N. 01366/2014 REG.PROV.COLL.

N. 01195/2012 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia

(Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1195 del 2012, proposto da:
Brahim El Ouazzani Chahdi, rappresentato e difeso dagli avv.ti Wally Salvagnini, Sabrina Erba, con domicilio eletto in Milano presso la Segreteria del Tribunale;

contro

Ministero dell’Interno, in persona del Ministro pro tempore, – Questura di Lodi, rappresentati e difesi per legge dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato, domiciliata in Milano, Via Freguglia, 1;

per l’annullamento

del provvedimento emesso in data 27.12.2011 dal Questore della Provincia di Lodi, notificato in data 27.2.2012, di rigetto della domanda di rinnovo del permesso di soggiorno per motivi di lavoro subordinato, nonché di ogni altro atto presupposto, consequenziale e comunque connesso.

 

Visti il ricorso ed i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio di Ministero dell’Interno – Questura di Lodi;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 14 maggio 2014 il dott. Mauro Gatti e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

FATTO

Il provvedimento impugnato ha rigettato la domanda di rinnovo del permesso di soggiorno per motivi di lavoro subordinato, inoltrata dal ricorrente in data 16.2.2011, in particolare, in relazione all’esistenza di una condanna penale pronunciata per aver commesso, in data 18.2.2011, il reato di cui all’art. 73 c. 1 D.P.R. n. 309/90.

L’Amministrazione resistente si è costituita in giudizio, depositando documentazione, senza tuttavia articolare memorie difensive.

Con ordinanza n. 791/2012 si è respinta la domanda cautelare.

All’udienza pubblica del 14.5.2014 la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

Il ricorso è infondato.

Il provvedimento impugnato, oltreché richiamare la predetta condanna in materia di stupefacenti, ha espressamente dato atto del ricongiungimento famigliare operato dal ricorrente, in favore della moglie, dalla cui unione, nel 2011, è nato un figlio, e che il ricorrente ha svolto in modo continuativo attività di lavoro subordinato dal 2007 al 2011.

Detto provvedimento ha proseguito affermando che la “valutazione delle circostanze in cui è stato perpetrato il reato, fanno propendere per una attuale e concreta pericolosità sociale del soggetto”, poiché, in particolare, “la detenzione ed il confezionamento della cocaina (119 gr. netti) avveniva in casa propria, alla presenza della moglie in avanzato stato di gravidanza”, e che, malgrado il detto inserimento lavorativo, il ricorrente denotando una “sistematica ed organizzata volontà di delinquere”, era “pienamente coinvolto nel compimento di attività illegali, al solo scopo evidentemente, di reperire un‘ulteriore fonte di guadagno facile, in totale spregio delle regole che disciplinano la civile convivenza”.

Secondo il ricorrente il provvedimento impugnato andrebbe annullato per non aver adeguatamente valutato i legami famigliari del medesimo, che sarebbero stati soltanto richiamati, soprattutto per quanto concerne le esigenze del figlio minore, destinato a crescere in assenza del padre.

Osserva il Collegio che tal affermazioni non possono essere condivise, in primo luogo, in via di fatto, avendo invece il provvedimento impugnato espressamente menzionato e valutato il rilievo dei legami familiari del ricorrente, non ritenuti tuttavia ostativi al rifiuto di rinnovo del titolo di soggiorno, in conseguenza della prevalenza degli interessi pubblicistici correlati alla tutela della sicurezza, pregiudicati dalla permanenza dello straniero sul territorio nazionale.

Da punto di vista strettamente giuridico, osserva il Collegio che secondo la giurisprudenza recente “gli effetti della sentenza della Corte costituzionale n. 202/2013, che ha assimilato la tutela delle situazioni familiari costituitesi in Italia, a quelle che hanno avuto luogo a seguito di ricongiungimento familiare, risultano nel loro complesso diretti non solo ad estendere il significato, ma a rafforzare sensibilmente il peso, nella economia della disciplina dell’immigrazione, delle disposizioni citate dell’art. 5, c, 5, a tutela della unità familiare, con particolare riferimento alla relazione tra genitori e figli. La tutela della situazione familiare, ed in particolare la esistenza di effettivi legami familiari con figli pienamente radicati nel nostro paese, devono pertanto considerarsi, in base alla normativa vigente oggettivamente e definitivamente prevalenti sui meccanismi automatici di valutazione della pericolosità sociale in base alle cosiddette condanne ostative” (C.S. Sez. III, 29.4.2014 n. 2207).

Tale giurisprudenza, che il Collegio condivide, ritiene quindi illegittimi i dinieghi di permesso di soggiorno emanati sulla base dell’esistenza di condanne ostative, e di mere formule di rito ad esse conseguenti, pur in presenza di significative situazioni familiari e di figli radicati in Italia, ma ciò solo in mancanza del circostanziato esame della situazione particolare dello straniero interessato e dei suoi familiari e della contestuale dimostrazione di pericolosità sociale basata su fatti concludenti, annotazioni queste invece presenti nel provvedimento e negli atti istruttori, con conseguente non invocabilità di tale orientamento alla fattispecie per cui è causa.

Il ricorso va pertanto respinto.

Sussistono tuttavia giusti motivi per compensare tra le parti le spese del giudizio.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Milano nella camera di consiglio del giorno 14 maggio 2014 con l’intervento dei magistrati:

Domenico Giordano, Presidente

Elena Quadri, Consigliere

Mauro Gatti, Primo Referendario, Estensore

Il 28/05/2014DEPOSITATA IN SEGRETERIA

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)
Fonte Giustiza Amministrativa

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