Avv. Prof. Federica Federici

Ogni scenario familiare conflittuale, a prescindere che vi sia un contesto o esito separativo, tra genitori e tra genitori e figli, comporta una diseconomia ed uno squilibrio, tali da far precipitare la famiglia e la percezione di essa in un vortice di totale precarietà ed incertezza. I figli coinvolti nel conflitto o nella separazione si sentono in bilico, vengono travolti dai sensi di colpa, spesso coltivano l’illusione di una riunificazione, perdono il loro riferimento affettivo-educativo (anche laddove vi fosse una carente capacità genitoriale non cambierebbe l’oggettivo bisogno), faticano ad elaborare il fallimento della coppia genitoriale e si ritrovano in uno stato di ansia ed abbandono, difficilmente sanabile nel breve e medio periodo, anche perché l’immagine dei genitori e della unione familiare risulta in quel momento – e chissà per quanto – perduta.
Nuovi ambienti di vita, nuovi partner, nuovi riferimenti, nuove dinamiche, nuove abitudini richiedono una elaborazione e una maturazione di tutti sopratutto verso un nuovo modello di genitorialità, per quanto mirata alla condivisione, comunque divisa fisicamente, il cui equilibrio e riequilibrio non sarà mai automatico o agevole, neanche in presenza di figli ed adulti maturi, consapevoli, pronti e collaborativi (scenario peraltro molto raro).
La percezione di tutti i soggetti coinvolti non può non essere alterata nei primi passaggi al nuovo scenario, sicché occorrerà tempo, dei passaggi che facciano aderire le emozioni (anche quelle negative) con le aspettative e le esigenze stravolte e da trasformare e rielaborare, contestualizzare ed attualizzare. Il contesto è complesso e in continua evoluzione, dove la precarietà e diseconomia di un nucleo familiare decomposto si unisce alla difficile elaborazione del fallimento dell’unione da parte di tutti (ciascuno a suo modo e coi suoi tempi).
I bisogni della prole di amore, armonia, benessere, serenità, equilibrio e centralità in realtà passano in secondo piano già per il comprensibile immediato obiettivo di definire l’assetto economico e di frequentazione del nucleo familiare diviso, nonché di individuare un nuovo scenario logistico e quotidiano, immaginiamo poi come i figli possano diventare ancora più marginali, finanche ignorati, in presenza di genitori adultocentrici.
Con tale termine si possono descrivere quei comportamenti in qualche modo delegittimanti, maltrattanti, denigranti, alienanti, autocelebranti, di rivalità e rancore, ritorsivi, strumentalizzanti, programmanti nei confronti dell’altro genitore, anche laddove fosse o si rivelasse assente e/o rinunciatario, comportamenti che incidono, condizionano ed influenzano i figli nello sviluppo della loro personalità, in quello psicofisico e nelle loro future relazioni affettive fino a distruggerli.
Molti genitori entrano in una dimensione di ansia di dimostrare di essere più capaci e migliori dell’altro, perdono quel senso di solidarietà e rispetto genitoriale, unica risorsa realmente in grado di sanare, curare, cucire e ricucire, comporre e ricomporre, costruire e ricostruire. Al contrario i genitori adultocentrici vivono la separazione come una guerra per la vittoria ed i figli diventano il loro trofeo, bottino o premio.
L’avvocato non lungimirante o frettoloso, “guerrafondaio”, non preparato adeguatamente sotto il profilo deontologico, che sposa la causa del proprio cliente, non formato in materia di diritto di famiglia e del minore, anche sotto il profilo psicologico e psicopatologico, che sottovaluta questi aspetti, rischia di ottenere risultati effimeri, fragili, dove esser magari caduto nella trappola del proprio assistito la cui priorità (ossessione?) è quella di definire il ruolo vittima e carnefice, il chi ha sbagliato, il chi ha tradito chi, il chi ha ragione, chi è il genitore migliore, e via discorrendo.
Tutto questo trova sbocco in accordi certo accettati o “digeriti” dalle parti, ma non sostenibili nel tempo, anche perché con gli accordi presi con questi presupposti, o meglio mancati presupposti e fondamenta, i genitori comunicano ai figli quel senso di liberazione o rivincita sull’altro genitore, generando traumi e situazioni soggettive ed insane, che i figli non meritano di dover vivere sulla loro pelle.
In queste situazioni, più frequenti di quanto si pensi, in realtà l’avvocato dovrebbe accompagnare il genitore (che non è solo ex compagno o ex marito, ma in primis è e resterà genitore) nel rielaborare il passato conflittuale, nel ristabilire la comunicazione, l’equilibrio, una armonia non apparente e restituire ai figli una minima affidabilità, stabilità, coerenza, ma soprattutto centralità . L’obiettivo deve essere quello di raggiungere una alleanza genitoriale – come coppia – senza che la propria attività alimenti i sensi di colpa, le accuse e la tipica sindrome da indennizzo.

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