Dott.ssa Maria Giovanna Bloise

 

PREMESSA

Il legislatore ha adeguato il dettato normativo, a partire dalla L. n. 59/97 per poi giungere all’attuale disciplina prevista dal CAD (D.lgs 82/2005 e successive modificazioni), riconoscendo e regolamentando la validità dei documenti formati e/o trasmessi con strumenti informatici.

 

LA SENTENZA DEL TRIBUNALE DI MILANO

Il Tribunale di Milano[1] ha stabilito che la mail può essere una prova fondamentale da utilizzare in giudizio. Ed infatti, la mail costituisce prova per dimostrare ordini d’acquisto, richieste di pagamento, ammissioni di debito, scambio di comunicazioni tra più soggetti, e così via.

Invero il nostro Codice civile [2]  nega ogni valenza probatoria ai documenti che costituiscono mere riproduzioni meccaniche (quelli sprovvisti di firma digitale) quando colui contro il quale sono prodotte ne disconosce la conformità ai fatti od alle cose medesime. Pertanto, perché la prova sia considerata valida in giudizio è necessario che l’avversario non contesti la mail, il suo contenuto od il ricevimento della stessa: cosa che non può fare se vi ha risposto.

Secondo il Tribunale meneghino la mail ordinaria vale come prova, in quanto il Regolamento Europeo per le identità digitali[3] stabilisce che “ad un documento elettronico non sono negati gli effetti giuridici re l’ammissibilità come prova nei procedimenti giudiziali per il solo motivo della sua forma elettronica”. Lo stesso Regolamento EIDAS afferma il principio di non discriminazione della firma elettronica rispetto a quella materiale: a una firma elettronica non possono essere negati gli effetti giuridici e l’ammissibilità come prova in procedimenti giudiziari per il solo motivo della sua forma elettronica o perché non soddisfa i requisiti delle firme elettroniche qualificate. Il Codice dell’Amministrazione digitale[4] prescrive, poi, che “il documento elettronico, cui è apposta una firma elettronica, soddisfa il requisito della forma scritta e sul piano probatorio è liberamente valutabile in giudizio, tenuto conto delle sue caratteristiche oggettive di qualità, sicurezza ed integrità”.

 

IL CASO DI SPECIE

Un soggetto vantava un credito nei confronti di un altro soggetto al quale invia numerosi solleciti via mail ed il debitore risponde glissando. Il creditore agisce con decreto ingiuntivo in forza di fattura. Nel giudizio di opposizione, lo stesso creditore, come prova del proprio diritto al pagamento, produce lo scambio di mail col cliente/debitore nelle quali quest’ultimo non ha mai contestato il debito.

 

ALCUNI PRCEDENTI GIURISPRUDENZIALI

Il Tribunale di Termini Imerese[5], in un caso analogo, ha sancito che il documento informatico inviato tramite posta elettronica ‘pura e semplice’ e sottoscritto con firma elettronica ‘leggera’ ha valenza probatoria e validità giuridica. Nel caso in esame si discuteva della validità probatoria della mail per quanto concerne un decreto ingiuntivo[6].  Il creditore nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo portava come prova lo scambio di mail, nelle quali il debitore non ha mai contestato il debito.

Orbene, il codice dell’Amministrazione digitale distingue quattro tipologie di firme:

  • la firma elettronica pura e semplice;
  • la firma elettronica avanzata;
  • la firma elettronica qualificata;
  • la firma digitale.

La firma elettronica pura e semplice, infatti, è definita dal CAD come l’insieme dei dati in forma elettronica oppure connessi tramite associazione logica ad altri dati elettronici, utilizzati come metodo di identificazione informatica.

Ed infatti, il Giudice nel DI citato sosteneva che 1) la mail è un documento informatico[7], 2) sottoscritto con firma elettronica leggera (poiché il mittente per creare deve eseguire un’operazione di validazione inserendo i propri username e password), 3) tale processo di validazione è equivalente alla firma elettronica leggera (come su descritta).

Altra importante sentenza[8] sul punto, emessa dal Tribunale di Ancona, riconobbe valore giuridico allo scambio di mail semplici fra due aziende in quanto lo scambio di epistole digitali è sufficiente a confermare le ragioni di una delle parti in causa.

 

CONCLUSIONI

Alla luce di quanto sopra esposto, possiamo affermare che chiunque abbia spedito mail dal proprio indirizzo di posta elettronica ben farà a conservare il relativo file e la relativa risposta del destinatario se li vuole utilizzare in giudizio come materiale probatorio (tenendo presente che la prova della mail si ritiene valida solo se il destinatario risponde e non ne contesti la mail stessa, il contenuto od il ricevimento). Tuttavia, si auspica un intervento del Legislatore atto a fare chiarezza sul valore giuridico (e, soprattutto, probatorio) da attribuire alla posta elettronica non certificata, al fine di risolvere le difficoltà incontrate dagli operatori del diritto nel cercare soluzioni adeguate al complesso rapporto tra il diritto e la tecnologia.

 

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[1] Cfr. Tribunale di Milano, sent. n. 11402 del 18.10.2016

[2] Art. 2712 c.c.

[3] Art. 46 Regolamento EIDAS n.  910/14

[4] Art. 21 D.lgs. 82/2015

[5] Tribunale Termini Imerese, ordinanza 22.2.2015

[6] Tribunale di Cuneo, n. 848/13

[7] Art. 1 DPR n. 445/2000 in base al quale per documento informatico s’intende la rappresentazione informatica di atti, fatti o dati giuridicamente rilevanti.

[8] Tribunale di Ancona, sent. del 9/4/2005

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