Dott.ssa Gianna Giuliano

Il tema specifico della nostra indagine si muove all’interno di un argomento di più ampio respiro e cioè l’ipoteca immobiliare legata ad un contratto di mutuo mediante il quale un soggetto, il mutuatario, ha ottenuto attraverso l’intervento di un intermediario bancario la somma di cui necessitava, da restituire secondo quanto stabilito nell’accordo con questi stipulato[1].

Nella prassi è accaduto che il mutuatario, che aveva già in parte restituito quanto dovuto, abbia deciso di chiedere[2] che la somma residua da versare venisse ridotta in considerazione dell’avvenuto pagamento.

Un caso apparentemente semplice e di facile soluzione[3] che in realtà, come vedremo, presenta non pochi problemi.

Come noto l’art. 39, comma 5, T.U.B. stabilisce[4] che i debitori, estinta la quinta parte del debito originario hanno diritto ad una riduzione della somma iscritta, purché i beni rimanenti costituiscano garanzia sufficiente ai sensi del comma 2 dell’art. 38[5].

Si ritiene che, la garanzia sufficiente di cui parla l’art. 38 coincida con quella riconosciuta dalla Banca all’atto iniziale del rapporto, quindi la stessa ammessa come copertura del credito nella proporzione originaria.

Essenziale infatti la sussistenza di un limite massimo di finanziabilità[6], determinata dalla Banca d’Italia tenuto conto  del valore dei beni ipotecati, conformemente alle deliberazioni del CICR[7].

La questione nel corso degli anni è stata fortemente dibattuta a seguito di letture diverse dei dettati normativi ora citati producendo due opposti orientamenti interpretativi: da un lato una linea esegetica a carattere maggiormente estensivo e, dall’altro, una decisamente restrittiva. E’ evidente che la scelta tra le due opposte linee interpretative è gravida di conseguenze per il debitore cliente/consumatore[8] e, pertanto, richiede un momento di riflessione.

In particolare, si tratta di stabilire se è richiesta dalla norma in questione la coesistenza delle due condizioni necessarie per ottenere una riduzione dell’ipoteca, oppure se è sufficiente che sussista una sola delle  due distinte ipotesi:

1) estinzione della quinta parte del debito;

2) beni in garanzia di valore superiore a quanto ancora dovuto.

 Al ricorrere di una di esse il diritto del debitore, secondo tale orientamento di più ampio respiro, viene ad esistenza. Tale linea interpretativa non trova però accoglienza da parte delle banche coinvolte.

Nella prassi, gli Istituti di credito bancario hanno più volte respinto le richieste dei debitori ritenendo che il diritto alla riduzione nasca solo in presenza di entrambe le condizioni.

Tale tesi non risulta affatto convincente e sembra prendere le mosse più dall’interesse economico sotteso al rifiuto espresso dalle banche che da una base normativa.

Non si può assolutamente prescindere da un dato testuale, a nostro avviso significativo e cioè che lo stesso dettato dell’art. 38, che ha  utilizzato  l’avverbio “inoltre”, ha mantenuto ben distinte le due ipotesi.

Dello stesso avviso varie pronunce e ne va ricordata una in particolare da parte del Collegio di Coordinamento dell’Arbitro Bancario Finanziario[9] che, già nel 2014, affermava che il diritto alla riduzione da parte del debitore esiste anche quando, pur non essendo stato estinto almeno un quinto del debito, sussistono ancora beni vincolati costituenti una garanzia sufficiente per le somme ancora dovute, a condizione che ciò risulti da appositi documenti e perizie[10].

Si ritiene che, la garanzia sufficiente di cui parla l’art. 38 coincida con quella riconosciuta dall’Istituto di credito all’atto iniziale del rapporto, quindi, la stessa ammessa come copertura del credito nella proporzione originaria.

Secondo l’orientamento del Collegio, nella richiesta di riduzione ipotecaria non va ravvisata una mera opportunità del debitore, ma con il termine “diritto” utilizzato espressamente dal legislatore, si configura in capo al mutuatario[11] un vero e proprio diritto soggettivo, non suscettibile di altra interpretazione.

Di conseguenza, il raggiungimento del risultato “non può essere subordinato alle valutazioni discrezionali dell’intermediario mutuante, ma solo alla sussistenza delle condizioni oggettive espressamente indicate dallo stesso legislatore[12].

Alla luce di quanto finora osservato, è emerso come tale questione abbia avuto alterne vicende interpretative sia al livello dottrinario sia al livello giurisprudenziale.

Nonostante le diverse opinioni abbiano dipanato alcuni dubbi, non si è giunti comunque ad una soluzione univoca, pertanto, la questione rimane ancora aperta e attuale.

Si auspica che la riflessione dottrinaria e soprattutto la produzione giurisprudenziale, improntate al fondamentale principio della correttezza e buona fede, possano ulteriormente innovare tanto da dirimere ogni possibile controversia.

 

 

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[1] Come non ha mancato di rilevare l’Arbitro Bancario Finanziario anche nella concessione del mutuo vanno osservati i principi di correttezza e buona fede, cui deve sempre uniformarsi la condotta degli Istituti di credito nell’instaurare e gestire i rapporti con la clientela. D’altro canto, esiste un obbligo di salvaguardia delle ragioni e dell’interesse della controparte, che deve caratterizzare il rapporto tra banche e clientela e che attualmente è riconosciuto anche con riferimento ad esigenze di tutela ispirate al principio di solidarietà sociale, di cui all’art. 2 della Costituzione. Tale obbligo rende legittimo l’esercizio di un controllo sul contenuto del contratto.

[2] La domanda di restrizione ipotecaria rientra nell’ambito di valutazione insindacabile della banca, cioè in quella che viene definita come valutazione del c.d. “merito creditizio”, in conformità all’autonomia negoziale ed imprenditoriale della banca.

[3] Proprio tali aspetti e soprattutto la prospettiva di poter ridurre il proprio debito con una richiesta di riduzione ipotecaria apparentemente semplice hanno indotto numerosi mutuatari ad avanzare tale richiesta, che non ha prodotto risultati consoni alle aspettative dei richiedenti.

[4] Art. 39, comma 5, T.U.B.: “I debitori, ogni volta che abbiano estinto la quinta parte del debito originario, hanno diritto a una riduzione proporzionale della somma iscritta. Essi hanno inoltre il diritto di ottenere la parziale liberazione di uno o più immobili ipotecati quando, dai documenti o da perizie, risulti che per le somme ancora dovute i rimanenti beni vincolati costituiscono una garanzia sufficiente ai sensi dell’art. 38”.

[5] Art. 38, comma 2, T.U.B.: “La Banca d’Italia, in conformità delle deliberazioni del CICR, determina l’ammontare massimo dei finanziamenti, individuando in rapporto al valore dei beni ipotecati o al costo delle opere da eseguire sugli stessi, nonché le ipotesi in cui la presenza di precedenti iscrizioni ipotecarie non impedisce la concessione dei finanziamenti”.

[6] Tale limite di finanziamento riguarda non solo le banche, ma anche i finanziamenti a medio e lungo termine con garanzia data da un’ipoteca di primo grado su immobili.

[7] Cfr. la delibera del 22/04/95 che ha fissato tale rapporto nell’80%, con possibilità di elevarlo al 100% in presenza di garanzie aggiuntive. Con riferimento specifico a tale delibera, va ricordato che, secondo la giurisprudenza della Corte di Cassazione si tratta di una disposizione emanata non a tutela del contraente più debole, come potrebbe sembrare da una prima lettura, bensì risulta predisposta a tutela degli Istituti di credito ed indirettamente del sistema bancario.

Gli estensori della sentenza – come emerge dalla formulazione del testo – hanno inteso impedire che le banche finissero per assumere esposizioni finanziarie, più o meno impegnative, senza adeguata contropartita ed opportune garanzie.

[8] Sulla distinzione cliente/consumatore, da intendere il primo come qualsiasi soggetto (sia persona fisica che giuridica) che ha instaurato o intende instaurare un rapporto contrattuale con un intermediario bancario si vedano i contributi di Rabitti M., La qualità di “consumatore-cliente” nella giurisprudenza e nelle decisioni dell’arbitro bancario finanziario, in Contr. e Impr., 2014, 1, 201 ss. Per quanto concerne la nozione di consumatore si vedano Alpa G., Consumatore (tutela del), in Noviss. Dig. It., Appendice, Torino, 1981, 515 ss.; Id., Consumatore (tutela del), in Enc. giur. Treccani, VIII, Roma, 1988; Id., Consumatore (protezione del) nel diritto civile, in Dig. disc. priv. sez. civ., III, Torino, 1988, 542 ss.; Alpa G.- Chinè G., Consumatore (protezione del) nel diritto civile, in Dig. disc. priv. sez. civ., XV, Appendice, Torino, 1996, 541 ss.; Zeno Zencovich V., Consumatore (tutela del): Diritto Civile, in Enc. giur. Treccani, VIII, Roma, 2001, 1 ss.; Gabrielli E., Sulla nozione di consumatore, in Riv. trim. dir. prov. civ., 2003, 4, 1149, ss.; G. Chinè, Il consumatore, in AA.VV., Trattato di diritto privato europeo, a cura di Lipari N., II ed., vol. I, Padova, 2003; Guarino A. jr, Consumatore e professionista: definizioni e disciplina, in Contratti, 2008, 251.

[9] L’Arbitro Bancario Finanziario (ABF), organismo indipendente ed imparziale  introdotto con L 28 dicembre 2005, come è noto, è un sistema stragiudiziale di risoluzione delle controversie tra i clienti ed il mondo bancario e finanziario. In argomento si vedano Pellegrini, ABF e supervisione bancaria, Padova, 2011; Perassi, Il ruolo dell’ABF nell’ordinamento bancario, in Analisi Giuridica dell’Economia, 2011, n. 1, 143 ss.

[10] Secondo quanto statuito nella decisione n. 6137 del 19 settembre 2014 del Collegio di coordinamento dell’Arbitro Bancario Finanziario l’art. 38, comma 5, T.U.B., “debba essere inteso nel senso che il debitore gravato da ipoteca abbia diritto a ottenere la parziale liberazione di uno o più immobili ipotecati quando dai documenti prodotti o da perizie, risulti che per le somme ancora dovute i rimanenti beni vincolati costituiscano una garanzia sufficiente, indipendentemente dall’intervenuta estinzione della quinta parte del debito originario”.

[11] Il mutuo e le figure di mutuante e mutuatario trovano un precedente nell’esperienza giuridica romana in cui esso era totalmente gratuito e rispondeva ad un principio di solidarietà tra i cives, fortemente sentito nell’antica Roma. Attraverso la successiva riflessione sul Corpus Iuris effettuata dalla Tradizione Romanistica – a partire da Irnerio e dalla Scuola di Bologna e poi dall’interpretatio dei Commentatori e dei seguaci della Scuola Culta, della lettura in termini di ius naturale data da Grozio e dagli altri Giusnaturalisti fino a giungere alla fondamentale riflessione di Savigny e della Scuola storica tedesca e poi la Pandettistica ed infine la riflessione giuridica dei secoli XIX  e XX – l’istituto è pervenuto all’epoca moderna e la dottrina ne ha in parte accolto la disciplina o l’ha modificata per adattarla alle esigenze concrete dei singoli paesi dell’Europa continentale. Il divenire della Tradizione Romanistica e le diverse correnti di pensiero sono oggetto dell’approfondita analisi di Solidoro Maruotti L., La tradizione romanistica nel diritto europeo. Vol. I: Dal crollo dell’impero romano d’Occidente alla formazione dello ius commune. Lezioni., Torino, 2011, edizione 2; Eadem, La tradizione romanistica nel diritto europeo. Vol. II: Dalla crisi dello ius commune alle codificazioni moderne. Lezioni., Torino, 2010, edizione 2.

[12] Collegio di Roma, Decisione n. 821, 28 gennaio 2016.

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