La Pedopornografia in Rete

Dott. Marino D’Amore

Università L.U.de.S., Lugano (Svizzera)

Sin dal suo avvento Internet, almeno da quando il suo utilizzo ha lasciato l’ambito strettamente militare per poi diffondersi in modo capillare in quello civile, ha rappresentato un palcoscenico mediatico caratterizzato, maggiormente rispetto ad altri, da istanze democratizzanti e dinamiche partecipative. Tale caratteristica, peculiarità distintiva della Rete, ha consentito che si abbattesse quel muro tra operatori di comunicazione e audience, quello schermo che storicamente li ha sempre divisi, abbassando idealmente il palcoscenico all’altezza delle platee. I confini, quindi, tra produttori e consumatori di contenuti si sono nel tempo mitigati, dando vita ad una figura nuova, ibrida: i prosumer, un nuovo attore mediatico nato dalla fusione tra prosumer (produttori) e consumer (consumatori). Ognuno, oggi, può utilizzare questa piattaforma per consumare i contenuti che vuole, secondo percorsi palinsestuali fortemente personalizzati e produrne di propri. Tutta questa libertà comunicativa impone una responsabilità, una consapevolezza critica che troppe volte viene disattesa, approfittando di un monitoraggio latente e deficitario rispetto a una pangea mediatica come quella del web, che, a sua volta,  genera mostri è da visibilità a fenomeni esecrabili come la pedopornografia.

La pedopornografia è letteralmente la rappresentazione di atti sessuali in cui sono raffigurati soggetti in età pre-puberale. Essa viene spesso erroneamente confusa con la pornografia minorile, ossia il materiale pornografico in cui sono coinvolti individui che, pur non avendo ancora raggiunto la maggiore età, hanno già subito le trasformazioni fisiche e mentali proprie della pubertà. Tale confusione nasce probabilmente dal fatto che in molte legislazioni, tra cui quella italiana, viene considerata illegale e punita non la pedopornografia in quanto tale, ma più in generale qualsiasi forma di pornografia minorile, ossia la produzione, distribuzione e detenzione di materiale pornografico coinvolgente minori. Inoltre, secondo le varie interpretazioni nazionali, anche prodotti della fantasia, quali fumetti o opere artistiche, possono essere ricondotte alla pedopornografia. Ad esempio il “Protocollo facoltativo alla Convenzione di New York” del 2000 definisce pedopornografia “qualsiasi rappresentazione di fanciulli, indipendentemente dal mezzo utilizzato, coinvolti in attività sessuali esplicite, reali o simulate, e qualsiasi rappresentazione di organi sessuali di fanciulli a scopi prevalentemente sessuali”.

La deprecabilità del fenomeno impone al medesimo un galleggiamento in Rete latente, nascosto dietro a siti insospettabili, a parole linkate, a indirizzi normali sottoposti a pratiche di redirecting verso materiale pedopornografico: il cosidetto “deep web”.

La condanna sociale è insufficiente, anzi ci sono persino pagine, siti appunti, luoghi della Rete che tentano di rivendicare legittimità appellandosi a passati di epoca classica o a forme di amore assimilabili per fondatezza e libertà di espressione a quello omo e a quello etero. In Olanda addirittura esiste un partito che si fa strenuo portatore di tali rivendicazioni, appellandosi a sedicenti libertà democratiche che nascondono malcelatamente bestialità indicibili. In questo caso la visibilità è utile tuttavia per combattere e sanzionare a dovere l’esistenza di tale fenomeno e cercare di porre un freno definitivo e soprattutto punitivo come detto.

Il fatto che siano diminuiti nel web visibile i siti pedofili e pedopornografici, dai 20.390 del 2011 a 15.946 nel 2012 con una tendenza alla diminuzione, potrebbe essere visto come un fatto positivo, se non fosse che di contro è aumentata in modo incontrollabile la presenza della produzione, divulgazione e detenzione di materiale pedofilo e di abusi sui bambini nel deep web con 56.357 siti monitorati in un solo anno.

Sono i numeri, drammatici e sconcertanti dell’associazione Meter onlus, che segnala come il ‘deep web’, la parte nascosta del web, sia diventata il luogo ideale di coloro che si rendono artefici di tali pratiche e che delinquono da tutto il mondo: “Un mondo nascosto vasto circa 550 volte rispetto al web visibile (i file emersi sono circa 2 miliardi, quelli sommersi 550 miliardi). Una zona franca, una “free zone” utilizzata dai pedofili e dai pedocriminali in quasi perfetto anonimato e che le Polizie del mondo, ma anche le agenzie educative e di prevenzione faticano a controllare”, denuncia l’associazione, che segnala altresì il ruolo sempre più centrale dei social network nella diffusione di fenomeni quali il grooming, ossia l’adescamento dei minori attraverso l’utilizzo delle nuove tecnologie e delle  nuove piattaforme internettiane. Una tecnica molto usata da molti pedofili che, dopo aver conquistato la fiducia dei minori, arrivano a chiedere un incontro face to face. Il primo caso, con la denuncia del soggetto in Italia è stato denunciato da Meter per aver adescato un bambino di 11 anni e denunciato dalla Procura Distrettuale di Catania. “La possibilità di connettersi senza grosse difficoltà all’interno di gruppi virtuali rappresenta un terreno fertile per lo scambio veloce non solo di materiale vero e proprio come foto o video, ma anche pensieri e considerazioni che vanno ad alimentare l’espansione della cultura pedofila tra le coscienze criminali”, sottolinea il rapporto.

Un fenomeno agevolato dal fatto che, sempre più spesso, i minori navigano senza alcun adeguato controllo e possono così tranquillamente iscriversi a social network mentendo sulla loro vera età.

Da uno studio effettuato nel mese di novembre 2012, nelle scuole primarie di Avola (SR) su 770 studenti,  emerge infatti che il 99% dei bambini (9/10 anni) ha un profilo su Facebook, aperto dopo aver dichiarato età e identità false.

Meter precisa tuttavia di aver sempre ricevuto la massima collaborazione e solerzia da parte di facebook.

È impressionante, tuttavia, “come bambini così piccoli abbiano la libertà – senza alcun controllo genitoriale, se non marginale – di utilizzare i social network, che vengono percepiti più come un gioco che non come un potente mezzo di comunicazione. Inquieta la superficialità con cui liberamente e senza alcun monitoraggio utilizzano la rete Internet, un segnale che impone non solo la riflessione, ma la richiesta di nuove e più incisive politiche alla famiglia e ai minori”, sottolinea ancora l’associazione.

Altrettanto inquietante, restando nell’ambito delle comunicazioni digitali e dei rischi per i minori, l’aumento del fenomeno del sexting: nel 2012 sono state individuate 5.640 vittime che, senza riflettere sulle conseguenze, hanno prodotto e postato materiale a sfondo sessuale, con il rischio di essere ricattate da adulti o coetanei o di essere sottoposti al pubblico ludibrio sfociando, in determinate situazioni, in casi di suicidio.

Un altro dato evidenziato dalla ricerca dell’associazione Meter e la conferma dell’importante ruolo dell’Europa nell’alimentazione della rete pedopornografica virtuale. Il vecchio Continente, infatti, domina con il 50,77%. Ancora una volta, l’Italia ricopre un piccolo ruolo all’interno del panorama della criminalità pedofila in rete con 36 siti su 1.560 individuati.

La legge n. 38 del 6 febbraio 2006 affida al “Centro Nazionale per il contrasto della pedopornografia sulla rete Internet” la lotta a questo crimine.

Il Centro è la risposta della Polizia di Stato ai criminali che usano la rete per delinquere nei confronti dei minori. Esso è infatti istituito presso il Servizio Polizia postale e delle Comunicazioni del Dipartimento della Pubblica Sicurezza e si occupa di prevenire e reprimere questa tipologia di reati.

L’obiettivo primario è la difesa dei minori in Rete, attraverso servizi di monitoraggio per la ricerca di spazi virtuali clandestini che mostrano immagini e filmati di bambini abusati per un turpe commercio online. Più in generale il monitoraggio continuo focalizza l’attenzione sulla scoperta di siti e dinamiche che possano rappresentare fonte di pericolo nella navigazione dei più giovani. Per ciò che concerne i siti pedopornografici, la legge istitutiva individua nel Centro il punto di raccordo per la trattazione delle segnalazioni, provenienti sia da altre Forze di Polizia anche straniere, sia da cittadini, nonché da Associazioni di volontariato e da Provider.

Da tutta questa attività il Centro provvede a ricavare l’ elenco dei siti pedopornografici della Rete, la cosidetta “black list”, che viene fornito agli “Internet Service Provider” perché ne venga inibita la navigazione e si attui un’efficace interdizione attraverso sistemi tecnici e dedicati di filtraggio. Se navigando ci si imbatte, anche involontariamente, in uno di questi siti appare un’apposita stop page, letteralmente pagina di blocco, contenente l’avviso di interdizione.

Contribuiscono al contrasto di questi crimini anche i sistemi bancari e finanziari nazionali, tramite la mediazione della Banca d’Italia, che consente di acquisire informazioni relative alle transazioni illecite sul mercato online volte all’acquisto di foto e filmati di abusi nei confronti di minori.

La stessa legge 6 febbraio n. 38 istituisce l’ “Osservatorio per il contrasto della pedofilia e della pornografia minorile”, presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri, con compiti di monitoraggio del fenomeno per il raccordo  e la conseguente sinergia di tutte le Istituzioni interessate alle tematiche minorili, inclusi gli organi giudiziari ed i Servizi sociali.

Il Centro, quale organo di raccordo operativo, dialoga costantemente con l’Osservatorio, organo di raccordo istituzionale, al quale fornisce propri dati per l’analisi e la prevenzione dell’abuso minorile.

Una coalizione mondiale sotto la guida dell’ Interpol, con la partecipazione di Europol, attua quotidianamente collaborazioni internazionali di Polizia per l’identificazione delle vittime della pedopornografia, dovunque esse risiedano.

Il confine tra il virtuale e il reale è molto sottile. Certe azioni compiute nel mondo del web, esecrabili prima di tutto dal punto di vista morale, sociale e psicologico, che hanno come oggetto il minore, non possono non avere ripercussioni anche penali. Episodi di pedopornografia negli ultimi tempi si susseguono con impressionante frequenza. A volte nell’anonimato, trincerati in una pseudo-incoscienza o dietro un inspiegabile consapevolezza rivendicatoria. Altre volte scoperti e smascherati. Ma non per questo debitamente puniti. La condanna e la battaglia perché un fenomeno come questo venga definitivamente debellato diventa fondamentale in quanto le sue vittime oltre a vivere un presente orribile sono destinate a un futuro in cui le dinamiche relazionali saranno compromesse a qualsiasi livello, in cui il confine tra bene e male sarà irrimediabilmente reso poco comprensibile, ma soprattutto in cui potenzialmente, secondo uno spietato meccanicismo, nasceranno nuove, terribili aberrazioni e soggetti criminali.

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