Una questione dichiarata inammissibile per indeterminatezzadel petitum

di Aurora Di Mattea

Corte Costituzionale 27 giugno 2012, n.165

 

La Corte Costituzionale viene interpellata sulla legittimità costituzionale dell’art. 32 comma 2 del d.p.r. 1988/448, nella parte cui prevede “ se vi è richiesta del pubblico ministero, il giudice dell’udienza preliminare pronuncia sentenza di condanna, quando ritiene applicabile una pena pecuniaria o una sanzione sostitutiva, nel qual caso la pena può essere diminuita fino alla metà”.

Secondo il Giudice Collegiale dell’udienza preliminare del Tribunale di Ancona, la norma censurata sarebbe in contrasto con gli artt. 111 commi, 2 e 5, 101 comma 1, atteso che la conclusione del giudizio in sede di udienza preliminare con la pronuncia di una condanna a pena pecuniaria o sostitutiva ma comunque ridotta della metà, presuppone l’iniziativa in tal senso del pubblico ministero, che, avanzando di seguito richiesta di rinvio a giudizio, determinerebbe la prosecuzione del procedimento, con un risvolto sanzionatorio, se accertata la responsabilità che non comporterebbe affatto la riduzione della pena fino alla metà.

In seno all’art. 32 comma 2 non è previsto un parallelo potere del difensore e dell’imputato alla definizione con condanna, o quantomeno un potere del giudice ex officio di pronunciare  una sentenza di condanna. Alla luce di tali presupposti argomentativi, il giudice rimettente ha riconosciuto la incompatibilità della norma con il principio di contraddittorio nella formazione della prova previsto dall’art. 111 comma 2, che subordina la conclusione del procedimento senza il contraddittorio ed il dibattimento al consenso dell’imputato o alle ipotesi di oggettiva impossibilità. Talaltro il passaggio del procedimento all’ulteriore fase del giudizio comporta la menomazione del principio della ragionevole durata, determinando un ingiustificato allungamento dei tempi di conclusione in procedimenti che potrebbero per la loro entità facilmente trovare sbocco nella fase dell’udienza preliminare. Ed ancora verrebbe leso il principio della parità delle parti, in quanto sarebbe privilegiata la posizione della pubblica accusa, che in tale ipotesi, optando per il rinvio a giudizio, precluderebbe all’imputato minorenne di ottenere una condanna ad una pena ridotta della metà. Secondo la soluzione interpretativa adottata, la norma censurata configgerebbe anche con l’art. 101 comma 2, nella parte in cui il giudice, pur essendo soggetto soltanto alla legge, nulla potrebbe sindacare in merito alla scelta del pm di chiedere il rinvio a giudizio.

La Corte Costituzionale boccia come inammissibile la questione di legittimità dell’art. 32 comma 2 del d.p.r. 1988/448 per indeterminatezza del petitum, atteso che trattandosi di una questione di legittimità che richiede una pronuncia additiva o manipolativa, non è tracciata la soluzione alternativa. Ed ancora la Corte Costituzionale non accoglie le istanze del rimettente, non rinvenendo, così come prospettato alcuna contraddittorietà tra i principi costituzionali e la norma censurata.

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