Tribunale Milano, Sezione 10  civile
Sentenza 7 giugno 2013, n. 8081
RESPONSABILITA’ DEL’ISTITUTO SCOLASTICO PER DANNI SUBITI DAL MINORE – DOMANDA GIUDIZIALE – OGGETTO – DANNO SUBITO DAL MINORE A SEGUITO DELLE PERCOSSE DEI COMPAGNI DI ISTITUTO – MOMENTO TEMPORALE – PERMANENZA A SCUOLA – ISTANZA RISARCITORIA – INQUADRAMENTO EX ART. 2048, COMMA SECONDO, C.C. – ONERE PROBATORIO DELLE PARTI

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

TRIBUNALE DI MILANO

DECIMA SEZIONE CIVILE

Il Tribunale, nella persona del Giudice dott. Damiano Spera ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nella causa civile di primo Grado iscritta al n. r.g. 36468/2008 promossa da:

CA.RO., esercente la potestà genitoriale sul figlio minore e successivamente CU.AL., divenuto maggiorenne ed intervenuto volontariamente con comparsa del 08.11.2012, con l’avv. Pa.Ca., ammesso al gratuito patrocinio a spese dello Stato con delibera del Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Milano

– attore –

contro

Ministero della Pubblica Istruzione,

– convenuto contumace –

CONCISA ESPOSIZIONE DELLE RAGIONI DI FATTO E DI DIRITTO DELLA DECISIONE

Con atto di citazione ritualmente notificato, la sig.ra Ca.Ro., esercente la potestà genitoriale sul minore Cu.Al., conveniva in giudizio, dinanzi all’intestato Tribunale, il Ministero della Pubblica Istruzione per sentirlo condannare, previa declaratoria di responsabilità ex art. 2048 II comma c.c. degli insegnanti dell’Istituto Comprensivo Statale (…) – Scuola Secondaria di I grado Statale Media (…) di Milano, al risarcimento dei danni patiti dal nominato figlio minore, a seguito delle aggressioni fisiche e/o percosse subite nei mesi di febbraio ed aprile 2005, durante la frequentazione del primo anno scolastico della scuola secondaria di primo grado, da parte degli alunni Le.Bo., An.Oc. e El.Mo.

A sostegno del proprio diritto al risarcimento del danno, parte attrice invocava la responsabilità ex art. 2048 c.c., censurando la condotta omissiva del personale docente dell’Istituto sopra citato, qualificandola come “culpa in vigilando”.

Il Ministero della Pubblica Istruzione, pur ritualmente chiamato in giudizio, non si costituiva, rimanendo contumace per l’intero giudizio.

Esperita l’istruttoria orale con prove testimoniali, ed espletata una CTU medico – legale sulla persona di Alberto Cu., in data 08.11.2012, con comparsa di intervento volontario ex art. 105 c.p.c., si costituiva in giudizio il nominato Cu.Al., divenuto maggiorenne nelle more del giudizio. All’udienza del 20.12.2012 l’attore precisava le conclusioni, come da verbale di causa; disposto lo scambio delle sole comparse conclusionali, alla udienza di discussione del 12.03.2013 la causa veniva trattenuta in decisione ai sensi dell’art. 281 quinquies cpv. c.p.c.

Ritiene questo giudice che la domanda proposta da parte attrice rientra nell’ambito di applicazione di cui all’art. 2048 c.c. II comma.

Tale norma, al II e III comma, recita testualmente che “i precettori e coloro che insegnano un mestiere o un’arte sono responsabili del danno cagionato dal fatto illecito dei loro allievi ed apprendisti nel tempo in cui sono sotto la loro vigilanza”, prevedendo altresì che tali persone siano “liberate dalla responsabilità soltanto se provano di non aver potuto impedire il fatto”.

Ed infatti, “la presunzione di responsabilità ex art. 2048 II comma c.c. trova applicazione solo per i danni cagionati ad un terzo dal fatto illecito dell’allievo, non essendo invocabile, quindi, per ottenere il risarcimento del danno che l’allievo abbia procurato a se stesso, con la sua condotta” (cfr. Cass. Sez. U. n. 9346/2002Cass. n. 10030/2006 – Cass. n. 5067/2010).

Quanto all’onere probatorio, è orientamento giurisprudenziale costante (cfr. Cass. Sez. III n. 24997/2008) che, in tema di responsabilità dell’amministrazione scolastica ex l. n. 312 del 1980, art. 61, sul danneggiato incombe l’onere di provare soltanto che il danno è stato cagionato al minore durante il tempo in cui lo stesso era sottoposto alla vigilanza del personale scolastico; il che è sufficiente a rendere operante la presunzione di colpa per inosservanza dell’obbligo di sorveglianza, mentre spetta all’amministrazione scolastica dimostrare di aver esercitato la sorveglianza sugli allievi con diligenza idonea ad impedire il fatto.

È, altresì, pacifico (Cass. Sez. III, n. 2657/2003) che, per superare la presunzione di responsabilità ex art. 2048 c.c., non è sufficiente la sola dimostrazione di non essere stati in grado di spiegare un intervento correttivo o repressivo, ma è necessario anche dimostrare di aver adottato, in via preventiva, tutte le misure disciplinari o organizzative idonee ad evitare il sorgere di situazioni pericolose. Nel caso che ci occupa, nessuna prova è stata fornita al riguardo da parte convenuta che, invece, è rimasta contumace, disinteressandosi del presente giudizio.

L’istruttoria espletata, e, segnatamente, le dichiarazioni rese dai testi, che possono ritenersi di significativa rilevanza probatoria ai fini della decisione, hanno dimostrato la fondatezza dell’assunto attoreo.

Non sembra, infatti, sussistano dubbi in ordine alla circostanza che l’attore, nei mesi di febbraio ed in particolare in data 18 Aprile 2005, sia stato vittima di episodi di bullismo tenuti da altri allievi dell’Istituto, consistiti in aggressioni fisiche con conseguenti danni.

I due testi indicati dall’attore hanno fornito la stessa versione sull’aggressione subita dal minore Cu. in data 18 Aprile 2005, al termine di una lezione tenutasi in aula video; tali deposizioni vanno ritenute attendibili, poiché provenienti da persone a conoscenza dei fatti di causa, in quanto presenti al momento degli episodi di bullismo sopra indicati.

Inoltre, sempre dalle predette testimonianze è emerso che i docenti sapevano degli screzi esistenti tra l’attore e Le.Bo., e che quest’ultimo era un ragazzo dal carattere tendenzialmente aggressivo.

In particolare, il teste Sa.Si., insegnante di Al.Cu., escusso all’udienza del 8 giugno 2010, ha confermato di aver più volte richiamato all’ordine i ragazzi che si molestavano a vicenda, e che effettuavano, in aula, pericolosi giochi a sfondo sessuale; ha altresì dichiarato che dopo l’aggressione subita, la frequentazione scolastica di Al.Cu. era notevolmente diminuita. Anche la teste An.Ca., all’epoca dei fatti, preside dell’Istituto, ha dichiarato che il giorno successivo all’aggressione del 18 Aprile 2005, l’insegnante Si., in occasione di un consiglio di classe straordinario, riferiva che già nel corso della lezione svoltasi in aula video, c’era stato un acceso contrasto fra i due ragazzi, e che appena usciti dall’aula, il Bo. aggrediva l’attore prendendolo a pugni.

Pertanto, alla stregua di quanto sopra esposto, la domanda deve essere accolta. All’attore, quindi, vanno risarciti, dal convenuto ministero (ex art. 2048 c.c.) i danni subiti. L’attore ha allegato di aver subito danni non patrimoniali.

Il CTU dott. An.Ma., le cui conclusioni sono da ritenersi pienamente condivisibili, ha accertato che la sindrome insorta in capo all’attore, causata dagli eventi di causa, è composta da molteplici rappresentazioni sintomatiche e segniche, descrivibili come” disturbo dell’adattamento con ansia ed umore misti e sua progressione verso un disturbo depressivo minore, cronico, poco più che moderato; fobia sociale; disturbo del ritmo circadiano del sonno tipo fase del sonno ritardata, in soggetto con caratteristiche dipendenti ed evitanti di personalità”.

Dalla malattia sopra descritta è derivato un danno biologico permanente subito dall’attore nella misura del 20%, già personalizzata dal CTU in considerazione della particolarità del caso, ed un danno biologico temporaneo protrattosi per mesi diciotto: mesi due al 75%, mesi dodici al 50% e mesi quattro al 30%.

Nella liquidazione del danno biologico, la Cassazione ha statuito che, quando, come nella fattispecie concreta, manchino criteri stabiliti dalla legge, l’adozione della regola equitativa di cui all’art. 1226 cod. civ. deve garantire non solo una adeguata valutazione delle circostanze del caso concreto, ma anche l’uniformità di giudizio a fronte di casi analoghi, essendo intollerabile e non rispondente ad equità che danni identici possano essere liquidati in misura diversa sol perché esaminati da differenti Uffici giudiziari. Garantisce tale uniformità di trattamento il riferimento al criterio di liquidazione predisposto dal Tribunale di Milano, essendo esso già ampiamente diffuso sul territorio nazionale – e al quale la S.C., in applicazione dell’art. 3 Cost., riconosce la valenza, in linea generale, di parametro di conformità della valutazione equitativa del danno biologico alle disposizioni di cui agli artt. 1226 e 2056 cod. civ. -, salvo che non sussistano in concreto circostanze idonee a giustificare l’abbandono. L’applicazione di diverse tabelle, ancorché comportante liquidazione di entità inferiore a quella che sarebbe risultata sulla base dell’applicazione delle tabelle di Milano, può esser fatta valere, in sede di legittimità, come vizio di violazione di legge, solo in quanto la questione sia stata già posta nel giudizio di merito (Cass. sent. n. 12408/2011).

Inoltre, la Cassazione a Sez. Unite (sentenza n. 26972/2008) ha tra l’altro ritenuto che, nell’ambito del danno non patrimoniale, il riferimento a determinati tipi di pregiudizi, in vario modo denominati (danno morale, danno biologico, danno da perdita del rapporto parentale), risponde ad esigenze descrittive, ma non implica il riconoscimento di distinte categorie di danno. E’ compito del giudice accertare l’effettiva consistenza del pregiudizio allegato, a prescindere dal nome attribuitogli, individuando quali ripercussioni negative sul valore – uomo si siano verificate e provvedendo alla loro integrale ripartizione. Il giudice anziché procedere alla separata liquidazione del danno morale in termini di una percentuale del danno biologico (procedimento che determina una duplicazione di danno), deve procedere ad un’adeguata personalizzazione della liquidazione del danno biologico, valutando nella loro effettiva consistenza le sofferenze fisiche e psichiche patite dal soggetto leso, onde pervenire al ristoro del danno nella sua interezza.

Ciò posto, applicando le Tabelle di questo Tribunale, sopra citate, al danneggiato, di anni 13 all’epoca della fine della malattia, vanno liquidati i seguenti importi, già espressi in moneta attuale.

– Euro 85.000,00 per danno non patrimoniale, complessivamente valutato, in conseguenza della lesione permanente del bene salute;

– Euro 30.000,00 quale danno non patrimoniale complessivo, per lesione temporanea del bene salute.

Per ciò che riguarda il danno patrimoniale per spese mediche, come accertato dal CTU, nulla è stato documentato al riguardo.

Pur tuttavia, il CTU dott. Ma. ha ritenuto che, per i postumi riportati e conseguenti problemi, (disagi, ansia, paura), appare consigliabile un ciclo di sostegno terapeutico della durata di anni due, con un ritmo settimanale di sedute.

Pertanto, tenuto conto che il costo per ogni seduta settimanale, in Milano e presso studi professionali qualificati, si aggira intorno ad Euro 100,00, si può prevedere per questa necessaria terapia di sostegno, un costo totale di Euro 10.000,00, da liquidarsi anticipatamente, e pertanto senza necessità di ulteriore rivalutazione monetaria.

Il danno subito dall’attore, quindi, è liquidato nella complessiva somma rivalutata ad oggi di Euro 125.000,00.

Sugli importi di Euro 85.000,00 ed Euro 30.000,00 devono essere riconosciuti gli interessi compensativi del danno derivante dal mancato tempestivo godimento dell’equivalente pecuniario del bene perduto. Gli interessi compensativi – secondo il consolidato indirizzo delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione (v. sentenza n. 1712/1995) – decorrono dal momento della produzione dell’evento dannoso (Aprile 2005), ovvero dall’inizio della inabilità permanente sino a quello della presente decisione e possono essere equitativamente determinati dal Giudice sulla somma rivalutata. Da oggi, giorno della liquidazione, all’effettivo saldo decorrono gli interessi legali sulla somma di Euro 125.000,00.

Pertanto, alla luce degli esposti criteri, il convenuto Ministero deve essere condannato al pagamento, in favore dell’attore, della complessiva somma di Euro 125.000,00, oltre:

– interessi compensativi, al tasso annuo medio ponderato del 1,5%, sulla somma di Euro 30.000,00 dal 18.04.2005 ad oggi;

– interessi compensativi al tasso annuo medio ponderato del 1,5%, su Euro 85.000,00 dal 18.10.2006 (data di fine malattia) ad oggi;

– interessi, al tasso legale, sull’importo di Euro 125.000,00, da oggi al saldo effettivo.

Le spese della consulenza tecnica d’ufficio vanno poste a carico di parte convenuta.

Consegue alla soccombenza la condanna del convenuto a rifondere allo Stato le spese processuali, ex art. 133 Testo Unico 115/2002, essendo stata, parte attrice, ammessa al patrocinio a spese dello Stato.

La presente sentenza è dichiarata provvisoriamente esecutiva ex lege.

P.Q.M.

Il Tribunale di Milano, definitivamente pronunciando, così provvede:

– condanna il convenuto al pagamento, in favore dell’attore, della somma di Euro 125.000,00, oltre interessi come specificati in motivazione;

– pone le spese di consulenza tecnica d’ufficio a carico del convenuto;

– condanna il convenuto a rifondere allo Stato, le spese processuali, che liquida in complessivi Euro 10.000,00;

– dichiara la presente sentenza provvisoriamente esecutiva.

Così deciso in Milano il 6 giugno 2013.

Depositata in Cancelleria il 7 giugno 2013.

Di admin

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