La definizione dello spatium temporis e la presunzione di irrilevanza nella pronuncia del TAR Lazio 6.7.2020 n. 7742

Dott.ssa Silvia Esposito e Avv. Linda Giovanna Vacchiano

Con una pronuncia fortemente interpretativa, il TAR Lazio – Roma (06.07.2020 n. 7742), pone fine alla questione circa la rilevanza giuridica delle condanne penali ai fini dell’esclusione dalla procedura di gara di cui all’art. 80 del D.lgs. n. 50/2016 e ss.mm.ii.
I giudici di primo grado hanno, infatti, affermato il principio secondo cui, in applicazione della normativa comunitaria in materia (art. 57, comma 7, della Direttiva n. 24/2014/UE) e della normativa nazionale di cui all’art. 80, comma 10 bis, del D.lgs. n. 50/2016, la stazione appaltante non possa procedere alla esclusione di un concorrente per illecito professionale, se tale illecito si sia verificato nell’ultimo triennio antecedente l’indizione della gara, termine computato dal passaggio in giudicato della sentenza di accertamento dell’illecito. Si configura in tali casi una circoscrizione dello spatium temporis del divieto di contrarre, finalizzato a definire nel tempo la rilevanza giuridica dei fatti oggetto della sentenza di condanna e/o degli atti amministrativi di accertamento dell’illecito ai fini di cui all’art. 80 del D.lgs. n. 50/2016.
La fattispecie concreta riguarda la partecipazione della società ricorrente ad una procedura negoziata ex art. 36, comma 2, lett. b), e comma 6 del D.lgs. n. 50/2016, indetta da Consip per conto della stazione appaltante e relativa all’acquisizione licenze e relativi servizi di manutenzione e supporto in data 10.10.2019. All’esito della procedura di gara, il ricorrente, quale unico concorrente in gara, risultava aggiudicatario provvisorio, e nei confronti dello stesso venivano avviati i controlli relativi al possesso dei requisiti di cui all’art. 80 del Codice appalti, preliminari alla stipulazione del contratto. Da tali controlli, emergeva a carico del legale rappresentante della società ricorrente una condanna per il reato di cui all’art. 10 ter del D.lgs. n. 74/2000, commesso molti anni addietro (nell’anno 2008) e concernente il mancato versamento dell’IVA 2007 addebitabile ad una società diversa dalla ricorrente, di cui all’epoca questi era rappresentante legale. La condanna emessa dal Tribunale di Milano prevedeva, tra le altre, la misura della interdizione dal contrarre con la PA per un anno, esecutiva a partire dalla pubblicazione della sentenza e fino alla data del 01.06.2017. Temporalmente, dunque, la condanna aveva esaurito i suoi effetti ben prima della indizione della procedura di gara.
A fronte di tali fatti, tuttavia, la stazione appaltante – a seguito di richiesta di chiarimenti mossa nei confronti della società ricorrente – emetteva provvedimento di esclusione dalla procedura di gara per violazione del disposto di cui all’art. 80, comma 5, lett. f bis) del D.lgs. n. 50/2016, per dichiarazione non veritiera, avendo la ricorrente omesso di rendere informazioni ritenute rilevanti ed idonee ad incidere sul processo decisionale della stazione appaltante in ordine alla modalità dell’operatore stesso e dei suoi esponenti aziendali. Tale esclusione veniva segnalata, poi, all’ANAC ai sensi dell’art. 80, comma 12, del D.lgs. n. 50/2016, per gli effetti previsti dalla norma e dall’art. 213, comma 13, del Codice appalti.
Avverso tale provvedimento di esclusione, impugnato insieme al provvedimento di conclusione della procedura di gara, proponeva ricorso la ricorrente ed avanzava le censure di violazione e falsa applicazione del disposto di cui all’art. 80, comma 1, lett. g), comma 5 lett. c), c bis), f bis), comma 10 e 10 bis del D.lgs. n. 50/2016, dell’art. 97 Cost., dell’art. 57, par. 7 della Direttiva UE 2014/24/UE nonché, di eccesso di potere per contraddittorietà e difetto di istruttoria. A fondamento di tale contestazione parte ricorrente deduceva la irrilevanza della pena accessoria della interdizione dal contrarre con la PA che, all’atto della partecipazione alla procedura di gara, aveva ormai cessato la sua efficacia e non sarebbe stata suscettibile di determinare l’automatismo espulsivo di cui alla norma erroneamente applicata dalla stazione appaltante, con la conseguenza che alla ricorrente non sarebbe stata addebitabile alcuna falsità dichiarativa in merito. Inoltre, rilevante sul punto risultava, altresì, la circostanza della mancanza di identità di ruolo ricoperto dal legale rappresentante al tempo dei fatti di reato. Questi, infatti, all’atto della condanna per omesso versamento IVA, ricopriva il ruolo di legale rappresentante di una società diversa rispetto alla ricorrente, con la conseguenza che i fatti costituenti reato non erano in alcun modo ascrivibili alla sfera di competenza della società ricorrente.
In considerazione di tali censure, i giudici di primo grado hanno deciso di accogliere la tesi promossa dalla ricorrente, fissando l’attenzione su alcune questioni interpretative fino ad ora controverse.
Il TAR Lazio, in primo luogo, definisce la natura giuridica della esclusione dalla procedura di gara ai sensi dell’art. 80 del D.lgs. n. 50/2016, affermando che si tratti di una esclusione automatica, sottratta alla valutazione discrezionale della stazione appaltante. In quanto tale, ai fini della esclusione, dunque, trovano rilevanza solo ed esclusivamente le circostanze oggettive ed accertate della falsità od omissione della dichiarazione ai sensi e per gli effetti di cui al combinato disposto degli artt. 46 e 47 del D.P.R. m. 445/2000, rese dall’operatore economico nel corso della procedura di gara. La natura giuridica della esclusione di cui all’art. 80 impone una valutazione oggettiva e tecnica con riferimento alla rilevanza delle condanne penali. I giudici di primo grado, soffermandosi in particolare sulla rilevanza della condanna accessoria alla interdizione a contrarre con la PA subita dal legale rappresentante della società ricorrente, unica condanna che avrebbe potuto trovare applicazione nel caso di specie (in quanto la condanna per omesso versamento IVA concerneva l’operato di una società diversa da quella ricorrente ed in quanto tale irrilevante), pone l’attenzione in particolare sulla sua rilevanza temporale ai fini della esclusione. In merito, il TAR afferma che, fermo restando la rilevanza di una tale specie di condanna penale ai fini della esclusione, tuttavia la pena accessoria della interdizione a contrarre con la PA, avendo ormai esaurito i suoi effetti da più di due anni dalla indizione della procedura di gara, alcuna rilevanza avrebbe dovuto avere con riferimento alla stessa. Secondo il disposto di cui all’art. 80, comma 10, del D.lgs. n. 50/2016, testualmente richiamato nella pronuncia di primo grado, la durata temporale della rilevanza della pena accessoria dell’incapacità di contrarre con la PA ai fini della esclusione dalla partecipazione alle gare pubbliche è equivalente alla durata stessa della pena, laddove questa sia stabilita con sentenza di condanna. In attuazione ai principi di efficienza ed efficacia dell’azione amministrativa, anche in tali casi si configura una circoscrizione temporale della incidenza e rilevanza delle condanne penali ai fini della esclusione dalla procedura di gara, con la conseguenza di definire nel tempo la rilevanza giuridica dei fatti di reato nell’ambito degli appalti ed evitare il protrarsi di una incertezza procedimentale, incompatibile con la disciplina pubblicistica.
Il TAR si sofferma, altresì, sulla irrilevanza del comportamento della ricorrente circa la mancata dichiarazione della condanna penale quale “grave illecito professionale” da addebitare alla stessa all’atto delle dichiarazioni da rendere nel corso della procedura di gara che, di per sé solo rileverebbe ai fini della esclusione. Sul punto i giudici di primo grado affermano che, ai sensi dell’art. 80, comma 10 bis, del D.lgs. n. 50/2016 ed in applicazione dei principi comunitari di cui all’art. 57 della Direttiva UE n. 24/2014/EU, non è possibile escludere un concorrente dalla gara se le circostanze dell’eventuale illecito professionale si siano verificate nel periodo antecedente l’ultimo triennio, da computarsi dal passaggio in giudicato della relativa pronuncia di condanna. In considerazione della insussistenza di alcun margine di discrezionalità riconosciuta alla stazione appaltante con rifermento a tali circostanze, i giudici di primo grado, fissando come punto temporale a partire dal quale si configura la irrilevanza giuridica dei fatti il momento del passaggio in giudicato della sentenza di condanna, affermano il principio di presunzione di irrilevanza di quegli illeciti commessi oltre un certo arco temporale, che in quanto tali non trovano espressione nella qualificazione di “grave illecito professionale” di cui all’art. 80, comma 5, del D.lgs. n. 50/2016 ed in quanto tali non sono idonei a determinare la esclusione dalla procedura di gara.

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