Avv. Filomena Agnese Chionna

La Corte Costituzionale, con sentenza 188/2018, ha ribadito l’incostituzionalità di norme regionali, che consentano ai Consorzi di Bonifica, di richiedere un contributo consortile a prescindere dall’attività di bonifica concretamente svolta, sicché il beneficio, diretto e specifico, deve essere fruibile in concreto dal proprietario del fondo beneficiato.

La questione trae origine dall’ordinanza attraverso la quale veniva sollevata questione di legittimità costituzionale, di norme regionali della Calabria, su richiesta dalla Commissione tributaria provinciale di Cosenza.

Preliminarmente, veniva censurato, l’art. 23, comma 1, lettera a), della legge della Regione Calabria 23 luglio 2003, n. 11 (Disposizioni per la bonifica e la tutela del territorio rurale. Ordinamento dei Consorzi di Bonifica), in riferimento agli artt. 119 e 23 della Costituzione, nella parte in cui prevedeva, a carico dei consorziati, l’obbligo di corrispondere il pagamento della quota del contributo consortile di bonifica imputabile alle spese afferenti al conseguimento dei fini istituzionali del consorzio, «indipendentemente dal beneficio fondiario».

Si palesava il contrasto con l’art. 119 Cost. che, nel riconoscere alle Regioni autonomia finanziaria di entrata e di spesa, prescrive l’osservanza dei principi di coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario.

Peraltro, si riteneva violato l’art. 23 Cost., perché la disposizione censurata non contiene alcuna direttiva o criterio sul presupposto fondante l’obbligo di pagamento dei contributi consortili.

La Corte Costituzionale ha ritenuto la questione, ammissibile perché rilevante nel giudizio a quo, e nel merito fondata.

La Corte Costituzionale, nel giungere a tale conclusioni, ha seguito un iter motivazionale logico, partendo dall’analisi della sussistenza della competenza del legislatore regionale nel settore della bonifica, e nell’analisi relativa alla natura tributaria della prestazione patrimoniale obbligatoria posta a carico dei consorziati.

In ragione di tale qualificazione, il necessario «beneficio» non è espressione di un rapporto sinallagmatico; ma c’è un tributo che può definirsi di scopo, perché destinato ad alimentare la provvista del Consorzio per poter realizzare le opere di bonifica.

La Corte Costituzionale, ha affermato inoltre, che il beneficio per il consorziato-contribuente deve necessariamente sussistere per legittimare l’imposizione fiscale; esso però consiste non solo nella fruizione, ma anche nella fruibilità, comunque concreta e non già meramente astratta, dell’attività di bonifica, che, in ragione del miglioramento che deriva all’immobile del consorziato, assicura la capacità contributiva che giustifica l’imposizione di una prestazione obbligatoria di natura tributaria.

Quindi, per i contributi consortili, quali «quote di partecipazione al costo delle opere di bonifica» a carico dei proprietari consorziati, il criterio fondamentale di questa prestazione patrimoniale di natura tributaria, è il beneficio tratto dalle opere di bonifica e più in generale dall’attività del consorzio, secondo criteri fissati negli statuti o nelle delibere dei consorzi stessi, nel rispetto della disciplina regionale.

L’assoggettamento a contribuzione consortile è quindi condizionato all’iscrizione dell’immobile nel perimetro di contribuenza risultante dal piano di classifica, in ragione della verificata sussistenza di un beneficio diretto, indiretto o potenziale per l’immobile, non essendo sufficiente il mero dato spaziale della sua collocazione nel comprensorio di bonifica.

La medesima legge reg. Calabria n. 11 del 2003 disciplina poi in dettaglio i contributi consortili all’art. 23, disposizione attualmente censurata, che stabilisce che il contributo consortile di bonifica è costituito dalle quote dovute da ciascun consorziato per il funzionamento dei Consorzi ed è applicato secondo i seguenti criteri: a) «per le spese afferenti il conseguimento dei fini istituzionali, indipendentemente dal beneficio fondiario»; b) per le spese riferibili al successivo articolo 24, comma 1, lettera b), sulla base del beneficio. Vi sono quindi due quote del contributo consortile, la prima delle quali – quota a) – è testualmente indipendente dal beneficio fondiario, mentre la seconda – quota b) – presuppone il beneficio per il consorziato.

Quindi il beneficio effettivo per l’immobile di proprietà del consorziato – come condizione legittimante per l’inclusione nel perimetro di contribuenza del comprensorio di bonifica, nonché come criterio per fissare i parametri di calcolo e quantificazione dei contributi stessi – è in vero ciò che ha previsto, nella specie, il legislatore regionale prescrivendo, all’art. 24, comma 2, legge reg. Calabria n. 11 del 2003, che il piano di classifica individua i «benefici diretti, indiretti e potenziali», derivanti dall’attività di bonifica agli immobili ricadenti nel comprensorio del Consorzio; beneficio che dimensiona gli indici di contribuenza di ciascun immobile.

Però, solo ove risultasse l’unitarietà del contributo consortile dell’art. 23, benché suddiviso – ma in modo inscindibile – in una quota di cui alla lettera a) e in una quota di cui alla lettera b) del comma 1, allora il presupposto del «beneficio», espressamente previsto solo nella lettera b), condizionerebbe nel complesso la debenza del contributo stesso e quindi anche la obbligatorietà della quota a).

Pertanto il contributo consortile di bonifica, quanto alle spese afferenti al conseguimento dei fini istituzionali dei Consorzi, ex lettera a) del comma 1 dell’art. 23 citato, è dovuto «in presenza del beneficio» – al pari della quota di cui alla successiva lettera b) del medesimo comma – invece che «indipendentemente dal beneficio fondiario».

In conclusione con tale sentenza si è voluto censurare l’incostituzionalità di norme regionali che consentano ai Consorzi di Bonifica di richiedere un contributo a prescindere dall’attività di bonifica concretamente svolta, sicché il beneficio, diretto e specifico, deve essere fruibile in concreto dal proprietario del fondo.

 

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