si è soffermati sull’inserimento di immagini, come icone, diagrammi di flusso, swimlines o timelines in un contratto, ad esempio per evidenziare, chiarire e spiegarne il contenuto; mentre la seconda direttrice (ii)  si riferisce all’utilizzo di immagini per fornire indicazioni su come leggere e utilizzare un contratto o un insieme di termini e condizioni standard. In questo paragrafo, mi soffermerò su un’ulteriore direttrice: (iii) visualization as contracts individuando il fenomeno dei Comic Contracts e tracciando un parallelismo tra lo strumento contrattuale ed un atto di natura unilaterale, quale è il testamento, in cui – eccezionalmente – vengono utilizzate le immagini per meglio chiarire l’intento del de cuius.

In base alla (iii) direttrice la visualizzazione come contratto presuppone che la visualizzazione dell’accordo contrattuale rappresenti l’unico artefatto dell’accordo. Non v’è altro testo sottostante che si affianchi alla rappresentazione visiva: “An early example of this new category is the “Comic Contract” introduced by de Rooy – representing the parties as characters engaged in a visual interaction or textual dialogue that simultaneously captures the agreement and its story. The comic may be enhanced with scenarios, diagrams or other visual devices[3].

L’uso del testo per nomi, dialoghi, narrazioni complementari, numeri e simboli non è escluso, ma solo per supportare il formato visivo. Ciò va oltre l’idea che la visualizzazione serva solo a migliorare la comprensione del contratto e non intende sostituire il suo testo.


Apart from leveraging all the advantages of visualisation (such as understandability, memorising, and experience of the contract) and of stories, it is a format that allows the contract to be presented contextually, i.e. a situational and temporal backdrop, and for the tone or “feeling” (friendly, courteous, formal) of the relationship to be represented. There are other advantages: for example, it allows the contract to be presented in the first and second person, enhancing the relevance, understanding and moral commitment of the parties to agreement. It also invites the benefits of the agreement being presented as a story, and as a sequence of questions and answers, which supports the readability and relevance of the ‘answer’ in the context of the ‘question’[4].

I Comic Contracts rappresentano un tipo contratto che potrebbe essere utilizzato quando almeno una delle parti non è alfabetizzata o soffre di una disabilità di lettura. Si potrebbero prevedere le prime applicazioni, ad esempio, per gli accordi di lavoro con persone analfabete o semi-alfabetizzate. Altre applicazioni potrebbero includere i contratti di leasing o il consensi informato in ambito sanitario.

Vi è da dire, per chiarezza nell’analisi, che anche l’utilizzo di immagini nella elaborazione di un contratto non è priva di problematicità. Le immagini, infatti, possono rivelarsi eccessivamente ambigue, la comprensione delle stesse potrebbe rivelarsi soggettiva o il format potrebbe non soddisfare l’esigenza di elaborare un accordo contrattuale dotato di una certa complessità.

  1. L’immagine: dal contratto al testamento.

Al confine tra la direttrice visuals as a contracts e la direttrice visual for contracts, si ritiene opportuno tracciare un parallelismo con un altro fenomeno di natura negoziale – non qualificabile come contratto – ma come ‘testamento’.

Intendo riferirmi al testamento del 9 settembre 1624, Milano -Archivio di Stato di Milano, Cimeli, Appendici, n. 10 (già nel fondo Notarile)- Fascicolo cartaceo, 40 carte complessive, di cui 12 costituiscono il libretto figurato – del pittore Luca Riva[5], sordomuto, “d’anni 33 circa”, rogato dal notaio Pietro Antonio Calchi in presenza di un giudice, di protonotari e di diversi testimoni. Per spiegare le proprie volontà, il testatore ricorre a “molti segni con il capo, mani et occhi”: per interpretarli sono presenti Gregorio Farra, canonico della chiesa collegiata di San Nazaro in Brolo, Giulio Cesano e Bernardo Cavallazzo, esperti “per la longa prattica et famigliarita” non solo con il “detto luca Riva” ma anche “con altri muti et sordi sino dalla natività loro”. Il notaio può così verbalizzare le richieste del pittore, redigendo un testamento valido a tutti gli effetti. Nel corso della seduta, per meglio chiarire le sue intenzioni, Luca scrive “per Abaco distinto” le somme che intende lasciare su un foglio di carta (allegato al testamento); esibisce inoltre un “libretto” di dodici carte rilegate, da lui preparato in precedenza, “sopra il quale si sono viste diverse figure fatte d’inchiostro et di propria mano di detto luca Riva […] et in esso libretto vi sono rappresentate diverse chiese, figure de’ Santi, et altre cose”.

Le immagini, che alludono alle diverse persone o istituzioni cui Riva intende destinare eredità più o meno consistenti, sono riportate qui di seguito, descrivendone il significato anche tramite citazioni dal testo verbalizzato. Il giudice, “per maggior cautela”, comanda al testatore di completare il libretto riportando sotto a ciascun disegno la consistenza del legato e apponendo la propria firma. Integrano il testamento diverse carte, tra cui un’attestazione del “Phisico Baldesar Capra”, medico, secondo la quale Luca è stato in pericolo di vita fin dal 24 luglio “per una febre maligna et acuta” e per sopraggiunti “accidenti strani, et pericolosi”.

Di seguito ripoterò alcuni esempi delle disposizioni testamentarie in cui l’immagine, corredata da una didascalia, chiarisce la volontà del testatore.

“Dove è dissegnato un’altare con Sacerdote che comunica un penitente et con il Chierico che serve all’Altare”, Riva intende lasciare 1000 lire per la fabbrica della chiesa di San Vito al Pasquirolo.

Il “disegno di cinque persone, che sedono ad una tavola giuocando alle carte et dadi con diversi danari avanti” è dedicato al nipote Giulio Riva, cui spettano non più di 150 lire, poiché il giovane non fa “altra professione che di giuocare”.

L’uomo che brandisce un pugnale insanguinato, “quale ha l’effigie di bravo”, è Felice Riva, fratello di Luca, “bandito capitalmente con confiscazione de’ beni per homicidio”. Al “figliuolino”, che, apprendiamo dal testamento verbalizzato, si chiama Carlo, lo zio destina 400 lire. Tale somma viene suggerita a Riva dagli interpreti, i quali trovano troppo esigue le 150 lire da lui indicate in un primo momento. La figuretta della “picciola bambina” è di altra mano: Luca Riva infatti chiede di tratteggiarla a “felice farra parimente muto et sordo et suo compagno”, forse perchè la bimba, “d’un mese incirca”, non era ancora nata quando egli aveva disegnato la vignetta, includendovi solo il maschietto. Il pittore chiarisce che anche la nipotina potrà entrare in possesso di 400 lire, ma “solamente quando sarà in atto di maritarsi temporalmente o spiritualmente”; nel frattempo, il capitale verrà gestito dall’Ospedale Maggiore, che pagherà “lire vinti ogni anno […] à beneficio della detta bambina”.

A “sei povere putte nubili” della parrocchia, purchè “di buona voce et fama”, saranno assegnate 600 lire imperiali, 100 per ciascuna, come dote, “per maritarsi temporalmente o spiritualmente”. Riva ritrae le “cittelle” in fila, “con la corona in mano” e seguite da “una donna parimente con la corona”.

La colomba con un ramo d’ulivo nel becco è lo stemma dell’Ospedale Maggiore di Milano, a cui spetta quanto resta dell’eredità esclusi i legati. I gentiluomini a sinistra ne rappresentano forse gli amministratori; a loro “un’infermo con una scrocciola” [= gruccia; “scrozzola” nel Vocabolario Milanese-Italiano di Francesco Cherubini, Imp. Regia Stamperia, 1843] è “in atto di consegnare una fede”; a destra un altro infermo è steso a letto. Nell’affrontare questo capitolo, Luca ripetutamente “con la mano dritta toccava il polso della mano sinistra”, segno che a detta degli interpreti significa “che egli sempre si è inteso di dimostrare il detto Hospitale Maggiore et li poveri Infermi che si ritrovano in quello facendo anco segno di lasciare volontieri alli poveri perche essi pregaranno per l’anima sua; et facendo di più spesse volte segni di allargar le braccia et di addittare una universalità di cose con le quali dava segno di mostrare un’herede universale…”.

Un frate zoccolante benedice Luca, che ha destinato 300 lire alla fabbrica del monastero della Pace, in cui tali frati risiedevano.

Note

[1] Robert de Rooy is an independent practicing commercial attorney based in Cape Town, South Africa. He also serves as non-executive director on the boards of several companies. Living in a developing country, and one of the world’s most unequal societies, he wants to do something about the vulnerability of people when they sign contracts, and especially people that are poor and illiterate. From this the idea of using comics as contracts was born. He was born on 13 April 1970, studied business (B Com) and law (LLB) at the University of Stellenbosch, completed at the University of Leiden. More recently he completed an MBA specializing in Executive Management at the University of Cape Town.

[2] Al fine di rintracciare una definizione di ‘Comic Contracts’, si veda Haapio et al. 2016 and Plewe & de Rooy 2016.

[3] Helena Haapio / Daniela Alina Plewe / Robert De Rooy, Next generation deal design: comics and visual platforms for contracting, 2016, p. 4.

[4] Helena Haapio / Daniela Alina Plewe / Robert De Rooy, Next generation deal design: comics and visual platforms for contracting, 2016, pp. 4-5.

[5] Ringrazio i Professori Giuseppe Lorini (Università degli Studi di Cagliari) e Claudio Raffaele Luzzati (Università degli Studi di Milano)  per avermi suggerito questo eccezionale esempio di utilizzo di immagini nel testamento.

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