autoricicloApprofondimenti e rilievi critici

A cura dell’avv. Domenico  Giannelli

Dal 1° gennaio 2015 è in vigore la nuova fattispecie dell’autoriciclaggio che punisce la condotta di riciclaggio posta in essere dallo stesso soggetto che ha commesso o concorso a commettere il reato presupposto dal quale derivano i proventi illeciti.

Sebbene la punibilità dell’autoriciclaggio non fosse espressamente richiesta dalle convenzioni internazionali, essa era stata nondimeno insistentemente sollecitata tanto dall’OCSE (Vd. il Rapporto sull’Italia del 2011) quanto dal Fondo monetario internazionale (Vd. il Rapporto sull’Italia del 2006).

Secondo i primi  commentatori della disciplina l’intervento legislativo è stato reso necessario  dalla crescenti dimensioni del fenomeno e dal regolare impatto sullo svolgimento delle  attività economiche.

Appare evidente come  la nuova fattispecie  non sia un corollario  del reato presupposto ma risulti  del tutto autonoma  ,dotata di un suo    disvalore dal punto di vista penalistico, pertanto perfettamente perseguibile  secondo le norme dell’ ordinamento.

Finora non era stato considerato punibile il comportamento de  quo  basandosi sul principio che per colui il   quale  partecipa al reato presupposto il riciclo di guadagni  illecitamente percepiti sia la normale prosecuzione   dell’ attività delinquenziale perpetrata  e non un’ azione autonoma.

Gran parte della  dottrina aveva infatti espresso la preoccupazione che  la punibilità dell’ auto riciclaggio  desse  luogo a  una duplicazione sanzionatoria  con compromissione della  certezza   del diritto  e della  tassatività delle fattispecie penalistiche.

Con la legge  186 del 15 Dicembre  2014  è stato introdotto nel codice penale  l’articolo 648 ter  che sanziona  penalmente  la condotta  in questione.

La  norma    distingue due ipotesi:

  • la prima, più grave, punisce con la reclusione da due a otto anni e con la multa da 5.000,00 a 25.000,00 euro chiunque, avendo commesso o concorso a commettere un delitto non colposo punito con la reclusione pari o superiore nel massimo a cinque anni, impiega, sostituisce, trasferisce, in attività economiche, finanziarie, imprenditoriali o speculative, il denaro, i beni o le altre utilità provenienti dalla commissione di tale delitto, in modo da ostacolare “concretamente” l’identificazione della loro provenienza delittuosa (art. 648-ter.1 co. 1 c.p.);
  • la seconda, attenuata, punisce con la reclusione da uno a quattro anni e con la multa da 2.500,00 a 12.500,00 euro, le medesime attività ove poste in essere in relazione ad utilità provenienti da delitti non colposi puniti con la reclusione inferiore nel massimo a cinque anni (art. 648-ter.1 co. 2 c.p.). Trovano comunque applicazione le pene previste dal primo comma (reclusione da due a otto anni e multa da 5.000,00 a 25.000,00 euro) se il denaro, i beni o le altre utilità provengono da un delitto commesso avvalendosi delle condizioni previste dall’art. 416-bis c.p. (associazioni di tipo mafioso anche straniere) ovvero al fine di agevolare l’attività delle associazioni previste dallo stesso articolo (art. 648-ter.1 co. 3 c.p.).

E’ importante  rimarcare   che  il presupposto dell’ autoriciclaggio risiede in una condotta che ostacola concretamente l’identificazione della provenienza delittuosa, diversamente da quanto accade nel reato di riciclaggio dove l’avverbio “concretamente” non è presente.

Ciò vuol dire, come rilevato da una parte della dottrina, che per il reato  in questione non ci si potrà rimettere a qualsiasi modalità idonea a determinare anche un semplice ritardo nell’identificazione della provenienza, con la conseguenza che non sarebbero rilevanti ai fini del reato di autoriciclaggio tutte quelle operazioni le cui modalità esecutive sono facilmente superabili con la normale diligenza degli organi accertatori.

Per  quel che concerne  i soggetti attivi  del reato questione di portata  cruciale  della norma,  la nuova fattispecie   considera  ,superando la  clausola  di riserva di cui al 648 bis c.p ,  punibile  chiunque ponga in essere le molteplici condotte indicate, “avendo commesso o concorso a commettere (un delitto non colposo)”, configurando un reato proprio i cui soggetti attivi saranno l’autore del fatto illecito-base ed anche i suoi concorrenti.

Riteniamo, come parte  della  dottrina  coeva all’intervento  legislativo  e successiva[1]  che l’illecito in esame sia annoverabile tra quelli c.d. propri semiesclusivi, ossia quelle fattispecie penali la cui qualifica non  determina di per sé il disvalore del fatto dato che, in assenza di detta qualifica, esso sarebbe comunque penalmente rilevante come reato comune.

Come  s’è ritenuto[2]l’obiettivo che ci si prefiggeva  durante il lavoro di stesura della  norma era quello di porre  al centro  della punizione  condotte “autonomamente frappositive che cioè ostacolassero l’identificazione  del provento illecito così da identificare l’oggettività giuridica  del reato anzitutto con  la tutela dell’amministrazione della giustizia  in quanto  bene “  strumentale che funge  da avamposto rispetto alla tutela di altri beni giuridici finali , quali l’ordinamento  economico  e la concorrenza”.

 Nonostante tali premesse  riteniamo , come una certa dottrina, che  si tratti di fattispecie  che offende  il patrimonio argomentando  dalla  collocazione topografica  nelle fattispecie patrimoniali  dato dal quale si evince  la mancata presa in considerazione  non  solo dei propositi  maturati durante  la scrittura  della norma nonché delle  contrarie osservazioni[3]sul tema.

 Secondo l’ermeneutica  prevalente, non condivisibile ,modellata anche su interventi dei politici[4]  la fattispecie sembra esser  stata  disegnata come plurioffensiva in quanto “consolida la lesione del patrimonio della vittima del reato presupposto, ma lede anche l’amministrazione della giustizia e l’economia pubblica nel suo insieme[5]; inoltre “chi auto ricicla  con investimenti e acquisti divario genere no nsolo  impedisce o rende più difficoltose le operazioni di ristoro della vittima, ma inquina il credito e l’andamento dei prezzi e, in definitiva, tutto il sistema delle relazioni economiche[6]

Si è considerata quindi la finalità sottesa al reato di autoriciclaggio “non quella di punire il mero lavaggio di denaro, quanto piuttosto l’inquinamento del sistema economico, imprenditoriale e finanziario attraverso l’utilizzo di denaro o beni di provenienza delittuosa”[7].

           Risultano invece accolte le riflessioni registratesi in relazione alla discussa ca- tegoria del post factum punibile, per il cui superamento si era già ritenuto opportuno intervenire operando una distinzione tra il disvalore insito nel delitto-presupposto ma in esso esaurito e quello legato alla re-immissione nell’economia legale dei proventi illeciti incriminato nell’art. 648-ter.1, dotato infatti di autonoma rilevanza penale. Seppur in coerenza con l’obiettivo di non incorrere nel rischio collegato al contrasto con la categoria del post factum e alla violazione del principio del ne bis in idem sostanziale, la scelta confermativa nel senso dell’assenza di una distinzione tra i delitti suscettibili di generare provento che possono rappresentare il predicate-crime dell’ autoriciclaggio reca (e continua a recare) qualche perplessità.[8]

Per quanto concerne le condotte punibili, incriminate a titolo di dolo generico, esse risultano tipizzate al primo comma dell’art. 648-ter.1 che richiama concetti quali l’impiegare, il sostituire e il trasferire.

La condotta di “impiego”, sul cui inserimento in sede di stesura della norma non vi era stata una effettiva propensione comune[9], è risultata invece presente nella littera legis finale e può essere definita come una qualsiasi forma di re-immissione delle utilità provenienti ex delicto nei canali economici legali.

Le condotte di “sostituzione” e “trasferimento” richiamano le medesime già pro- prie della fattispecie di riciclaggio ma non possono essere parimenti considerate rappresentative  di un reato a forma libera[10].

Riteniamo  trattasi di reato a forma vincolata  ciò desumendo dal fatto che son descritte  tipicamente, tassativamente. specificamente , le modalità di compimento della  condotta delittuosa.

Alla dettagliata elencazione delle azioni penalmente rilevanti segue infatti la specificazione di due elementi di fondamentale importanza: la clausola modale che figura immediatamente accanto alle condotte e la causa di non punibilità espressa al comma 4 della norma.

Il primo elemento è quello rappresentato dall’espressione “in modo da ostaco- lare concretamente l’identificazione della provenienza delittuosa”, per mezzo della quale è possibile ulteriormente circoscrivere il comportamento rilevante ai fini dell’in- tegrazione della fattispecie.

Una clausola modale di tal genere era già stata indicata come necessaria in molte delle proposte normative già analizzate in materia di autoriciclaggio[11] e, del resto, l’esigenza di perimetrare le condotte punibili a quei comportamenti che, seppur non riconducibili allo schema degli artifici o dei raggiri, manifestassero comunque la loro capacità di rendere obiettivamente difficoltosa l’individuazione dell’origine delittuosa dei proventi, era già stata avvertita con riferimento alla fattispecie di riciclaggio che, in assenza di un elemento testuale di tal genere, aveva subito un ampliamento dei confini delle condotte da far ricadere nell’area penale.

       A potenziare la richiesta componente dissimulatoria è poi l’utilizzo dell’avverbio “concretamente” che non solo rimanda ad un accertamento oggettivo della idoneità del comportamento a creare un ostacolo, ma richiama anche un caso specifico.

Si ritiene    quindi  come   la dottrina ha già sottolineato che la norma sia costruita in termini di pericolo concreto: spetterà al giudice compiere una valutazione basata sulla considerazione di tutti i fattori dai quali  desumere l ’attitudine della condotta a creare l’ostacolo dell’identificazione della provenienza delittuosa dei beni[12].

Per quel che  concerne le differenze tra il “nuovo” delitto di autoriciclaggio e il (preesistente) riciclaggio[13] occorre  sottolineare non si limitano al soggetto attivo e alla cornice edittale, ma riguardano innanzitutto l’elemento oggettivo, più selettivo nel primo caso: scelta per certi aspetti doverosa, per evitare un’indiscriminata e troppo rigida risposta sanzionatoria alla generalità dei delitti non colposi produttivi di proventi.

Il primo comma dell’art. 648-ter.1c.p. dettaglia le condotte penalmente rilevanti.

La formula legislativa concentra la tipizzazione nei verbi espressivi dei comportamenti vietati:impiegare, sostituire, trasferire.

Tra questi, solo gli ultimi due figurano all’interno della norma repressiva del delitto di riciclaggio,mentre il termine “impiegare”, naturalmente, costituisce la condotta tipica del delitto di “Impiego di denaro, beni o utilità di provenienza illecita” di cui all’art. 648-terc.p..

Alla tipizzazione delle condotte punibili, poi, presiedono altri due fattori di cruciale rilievo nell’economia complessiva della fattispecie: da una parte la c.d. clausola modale, dall’altra la previsione del quarto comma, concernente la destinazione non punibile delle disponibilità di origine delittuosa.

In primo luogo, la condotta dev’essere realizzata <<in modo da ostacolare concretamente>>l’identificazione della provenienza (delittuosa) del denaro, dei beni, delle utilità.

Attraverso la connotazione in termini di idoneità concreta all’ostacolo, la determinazione delle condotte punibili viene circoscritta a quei comportamenti che, seppur non necessariamente artificiosi in sé, esprimano un contenuto decettivo, capace cioè di rendere obiettivamente difficoltosa l’identificazione della provenienza delittuosa del bene.

Il secondo ordine distintivo che contrappone l’autoriciclaggio al delitto di riciclaggio si riferisce alle circostanze del reato.

Tra gli aspetti più innovativi è senz’altro la previsione di cui al quarto comma dell’articolo 648-ter.1 c.p., recante una modalità della condotta espressamente esclusa dalla rilevanza penale, ove si afferma che: <<Fuori dei casi di cui ai commi precedenti, non sono punibili le condotte per cui il denaro, i beni o le altre utilità vengono destinate alla mera utilizzazione o al godimento personale>>.

Dovrebbe trattarsi di una causa oggettiva di esclusione del reato, la cui formulazione è frutto, al pari di altre previsioni, della stratificazione di interventi e rimaneggiamenti, non sempre coordinati.

Innovativa rispetto al riciclaggio è pure la disposizione di cui al secondo comma.
Difatti, mentre l’articolo 648-bis, comma II, prevede una circostanza attenuante a effetto ordinario, l’articolo 648-ter.1 adotta la seguente formula: <<Si applica la pena della reclusione da uno a quattro anni e della multa da euro 2.500 a euro 12.500 se il denaro, i beni o le altre utilità provengono dalla commissione di un delitto non colposo punito con la reclusione inferiore nel massimo a cinque anni>>.

Oltre che per la più generosa riduzione di pena,[14] la previsione si discosta dall’articolo 648-bis, comma II, in quanto nella dichiarata intentio legis essa definirebbe un’autonoma fattispecie incriminatrice e non una forma circostanziata del reato di cui al primo comma con le importanti ricadute che ne derivano in termini sostanziali (ad. es. esclusione della valutazione comparativa ex art. 69 c.p.) e procedurali(ad es. determinazione della competenza ex art. 4 c .p.p.; ammissibilità delle intercettazioni di comunicazioni ex art. 266 c .p. p.

Un’ulteriore difformità con il riciclaggio – nonché con il delitto di impiego – è rappresentata dall’aggravante di cui al quinto comma dell’articolo 648-ter.1 c.p., contestabile quando il reato sia commesso <<nell’esercizio di un’attività bancaria o finanziaria o di altra attività professionale>>.

Il legislatore ha così inseritole condotte degli intermediari finanziari, potenziali concorrenti dell’autore del reato-presupposto soprattutto nelle fattispecie collegate ai reati tributari, societari e agli abusi di mercato.

L’inasprimento di pena riflette il maggior disvalore espresso dal comportamento del soggetto qualificato che si avvale di strutture istituzionali, talvolta indispensabili per la realizzazione del fatto di autoriciclaggio.

Un ultimo ed ulteriore elemento di differenziazione è rinvenibile nella previsione di cui al sesto comma, ove è introdotta una diminuente a effetto speciale non rintracciabile, invece,negli articoli 648-bis e 648-ter, essenzialmente modellata sulla circostanza attenuante comune a effetto ordinario del ravvedimento volontario, di cui all’articolo 62, n° 6, seconda parte, c.p..

La circostanza in questione ha natura spiccatamente premiale, assicurando una riduzione della pena fino alla metà in favore di coloro che abbiano posto in essere condotte (parzialmente) neutralizzatrici dell’offesa o del danno.

Vengono così in considerazione, da un lato, comportamenti che consistono nell’impedire che il reato venga portato a conseguenze ulteriori ovvero che ne limitano la portata dannosa, consentendo l’individuazione delle disponibilità di provenienza illecita; dall’altro, sono valorizzate tutte quelle condotte di ausilio all’attività di accertamento, posto che eguale riduzione di pena è prevista per colui che abbia assicurato le prove del reato.

Infine, non si estende all’autoriciclaggio – a differenza di quanto dettato in tema di riciclaggio e impiego – l’applicabilità delle disposizioni di cui al D.lgs. n. 159/2011 e di taluni istituti extra codicem, tra i quali, per quanto di maggiore interesse, la confisca “per sproporzione” e le operazioni sotto copertura.

In conclusione, circa i rapporti con le fattispecie di riciclaggio e di reimpiego, all’esito di una riflessione criminologica, il Gruppo di studio per l’autoriciclaggio (c.d. Commissione Greco) ha convenuto che le condotte di “sostituzione” e “trasferimento” di cui all’articolo 648-bis c.p.,nonché quella di “impiego” di cui all’articolo 648-ter c.p., lungi dall’essere concettualmente e funzionalmente distinte, sembrano piuttosto essere riconducibili a un’unica più ampia condotta, consistente nel compiere operazioni volte ad ostacolare l’identificazione della provenienza delittuosa di beni o denaro o altre utilità allo scopo di consentirne, alternativamente, il consumo o l’investimento.

Nonostante le connotazioni positive rivestite  dalla nuova fattispecie,  la dottrina  ha evidenziato  anche  le criticità  concernenti l’essenza  della medesima  e i risvolti   che esse  comportano sia dal punto di vista processuale  che sostanziale.

Si è affermato criticamente[15] che la linea  di demarcazione le “destinazioni” di cui al comma 1 e quelle “di mera utilizzazione o godimento personale” di cui al comma 4 “è del tutto indeterminata”; si è suggerito, a tal proposito, di riflettere su alcuni possibili casi pratici che già si collocherebbero in posizione borderline: ci si deve   chiedere e se si possano ricomprendere nella causa di non punibilità i casi in cui la desti- nazione alla utilizzazione/piacere personale sia accompagnata da un risvolto economico e di profitto (…): un esempio, fra i tanti ipotizzabili, può essere dato dalla spesa per una cena di promozione e pubblicità concernente la propria attività imprenditoriale Ma il problema esorbita dall’ambito imprenditoriale: l’acquisto di un apparta- mento – che l’autore del reato presupposto vada ad abitare rigorosamente da solo, ovviamente – non dovrebbe porre problemi; ma nel momento in cui l’immobile venga dato in locazione, si fuoriesce dalla non punibilità e si entra agevolmente nella condotta tipica dell’attività economica”.

Sugli stessi esempi non sembra intravedere alcuna criticità altra parte della dottrina[16] che suggerisce: “si pensi al pubblico ufficiale corrotto che del prezzo della corruzione faccia uso per acquistare un immobile da destinare alla abitazione propria o della famiglia: nessun dubbio che si è al di fuori della fattispecie del primo comma, in forza del combinato disposto dello stesso primo comma e del quarto comma”; al contrario, si aggiunge: “non così se quell’immobile fosse destinato alla locazione a terzi: per quanto di live momento, si avrebbe un effetto perturbatore (…). Altri, che aveva intenzione di acquistare quello stesso immobile per locarlo, si trova gravemente svantaggiato dal competere con un acquirente che dispone di mezzi conseguiti in maniera illecita (e dunque esentasse), mentre l’ipotetico proprietario di un analogo immobile, anch’esso destinato alla locazione, si troverebbe a dover competere con un locatario che può formulare proposte locative a prezzi più competitivi rispetto a quelli di mercato, ma per lui egualmente (se non più) remunerativi, proprio a cagione della illecita provenienza dei mezzi necessari all’acquisto dell’immobile poi re-immesso nel circuito legale.

Altra osservazione  critica  è stata compiuta in riferimento al fatto  che l’autoriciclaggio rischierebbe  “di moltiplicarsi  all’infinito per lo stesso autore[17]. In effetti, “l’autore del delitto presupposto incorre nel delitto di autoriciclaggio se impiega il denaro in attività economiche, finanziarie, imprenditoriali, speculative. Se tale primo impiego genera proventi (si pensi ad un felice investimento finanziario/imprenditoriale che produca plusvalenze), l’ulteriore impiego di tali proventi darà luogo ad un’altra ipotesi di autoriciclaggio, e così via, fino a che gli investimenti non risulteranno in perdita per l’agente o fino a che egli non deciderà di spendere i proventi stessi per piacere personale” Da esso si conclude dunque che “l’autoriciclaggio funge così da delitto-presupposto dell’au- toriciclaggio”.

Di  contrario  avviso, sposando  la tesi per cui l’autoriciclaggio non appare calamita di altre fattispecie, riteniamo come altra dottrina[18], “che il paventato timore che l’in- criminazione dia luogo ad un effetto moltiplicatore in capo all’autore del reato-pre- supposto, non riesca convincente

Il ragionamento, in questo caso, prende le mosse dalla considerazione secondo la quale “se la re-immissione ha ad oggetto la disponilità tratta da un determinato reato (o da una serie di reati fra loro strumentalmente connessi), allora si è in presenza di un solo fatto di autoriciclaggio, posto in essere, eventualmente, attraverso distinte modalità realizzative; oppure si è in presenza di distinte condotte di re-immissione (nelle quali può anche essere frazionato nel tempo il provento di un unico reato-presupposto), e allora si sarà al cospetto di una pluralità di ipotesi di autoriciclaggio”. Si conclude[19] pertanto per una moltiplicazione che non deriva dalla norma in modo meccanico ma che è semmai il risultato di una scelta dell’agente.

Non  esente da censure è andato anche il profilo  intertemporale  della norma di cui al 648 ter c.p

Riteniamo  non vi sia dubbio sul fatto che l’art. 648-ter.1 rappresenti una nuova incriminazione, tanto è vero che ciò che ci si attendeva dal suo arrivo era proprio l’eliminazione del c.d. privilegio di autoriciclaggio, non risultando punibile la condotta che adesso ad esso fa riferimento dallo schema normativo della fattispecie di riciclaggio.

Ponendosi come inesistente ogni ipotesi di continuità tra quanto “vigente prima” e quanto “vi gente dopo”, per il passaggio effettuatosi da un’assenza di incriminazione alla creazione di un reato a creare perplessità è l’ipotesi di ritenere configurato l’autoriciclaggio rispetto a delitti-presupposto pregressi o soltanto a quelli pro futuro: se in- somma “ quel delitto non colposo che l’autoriciclatore ha commesso o concorso a commettere debba anch’esso seguire l’entrata in vigore della legge, o se invece possa anche averla preceduta[20]

Una prima analisi ricostruttiva della questione ha ritenuto opportuno interrogarsi anzitutto sul significato da attribuire al “fatto commesso” in relazione al principio di irretroattività del diritto penale, domandandosi se cioè tutti gli elementi che compongono il fatto di reato, nella prospettiva dell’art. 25, comma 2, Cost., “debbono essersi materializzati dopo l’entrata in vigore della legge o se alcuni di essi possano anche preesistere[21].

Se la previa commissione del “delitto non colposo” fosse da considerarsi quale mero “presupposto della condotta” non si avrebbero problemi alcuni con il divieto di irretroattività, potendosi applicare la fattispecie in relazione anche a reati pregressi.[22]

Se si dovesse ritenere quale preliminare condotta tipica, che non esaurisce il fatto, ma ne introduce la realizzazione (reato a condotta complessa, o reato a due condotte), vi sarebbero, diversamente, criticità evidenti.

 La giurisprudenza  di legittimità  con pronuncia recente[23]  ha ritenuto configurabile  il reato di auto riciclaggio anche qualora il delitto  presupposto non sia stato commesso nella vigenza dell’ articolo 648 c.p n1 ben potendo esso esser stato commesso in epoca antecedente.[24]

S’auspica , “de iure condendo”  un nuovo intervento legislativo  e  nuovi interventi giurisprudenziali  che chiariscano tutte le questioni ancora controverse  e critiche in materia di auto riciclaggio.

 Bibliografia  e  sitografia

G. FIANDACA, E. MUSCODiritto penale – parte specialeDelitti contro il patrimonio, Volume II, tomo II, ed. VI, Zanichelli, Bologna, 2014, pp. 260 – 273;

R. GAROFOLI,Manuale di diritto penale – parte speciale, Nel Diritto Editore, Roma, 2015, pp. 314 – 336 .

F. MUCCIARELLI Qualche nota  sul delitto di auto riciclaggio in www.dirittopenaleocntemporaneo.it 1/2015

F.SGUBBI    Il nuovo delitto di autoriciclaggio  una fonte inesauribile   di effetti perversi dell’azione legislativa  in www.dirittopenale contemporaneo.it  1/2015

Art. 648-ter.1 c.p.: breve analisi degli elementi costitutivi della fattispecie di autoriciclaggio e criticità ad essi collegate  di Marianna Geraci in www.giurisprudenzapenale.com

Le principali differenze  tra il delitto di auto riciclaggio  e il riciclaggio. Circostanze ed elementi oggettivi del  reato in www.fiscalist.it

Il nuovo delitto di auto riciclaggio : Aspetti positivi e profili critici  di Stefano Casetta in www.altalex.com



[1] A. DI TULLIO D’ELISIIS, Autoriciclaggio. Applicazione e strategie difensive

 

[2]Così si legge  nell’ nell’Audizione presso la Commissione Giustizia della Camera dei Deputati del 30 luglio 2014, con riferimento alla proposta di legge c. 2247 in materia di emersione e rientro dei capitali detenuti all’estero nonché per il potenziamento della lotta all’evasione fiscale, in www.camera.it

 

[3] Si è visto come molte proposte di legge in materia, come quella della Commissione Greco, avessero prospettato l’inserimento del nuovo reato in un titolo appositamente creato per contenere i delitti contro l’ordine economico e finanziario

[4] Così interviene l’On. Sen. V.M.D. D’ASCOLA, durante la seduta n. 365 del Senato della Re pubblica, 4 dicembre 2014

[5] Ibidem

[6] Ibidem

[7] In tal senso Consiglio Nazionale dei dottori commercialisti e degli esperti contabili, Brevi osservazioni sulle disposizioni in materia di emersione e rientro di capitali detenuti all’estero nonché per il poten- ziamento della lotta all’evasione fiscale. Disposizioni in materia di autoriciclaggio (S. 1642), rese in occasione della seduta tenutasi presso le Commissioni riunite 2° e 6° (Giustizia e Finanze e tesoro) del Senato della Repubblica, 20 novembre 2014, www.senato.it.

 

[8] Marianna  Geraci Art. 648-ter.1 c.p.: breve analisi degli elementi costitutivi della fattispecie di autoriciclaggio e criticità ad essi collegate

 

[9] Si fa riferimento al dibattito tra la Commissione Giustizia e il M.E.F.: se la prima premeva per l’inserimento della condotta di “impiego”, il secondo riteneva invece sufficiente “la sostituzione o il trasferimento” o, in ogni caso, qualsiasi operazione di ostacolo sulla ricostruzione dell’origine del patrimonio  illecitamente costituito.

 

[10] Marianna  Geraci Art. 648-ter.1 c.p.: breve analisi degli elementi costitutivi della fattispecie di autoriciclaggio e criticità ad essi collegate

 

[11]Sembrano riecheggiare le regole valide per altre figure delittuose dell’ordinamento penale, come quelle in materia di tutela dei mercati finanziari (per es. la manipolazione del mercato di cui all’art. 185 T.U.F.). Sul punto in dottrina si è poi ritenuto che “l’enucleazione, nell’art. 648-ter.1 c.p., del pe ricolo concreto come elemento costitutivo di fattispecie (…), seppur di per sé apprezzabile, potrebbe suggerire una calibrazione dell’art. 648-bis c.p. (laddove tale elemento è, invece, in apparenza assente) quale reato di pericolo astratto, segnando un arretramento rispetto alle conclusioni cui in passato è giunta una parte della giurisprudenza”, La nuova disciplina penale dell’autoriciclaggio, Relazione di sintesi del convegno svoltosi il 2 febbraio 2015 presso l’Aula Magna del Tribunale di Milano, a cura diS. CAVALLINI, www.corteappello.milano.it; nello stesso senso di pone D.PIVA, Il volto oscuro dell’autoriciclaggio: la fine di privilegi o la violazione di principi?, www.lavocedeldiritto.it, p. 5, se- condo il quale “sarà interessante verificare se e come la giurisprudenza saprà valorizzare l’avverbio<concretamente> quale unico vero criterio normativo di distinzione con le condotte di riciclaggio le quali, per come sin qui definite dalla giurisprudenza, risultano caratterizzate dall’astratta idoneità a produrre il medesimo effetto di ostacolo ancorché prive di connotazioni dissimulatorie: al riguardo, si intravede il rischio di una vera e propria <eterogenesi>dei fini”.

 

[12]così anche  Marianna  Geraci Art. 648-ter.1 c.p.: breve analisi degli elementi costitutivi della fattispecie di autoriciclaggio e criticità ad essi collegate

[13] Le principali differenze tra il delitto di autoriciclaggio ed il riciclaggio: elemento oggettivo e circostanze del reato in www.fiscalist.it

 

[14] Ibidem  op. cit

[15] così F.SGUBBI

[16] Contra F.SGUBBI si pone l’opinione di F.MUCCIARELLI

[17] Sono le espressioni utilizzate da F.SGUBBI, Il nuovo delitto di “autoriciclaggio”: una fonte inesauribile di “effetti perversi” dell’azione legislativa, www.dirittopenalecontemporaneo.it, p. 3.

[18] F. MUCCIARELLI

[19] Ibidem

[20]D.BRUNELLI

[21] Ibidem

[22] Cfr. e si veda più ampiamente D. BRUNELLI, Autoriciclaggio e divieto di retroattività: brevi note a margine del dibattito sulla nuova incriminazione, cit., pp. 2 – 6.

[23] Cass 3691/2016

[24] La questione è controversa in dottrina. Sul punto, A. GULLO, per ciò che concerne l’applicazione dell’art. 648 ter 1 c.p. a condotte autoriciclatorie riguardanti proventi di delitti presupposti commessi prima della sua entrata in vigore, ha scritto testualmente:“Si è infatti sostenuto che l’art. 648-ter.1 c.p. non possa applicarsi all’autoriciclaggio per reati pregressi. La premessa logica è che il delitto non colposo generatore dei proventi investiti dal suo autore o dal concorrente nello stesso vada classificato come vero e proprio elemento del fatto e dunque partecipi delle garanzie apprestate dall’art. 25, secondo comma, Cost.”; l’Autore, però, prendendo le distanze da questa tesi, sostiene, in linea con l’impostazione seguita dai Giudici di legittimità con la sentenza in commento, che, sebbene permanga “un problematico residuo legame con il delitto presupposto … non pare che tale legame possa ritenersi così decisivo nel disvalore complessivo del fatto: l’unico comportamento non vietato prima della modifica normativa era quello dell’impiego da parte dell’autore del delitto presupposto dei relativi proventi; l’altro comportamento, quello integrante il delitto presupposto, era già qualificato come reato dalla legge preesistente, sicché rispetto a esso il soggetto aveva tutte le possibilità di orientare conseguentemente il proprio comportamento, nonché di prevedere la possibilità di applicazione di una pena. Non ci sembra, dunque, che l’agente possa reclamare una sorta di aspettativa a non essere perseguito dall’ordinamento per successive condotte di sfruttamento dei proventi del delitto commesso”, in AUTORICLAGGIO, Voce per “Il libro dell’anno del diritto Treccani 2016”, in www.penalecontemporaneo.it

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