Quando il giudice amministrativo induce  in errore una parte del processo

di Giuseppe Benfatto

 CONSIGLIO DI STATO, ADUNANZA PLENARIA

SENTENZA DEL 09/08/2012

La questione rimessa all’esame della plenaria è se il mancato rispetto dei termini del rito speciale da parte del giudice di primo grado ( nel deposito del dispositivo) possa dar luogo ad un errore scusabile in favore della parte che non ha rispettato i termini abbreviati dello stesso rito speciale.

In particolare il giudice di primo grado aveva emesso una pronuncia  senza osservare la disciplina speciale prevista dall’art. 23-bis della legge Tar, da questo errore è scaturito l’errato convincimento per le PPAA interessate che il termine per l’appello fosse quello ordinario in luogo di quello dimezzato previsto dal rito speciale.

L’art. 37 cpa ha trasposto in una disposizione normativa il principio, già presente nel campo della giustizia amministrativa, che il giudice può disporre, anche d’ufficio, la rimessione in termini per errore scusabile se ricorrono oggettive ragione di incertezza su questioni di diritto o di gravi impedimenti di fatto.

Orbene il punto che viene sciolto dalla sentenza in commento è relativo all’applicabilità dell’errore scusabile alla proposizione tardiva dell’appello derivante (secondo la tesi degli appellanti)  dal  mancato rispetto del rito speciale da parte del giudice di primo grado. Su tale questione si contendevano il campo due diversi orientamenti giurisprudenziali.

Il primo orientamento sostiene che nel caso in cui il giudice di primo grado, consapevolmente o meno, non abbia seguito il rito speciale prescritto ( nel caso specifico  non ha depositato il dispositivo della sentenza entro il termine di sette giorni dalla camera di consiglio) l’appellante è tratto in errore sull’applicabilità del termine breve per la proposizione dell’appello, con la conseguenza che gli deve essere concesso l’errore scusabile.

Invece un secondo orientamento considera irrilevante la condotta processuale tenuta dal giudice nel corso del giudizio di primo grado, ciò non esclude la doverosa applicazione del rito effettivamente stabilito dalla legge; quindi la parte non può invocare per ciò solo l’errore scusabile.

In effetti i tradizionali presupposti per la concessione dell’errore scusabile sono: l’oscurità del quadro normativo, le oscillazioni della giurisprudenza, i comportamenti ambigui dell’amministrazione pubblica.  Al di fuori di questi casi per ottenere l’errore scusabile è necessario che la condotta della parte sia conseguenza di un complessivo comportamento fuorviante del giudice e delle controparti.

Nel caso che ci occupa, in primo grado venne seguito il rito ordinario senza che nessuna parte o il giudice rilevasse la necessità di seguire il rito speciale, inoltre non emersero altri indizi della necessità di seguire il rito speciale ( come qualificazione del ricorso nel registro dei ricorsi o la misura del contributo unificato). Ne deriva che si determinò una situazione complessiva, oggettivamente e concretamente idonea a trarre in errore la parte.

Di conseguenza l’Adunanza plenaria abbraccia il primo orientamento reputando che in primo grado si sia determinata una situazione che  giustifica il riconoscimento dell’errore scusabile alle PPAA  relativamente al mancato rispetto del termine per l’appello.

 

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