Avv. Giuliana Degl’Innocenti

Una volta rientrata l’emergenza sanitaria correlata al Coronavirus, gli italiani dovranno prepararsi ad affrontare un’altra sfida: quella finanziaria. Infatti se già in tempi non sospetti molte famiglie si trovavano in uno stato di sofferenza economica, a seguito della pandemia da Covid-19 risulteranno messe ancora più a dura prova. Tuttavia la speranza non dovrà venire mai meno e sicuramente non mancheranno al nostro Paese le potenzialità e gli strumenti per superare tutto ciò.

Sul fronte del diritto di famiglia mi preme evidenziare però come a seguito delle drastiche misure adottate dal Governo per il contenimento del contagio sia stata introdotta una normativa d’urgenza che incide inevitabilmente sull’esercizio di alcune fondamentali libertà costituzionali, come ad esempio quella di circolazione e riunione, a presidio appunto del prevalente diritto alla salute, anch’esso tutelato dalla nostra Costituzione e come pertanto pure i rapporti familiari siano divenuti suscettibili di essere intaccati con gravi ripercussioni legate alle restrizioni imposte che si riflettono appunto sulla regolazione e gestione dell’affidamento condiviso dei figli da parte dei genitori separati.

Su tale aspetto osservo infatti che le maggiori criticità che potrebbero scaturire dalle restrizioni imposte soprattutto in ordine al mutamento delle abitudini quotidiane e alla contrazione dell’ordinaria attività lavorativa, concernono soprattutto il regolare adempimento degli obblighi di  contribuzione al mantenimento della prole da parte del genitore onerato in ragione di una possibile riduzione del suo reddito, nonché influire sul diritto di visita e di frequentazione del minore da parte del genitore presso il quale non è stata stabilita la collocazione privilegiata, oltre che quello dei nonni.

E bene puntualizzare, infatti, che in conseguenza dell’inaspettata emergenza sanitaria e della conseguente diminuzione delle risorse finanziarie a disposizione delle famiglie, sia il padre che la madre e – soprattutto in caso di regime di affidamento condiviso (quello peraltro più diffuso costituendo la regola)– il genitore non collocatario della prole, obbligato anche ad assolvere l’obbligo di contribuzione al mantenimento per i figli e/o in certi casi anche del coniuge, potrebbe trovarsi nella condizione di non essere in grado di adempiere ai propri doveri, esponendosi così al rischio concreto di incorrere in gravi conseguenze sia sul versante civile che su quello penale.

Questi aspetti richiedono particolare attenzione soprattutto considerando che di solito riguardano soggetti minorenni o comunque non ancora autosufficienti.

Quindi, sia il padre che la madre al di là della crisi emergenziale che noi tutti viviamo, sono chiamati a continuare ad osservare gli accordi e le disposizioni inseriti nei verbali di separazione o nelle sentenze di divorzio emesse dal Tribunale  e ad assicurare il rispetto del principio di bigenitorialità.

E’ necessario tuttavia fare chiarezza su un punto fondamentale: qualora il genitore non collocatario della prole si trovasse  nell’impossibilità concreta e comprovata di seguire le modalità stabilite in ordine al diritto di visita del figlio, stante le restrizioni in ordine alla circolazione attualmente previste, oppure non potesse osservare con puntualità e integralmente l’obbligo di contribuzione al mantenimento ordinario e straordinario della prole, risulta più che mai necessario evidenziare all’attenzione dei cittadini interessati alcuni rimedi in grado di evitare eventuali ripercussioni sanzionatorie riguardo alla predetta condotta.

E’ da rilevare infatti che nonostante circolino interpretazioni della recente decretazione d’urgenza adottata dal Governo favorevoli a permettere gli spostamenti per assicurare il diritto di visita dei figli minori, è comunque il caso di ricordare che in ipotesi di concrete difficoltà (per esempio se trattasi di genitori residenti in regioni o comuni diversi) oppure in quella di sopraggiunte e improvvise diminuzioni reddituali, è consigliabile che il genitore onerato illustri, a prescindere, dette circostanze all’altro genitore attraverso una comunicazione formale al fine appunto di comprovare – in caso di successive eventuali contestazioni da parte dell’altro – le motivazioni e gli oggettivi impedimenti legati all’emergenza di specie che hanno reso impossibile all’obbligato/a di adempiere puntualmente ai propri obblighi, sia quelli legati al calendario di visita che quelli di contribuzione al mantenimento dei figli.

Aggiungo anche che se si vuole diminuire ulteriormente il pericolo di andare in contro a querele e/o a recuperi forzosi dell’assegno di contribuzione al mantenimento non corrisposto, oppure se si vuole ridurre il rischio di incorrere in un’eventuale contestazione di violazione delle condizioni di separazione, sarebbe opportuno formalizzare presso le sedi competenti anche una modifica consensuale delle citate condizioni che appunto comprenda e consideri la contingenza epidemiologica  in oggetto e le relative ripercussioni sui doveri posti a carico dei genitori.

Una breve riflessione sulla recente giurisprudenza di legittimità, ci aiuterà, in chiusura, ad approfondire la specifica questione che qui interessa, offrendoci altresì l’orientamento più sicuro a cui in ogni caso uniformarci per evitare di incappare nelle spiacevoli conseguenze sopra elencate.

Vediamo la pronuncia della Cassazione penale (sent. 10422/2020): Un piccolo artigiano, rimasto senza lavoro durante l’anno 2007, aveva avuto nei due anni successivi incassi mensili di circa 1.000 euro, ma aveva deciso di non versare più all’ex moglie l’assegno stabilito in sede di separazione a favore dei figli , appunto 250 euro al mese oltre al 50% delle spese mediche e scolastiche, in virtù del presupposto che i pochi soldi che guadagnava servivano per far fronte al pagamento dell’affitto, delle spese correnti, di debiti con l’Agenzia delle Entrate, con le banche e con il fratello.    L’ex compagna aveva quindi sporto querela contro l’uomo per violazione degli obblighi di assistenza familiare  sostenendo che i bambini non potevano considerarsi ‘mantenuti’ grazie a qualche giocattolo portato loro di tanto in tanto dal padre. L’uomo si era difeso sostenendo il proprio stato di indigenza e che i debiti contratti riguardavano spese inerenti all’attività di piccolo artigiano all’epoca svolta, e non spese personali o addebitabili a un suo comportamento colpevole. Oltre a ciò – aveva proseguito – i figli non si sarebbero mai trovati in uno stato di bisogno perché erano stati assistiti dai nonni abbienti. La Cassazione, nel confermare le sentenze di primo e secondo grado del Tribunale e della Corte d’Appello torinesi, ha risolto il caso condannando l’uomo a due mesi di reclusione e al pagamento di 220 euro di multa, con il beneficio della pena sospesa.

“Lo stato di bisogno di un figlio minore è presunto“, ha dichiarato la Corte, trattandosi di un soggetto non in grado di procacciarsi un reddito proprio. Ma vi è di più: la Cassazione ha pure affermato che lo stato di bisogno e l’obbligo di contribuire al mantenimento dei figli minori non vengono meno anche quando al mantenimento dei figli minori o inabili provveda in via sussidiaria l’altro genitore o terzi (i nonni, nel caso in oggetto).

Secondo la Suprema Corte, infatti, per escludere la responsabilità penale il padre avrebbe dovuto provare rigorosamente di essere stato impossibilitato incolpevolmente a soddisfare le esigenze minime di vita dei figli. Irrilevanti, dunque, le difficoltà economiche lamentate dall’uomo poiché non sono state ritenute sufficienti per integrare gli estremi di un vero e proprio stato di indigenza economica e di “una situazione incolpevole di assoluta indisponibilità di introiti sufficienti a soddisfare le esigenze minime di vita” dei figli minori.

Alla luce di tutto ciò è proprio il caso di dire quindi: occhio a chi intende utilizzare l’emergenza Covid-19 per venire meno ai propri doveri di genitore.

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