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Notai – Prove scritte concorso 26 settembre 2014

Notai – Prove scritte concorso 26 settembre 2014

5 dicembre 2014

Le prove scritte di cui all’art. 5 del bando di concorso, per esame, a trecento posti di notaio, indetto con D.D. 26 settembre 2014, si svolgeranno nei giorni 13- 14- 15- 16-17 aprile 2015, in Roma presso l’ERGIFE PALACE HOTEL Via Aurelia n. 619. I candidati dovranno presentarsi entro e non oltre le ore 8.30.

I concorrenti ai quali non sia stata comunicata l’esclusione dal concorso, saranno tenuti a presentarsi per l’identificazione, il ritiro della tessera di ammissione e per la consegna dei testi di consultazione, conformemente a quanto previsto dall’art. 7 del bando di concorso, in Roma presso  l’ERGIFE PALACE HOTEL- Via Aurelia n. 619- dalle ore 8.00 alle ore 13.30, esibendo uno dei documenti di cui all’art. 7 comma 11 del bando, secondo il seguente ordine:

  • il giorno 13 aprile 2015, i candidati i cui cognomi iniziano con le lettere dalla “A” alla “K”;
  • il giorno 14 aprile 2015, i candidati i cui cognomi iniziano con le lettere dalla “L” alla “Z”.

Non saranno, in ogni caso, accettati testi presentati nei giorni delle prove scritte.

Nella Gazzetta Ufficiale – IV serie speciale – del 20 marzo 2015 si darà eventuale comunicazione di modificazioni del luogo, delle date di svolgimento delle prove scritte e delle modalità di convocazione dei concorrenti.

Il presente avviso ha valore di notifica a tutti gli effetti.

Fonte: Ministero di Giustizia

LA FIGURA NOTARILE NEL DIRITTO COMPARATO

LA FIGURA NOTARILE NEL DIRITTO COMPARATO

A cura della dott.ssa Sara Cadelano[1]

 

La disamina comparativistica[2] evidenzia come, accanto al Notariato “di tipo latino”, sussistano altresì un Notariato “anglosassone” ed uno “amministrativo”. Il primo, il cui Paese d’origine è l’Italia, è tipico dei sistemi giuridici romano-germanici, cosiddetti di Civil Law (sebbene non tutti gli ordinamenti appartenenti a tale tipo di sistema abbiano adottato la figura in esame: si pensi, in particolare, ai Paesi scandinavi)[3]. Gli ordinamenti che lo hanno adottato riconoscono la prova scritta come prova per eccellenza; sono, inoltre, caratterizzati da un sistema di sicurezza giuridica, cioè da un controllo ex ante, affidato appunto al Notariato ed ai pubblici registratori, volto a minimizzare il rischio; gli atti notarili ed il loro contenuto ricevono riconoscimento e tutela fino a querela di falso da parte dei rispettivi ordinamenti. In dottrina si discute se in tale tipo di Notariato prevalgano gli elementi pubblicistici o privatistici o se invece possa ravvisarsi un’inscindibilità[4] di funzioni pubbliche e private. Segnatamente, la sua funzione pubblica è legata alla speciale efficacia probatoria ed esecutiva degli atti che redige ed autentica (da ciò deriva la celebre espressione “quanto più notaio, tanto meno giudice”,[5] pronunciata da Carnelutti nel 1950, che evidenzia la funzione antiprocessuale del notaio); attribuisce, infatti, fede pubblica ai documenti da lui redatti; inoltre, compie un controllo di legalità (o, come affermato da Irti, di “realizzabilità giuridica”[6]) che si estende al merito e svolge un ruolo di consulenza imparziale; è soggetto al controllo dello Stato -o di altro organo da quest’ultimo incaricato- relativamente all’osservanza delle norme concernenti il documento notarile, alla regolamentazione delle tariffe (nell’interesse dei clienti), all’accesso ed all’organizzazione della professione.

Oltre che in Italia, questo tipo di Notariato è presente in numerosi Paesi: Francia; Spagna; Germania federale (a livello regionale, invece, sono presenti tre tipi di notariato: Nur Notar, Notaio puro; Anwaltsnotar, Notaio-Avvocato; Beamtenotar, Notaio-Funzionario pubblico)[7]; Benelux; numerosi Cantoni svizzeri; Austria; Grecia; Louisiana (U.S.A.); provincia canadese del Québec; i Paesi dell’America Latina (eccetto Venezuela e Cuba); Malta; Polonia; Repubblica Ceca; Romania; Slovacchia; Slovenia; Ungheria; Bulgaria; Estonia; Lettonia; Lituania; Turchia; i Paesi dell’Africa occidentale; Cina; Indonesia; Giappone.[8]

Tra questi, speciale attenzione sembrano meritare, per le loro caratteristiche peculiari, l’ordinamento guatemalteco e quello spagnolo. Il primo rappresenta un esempio di quanto sia possibile ampliare le competenze dei notai di tipo latino. Il 5 novembre 1977, infatti, nel corso della seduta inaugurale del XIV Congresso Internazionale del Notariato Latino, il Presidente della Repubblica di Guatemala firmò pubblicamente e promulgò di fronte ai delegati di tutti i Paesi appartenenti all’U.I.N.L. la legge regolatrice della funzione notarile negli affari di giurisdizione volontaria, che è tuttora la più avanzata per quanto concerne l’attribuzione ai notai di competenze in tali questioni. Le ragioni di tale scelta andrebbero individuate fondamentalmente nel sovraccarico di lavoro derivante dai provvedimenti di volontaria giurisdizione, che gravava sui Tribunali guatemaltechi, nonché nella ravvisata opportunità di ampliare le attribuzioni notarili in ordine alle procedure successorie e matrimoniali, avendo i notai già da tempo ottenuto risultati considerati positivi. È necessario, tuttavia, che vi sia l’accordo di tutte le parti; gli atti di volontaria giurisdizione che possono essere redatti dal notaio, inoltre, sono esclusivamente quelli indicati espressamente dalla legge (per esempio: dichiarazione di assenza; adozione; riconoscimento di gravidanza in caso di assenza, separazione o morte del marito).[9]

Per quanto concerne il Notariato spagnolo[10], si segnalano le recenti proposte di ampliamento delle sue funzioni attraverso una riforma in materia di volontaria giurisdizione volta a ridistribuire alcune competenze -attualmente affidate ai Giudici- fra Notai, Segretari del Giudice e Registratori. In seguito al fallimento del progetto di legge del 20 ottobre 2006,[11] finalizzato a facilitare e semplificare la tutela e garanzia dei diritti della persona in materia civile e commerciale[12], presentato alle Corti Generali dal Consiglio dei Ministri ma immediatamente ritirato da quest’ultimo[13], il Consiglio dei Ministri ha poi approvato un altro progetto di legge, animato dalle medesime finalità, il 31 ottobre 2013. In particolare, qualora il progetto dovesse essere approvato dalle Corti Generali, le competenze dei notai si estenderebbero alla celebrazione di matrimoni e (purché vi sia l’accordo delle parti, non vi siano figli minori ed entrambi i coniugi siano capaci d’intendere e di volere) ai procedimenti di divorzio. Le ragioni delle citate proposte sono da ravvisarsi nel riconoscimento dell’alta specializzazione di tali professionisti e della loro importanza come operatori giuridici chiamati ad adempiere, tra l’altro, funzioni di autenticazione, notificazione, documentazione e garanzia dei diritti, ciò che li rende particolarmente adatti a svolgere i nuovi compiti che gli si vorrebbero attribuire; inoltre, ciò consentirebbe un alleggerimento del carico di lavoro dei Giudici. Sembra, dunque, che il notariato spagnolo intenda seguire l’esempio guatemalteco.

La normativa spagnola si segnala altresì per l’attribuzione al notaio di particolari obblighi di tutela dei consumatori. Infatti, i Notai (così come i Registratori della proprietà e mercantili), nell’esercizio professionale delle proprie funzioni pubbliche, non possono autorizzare contratti nei quali si pretenda l’inclusione di clausole dichiarate nulle perché abusive con sentenza iscritta nel Registro delle condizioni generali della contrattazione (art. 84 R.D.Leg. n. 1/2007). Poiché tale norma interviene nella fase finale, quando cioè la clausola sia stata già segnalata come abuso, ma non invece nella fase iniziale (più delicata e complessa) di scoperta e denuncia, il 13/06/2013 il Consiglio Generale del Notariato ha istituito uno specifico organo, l’Organo di Controllo delle Clausole Abusive (O.C.C.A.), che, andando oltre le tradizionali funzioni notarili, svolge il compito di prevenire tali clausole. In pratica, ogni qualvolta un notaio spagnolo ritenga che una determinata clausola possa essere dichiarata abusiva dai tribunali, invia una segnalazione motivata all’O.C.C.A. (organo alle dipendenze della Commissione del consumatore del Consiglio Generale del Notariato); qualora l’O.C.C.A. ritenga fondato tale sospetto, invia una comunicazione al consumatore, all’ente che ha predisposto la clausola ed al Ministerio Fiscal de España. Il procedimento in esame si rivela interessante per almeno tre ordini di ragioni: attribuisce ai notai, funzionari pubblici imparziali, un efficace strumento di tutela dei consumatori; riduce il contenzioso innanzi ai Tribunali; dimostra che il Notariato è una sorta di “rete”, non una semplice unione di 3.000 professionisti isolati.[14]

Le medesime ragioni che hanno indotto l’ordinamento guatemalteco ad ampliare i compiti notarili nell’ambito della volontaria giurisdizione e l’ordinamento spagnolo ad ispirarsi a tale modello, nonché ad istituire l’O.C.C.A., suggerirebbero l’introduzione di normative analoghe nell’ordinamento italiano. 

Caratteristiche differenti presenta, invece, il Notariato cosiddetto anglosassone, tipico dei sistemi di Common Law,[15] il quale non può attribuire fede pubblica ai documenti; il notary public è infatti considerato un mero “testimone qualificato”, che si limita a verificare l’autenticità della sottoscrizione, basandosi su un documento d’identità. Negli ordinamenti in cui è presente questo tipo di Notariato, quella orale è considerata la prova per eccellenza; inoltre, in essi vige un sistema di sicurezza economica, basato cioè sulla stipula di contratti di assicurazione del titolo (title insurance), che non evitano il rischio, ma offrono esclusivamente una compensazione pecuniaria per l’eventuale pregiudizio sofferto. Per questi motivi, il public notary è stato efficacemente definito “espressione dell’individualismo”,[16] in quanto ciascun individuo (o impresa) cura i propri interessi con la consapevolezza di poter fare scarso affidamento sull’intervento pubblico nelle attività private. Non sembra superfluo osservare che le compagnie assicurative sono spesso restie a riconoscere la titolarità dei diritti in capo ai richiedenti e che, in definitiva, in sistemi di questo tipo, i soggetti che ricevono una minore tutela giuridica sono quelli economicamente più deboli.

Il Notariato di tipo anglosassone è attualmente presente in Gran Bretagna (esclusa la Scozia), Stati Uniti d’America (escluso lo Stato della Louisiana), Canada (esclusa la regione del Québec) ed Australia. In altri Stati vige, invece, un Notariato che potremmo definire “ibrido”, in quanto il sistema di Common Law è stato ivi adattato a regole giuridiche di tipo religioso (ad esempio, India e Nigeria).[17]

Segnatamente, in Gran Bretagna sono presenti ben tre categorie di professionisti che svolgono funzioni assimilabili, nel loro complesso, a quelle esercitate dal notaio latino: oltre al cosiddetto public notary, il solicitor ed il commissario per i giuramenti (commissioner of oaths). Tra queste, la figura che più si avvicina a quella notarile è il solicitor, il quale sarebbe una sorta di tabellio romano[18]: un documentatore impossibilitato ad attribuire pubblica fede. Nel XIV secolo, le problematicità nei rapporti tra l’Inghilterra ed i Paesi del Notariato Latino, causate dall’assenza di un vero e proprio sistema notarile inglese, condussero all’istituzione degli Scriveners Notaries (o Notai di Londra), tuttora operanti in Inghilterra. Si tratta di un Notariato ispirato a quello latino e specializzato in relazioni internazionali. L’originalità di tale istituto è tale che la dottrina inglese li ha definiti “Notai Latini a Londra”, in quanto, paradossalmente, i documenti da essi redatti sarebbero privi di fede pubblica in Inghilterra ma l’avrebbero nel Paese straniero al quale sono destinati.

Il Notariato statunitense (ad eccezione dello Stato della Louisiana, che ha un Notariato “latino”), invece, ha meri poteri di autentica di firme: non ha funzioni di redazione di atti giuridici e di attribuzione di fede pubblica, né di consulenza, né di protocollazione ed archiviazione.

Il Notariato cosiddetto amministrativo, infine, diffuso presso gli ordinamenti socialisti ed autoritari, è rigidamente statale. In particolare, quello presente presso gli ordinamenti socialisti, il cui modello è rappresentato dal Notariato un tempo presente nell’U.R.S.S., è di tipo giudiziale e rappresenta la conseguenza del collettivismo. Si trattava, infatti, di un sistema di organi statali: il notaio sovietico era “un vero e proprio burocrate ed un impiegato dello Stato”.[19] Quello diffuso presso gli ordinamenti autoritari, invece, trova il proprio prototipo nell’ordinamento portoghese, specialmente durante il regime di Salazar[20]. Tendenze funzionaliste investirono anche l’Italia fascista nel 1927 e, recentemente, il Brasile di Kubitschek ed il Cile di Pinochet.

Sebbene risulti assai arduo stabilire quale dei sistemi citati sia preferibile adottare, è certo che nei Paesi ove è presente il Notariato “anglosassone” e quello “meramente amministrativo” il contenzioso relativo alla materia immobiliare e societaria sia estremamente rilevante, ciò che rende tali tipi di Notariato più costosi, ed i costi risultano ancor più elevati qualora li si rapporti al livello di sicurezza offerta, rispetto al Notariato “latino”.

Si pensi, ad esempio, alle frodi immobiliari ed ipotecarie che hanno determinato la crisi dei mutui subprime verificatasi negli Stati Uniti nell’estate del 2007[21]; ciò è stato possibile proprio a causa della circolazione di numerosi documenti ipotecari falsi, facilitata dall’assenza di controlli (in particolare, sull’esistenza o meno di ipoteche su determinati beni) che nei Paesi in cui è presente il Notariato cosiddetto latino sono, appunto, affidati a quest’ultimo.

Sono probabilmente queste le principali ragioni che hanno recentemente indotto alcuni Paesi in via di sviluppo (ad esempio Cina, Giappone ed Indonesia), ad introdurre nel proprio ordinamento un Notariato di tipo latino e che hanno portato autorevoli esperti finanziari statunitensi ad avanzare la medesima proposta, quanto meno con riferimento al procedimento di erogazione del credito ipotecario.[22]

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Bibliografia.

 

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A.A. Veiga da Gama Vieira, Portugal. Régimen actual del Notariado portugués, in Revista Internacional del Notariado, n. 54 (28 maggio 1962).

 



[1] Dottoranda di ricerca in “Diritto dell’attività amministrativa informatizzata e della comunicazione pubblica” presso l’Università degli Studi di Cagliari.

[2] A. Fusaro, La collocazione del notaio negli ordinamenti stranieri, in A.A.VV., Notai e Costituzione: atti del Convegno di ASSONOTAI Campania, Napoli, 12 dicembre 2008, IPSOA, 2010, 81-97. R. David e C. Jauffret-Spinosi, I grandi sistemi giuridici contemporanei, quinta edizione italiana, a cura di Rodolfo Sacco, Padova, CEDAM, 2004. A. Rodríguez Adrados, Sobre las consecuencias de una funcionarización de los notarios, Madrid 1979, 78 ss. J.J. Escolano Navarro, Seguridad juridica preventiva y tecnologías de la información, 13-45, in C. Belda Casanova, et al., Nuevas tecnologías en la contratación: sociedad nueva, empresa e hipoteca electrónica: seminario organizado por el Consejo General del Notariado, Madrid 2005.

[3] E. Pesiri, Sistema di diritto positivo e pubblica funzione del notaio, in A.A.VV., Notai e Costituzione, op. cit., 149-156, 149.

[4] A. Rodríguez Adrados, El notario, función privada y función pública: su inescindibilidad, Madrid 1980; Id., Principio de inescindibilidad, en El notario del siglo XXI, Colegio Notarial de Madrid, 2012 n. 45.

[5] “Dove il più riferito al notaro va inteso non solamente in senso quantitativo, ma qualitativo!”: F. Carnelutti, La figura giuridica del notaro, in Riv. trim. dir. proc. civ., 1950, 928.

[6] N. Irti, Ministero notarile e rischio giuridico dell’atto, in Riv. Soc., 1995, 1263.

[7] A. Fusaro, La collocazione del notaio negli ordinamenti stranieri, in A.A.VV., Notai e Costituzione: atti del Convegno di ASSONOTAI Campania, Napoli, 12 dicembre 2008, IPSOA, 2010, 81-97, 91.

[8] E. Pesiri, Sistema di diritto positivo e pubblica funzione del notaio, in A.A.VV., Notai e Costituzione, op. cit., 149-156, 149.

[9] G. Melegari, Come si può promulgare una legge. Repubblica del Guatemala – Legge regolatrice della funzione notarile negli affari di giurisdizione volontaria, in Vita notarile, 1977, 1090 ss.

[10] L’organizzazione della professione, l’attività notarile e le modalità di relazione fra notai e clienti privati sono raccolti in due testi fondamentali: la legge organica del notariato (del 28 maggio 1962) ed il regolamento notarile (decreto del 2 giugno 1944) che, rispettivamente, approvano e stabiliscono l’organizzazione e la disciplina dei notai. Tali norme sono completate da altre disposizioni di grado diverso, fra cui il decreto reale n. 1426/1989, del 17 novembre 1989, recante approvazione della tariffa notarile. Il notariato spagnolo dipende, in quanto organizzazione gerarchica, direttamente dal Ministero della Giustizia e dalla direzione generale dei Registri e del Notariato.

[11] J.M. De Prada González, Por qué ha fracasado el proyecto de ley de jurisdicción voluntaria, en El notario del siglo XXI, Colegio Notarial de Madrid, 2007 n. 16.

[12] Con la disposizione finale n. 18 della Legge Processuale Civile del 2000, infatti, si optò, diversamente da quanto accaduto con le leggi processuali anteriori, per una regolazione della materia della giurisdizione volontaria attraverso una legge specifica, sul modello costituzionale tedesco.

[13] P. Carrión García de Parada, El divorcio ante notario, en El notario del siglo XXI, Colegio Notarial de Madrid, 2012 n. 42. A. Cavallé Cruz, Viabilidad del divorcio de mutuo acuerdo ante notario, en El notario del siglo XXI, Colegio Notarial de Madrid, 2012 n. 42. G. Cerdeira Bravo de Mansilla, ¿Matrimonios y divorcios ante notario?, en El notario del siglo XXI, Colegio Notarial de Madrid, 2013 n. 48. J.M. De Prada, Reflexiones en torno alla futura ley de jurisdicción voluntaria, en El notario del siglo XXI, Colegio Notarial de Madrid, 2008 n. 20. A. Fernández de Buján, El notario como órgano de la Jurisdicción Voluntaria en el Proyecto de Ley de 20 de octubre de 2006, en El notario del siglo XXI, Colegio Notarial de Madrid, 2007 n. 11. Id., La jurisdicción voluntaria en el marco del Estado Constitucional de Derecho, en El notario del siglo XXI, Colegio Notarial de Madrid, 2007 n. 14. Ignacio Gomá Lanzón, Notarios y matrimonios y jurisdicción volontaria, en El notario del siglo XXI, Colegio Notarial de Madrid, 2012 n. 42.

[14] F. Gomá Lanzon, Reflexiónes a propósito del órgano notarial de control de cláusolas abusivas (OCCA), en El notario del siglo XXI, Colegio Notarial de Madrid, 2013 n. 51.

[15] Gran Bretagna, U.S.A. ed altri Paesi. Si osserva che, recentemente, alcuni Stati U.S.A. (Alabama e Florida) hanno affiancato al notariato di tipo anglosassone un notariato di tipo latino, da tempo esistente anche nello Stato della Louisiana.

[16] A. Fusaro, op. cit., 91.

[17] E. Pesiri, op. cit., 149.

[18] A. Rodríguez Adrados, Sobre las consecuencias de una funcionarización de los notarios, op. cit., 89 ss.

[19] G. Crespi Reghizzi, Il Notariato sovietico (Evoluzione, principi e riforma 30 sett. 1965), in Rivista del Notariato, 1967, 556-610, 604.

[20] A.A. Veiga da Gama Vieira, Portugal. Régimen actual del Notariado portugués, in Revista Internacional del Notariado, n. 54 (28 maggio 1962), 235-250, 250.

[21] La consapevolezza della diffusione, all’interno degli U.S.A., di una gran mole di documenti ipotecari inaffidabili ha indotto il Presidente Obama ad annunciare, il 7 ottobre 2010, il proprio veto all’H.R. 3808, The Interstate Recognition of Notarizations Act of 2010, che prevedeva l’obbligo, da parte di tutti gli Stati U.S.A., di riconoscere il valore giuridico degli atti cartacei ed elettronici autenticati da altro Stato. Infatti, sebbene paradossalmente i Paesi membri della Convenzione dell’Aja sull’Apostille siano sostanzialmente vincolati a riconoscere il valore giuridico degli atti notarili statunitensi, la scarsa affidabilità di questi ultimi ha fatto sembrare utile ogni barriera alla loro circolazione, anche all’interno degli Stati Uniti. Si veda, in proposito, <www.whitehouse.gov/blog/2010/10/07/why-president-obama-not-signing-hr-3808>.

[22] Il riferimento è al Prof. Robert J. Shiller, docente di Economia presso la Yale University, co-vincitore del premio Nobel per l’Economia nel 2013, ed al suo scritto The Subprime Solution: How Today’s Global Financial Crisis Happened, and What to Do about It, Princeton University Press, 2008, 134.

EVOLUZIONE STORICA DELLA FIGURA NOTARILE

EVOLUZIONE STORICA DELLA FIGURA NOTARILE

A cura della Dott.ssa Sara Cadelano[1]

 

La figura del notaio, al contempo pubblico ufficiale e libero professionista, è caratterizzata dalla coesistenza di elementi pubblicistici e privatistici, combinati tra loro e non meramente giustapposti[2]; la prevalenza degli uni o degli altri si è rivelata storicamente mutevole[3].

La categoria in esame sorse spontaneamente nella società; si trattava di liberi professionisti esperti nella redazione di documenti, cui la società prima ed i Tribunali poi riconobbero speciale valore; solo successivamente ottennero un riconoscimento formale da parte dello Stato, che riconobbe appunto fede pubblica ai documenti da questi redatti.

Benché l’istituto moderno del notariato, contrassegnato dall’inscindibilità delle sue funzioni, sia sorto solo in età medioevale, anche in ordinamenti giuridici ben più risalenti erano presenti alcune figure che potremmo considerare “antecedenti” del Notaio. In particolare, le Sacre Scritture testimoniano l’uso, invalso presso gli ebrei, di redigere i contratti in due esemplari; uno di questi veniva chiuso, sigillato e consegnato ad una terza persona innanzi a testimoni; in ipotesi di contestazione, l’esemplare sigillato forniva piena prova[4]. Il Codice di Hammurabi, a sua volta, contiene un riferimento a contratti di dote che dovevano necessariamente risultare da atti “sigillati”[5]. Nell’antica Grecia, gli scribi ricevevano ufficialmente e provvedevano alla conservazione dei contratti, che formavano prova degli accordi raggiunti. Nel diritto romano, la negoziazione giuridica aveva fondamentalmente carattere orale (si pensi alla mancipatio ed alla stipulatio), sia quanto alla forma che quanto alla prova, trattandosi di un sistema contrassegnato da commerci giuridici limitati e da impegni morali rigorosi. Tuttavia, erano presenti due figure che potremmo considerare gli antecedenti di quella notarile: il notarius, mero stenografo; ed il tabellio, che redigeva atti per conto di privati. Il documento, tuttavia, aveva mera efficacia probatoria; non si trattava, infatti, di un instrumentum publicum, ma di un instrumentum publice confectum, privo di pubblica fede.

L’ampliarsi dell’Impero romano e l’estensione della cittadinanza romana a tutti gli abitanti liberi del medesimo (212 d.C., c.d. Constitutio antoniniana) contribuirono alla graduale nascita della figura in esame, in quanto presso i popoli orientali vi era un notariato, talvolta di carattere pubblico, che redigeva atti con efficacia costitutiva o, per lo meno, con valore di prova per eccellenza. Nel periodo del Dominato, gli stenografi detti notarii divennero funzionari; anche le chiese avevano i loro notarii, istituiti da S. Clemente Papa per raccogliere gli atti dei martiri. L’attività dei tabelliones ed i loro atti erano caratterizzati, al tempo stesso, da elementi pubblici e privati. La documentazione scritta aveva un’efficacia probatoria superiore agli altri mezzi, per esigenze di certezza del diritto, pubblicità e controllo fiscale. In età giustinianea, l’attività di formazione e conservazione degli atti dei tabelliones venne regolata consolidando tendenzialmente la prassi precedente (Codice IV-21-17, anno 528; Novelle XLIV, anno 537,  XLVII, anno 537, e LXXIII, anno 538).

Nel periodo di Carlo Magno, invece, gli atti notarili avevano la stessa forza ed effetti di una sentenza passata in giudicato. La lingua utilizzata per la redazione degli atti notarili era il latino; tuttavia, dal 960 d.C., i notai iniziarono ad utilizzare anche il volgare (sebbene “filtrato” dalle loro conoscenze giuridiche e dalle abitudini grafiche del latino), probabilmente a fini di pubblica attestazione e divulgazione (si veda la dichiarazione contenuta nel cosiddetto Placito capuano, che costituisce il primo documento ufficiale scritto in volgare). Dall’XI secolo in poi, i notarii furono nominati direttamente dagli Imperatori; successivamente, dai Papi e dai Comuni. Nel periodo feudale, il ruolo del notaio venne ricoperto quasi esclusivamente da ecclesiastici. È possibile affermare che il notariato, con le caratteristiche che tuttora lo identificano, sorse storicamente nei secoli XII e XIII (o, secondo altri Autori, nell’XI secolo[6]), quando si conferì ad alcuni giuristi specializzati nella documentazione di contratti e testamenti la funzione pubblica di asseverarne la verità.

Nel XIII secolo, l’istituto del Notariato latino si diffuse anche in Germania ove, tre secoli dopo, la Costituzione dell’Imperatore Massimiliano I, pubblicata a Colonia l’8 ottobre 1512, prescrisse in capo ai notai l’obbligo, inter alia, di menzionare le cancellature, le interlinee e le postille, proibendo loro altresì di utilizzare termini abbreviati, oscuri od ambigui, nonché di usare numeri, cifre e segni. Tali disposizioni si resero necessarie a causa del fatto che, fino a quel momento, non vi erano prassi uniformi e spesso gli atti contenevano errori grammaticali ed imprecisioni. Nel medesimo secolo, il Notariato si diffuse altresì in America; negli Stati Uniti, in particolare, acquisì caratteristiche nettamente differenti da quelle dei Paesi dell’Europa continentale; i notai statunitensi, infatti, salvo quelli dello Stato della Louisiana, hanno meri poteri di autentica di firme.

L’organizzazione del notariato moderno, nei paesi ove è presente il “notariato latino”, risale sostanzialmente alla Rivoluzione francese (decreto del 29 settembre 1791) e successiva dominazione napoleonica. L’ordinamento francese fu ricalcato, nel Regno d’Italia, da una legge del 1803, cui si ispirarono le successive leggi emanate nei vari Stati italiani in seguito alla Restaurazione. Compiuta l’unificazione, il notariato fu regolato in Italia dalla legge n. 2786 del 25 agosto 1875, poi modificata con R.D. 25 maggio 1879, n. 4900, successivamente sostituito dalla legge 16 febbraio 1913, n. 89, tuttora in vigore (sebbene recentemente oggetto di modifiche ed integrazioni).

Dal secondo dopoguerra, il Notariato italiano ha rivestito un ruolo fondamentale nell’attuazione dei principi della Carta costituzionale[7], fornendo adeguata tutela giuridica ai fruitori delle sue prestazioni, il cui numero si è ampliato notevolmente in ragione del sorgere di nuovi ceti emergenti, determinato dal boom economico degli anni Cinquanta[8]. In tale contesto, si sono resi maggiormente evidenti rispetto al passato gli aspetti privatistici dell’attività notarile.

 

 

 

Bibliografia.

 

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AA.VV., Sacra Bibbia, Fratelli Melita Editori, Trento, 1991.

M. Amelotti, voce Notaio, a) Diritto romano, in Enc. Dir.

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G. Costamagna, voce Notaio, b) Diritto intermedio, in Enc. Dir.

M. Cusa, Dell’origine e dell’uffizio del notariato. Nozioni storiche e considerazioni teoriche su di esso, Stamperia Sociale degli Artisti, Editori, Torino 1850.

M. Di Fabio, Manuale di notariato, Giuffré Editore, 2007.

M. Ersoch, La funzione del notaio dalle origini al duemila, in Vita not., 1988.

G. Gallo Orsi e G. Girino, voce Notariato, in Noviss. Dig. It., vol. XI, UTET, 1962.

G. Liguori, L’evoluzione storica degli ordinamento del notariato nelle legislazioni pre e post-unitarie, in Relazione al XV Congresso nazionale del notariato, Verona, 14-20 maggio 1966, Palermo.

F. Mazzanti Pepe e G. Ancarani, Il notariato in Italia dall’età napoleonica all’Unità, Studio del Consiglio Nazionale del Notariato, Roma, 1983.

A. Petrucci, Il notariato italiano dalle origini, in Riv. not., 1958.

A. Rodríguez Adrados, El notario, función privada y función pública: su inescindibilidad, Madrid 1980.

Id., Principio de inescindibilidad, en El notario del siglo XXI, Colegio Notarial de Madrid, 2012 n. 45.

A. Rodríguez Adrados, Sobre las consecuencias de una funcionarización de los notarios, Madrid 1979.

N. Votta, La funzione notarile ed il diritto pubblico, in Giur. It., 1986 fasc. 4.

P. Zanelli, Il notariato in Italia, Milano, 1991.

 



[1] Dottoranda di ricerca in “Diritto dell’attività amministrativa informatizzata e della comunicazione pubblica” presso l’Università degli Studi di Cagliari.

[2] A. Rodríguez Adrados, El notario, función privada y función pública: su inescindibilidad, Madrid 1980; Id., Principio de inescindibilidad, en El notario del siglo XXI, Colegio Notarial de Madrid, 2012 n. 45.

[3] M. Amelotti, voce Notaio, a) Diritto romano, in Enc. Dir., 553-559; A. Anselmi, Principi di arte notarile, Libreria Forense – Editrice, Firenze-Roma, 1952; G. Costamagna, voce Notaio, b) Diritto intermedio, in Enc. Dir., 559-565; M. Cusa, Dell’origine e dell’uffizio del notariato. Nozioni storiche e considerazioni teoriche su di esso, Stamperia Sociale degli Artisti, Editori, Torino 1850; M. Di Fabio, Manuale di notariato, Giuffré Editore, 2007; M. Ersoch, La funzione del notaio dalle origini al duemila, in Vita not., 1988, 1180 ss.; G. Gallo Orsi e G. Girino, voce Notariato, in Noviss. Dig. It., vol. XI, UTET, 1962; G. Liguori, L’evoluzione storica degli ordinamento del notariato nelle legislazioni pre e post-unitarie, in Relazione al XV Congresso nazionale del notariato, Verona, 14-20 maggio 1966, Palermo, 219 ss.; F. Mazzanti Pepe e G. Ancarani, Il notariato in Italia dall’età napoleonica all’Unità, Studio del Consiglio Nazionale del Notariato, Roma, 1983; A. Petrucci, Il notariato italiano dalle origini, in Riv. not., 1958, 524 ss.; A. Rodríguez Adrados, Sobre las consecuencias de una funcionarización de los notarios, Madrid 1979; N. Votta, La funzione notarile ed il diritto pubblico, in Giur. It., 1986 fasc. 4; P. Zanelli, Il notariato in Italia, Milano, 1991.

[4] Geremia, 32:14, in AA.VV., Sacra Bibbia, Fratelli Melita Editori, Trento, 1991, 710, col. 1.

[5] A.A., Il codice di Hammurabi, traduzione di L. Torre, Napoli, 2004, art. 178/A, 179 e 183.

[6] A. Rodríguez Adrados, Sobre las consecuencias de una funcionarización de los notarios, Madrid 1979, 78.

[7] G. Di Transo, Il Notariato e la Costituzione repubblicana, in A.A.VV., Notai e Costituzione: atti del Convegno di ASSONOTAI Campania, Napoli, 12 dicembre 2008, IPSOA, 2010, 113-117, 116.

[8] N. Votta, La funzione notarile ed il diritto pubblico, in Giur. It., 1986 fasc. 4, col. 400 s.

LA FUNZIONE DEL NOTAIO DOPO L’ABOLIZIONE DELLE TARIFFE NOTARILI

LA FUNZIONE DEL NOTAIO
DOPO L’ABOLIZIONE DELLE TARIFFE NOTARILI
Cassazione civile, Sez. II, 17 aprile 2013 nr. 9358

a cura della Dott.ssa Claudia Zangheri Neviani

La massima

Il notaio che, quand’anche sistematicamente, offra la propria prestazione ad onorari e compensi più contenuti rispetto a quelli derivanti dall’applicazione della tariffa notarile, non pone in essere, per ciò solo, un comportamento di illecita concorrenza, essendone venuta meno la rilevanza sul piano disciplinare della relativa condotta.

Il caso
Un notaio viene condannato dalla Commissione di Disciplina Regionale, confermata con sentenza della corte di appello per violazione dell’art. 147 lett c) L.N. e art. 6 codice deontologico per aver stipulato molti mutui ad un prezzo inferiore a quello previsto dalla Tariffa professionale.

Quesito da risolvere

Il notaio che “sottotariffa” pone in essere un comportamento illecito anche dopo l’abrogazione delle tariffe

Normativa e norma applicabile
Art. 147 L 16 febbraio 1913 n. 89
Art. 14 codice deontologico dei notai
Art. 2 d.l. 223-2006 convertito in legge con L. 248/2006
D.L. 24-01-2012 n. 1 convertito in L. 24-03-2012 n. 27

Nota esplicativa

Linea spartiacque per dottrina e giurisprudenza, in merito al comportamento illecito del notaio che chiede compensi al di sotto dei minimi tariffari, è stato il c.d. decreto Bersani. Questo si innesta su una problematica di maggior respiro, da sempre dibattuta in dottrina, circa la coesistenza nella stessa figura del notaio di due realtà contemporanee: il notaio quale pubblico ufficiale e il notaio quale professionista. Alcuni (ZANOBINI) hanno parlato di esercizio privato di funzioni pubbliche; altri (GIANNINI) di un numus pubblico come figura soggettiva di pubblico interesse; altri ancora (ROMANO) lo hanno identificato come pubblico ufficiale non statuale con un ruolo predominante nel procedimento formativo dell’ordinamento privato. Da ultimo si è affermato (NIGRO) che il notaio sarebbe un ufficio della Repubblica.

Orientamento precedente l’abolizione delle tariffe

Prima della abolizione delle tariffe, la disputa in dottrina su quale fosse la funzione prevalente del notaio è stata ampia.
Per parte della giurisprudenza si instaurerebbe un contratto di mandato ex lege tra il cliente ed il notaio, per cui quest’ultimo sarebbe tenuto a compiere quanto nelle sue possibilità per conseguire il risultato richiesto dalla parte. La dottrina ha rigettato tale configurazione affermando che il notaio non pone in essere alcun tipo di attività in nome e per conto del cliente; egli deve solo adeguare concretamente la volontà delle parti alle norme di legge e riprodurla nelle forme che la legge stessa richiede.
Una teoria, rimasta minoritaria (Romano), e confermata solo da una sporadica e datata giurisprudenza , sostiene che il cliente ed il notaio non si instaurerebbe nessun tipo di contratto, in quanto il notaio essendo pubblico ufficiale, è obbligato dalla legge a prestare la propria opera professionale. Al più sostiene la predetta sentenza, si potrebbe parlare di lavoro autonomo.
L’orientamento prevalente in dottrina e in giurisprudenza ritiene che sia impossibile pensare che il ruolo del notaio possa equipararsi ad una libera prestazione di servizi in regime di concorrenza.
Tale argomento si basa sulla considerazione che il notaio è in primo luogo un pubblico ufficiale. Non si esclude con questo che egli possa svolgere anche attività strafunzionali in qualità di libero professionista. Dottrina maggioritaria (NIGRO, AMATO, GIRINO), ha, infatti, sempre sostenuto che il notaio è un “pubblico libero funzionario” (GIRINO) che pone in essere con i suoi clienti un contratto di opera intellettuale suis generis. La prestazione del notaio consiste nel combinato disposto da una parte, della professionalità del medesimo, dall’altra da un complesso di limiti e condizionamenti diretti, e indiretti, di derivazione pubblicistica; questi limiti improntano l’attività del notaio nella direzione dell’imparzialità e della terzietà rispetto alle parti. La dottrina più recente (Nigro) ha, addirittura, sostenuto che tutta l’attività notarile, e quindi anche quella che generalmente viene denominata strafunzionale, è attività pubblica. Anche l’orientamento costante della Corte di Cassazione ritiene prevalente rispetto alla figura del privato professionista, l’investitura del notaio come pubblico ufficiale, poiché il compito primario consiste (e comunque continua a consistere, a prescindere dall’abrogazione delle tariffe e dalla possibilità di concorrenza) nella diligenza alla legge non solo per l’osservanza delle forme richieste per gli atti, ma anche per la salvaguardia degli interessi di entrambi le parti, nonché dell’interesse della pubblica fede, e quindi della serietà e sicurezza degli strumenti giuridici adottati . La cassazione continua sostenendo che dato che l’attività del notaio è svolgimento di una funzione pubblica ne consegue che non può ipotizzarsi che essa possa considerarsi come libera prestazione di servizi, in un mercato concorrenziale. I giudici della suprema Corte continuano affermando che la predisposizione di tariffe minime e massime non è in contrasto con le norme comunitarie in tema di concorrenza, in quanto l’attività di pubblico ufficiale del notaio si sottrae alle regole del libero mercato e della concorrenza.
I primi segni di cedimento di detto orientamento nascono a seguito dello sviluppo della Comunità Europea e dell’affermarsi del liberismo, che fa della libertà di concorrenza, eguaglianza e competizione la sua bandiera; unitamente alla giurisprudenza della Corte di Giustizia Europea che conferma detto orientamento. Quest’ultima ha, infatti, sostenuto che il notaio esercita le sue funzioni in condizioni di concorrenza che prescindono e non intaccano il perseguimento degli obiettivi di interesse generale, quali la legalità e la certezza del diritto, propri della sua funzione di pubblico ufficiale.

Orientamento successivo all’abolizione delle tariffe

A seguito dell’abrogazione delle tariffe minime e massime, per tutti gli ordini professionali, la Cassazione ha, conseguentemente, modificato l’indirizzo interpretativo precedentemente esposto affermando che il notaio svolge un lavoro autonomo, che si inquadra a pieno titolo nel genus dell’esercizio delle professioni intellettuali.
Questa affermazione è condivisa dalla Corte di Giustizia Europea, la quale ha sostenuto che l’esercizio della professione notarile deve avvenire in condizioni di concorrenza, poiché il cittadino deve poter scegliere all’interno in un mercato che sia il più concorrente, anche per favorire il rilancio dell’economia.
La cassazione sostiene che se il notaio non è solo pubblico ufficiale, ma anche lavoratore autonomo, come tale può, con il consenso delle parti, derogare ai massimi tariffari, quando ancora erano in vigore, e attualmente può liberamente contrattare il “prezzo” della prestazione con il cliente. Ciò non toglie che comunque il compenso dovrà essere adeguato “all’importanza dell’opera e al decoro della professione”, ma deve essere liberamente pattuito con i clienti. Il ribasso della prestazione non significa che ci sia una minore attenzione del notaio nello svolgimento del suo operato, ciò, infatti, non deve comportare un pregiudizio per il cliente in termini di qualità, che dovrà essere sempre e comunque la maggior qualità possibile che il professionista possa porre in essere. Sostiene, infatti, la cassazione che così “come la tariffa non è di per sé garanzia della qualità della prestazione, così la deroga alla tariffa con la pattuizione di un compenso più basso rispetto alla stessa non equivale in alcun modo a prestazione scadente”.
Da ciò ne consegue che, come sostengono le ultime sentenze della cassazione datate 2013 , la difesa del notaio professionista non può più essere affidata all’osservanza del sistema tariffario che risulta essere, ad oggi, inadeguato rispetto alle esigenze emerse.

Giurisprudenza conforme
Cassazione civile sez. II, 10 novembre 1998 nr. 11284
Cassazione civile, sez. II, 11 maggio 2012 nr. 7404
Cassazione civile, sez. II, 28 settembre 2012 nr. 16549
Cassazione civile, sez. II, 14 febbraio 2013 n. 3715
Cassazione Civile 23 aprile 2013 nr. 9793

Giurisprudenza difforme
Cassazione civile sez. II, 19 febbraio 1981 nr. 1039
Cassazione civile sez. III, 28 luglio 2004 n. 14227
Cassazione civile 26961/2007
Cassazione civile 15 aprile 2008 nr. 9878

Bibliografia

Giovanni Girino “La figura giuridica del notaio” Riv. Del Not. 1985 F. 3 pag. 573-608
Remigio Perchinunno “Dottrina e problemi del notariato argomenti e attualità” Riv. Del Not. F. 4 p.545-553
Nelson Alberto Cimmino “incarico affidato ad un collega e responsabilità del notaio delegante” in www.personaedanno.it

Sentenza
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Seconda sezione civile
Omissis
…omissis…
4) Le censure sono fondate.
Secondo l’orientamento tradizionale, di recente riassunto da Cass. 26961/07, “La riduzione degli onorari e dei diritti notarili, effettuata dal notaio in modo ripetuto e continuato, costituisce di per sé una forma di illecita concorrenza, a norma del comma secondo della Legge Notarile n. 89 del 1913, art. 147, rappresentando un mezzo di pubblicità e di richiamo idoneo a porre in essere un comportamento disdicevole, con la conseguenza che per integrare l’illecito non è necessario uno specifico comportamento doloso, ma è sufficiente la volontarietà del fatto in sé, ossia una volontà, considerata in rapporto alla condotta, in contrasto con la legge, mentre è irrilevante che da tale comportamento non derivi un danno per il prestigio della classe notarile o dei colleghi o la circostanza che i clienti del notaio non si siano resi conto del trattamento di favore usato nei loro confronti”.
Con riferimento a fatti compiuti anteriormente all’entrata in vigore del citato D.L. n. 223 del 2006, art. 2, si è ritenuto (Cass., 15 aprile 2008, n. 9878) che sia “da escludere che, in relazione all’attività notarile – concretantesi nello svolgimento di una pubblica funzione, per l’esercizio della quale l’ordinamento prevede l’istituzione di pubblici ufficiali, in possesso di particolari requisiti soggettivi, nominati a seguito di un esame d’idoneità, soggetti a vigilanza e periodici controlli ispettivi, sottoposti a rigorose regole disciplinari – sia ipotizzabile la possibilità di una libera prestazione di servizi, in regime di concorrenza, da parte di altri professionisti dello stesso paese o di altri paesi della Comunità, la quale renda incompatibile l’inderogabilità delle tariffe con le menzionate disposizioni CE”.
4.1) Questo orientamento è considerato non più attuale dal Collegio, alla luce della sopravvenuta evoluzione normativa costituita dal D.L. n. 223 del 2006, art. 2, convertito in legge, con modificazioni, dalla L. n. 248 del 2006, nella cui vigenza è stata posta in essere la condotta addebitata all’odierna ricorrente.
Conviene riprendere testualmente la sentenza resa sul ricorso 5998/12, trattato e deciso nella odierna camera di consiglio. Si è ivi osservato che la norma citata, “nel testo risultante dalle modifiche apportata dalla legge di conversione, prevede:
– l’abrogazione, a partire dalla data di entrata in vigore del decreto-legge, delle disposizioni legislative e regolamentari che prevedono con riferimento alle attività libero professionali e intellettuali… l’obbligatorietà di tariffe fisse o minime (comma 1, lett. a);
– l’adeguamento, entro il 1 gennaio 2007, delle disposizioni deontologiche e dei codici di disciplina che contengono le prescrizioni di cui al comma 1, anche con l’adozione di misure a garanzia della qualità delle prestazioni professionali, e, in caso di mancato adeguamento, la nullità, a decorrere dalla medesima data, delle norme in contrasto con quanto previsto dal comma 1 (comma 3).
Il legislatore del 2006 disvela anche la finalità del superamento del previgente assetto regolamentare della materia tariffaria.
L’abrogazione dell’obbligatorietà delle tariffe fisse, con la conseguente conformazione delle norme deontologiche e dei codici di autodisciplina, mira a rafforzare la libertà di scelta del cittadino consumatore e la promozione di assetti di mercato maggiormente concorrenziali, anche al fine di favorire il rilancio dell’economia e dell’occupazione (art. 1), rendendo possibile la libera concorrenza nel settore dei servizi professionali e garantendo agli utenti un’effettiva facoltà di scelta nell’esercizio dei propri diritti e di comparazione delle prestazioni offerte sul mercato (art. 2, comma 1).
4.2) Ad avviso del Collegio, l’abrogazione della obbligatorietà di tariffe fisse o minime riguarda la generalità delle professioni, senza eccezione alcuna; nè la portata riformatrice del precedente assetto – orientata alla tutela della concorrenza e ad offrire all’utente una più ampia possibilità di scelta tra le diverse offerte, maggiormente differenziate tra loro, sia per i costi che per le modalità di determinazione dei compensi (Corte cost., sentenza n. 443 del 2007) – può essere ridimensionata dall’interprete in ragione delle specificità dell’attività notarile.
In particolare, non può convenirsi con il giudice a quo quando afferma che, per l’attività notarile, la riduzione tariffaria costituirebbe un vulnus dell’ordine pubblico economico in quanto riguarderebbe prestazioni effettuate nell’esercizio di una funzione pubblica, in relazione alla quale non sarebbe ipotizzabile il regime di libera concorrenza.
Invero, l’attività del notaio si inquadra a pieno titolo nel genus del lavoro autonomo e, precisamente, nell’esercizio delle professioni intellettuali (Cass., Sez. 2^, 10 novembre 1998, n. 11284; Cass., Sez. 2^, 11 maggio 2012, n. 7404; Cass., Sez. 3^, 28 settembre 2012, n. 16549).
4.3) Come ha chiarito la giurisprudenza della Corte di giustizia (con sentenze della Grande Sezione in data 24 maggio 2011, emesse nella causa C-50/08 ed in altre cause, le quali hanno dichiarato che il requisito di cittadinanza previsto dalla normativa francese e da altre normative nazionali per l’accesso alla professione di notaio costituisce una discriminazione fondata sulla cittadinanza vietata dall’art. 43 CE), i notai, nei limiti delle loro rispettive competenze territoriali, esercitano la loro professione in condizioni di concorrenza; e la circostanza che le attività notarili perseguano obiettivi di interesse generale, miranti in particolare a garantire la legalità e la certezza del diritto degli atti conclusi tra privati, non è sufficiente a far considerare quelle attività come una forma di partecipazione diretta e specifica all’esercizio dei pubblici poteri.
Del resto, l’inserimento dell’attività notarile nel quadro dei servizi professionali ai quali si applica la disciplina della concorrenza è confermato dalla successiva evoluzione normativa, in particolare dal D.L. 24 gennaio 2012, n. 1, recante Disposizioni urgenti per la concorrenza, lo sviluppo delle infrastrutture e la competitività, convertito in legge, con modificazioni, dalla L. 24 marzo 2012, n. 27. Esso, nel completare il quadro avviato con il D.L. n. 223 del 2006, non solo non eccettua, ancora una volta, i notai dalla prevista abrogazione delle tariffe delle professioni regolamentate nel sistema ordinistico e delle disposizioni vigenti che, per la determinazione del compenso del professionista, rinviano a dette tariffe (art. 9); ma anche introduce, accanto all’incremento del numero dei notai, ulteriori forme di concorrenza nei distretti, modificando la norma sull’assistenza personale allo studio e stabilendo, a modifica delle originarie disposizioni contenute nella legge notarile del 1913, che il notaro può recarsi, per ragione delle sue funzioni, in tutto il territorio del distretto della Corte d’appello in cui trovasi la sua sede notarile, ed aprire un ufficio secondario nel territorio del distretto notarile in cui trovasi la sede stessa (art. 12).
4.4) D’altra parte, la sopravvivenza della inderogabilità della tariffa notarile neppure potrebbe desumersi dal fatto che gli onorari dovuti al notaio secondo la tariffa per gli atti originali (e non genericamente i compensi spettanti al notaio) costituiscono, in virtù di specifiche disposizioni di legge, il parametro sulla cui base sono calcolati, oltre a tributi, contribuzioni relative anche al funzionamento dei consigli notarili distrettuali e del consiglio nazionale del notariato (v., ad esempio, la L. 22 novembre 1954, n. 1158, art. 39, concernente la tassa d’archivio, che le parti devono corrispondere all’amministrazione degli archivi notarili tramite il notaio sulla base dell’onorario della tariffa notarile per l’originale di ogni atto tra vivi soggetto a registrazione e di ogni atto di ultima volontà). Un conto, infatti, è il compenso spettante al notaio, in relazione al quale, essendo venuta meno l’obbligatorietà della tariffa fissa, le parti possono legittimamente, secondo la disciplina liberalizzatrice a tutela della concorrenza, stabilirne di comune accordo una misura inferiore a quella derivante dalla tariffa ministeriale; altro è che, ad altri fini, la tariffa costituisca ancora una base di riferimento per l’esatto versamento della tassa d’archivio e dei contributi agli organi istituzionali di categoria.
4.5) Infine, non è condivisibile l’assunto secondo cui l’inderogabilità della tariffa dei notai sarebbe stata ripristinata ad opera del D.lgs. n. 249 del 2006, art. 30, il quale, nel riformulare l’art. 147 della legge notarile con l’espressa previsione della punibilità del notaio che fa illecita concorrenza ad altro notaio, con riduzioni di onorari, diritti o compensi, è contenuto in un atto avente forza di legge entrato in vigore successivamente tanto al D.L. n. 223 del 2006, quanto alla Legge di Conversione n. 248 del 2006.
Deve infatti escludersi che il D.Lgs. 1 agosto 2006, n. 249, art. 30, (pubblicato nel supplemento ordinario n. 184 della Gazzetta Ufficiale dell’11 agosto 2006 e destinato ad entrare in vigore il quindicesimo giorno successivo alla predetta data di pubblicazione) sia posteriore alla Legge di Conversione 4 agosto 2006, n. 248 (le cui modificazioni al D.L. n. 223, sono entrate in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale, avvenuta nel supplemento ordinario n. 183 dell’11 agosto 2006). E’ infatti in base alla promulgazione che va stabilita l’anteriorità o posteriorità di una legge rispetto alle altre ai fini dell’abrogazione attiva o passiva, mentre la pubblicazione ed il decorso del termine di vacatio valgono a segnare l’entrata in vigore, e quindi l’applicabilità della legge.
In questo senso è la giurisprudenza della Corte costituzionale, secondo cui per stabilire l’anteriorità o la posteriorità di una legge rispetto ad un’altra deve farsi riferimento alla data della promulgazione e non a quella della pubblicazione, sicché la legge promulgata successivamente abroga quella promulgata prima anche se pubblicata dopo (sentenza n. 321 del 1983).
Ne consegue che il D.Lgs. n. 249 del 2006, art. 30, essendo stato emanato il 1 agosto 2006, è anteriore alla L. n. 248 del 2006, promulgata il 4 agosto 2006; e quest’ultima, avendo una valenza di sistema e di riforma economico-sociale, con l’esplicito obiettivo di assoggettare tutte le professioni ai principi di tutela della concorrenza, prevale sulle anteriori discipline professionali di settore.
Il venir meno, dopo l’abrogazione della obbligatorietà delle tariffe fisse o minime, della rilevanza disciplinare della percezione, da parte del notaio, di compensi più contenuti rispetto a quelli stabiliti dalla tariffa, è del resto confermata dall’adeguamento alla nuova disciplina legislativa, da parte del Consiglio nazionale del notariato, dei principi di deontologia professionale dei notai.
Mentre, infatti, il testo di quei principi approvato del 26 gennaio 2007 faceva ancora rientrare tra le fattispecie di illecita concorrenza l’annotazione a repertorio di onorari minori o ridotti rispetto a quelli che devono essere indicati in base alla natura dell’atto (art. 17, lett. a, terzo alinea); il nuovo testo, approvato con deliberazione n. 2/56 del 5 aprile 2008, per un verso ha eliminato detta previsione e, per l’altro verso, ha omesso il richiamo deontologico alla disposizione dell’art. 147 della legge notarile nel nuovo art. 24, comma 2, lett. c), relativo ai rapporti del notaio con il Consiglio nazionale del notariato e con la Cassa nazionale del notariato.
4.6) Conclusivamente, per effetto della disciplina introdotta dalla legge di conversione n. 248 del 2006, di conversione del D.L. n. 223 del 2006, il notaio che, quand’anche sistematicamente, offra la propria prestazione ad onorari e compensi più contenuti rispetto a quelli derivanti dall’applicazione della tariffa notarile, non pone in essere, per ciò solo, un comportamento di illecita concorrenza, essendone venuta meno la rilevanza sul piano disciplinare della relativa condotta.
– Detta rilevanza neppure potrebbe fondarsi assegnando alla tariffa o ai criteri di massima determinati dai consigli notarili distrettuali il ruolo di parametro di valutazione della congruità del compenso stesso sul versante del rapporto tra il notaio e la categoria di appartenenza ai fini della tutela del decoro e del prestigio della professione notarile.
Tale ragionamento sostituisce all’apprezzamento del singolo notaio circa l’importanza dell’opera ed il suo coefficiente di difficoltà una valutazione ex ante di natura generalizzata affidata alla tariffa, con la sostanziale reviviscenza dell’obbligatorietà della stessa; e, con un non consentito rovesciamento di prospettiva, finisce con il collidere con la ratio dell’intervento legislativo del 2006, la quale, al fine di rendere effettiva la libertà del cliente di orientarsi consapevolmente, di preferire e di decidere, ha inteso perseguire la tutela dell’interesse generale proprio mediante l’introduzione della concorrenza su uno degli elementi più qualificanti, il prezzo, dell’attività economica del professionista.
Si consideri, d’altra parte, che l’art. 2233 c.c., comma 2, nel prevedere che in ogni caso la misura del compenso deve essere adeguata all’importanza dell’opera e al decoro della professione, è norma destinata ad assumere rilievo solo in mancanza di un’intesa fra gli interessati circa la misura del corrispettivo dovuto per la prestazione professionale (Cass., Sez. 2^, 22 gennaio 2000, n. 694;
Cass., Sez. Lav., 20 luglio 2007, n. 16134), sicché qualora il compenso del professionista sia stato liberamente pattuito con il cliente, il giudice non ha il potere di modificarlo al fine di adeguarlo all’importanza dell’opera prestata e al decoro della professione (Cass., Sez. 2^, 22 novembre 1995, n. 12095). La citata disposizione, inoltre, esplicando la propria rilevanza esclusivamente nell’ambito dei rapporti tra il professionista ed il cliente, non si rivolge (agli ordini professionali né) ai consigli notarili, i quali non hanno il potere di pretendere, sul piano deontologico, che il compenso della prestazione professionale, liberamente pattuito, sia in ogni caso adeguato a parametri che, di fatto, reintrodurrebbero l’obbligatorietà della tariffa notarile.
Diversamente ragionando, e lasciandosi ai consigli notarili il compito di attivare i propri poteri di monitoraggio, di vigilanza e di indagine sul notaio che richieda compensi più bassi rispetto a quelli medi della categoria, si giungerebbe ad un condizionamento del comportamento economico del professionista sul mercato, incentivandolo, al fine di sottrarsi ad un procedimento disciplinare dall’esito incerto, a continuare ad applicare tariffe imposte, in aperto contrasto, ancora un volta, con la ratio legis.
4.7) Ferma l’irrilevanza disciplinare della mera adozione, da parte del notaio, di comportamenti di prezzo indipendenti sul mercato, l’estensione dell’autonomia privata, con la conseguente possibilità di pattuire compensi inferiori rispetto a quelli discendenti dalla applicazione della tariffa, non deve in ogni caso tradursi in un pregiudizio per il cliente in termini di qualità della prestazione (come è reso palese dalla norma che affida alle disposizioni deontologiche delle diverse categorie professionali ed ai codici di autodisciplina il compito di prevedere misure a garanzia delle qualità delle prestazioni professionali: D.L. n. 223 del 2006, art. 1, comma 3), nè può realizzarsi attraverso pratiche professionali scorrette e con strumenti di acquisizione della clientela non conformi all’etica della comunità professionale alla quale il notaio appartiene e del più vasto gruppo sociale entro il quale svolge la sua professione e anche la sua vita di relazione (cfr., con riferimento agli avvocati, Cass., Sez. Un., 18 novembre 2010, n. 23287; Cass., Sez. Un., 10 agosto 2012, n. 14368).
Di qui l’importanza, per un verso, della previsione di regole deontologiche che quella qualità consentano sempre di assicurare, in conformità delle speciali e peculiari caratteristiche tecniche della professione notarile. Il notaio, infatti, giurista di alta qualificazione che accede alla professione a seguito di una rigorosa selezione e sottoposto a vigilanza e controlli ispettivi anche a fini disciplinari, è un pubblico ufficiale con il compito di attribuire agli atti di cui è autore il carattere di autenticità, assicurandone al contempo la conservazione, l’efficacia probatoria e la forza esecutiva; ed il suo intervento, tanto per la consulenza che fornisce in modo imparziale ma attivo alle parti, come per la redazione del documento autentico che ne è il risultato, conferisce all’utente del diritto la sicurezza giuridica e, prevenendo possibili liti, costituisce un elemento indispensabile per la stessa amministrazione della giustizia. Ma come la tariffa non è di per sè garanzia della qualità della prestazione, cosi la deroga alla tariffa con la pattuizione di un compenso più basso rispetto alla stessa non equivale in alcun modo a prestazione scadente.
Di qui, ancora, la sanzionabilità, sotto il profilo disciplinare, dell’illecita concorrenza realizzata attraverso comportamenti del notaio contrari ai doveri di correttezza professionale o servendosi di altri mezzi non confacenti al decoro ed al prestigio della classe notarile, come il citato art. 147, comma 1, lettera e, continua a prevedere, una volta venuto meno, per abrogazione, il riferimento alla condotta di riduzioni di onorari, diritti o compensi. Il che avviene, a titolo esemplificativo, quando il notaio esegua la propria prestazione in modo sistematicamente frettoloso o compiacente o violi il principio di personalità della prestazione, ovvero provveda a documentare irregolarmente, anche dal punto di vista fiscale, la prestazione resa, o ponga in essere comportamenti di impronta prettamente commerciale non confacenti all’etica professionale (si pensi all’acquisizione di rapporti di clientela a mezzo di agenzie o procacciatori o con modi non conformi alla correttezza o al decoro, o, ancora, all’offerta di servizi, come finanziamenti e anticipazioni di somme, che non rientrano nell’esercizio dell’attività notarile) o non adeguati alla diligenza del professionista avveduto e scrupoloso, o che possano comunque nuocere alla sua indipendenza, alla sua imparzialità e alla sua qualità di pubblico ufficiale”.
5) Dalle argomentazioni svolte discende l’accoglimento dei primi due motivi di ricorso, restando assorbito il terzo.
Esso concerne la violazione e falsa applicazione dell’art. 30 della tariffa notarile approvata con D.M. 27 novembre 2001, e la denuncia di vizi di motivazione.
Le censure riguardano le contestazioni disciplinari relative alla applicazione sistematica di compensi inferiori ai minimi di tariffa e attengono alla sussistenza in punto di fatto degli addebiti, irrilevante alla luce dei principi di diritto che ne escludono la consistenza disciplinare.
6) E’ invece da respingere il quarto motivo, con il quale il notaio denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 6 e 26 del codice deontologico e dell’art. 147 L.N. e vizi di motivazione.
La censura si riferisce all’addebito di cui agli artt. 26 e 147 della legge notarile, che sanzionano la stipula in maniera costante e sistematica di atti fuori dallo studio professionale, nonché nei giorni e nelle ore di assistenza obbligatoria. La sentenza riferisce che è stato accertato che, nel mese di ottobre 2009, 62 atti su 87 della raccolta (il 71%) vennero stipulati fuori dalla sede di (OMISSIS), dei quali 27 nei giorni di assistenza obbligatoria in sede; nel mese di novembre 51 su 78 atti stipulati fuori sede, di cui 9 nei giorni di assistenza obbligatoria.
La ricorrente sostiene che il numero degli atti stipulati fuori sede “non può assumere in sè alcuna rilevanza ai fini dell’accertamento della violazione dell’obbligo in questione, dal momento che il combinato disposto di cui agli artt. 6 e 26 L.N. non vieta la stipulazione di atti fuori sede ma vincola il notaio ad assicurare la presenza nella sede di assegnazione soltanto nei giorni e negli orari stabiliti dal presidente della corte d’appello ed eventualmente dal consiglio notarile”.
Ne desume che l’unico dato rilevante ai fini della responsabilità disciplinare è solo il numero di atti stipulati fuori sede nei giorni e negli orari di assistenza obbligatoria. In proposito la ricorrente deduce che “nella maggior parte dei casi l’orario di stipulazione degli atti contestati non rientrava nella fascia oraria deputata all’assistenza alla sede, di talché a tali atti non poteva attribuirsi alcuna rilevanza ai fini della individuazione della sua eventuale responsabilità disciplinare”.
Si duole pertanto della omessa valutazione di tale circostanza e afferma che soltanto 22 atti su 165 complessivi (e 36 oggetto di specifico rilievo) erano stati stipulati al di fuori degli orari di assistenza alla sede stabilita dal presidente della corte d’appello.
6.1) Il motivo non merita accoglimento.
La Corte di appello ha ricordato che secondo l’art. 6: “Per il miglior soddisfacimento delle richieste di prestazione notarile il notaio è tenuto ad assistere personalmente allo studio anche in giorni e per ore diversi da quelli fissati dal Presidente della Corte di Appello, secondo le disposizioni impartite dai Consigli Notarili sulla base della situazione locale della sede e tenendo conto dei criteri indicati dall’art. 45, comma 2 R.N. e di ogni altro elemento.
Il Consiglio Notarile propone al Presidente della Corte di Appello una revisione dei giorni e degli orari di assistenza sulla base dei propri deliberati.
Nei giorni ed ore prescritti per la personale assistenza allo studio il notaio è tenuto a limitare le proprie prestazioni fuori della sede a singoli e particolari casi”.
Secondo l’art. 9: “E’ vietato al notaio assistere ad uffici secondari nei giorni fissati per la assistenza alla sede”.
Ha poi ritenuto, sulla base dei dati sopra riportati che il grande numero di atti stipulati fuori sede, sia in generale, che nei giorni di assistenza obbligatoria, in considerazione della brevità del tempo di osservazione, della tipologia impegnativa degli atti (mutui e vendite) e della loro scadenza continuativa dimostrassero che l’incolpata avesse avviato una “pratica costante e sistematica”.
Ha aggiunto che per gran parte degli atti non vi era alcun riferimento soggettivo (le parti) né oggettivo (gli immobili) alla sede notarile “o al suo ufficio secondario”, circostanze valorizzate anche nella decisione della CoReDi integralmente riportata nella sentenza impugnata e in essa recepita.
Queste valutazioni non si espongono alla critica, poiché costituiscono un’applicazione ragionevole dei principi deontologici ricordati, da leggere unitariamente, nel senso che è la sede dello studio notarile il luogo su cui deve essere incentrata l’attività del professionista, circostanza contraddetta nella specie, dall’alta incidenza percentuale – tra il 62 e il 71% – degli atti più significativi posti in essere fuori sede. Coerenti con questa valutazione di sostanziale elusione dell’obbligo deontologico è l’evidenziazione dell’assenza di nesso con la sede dei fattori che potevano giustificare l’attività fuori sede per specifiche esigenze della clientela.
La complessiva valutazione è assorbente – e quindi ha sicuramente tenuto conto – delle difese relative all’orario di svolgimento delle prestazioni e si sottrae quindi alla censura di omessa motivazione delle circostanze ad esso relative.
E’ logico e coerente con l’assunto svolto in sentenza il presupporre che a poco vale l’accortezza di fissare gli orati di stipula in momenti non ricompresi nella fascia oraria espressamente vincolata, atteso che l’attività complessiva che ruota intorno alla stipula implica un insieme di incombenze e di adempimenti che, a fronte di una percentuale così alta di atti svolti fuori sede, documentano la violazione dell’obbligo di cui all’art. 6, laddove impone al notaio di assistere personalmente allo studio anche in giorni e per ore diversi da quelli fissati dal Presidente della Corte di Appello.
La tesi di parte ricorrente vorrebbe capovolgere il senso di questa disposizione e del suo nesso con l’art. 9. Quest’ultima disposizione sancisce la ingiustificabilità di atti compiuti fuori sede in orari ufficialmente calendarizzati per la sede principale, ma non si traduce, come vorrebbe il ricorso, nella facoltà, fuori da tale fascia vincolata, di fissare arbitrariamente il centro effettivo dei propri interessi professionali.
E’ la sede notarile che, a legislazione vigente, rimane il perno intorno a cui deve ruotare e su cui va commisurato deontologicamente – l’operato del professionista.
Per effetto dell’accoglimento dei primi due motivi del ricorso, la sentenza impugnata è cassata in relazione alle censure accolte.
Non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa può essere decisa nel merito.
Il notaio C. deve essere assolto dall’incolpazione di violazione dell’art. 147, comma 1, lett. c), della legge notarile.
Resta ferma la condanna alla sanzione pecuniaria di Euro 100 per l’altra violazione contestata.
8. – Sussistono evidenti motivi, atteso l’accoglimento parziale del ricorso e la novità dell’orientamento giurisprudenziale che è prevalso, per l’integrale compensazione tra le parti delle spese del giudizio di cassazione.
P.Q.M.
La Corte accoglie primo e secondo motivo di ricorso, assorbito il terze.
Rigetta il quarto motivo.
Cassa senza rinvio la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e assolve il notaio ricorrente dagli addebiti relativi.
Spese compensate.
Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Sezione Seconda Civile, il 8 gennaio 2013.
Depositato in Cancelleria il 17 aprile 2013

Decreto Ministero della giustizia 27/11/2012, n. 265

Dal 1 aprile 2013 è entrato in vigore il D.M. che determina i  parametri per oneri e contribuzioni, precedentemente basati sulla tariffa notarile, dovuti alla Cassa nazionale del notariato e al Consiglio nazionale del notariato e agli archivi notarili per il  compimento  degli  atti attribuiti al notaio e soggetti ad iscrizione a repertorio e per tutte le altre operazioni attribuite agli archivi notarili. I paramentri disciplinati dal DM riguardano le tasse dovute per gli atti compiuti dal notaio e contributi professionali per quanto (Tassa Archivio; Tassa di iscrizione al registro generale dei testamenti;  Contributi da  versare  alla  Cassa  Nazionale  del  Notariato  e  al Consiglio Nazionale del Notariato; Tasse e contributi determinati in misura graduale; Tasse e contributi determinati in misura fissa; Diritti dovuti per copie, estratti, certificati ed altre operazioni degli archivi notarili).

 

Legato avente ad oggetto un rapporto bancario

Legato avente ad oggetto un rapporto bancario

a cura della D.ssa Filomena Agnese Chionna

 

Il Consiglio Nazionale del Notariato ha analizzato il tema del legato avente ad oggetto un “rapporto bancario” e le conseguenze della mancanza dei beni che ne formano oggetto.

Lo studio analizza la fattispecie in cui il testatore leghi ad un determinato soggetto una somma di denaro ovvero titoli depositati presso un istituto bancario, analizzando l’ipotesi in cui una volta apertasi la successione, la somma od i titoli oggetto del legato non si trovino più, in tutto o in parte, depositati presso la banca indicata dal testatore.

Si pone, infatti, un problema di compatibilità tra  la staticità della clausola cristallizzata

all’interno della scheda testamentaria e la dinamicità del rapporto bancario, soggetto nel tempo a

continue modificazioni qualitative e quantitative.

Diverse sono state le ipotesi ricostruttive: il legato di genere; il legato di cosa da prendersi dal patrimonio del testatore; il legato di cosa da prendersi da certo luogo; il legato di credito.

Si è affermato che la ricostruzione di un legato avente ad oggetto somme di denaro o titoli che risultino depositati presso un  determinato istituto bancario non può che fondarsi sull’interpretazione della volontà del testatore. Non è apparso possibile individuare una ricostruzione unitaria del fenomeno proprio perché in base alla volontà del testatore varia la scelta della disciplina applicabile.

Si è rilevato che in mancanza  di una volontà del testatore chiaramente manifestata in tal senso all’interno della disposizione testamentaria, un legato avente ad oggetto una somma determinata di denaro depositata presso uno specifico istituto bancario non possa considerarsi come legato di genere ex art. 653 c.c. Il riferimento al conto corrente o ad un determinato rapporto bancario, infatti, evidenzia la volontà del testatore di ancorare l’efficacia della disposizione alla perdurante esistenza di quel rapporto alla data di apertura della successione. Non sarebbe dunque giustificabile l’applicazione dell’art. 653 c.c. che condurrebbe a ritenere il legato comunque pienamente efficace anche nell’ipotesi in cui il bene legato non sia più esistente nel patrimonio del testatore al momento della di lui morte ovvero lo sia solo in parte.

Si può inoltre ritenere che laddove la somma legata sia già determinata dal testatore nel suo

preciso ammontare non può venire in rilievo il legato di cosa da prendersi da certo luogo di cui

all’art. 655 c.c. Essendo infatti, in tal caso, l’oggetto della disposizione già pienamente individuato

non può funzionare quel meccanismo di relatio ad locum che caratterizza questo tipo di legato. In

esso il riferimento al luogo serve a determinare l’oggetto della disposizione, cosa che qui non può accadere essendo la somma già determinata in tutti i suoi elementi.

La libertà del testatore nel modellare la disposizione che pur faccia riferimento ad un rapporto bancario non consente di fornire, a priori, una interpretazione certa ed univoca, la quale potrà darsi solo  a posteriori, alla luce delle parole utilizzate e delle particolarità del caso concreto.

L’indagine della volontà del  de cuius non può arrestarsi alle espressioni usate nella singola

disposizione, bensì deve tener conto del complesso delle disposizioni nel loro insieme, solo così

potendosi individuare il tipo di legato che viene in rilievo.

Dalla soluzione interpretativa adottata discende in conseguenza la soluzione, già

evidenziata per ciascuna ipotesi, al problema che si pone laddove, al momento di apertura della

successione, il denaro o i titoli non risultino più sussistenti nell’ambito di quel determinato

rapporto bancario cui il testatore ha fatto riferimento.

In termini strettamente pratici, comunque, solo ove la disposizione in esame si configuri

come legato di genere il che richiederebbe, come si è visto, che il testatore non si limiti a

“lasciare” la somma di denaro, bensì evidenzi la sua volontà di “lasciarla” in ogni caso, anche

laddove non più sussistente in quel determinato conto corrente, la conseguenza della successiva

mancanza dei beni determinerà la persistente piena validità del legato.

In tutti gli altri casi, ferma la diversa natura giuridica e disciplina applicabile a seconda che si

tratti di legato di cosa da prendersi dal patrimonio del testatore, di legato di cosa da prendersi da

certo luogo ovvero di legato di credito, la conseguenza per l’ipotesi di successiva mancanza dei

beni sarà l’inefficacia, totale o parziale, del legato.

 

 

 

Atto “inter vivos”

ELABORAZIONE INTER VIVOS

di Gabriele Burlarelli

 

Tizio, vedovo e con due figli, Caio e Sempronio, interdetto, ha appena deciso di favorire entrambi i figli predisponendo due liberalità in loro favore.

A tal fine Tizio si reca, con tutte le parti interessate,  dal notaio Romolo Romani di Roma, nello studio di questi in Via Veneto 124, dichiarandogli quanto segue:

-Vuole donare in favore di Sempronio, il cui tutore è il fratello Caio ed il cui protutore è l’estraneo Primo, una villetta a due piani sita in Latina, dichiarando al notaio che ha da qualche mese ultimato la costruzione di una piccola cantinetta sotterranea, non ancora accatastata, e che è sua ferma intenzione che la badante rumena Alina, che amorevolmente accudisce Sempronio, ne abbia la proprietà alla morte di quest’ultimo.

– Vuole pagare  all’estraneo Mevio la somma necessaria, pari ad euro 300.000,  per l’acquisto da parte dell’altro figlio Caio  di un fiorente terreno agricolo in provincia di Merano, di proprietà dello stesso  Mevio. In proposito, si precisa che  tutte le parti interessate sono ben disposte a fare quanto necessario per favorire la stabilità di  tale acquisto.

Tutte le parti e lo stesso notaio parlano fluentemente sia l’italiano che il tedesco e vorrebbero che l’atto fosse redatto in tale lingua.

Il candidato, assunte le vesti del notaio, dando per effettuati tutti gli adempimenti preliminari, rediga quanto richiesto dalle parti e, dopo aver motivato le soluzioni adottate, tratti in parte teorica del conflitto d’interessi nella donazione, della sostituzione fedecommissaria, soffermandosi sul caso di specie, e del rapporto tra le liberalità indirette e il diritto di opposizione alla donazione, alla luce della recente giurisprudenza.

 

 

Svolgimento del dott. Gabriele Burlarelli

Rep. N. …                                                                                                                 Racc. N. …

Donazione

Compravendita e Adempimento del Terzo

REPUBBLICA ITALIANA

L’anno …, il giorno …, del mese di  … (tutto in lettere per disteso), in Roma, nel mio studio sito alla via Veneto n. 124.

Dinanzi a me dott. Romolo Romani, Notaio residente in Roma, ed iscritto nel Ruolo presso il Collegio dei Distretti Notarili Riuniti di Roma, Civitavecchia e Velletri, ed alla presenza dei signori

– … (nome, cognome del primo testimone), nato a …, il …, e residente (o domiciliato) in …, alla via …, n. …;

– … (nome, cognome del secondo testimone), nato a …, il …, e residente (o domiciliato) in …, alla via …, n. …, intervenuti al presente atto in qualità di testimoni a me noti, ed aventi i requisiti di legge, come mi confermano

SONO PRESENTI

 

– Tizio … (nome, cognome), nato a …, il …, e residente (o domiciliato) in …, alla via …, n. …, codice fiscale n. …;

– Caio … (nome, cognome), nato a …, il …, e residente (o domiciliato) in …, alla via …, n. …, codice fiscale n. …;

– Primo … (nome, cognome), nato a …, il  …, e residente (o domiciliato) in …, alla via …, n. …, il quale dichiara di intervenire al presente atto non in proprio, bensì in qualità di protutore, e legale rappresentante del signor Sempronio … (nome, cognome), nato a …, il … e domiciliato ai sensi e per gli effetti dell’art. 45 c.c. con esso protutore, in …, alla via …, n. …, codice fiscale …, ed interdetto con sentenza del Tribunale di …, pubblicata in data … reg. cron. …, debitamente annotata nell’atto di nascita e nel Registro delle Tutele presso il Giudice tutelare di …, in data … al numero … .

Il comparente sig.Primo è stato tale nominato giusta decreto del Giudice Tutelare presso il Tribunale di (circondario di domicilio dell’interdetto)…, in data …, numero …, annotato presso il Registro delle Tutele del Giudice Tutelare di …, unitamente al giuramento prestato ai sensi dell’art. 349 c.c. in data …, ed è stato a quanto infra autorizzato con decreto del Giudice Tutelare presso il Tribunale di …, emesso ai sensi dell’art. 374 c.c., in data … numero … . Detti menzionati decreti di nomina ed autorizzazione vengono allegati al presente atto sotto le lettere “A” e “B”.

– Alina… (nome, cognome), nata a …, il …, e residente (o domiciliata) in …, alla via …, n. …, codice fiscale n. …, cittadina rumena in possesso di regolare permesso di soggiorno rilasciato da .. in data … ;

–  Mevio … (nome, cognome), nato a …, il …, e residente (o domiciliato), in …, alla via …, n. …, codice fiscale …;

Dette parti comparenti, della cui identità personale io Notaio sono certo, mi chiedono di ricevere il presente atto, al quale, congiuntamente,

PREMETTONO CHE:

a)      Il signor Tizio, come sopra costituito, è pieno ed esclusivo proprietario di una villetta a due piani, comprensiva di cantinetta, sita in Comune di Latina, con accesso dalla via …, n. …, , confinante con … (indicazione di almeno tre confini, ai sensi e per gli effetti dell’art. 29, comma 1, l. 52/1985), identificate rispettivamente  al Catasto Fabbricati del Comune di Latina come segue:

–           la villetta: foglio …, particella …, subalterno …, categoria …, classe …, Rendita Catastale Euro …, vani …, intestazione …, metri quadri totali …  ;

–          la cantinetta: al foglio …, particella …, subalterno …, categoria …, classe …, Rendita Catastale Euro …, vani …, intestazione …, metri quadri totali …;

b)      È ora intenzione del predetto sig. Tizio di donare, a mezzo del presente atto, il bene immobile sito in Latina al proprio figlio, Sempronio, assicurandosi nel contempo che,  per il tempo successivo alla morte di costui, la proprietà di quanto donato passi in proprietà alla propria badante Alina ;

c)      Il sig. Mevio è pieno ed esclusivo proprietario di un terreno agricolo sito in Provincia di Merano, e precisamente nel Comune di … (indicazione del comune di ubicazione), con accesso dalla via …, n. …, confinante con … (indicazione di almeno tre confini, ai sensi e per gli effetti dell’art. 29 comma 1, l. 52/1985), ed identificato al Catasto Terreni di Merano come segue: foglio …, particella …, categoria …, classe …, estensione …, Reddito Agrario Euro …, Reddito Dominicale Euro …, intestazione …;

d)      Sarebbe ora intenzione del predetto sig. Mevio di vendere detto terreno al sig. Caio, per il prezzo di seguito pattuito, che sarà corrisposto interamente dal sig. Tizio, ai sensi dell’art. 1180 ss. c.c.

Tutto ciò premesso, e da considerarsi quale parte integrante e sostanziale del presente atto, le costituite parti comparenti chiedono a me Notaio di ricevere il presente atto, che a fini di chiarezza e migliore intellegibilità viene suddiviso come segue:

TITOLO PRIMO: DONAZIONE

TITOLO SECONDO: COMPRAVENDITA ED ADEMPIMENTO DEL TERZO

TITOLO TERZO: DISPOSIZIONI COMUNI A DONAZIONE E COMPRAVENDITA

 

TITOLO PRIMO – DONAZIONE

ART. 1 – Consenso e oggetto

Il signor Tizio, come sopra costituito, alla presenza dei testimoni, dona e trasferisce, con dispensa da collazione ed imputazione,  al sig. Sempronio, per il quale, come autorizzato, accetta, e con animo grato, acquista il costituito protutore Primo, il diritto di piena ed esclusiva proprietà della villetta sita in Comune di latina, come identificata in consistenza, confini e dati catastali alla lettera a) delle premesse, che si ha per intero qui riportata.

 

ART. 2 – Sostituzione fedecommissaria

Il signor Tizio dispone a mezzo del presente atto, che il sig. Sempronio abbia l’obbligo di conservare quanto lui donato in data odierna, al fine di restituire alla propria morte l’immobile in oggetto a favore della signora Alina,che presta il proprio consenso,  il tutto ai sensi e per gli effetti del combinato disposto degli artt. 692 e 795 c.c.

La cura dell’interdetto Sempronio dovrà avvenire, sotto la vigilanza del tutore, sulla base delle seguenti modalità … (precisazioni sul concetto di “prendersi cura”).

… (eventuali disposizioni concernenti i diritti e gli obblighi del donatario,  alienazione dei beni, diritti dei creditori personali dell’istituito e devoluzione dei beni al sostituito, secondo la volontà del donante e nei limiti di legge).

ART. 3 – Dichiarazioni a fini fiscali

Ai fini fiscali le parti dichiarano:

a)      Che l’immobile oggetto del presente atto ha il valore di euro … (numeri e lettere);

b)      Che il donante è padre del donatario;

c)      Che il presente è il primo atto donativo intercorrente tra le predette parti comparenti;

TITOLO SECONDO – COMPRAVENDITA ED ADEMPIMENTO DEL TERZO

ART. 4 – Consenso ed oggetto

Il signor Mevio, come sopra costituito vende, ed a tal fine cede e trasferisce al signor Caio, che accetta ed acquista, il diritto di piena ed esclusiva proprietà del terreno agricolo sito in Provincia di Merano, e precisamente in Comune di …, come identificato in consistenza, confini e dati catastali alla lettera  c) delle premesse, che si ha per intero qui riportata.

 

ART. 5 – Prezzo ed indicazione analitica delle modalità di pagamento

Il corrispettivo per la presente compravendita immobiliare viene dalle costituite parti comparenti stabilito in complessivi euro 300.000 (trecentomila).

All’uopo il signor Tizio, ai sensi e per gli effetti dell’art. 1180 c.c., a titolo di adempimento del terzo, e per spirito di liberalità, con dispensa da collazione ed imputazione,   dichiara di versare, come versa dinanzi a me Notaio, con le modalità di cui infra ed in ogni caso nel rispetto della attuale normativa antiriciclaggio,  il detto convenuto prezzo, a beneficio del signor Mevio, il quale accetta, rilasciando ampia e finale quietanza liberatoria, di non aver null’altro a pretendere a tale titolo.

Il signor Caio prende, pertanto, atto dell’avvenuto adempimento perfezionato da Tizio.

Le parti, ai sensi della l. 248/2006 (cd. Legge Bersani), ammonite e rese edotte da me Notaio circa le conseguenze, anche penali, per il caso di dichiarazioni false, reticenti o fuorvianti, in particolare ai sensi degli articoli 3, 47 e 76 del D.P.R. 445/2000 – Testo Unico in Materia di Documentazione Amministrativa, e tenuto conto dei poteri di accertamento dell’amministrazione finanziaria, sotto la propria personale responsabilità

DICHIARANO

a)      Che detto convenuto prezzo viene regolato come segue: … (indicazione analitica delle modalità di pagamento, nel rispetto delle disposizioni di cui all’art. 49 d.lgs. 231/2007, e successive modifiche e integrazioni);

b)      Che esse parti comparenti, al fine del perfezionamento del presente atto, non si sono avvalse dell’opera di mediatore alcuno;

 

 

 

TITOLO TERZO DISPOSIZIONI COMUNI ALLA DONAZIONE E ALLA COMPRAVENDITA

ART. 6 – Precisazioni immobiliari

Quanto trasferito a mezzo del presente atto viene ceduto a corpo, e non a misura, nello stato di fatto e nella consistenza giuridica in cui attualmente trovasi, con ogni accessione, accessorio, pertinenza, servitù attiva e passiva connessa, che le parti donataria ed acquirente dichiarano di ben conoscere ed accettare.

 

ART. 7 – Possesso

Nel possesso, giuridico e materiale di quanto oggetto del presente atto le parti acquirenti vengono immesse dalla data del presente atto, con ogni effetto utile ed oneroso connesso.

 

ART. 8 – Garanzie

Le parti donante e venditore garantiscono la piena proprietà, e la libera disponibilità di quanto oggetto del presente atto, che viene pertanto ceduto libero da vincoli, pesi, iscrizioni o trascrizioni pregiudizievoli comunque a vantaggio dei terzi. Le predette parti garantiscono inoltre per l’evizione.

 

ART. 9 – Provenienza

Il signor Tizio dichiara che il bene donato a mezzo del presente atto ed identificato alla lettera a) delle premesse è lui pervenuto in virtù di … (indicazione dei titoli di provenienza sufficienti a coprire il ventennio).

Egualmente, il signor Mevio dichiara che il bene venduto a mezzo del presente atto a Caio è lui pervenuto in virtù di … (indicazione titoli di provenienza sufficienti a coprire il ventennio).

ART. 10 – Dichiarazioni urbanistiche

Il signor Tizio, consapevole e reso edotto delle conseguenze anche penali per il caso di dichiarazioni false, reticenti o fuorvianti, ai sensi degli artt. 3, 47 e 76 del D.P.R. 445/2000 – T.U. sulla documentazione amministrativa, ed in virtù dell’art. 46 D.P.R. 380/2001 – T.U. sull’edilizia e l’urbanistica

 DICHIARA CHE:

– L’immobile sito in Latina, oggetto del presente atto è stato edificato in virtù di … (licenza, concessione o permesso di costruire, a seconda della vetustà dell’edificio), rilasciato dal competente Ufficio del Comune di Latina, in data …, numero …;

– Che dalla data del rilascio ad oggi non sono intercorsi cambiamenti soggetti a provvedimenti sanzionatori o al rilascio di ulteriori titoli abilitativi.

 

Egualmente, ed ai sensi dell’art. 30 D.P.R. 380/2001 – T.U. in materia di edilizia ed urbanistica, e tenuto conto delle prescrizioni di cui al D.P.R. 445/2000, il signor Mevio esibisce alla parte acquirente, che ne prende atto, il Certificato di Destinazione Urbanistica relativo al terreno agricolo in Provincia di Merano, Comune di … (indicazione del Comune di ubicazione) , rilasciato dalle competenti Autorità comunali in data … (non più di un anno), al numero …, che in originale viene allegato al presente atto sub lett. “C”.

Il medesimo Mevio all’uopo dichiara che dalla data del rilascio ad oggi non sono intercorsi mutamenti degli strumenti urbanistici vigenti.

 

ART. 11 – Conformità catastale

Ai sensi e per gli effetti dell’art. 29 comma 1 bis l. 52/1985, come introdotto dal D.L. 78/2010, successivamente convertito in l. 122/2010, le parti alienanti

DICHIARANO

a)      Che i dati catastali dei beni immobili oggetto del presente atto sono quelli in catasto, riferiti alle planimetrie a firma del geometra … (nome e cognome), iscritto all’Albo dei Geometri della Provincia di …, al numero …, raffigurante gli immobili in oggetto;

b)      Che vi è piena conformità della planimetria e dei dati catastali allo stato di fatto degli immobili in oggetto

Io Notaio avendo compiuto completa visura ipotecaria e catastale, relativamente a tutti gli immobili oggetto del presente atto, e sempre ai sensi delle citate norme di legge

ATTESTO

Che vi è piena conformità tra l’intestazione catastale e le risultanze dei Registri Immobiliari.

ART. 12 – Ipoteca legale

Le parti alienatarie dei beni oggetto del presente atto rinunziano ad ogni diritto di ipoteca legale nascente in loro favore dal presente atto, ai sensi dell’art. 2817 c.c., esonerando pertanto il sig. Conservatore dei Registri Immobiliari di …, da ogni responsabilità a riguardo.

 

Art. 13 – Regime Patrimoniale

Ai sensi della l. 151/1975 e per le finalità di cui all’art. 2659 c.c., le parti dichiarano

– Tizio di essere di stato libero;

– Caio di essere … (indicazione del regime patrimoniale di Caio)

– Mevio di essere … (indicazione del regime patrimoniale di Mevio)

– Sempronio di essere … (indicazione del regime patrimoniale di Sempronio).

– Alina di essere … (indicazione del regime patrimoniale di Alina ).

 

Art. 14 – Spese ed oneri

Spese ed oneri dipendenti ed accessorie del presente atto cedono a carico delle parti, come per legge.

 

E richiesto io Notaio ho ricevuto il presente atto, e ne ho dato lettura, unitamente a quanto allegato e presenti i testimoni, alle costituite parti comparenti, le quali, da me interpellate, lo approvano, confermano, ed unitamente ai testi e a me notaio, lo sottoscrivono, in calce e in margine, e con gli allegati tutti, in data odierna, alle ore …, e minuti … . Consta di n. … fogli, per complessive n. … pagine, scritte interamente da me Notaio con mezzi elettronici.

 

– Tizio … (sottoscrizione con nome e cognome di Tizio);

– Caio … (sottoscrizione con nome e cognome di Caio);

– Primo … (sottoscrizione con nome e cognome di Primo, protutore di Sempronio);

– Alina … (sottoscrizione con nome e cognome di Alina);

– Mevio … (sottoscrizione con nome e cognome di Mevio);

–  … (sottoscrizione con nome e cognome del Primo Testimone);

–  … (sottoscrizione con nome e cognome del Secondo Testimone);

–  Romolo Romani, notaio … (sottoscrizione con nome e cognome del Notaio)

… (Impronta del Sigillo, ai sensi dell’art. 52 L.N.)

… (Seguono allegati, debitamente sottoscritti)

MOTIVAZIONE

Il caso sottoposto all’attenzione del Notaio Romolo Romani di Roma presenta alcune problematiche di ordine formale e sostanziale.

Sotto il primo punto di vista, può puntualizzarsi come, essendosi in presenza di un atto donativo, si renda necessaria l’inderogabile presenza dei testimoni. Inoltre, dalla fattispecie delineata si evince come tutte le parti, ed anche il Notaio rogante siano a conoscenza della lingua tedesca. Ed infatti, le parti stesse inoltrano specifica richiesta al Notaio di ricevere l’atto in tale lingua. Ora, se tale richiesta, almeno astrattamente, sembra non porre alcun problema di sorta, si deve in verità dare attenta lettura del disposto dell’art. 54 L.N., il quale ammette la possibilità di ricevere l’atto in una lingua diversa dall’italiano (nella fattispecie, come visto, quella tedesca), ma a condizione che le parti costituite ed il Notaio non conoscano la lingua italiana, mentre dal caso de quo risulta il contrario. Per questa specifica ragione l’atto è stato ricevuto in lingua italiana.

Dal punto di vista sostanziale, è volontà delle parti quella di addivenire ad un atto di donazione da parte di Tizio, a beneficio dei propri figli, Sempronio e Caio, ma con modalità diverse l’uno dall’altro, e precisamente, attribuendo a titolo di liberalità diretta un bene immobile sito in Latina al primo, e facendosi carico del pagamento del prezzo di una compravendita immobiliare del secondo, a titolo di liberalità indiretta.

Procedendo con ordine, può notarsi come Tizio voglia, primariamente donare la villetta in Latina al figlio Sempronio. Dalla situazione, come delineata, si evince che costui è interdetto, essendo stato nominato il proprio fratello Caio quale tutore, ed il sig. Primo quale protutore.

Si sottolinea che,  poiché vi è il concreto rischio di un’assenza di serenità decisionale da parte del rappresentante, che potrebbe pertanto dare priorità e prevalenza ai suoi interessi, piuttosto che a quelli (potenzialmente contrastanti) del rappresentato Sempronio, si è ritenuto che tale conflitto d’interessi sussistesse in capo al fratello Caio, che non dovrebbe possedere l’adeguata serenità per decidere l’opportunità o meno di accettare una donazione quale legale rappresentante del fratello. Oltretutto, all’apertura della successione del donante, ove ne ricorressero i presupposti, lo stesso Caio potrebbero agire per la riduzione della suddetta donazione, senza contare l’antergazione di Sempronio negli obblighi alimentari, ecc.

Pertanto  emerge la necessità di costituire in atto il protutore Primo, chiamato istituzionalmente a svolgere le medesime funzioni tutorie per il caso di conflitto di interessi o di incompatibilità del tutore. Essendo costui un estraneo, non avrà interessi confliggenti con quelli di Sempronio, che rappresenta, potendo operare imparzialmente le migliori scelte per quest’ultimo.

Tizio inoltre intende perfezionare una donazione in via indiretta a beneficio di Caio. Ora, la donazione indiretta rappresenta un istituto configurabile e sussumibile sotto schemi causali diversi, che ha in comune con la donazione la volontà – da parte di chi lo pone in essere – di avvantaggiare un determinato soggetto senza alcun arricchimento. In tal caso, Caio addiviene al perfezionamento di un atto di compravendita per un terreno agricolo sito in Provincia di Merano, con Mevio, e l’atto di liberalità che Tizio viene a perfezionare verso Caio si inserisce nel profilo causale della compravendita mediante l’assunzione (di Tizio stesso) dell’obbligazione di pagamento del prezzo – pari ad euro 300.000 – nascente in capo a suo figlio Caio, acquirente. E’ agevole comprendere come dal pagamento integrale del corrispettivo da parte di Tizio, Caio risulti (indirettamente, appunto) agevolato, essendosi concretizzata la fattispecie donativa indiretta.

È inoltre volontà di Tizio di far pervenire, successivamente alla morte di Sempronio, i beni lui donati in proprietà della fedele badante Alina, che amorevolmente lo assiste. L’istituto che meglio garantisce il soddisfacimento di un simile desiderio sembra essere quello delineato dall’art. 692 c.c., in materia di sostituzione fedecommissaria, che contempla e concepisce l’unica ipotesi riferita a sostituzioni fedecommissarie, ammessa nel nostro ordinamento, ipotesi estensibile a norma dell’art. 795 c.c. anche alle donazioni.

I beni dell’istituito (Sempronio), passeranno – al momento della sua morte – nella piena proprietà di Alina (sostituito), che ha in vita accudito e curato l’interdetto Sempronio.

Sarà pertanto necessaria, da parte del donante, e nel rispetto dei limiti di legge, un’accurata disciplina relativa ai diritti ed obblighi di Sempronio, della possibilità e modalità di alienazione dei beni, oltreché delle modalità di devoluzione dei beni ad Alina, al momento della morte di Sempronio.

La stessa Alina in ogni caso è intervenuta in atto al fine di prestare il proprio consenso all’operazione.

Come sopra accennato, è volontà delle parti di rendere definitivamente ‘stabile’ l’acquisto donativo indiretto di Caio, perfezionata mediante compravendita con prezzo pagato ex art. 1180 c.c. da Tizio (“donante”). L’atto che maggiormente si attaglia ad una simile richiesta risulta essere la rinunzia dell’opposizione alla donazione da parte di Sempronio (non essendo più in vita l’altra parte potenziale a cui l’ordinamento riconosce tale diritto, la moglie di Tizio). Pertanto, con tale atto stragiudiziale, Sempronio potrebbe rinunziare definitivamente a far valere la possibilità di sospendere la tutela reale (derivante dal decorso del ventennio successivo alla trascrizione della donazione immobiliare) nei propri confronti, e di poter agire in restituzione verso i successivi aventi causa dei donatari, rendendo così “definitivo” l’acquisto in favore di Caio.

Tuttavia un recente arresto giurisprudenziale ha escluso la possibilità di poter esercitare l’azione di restituzione quando ad essere ridotta è una donazione indiretta. Pertanto si è ritenuto preferibile assecondare tale orientamento, non facendo attuare alcuna rinuncia alle parti interessate.

Infine, in ordine alla cantina recentemente ultimata, nel complesso immobiliare di Latina, si è dato per presupposto l’avvenuto accatastamento, anteriormente alla stipula del presente atto, essendo altrimenti impossibile un valido atto traslativo di proprietà, a seguito dell’introduzione del comma 1bis all’art. 29 della l. 52/1985, ad opera del D.L. 78/2010, poi convertito con modificazioni in l. 122/2010, in tema di cd. ‘conformità catastale’, la quale commina con la nullità radicale il trasferimento di dette unità non conformi catastalmente.

PARTE TEORICA

 

a)         La sostituzione fedecommissaria

 

Per il tramite della sostituzione fedecommissaria il disponente impone al beneficiato istituito, l’obbligo di conservare quanto ricevuto onde farne restituzione, alla morte, ad altro soggetto, appellato sostituito o fedecommissario. L’istituto, evidentemente connotato dalla finalità di conservare e mantenere uniti i beni familiari, nel vigente ordinamento è stato piegato a finalità assistenziali di cura di soggetti incapaci, essendo altrimenti del tutto vietato, sotto pena di nullità della relativa disposizione (arg. ex art. 692 c.c.). La funzione assistenziale giunge fino al punto da consentire che il fedecommesso possa riguardare anche la porzione legittima spettante all’interdetto, in deroga al principio di cui all’art. 549 c.c, secondo il quale alla quota di riserva non possono essere apposti pesi o limitazioni di alcun genere. D’altronde per l’ipotesi in cui il sostituito non si sia preso effettivamente cura dell’incapace il comma 6 dell’art.692 c.c. sancisce l’improduttività degli effetti propri della sostituzione.

Premesse queste brevi nozioni, si osserva come l’oggetto della sostituzione fedecommissaria può sostanziarsi tanto nell’intero asse ereditario, quanto in una quota dei beni ereditari o, addirittura, in un unico bene a titolo di legato, cui si affianca una figura peculiare (cd. fedecommesso de residuo), riferito al meccanismo della sostituzione fedecommissaria in ordine ai soli beni che il testatore prevede siano avanzati dall’istituito.
Attualmente infatti il lascito può comprendere tutti i beni, in essi compresa la porzione legittima spettante ai riservatari, ciò che era escluso esplicitamente dal vecchio testo dell’art. 692 c.c. Al riguardo, v’è però chi in dottrina ha sollevato il problema della legittimità costituzionale della norma sotto il profilo dell’ingiustificata deroga rispetto al principio di eguaglianza (art. 3 Cost. ). L’interdetto infatti sarebbe pregiudicato nella misura in cui la porzione legittima spettantegli risulta gravata dall’onere di conservare onde restituire, ponendolo in una situazione diversa da quella di tutti gli altri. E’ tuttavia agevole ribattere che l’incapace si trova oggettivamente in una situazione diversa da quella di un soggetto capace. La sostituzione ha proprio lo scopo di consentire una più efficace protezione dell’interesse dell’istituito, dal momento che il sostituito deve assumere la cura, elemento costitutivo del fedecommesso.

La sostituzione fedecommissaria può dirsi imperniata su tre fondamentali elementi: la duplicità della chiamata, il cd. ordo successivus, l’obbligo di conservare per restituire, imposto all’istituito, a vantaggio e beneficio del sostituito, e la cura dell’incapace. Si procederà ora ad una sommaria analisi dei citati elementi.
a) La duplicità della delazione importa un’immediata vocazione tanto per l’istituito quanto per il sostituito. Secondo la prevalente opinione non rileva neppure la diversità del titolo della chiamata: pertanto si riscontra la figura in esame anche quando l’istituito sia chiamato a titolo di erede e il sostituito a titolo di legato.
b) L’ordine successivo consiste nella posposizione dell’efficacia della delazione a favore del sostituito in esito al venir meno dell’istituito, il quale invece è immediatamente investito della titolarità del lascito. La delazione non riguarda contemporaneamente istituito e sostituito, ma quest’ultimo dopo il primo ed in conseguenza della morte di costui. In questo senso la sostituzione fedecommisaria si differenzia rispetto alla sostituzione ordinaria, nella quale manca l’ordine successivo, essendo puramente disposta in previsione dell’eventuale impraticabilità che il beneficio raggiunga l’istituito. In sostanza mentre nella sostituzione fedecommissaria sia istituito, sia il sostituito acquistano i diritti ereditari (anche se secondo un certo ordine cronologico), in quella ordinaria l’acquisto si verifica o in capo all’uno o in capo all’altro.
c) L’obbligo facente capo all’istituito di conservare e restituire che viene riferito ordinariamente alla figura in considerazione deve essere rettamente inteso. A rigore infatti non può dirsi sussistente un obbligo in senso proprio: l’effetto del sub ingresso del sostituito all’istituito è automatico e non deriva certo dalla volontà di quest’ultimo, il quale è soggetto al meccanismo, dotato di effetti reali, di legge.
I beni oggetto del lascito sono oggettivamente indisponibili, se non alle condizioni di cui all’art. 694 c.c.  Incomberà piuttosto sugli eredi dell’istituito l’obbligazione di eseguire la consegna materiale dei beni al sostituito. Maggiore attenzione merita invero l’obbligazione di conservare i beni. Di essa si parlerà più diffusamente con riferimento al commento di quanto prescrive l’art. 693 cod. civ. in relazione ai diritti ed agli obblighi dell’istituito.

d) La cura dell’incapace è l’ultimo dei requisiti della fattispecie. L’art. 692 c.c., prevede al riguardo la constatazione del fatto che il sostituito abbia avuto cura dell’interdetto, in questo modo rinviando ad un giudizio posteriore alla fine della vita dell’istituito.

Dal punto di vista ‘soggettivo’, può osservarsi come il cd. sostituito, sia quel soggetto che in esito alla morte dell’istituito subentra nel lascito oggetto del fedecommesso. Ai sensi dell’art. 692 c.c. deve essere identificato nella persona fisica o nell’ente che, sotto la vigilanza del tutore, si assume la cura dell’istituito incapace.  Il modo di disporre del citato art. 692 c.c. evoca un problema di primaria rilevanza, relativo alla necessità o meno di stabilire se il disponente debba individuare con precisione la persona fisica o l’ente beneficiario, oppure tale scelta sia possibile anche ex post.

Secondo un’opinione l’indicazione specifica, in base ai principi generali, non potrebbe mancare.

In particolare l’art.628 c.c., imporrebbe che il disponente stesso avesse indicato il beneficiario in modo tale da poter essere individuato fin dal momento dell’apertura della successione. In altri termini non sarebbe praticabile un’identificazione successiva. Altri, di contro, rilevano, ed in senso diametralmente opposto, come addirittura non sarebbe permessa l’individuazione da parte del testatore di una persona specifica, dovendo l’art. 692 c.c. essere interpretato come istitutivo di un rinvio per relationem alle risultanze fattuali. Sostituito potrebbe essere considerato quel soggetto che, alla prova dei fatti, si fosse occupato della cura dell’incapace. A ben vedere l’espressione della legge non è univocamente orientata. Sicuramente la ratio legis è quella di assicurare in concreto che la cura dell’incapace sia vera e reale. In questo senso è banale osservare come il giudizio circa l’effettività della cura sia ricavabile soltanto a posteriori , vale a dire in esito alla morte dell’istituito: solo in quel momento si potrebbe infatti riferire se il medesimo sia stato accudito ovvero abbandonato. In un certo senso lo stesso modo di disporre del 1 comma del citato art.692 c.c. suggerirebbe una valutazione postuma.

Non si può, tuttavia, pensare che la cura dell’interdetto costituisca una sorta di risultato da perseguire nel corso di una gara il cui premio consista nella percezione del beneficio finale (peraltro condizionato alla premorienza dell’istituito). La soluzione del problema è ardua. In definitiva appare condivisibile l’opinione di chi ammette sia che il testatore possa designare specificamente il sostituito, sia che il medesimo concepisca una disposizione in forza della quale il sostituito venga individuato soltanto a posteriori, in forza della effettiva assunzione dell’incarico di provvedere ai bisogni dell’incapace. In questo senso non sarebbe neppure escluso l’avvicendamento di un soggetto ad un altro, con tutto ciò che ne segue quanto alle difficoltà di identificare il sostituito. Si tratterebbe di una quaestio voluntatis, fermo restando che la disposizione con la quale fosse semplicemente enunciato il lascito a titolo di sostituzione di colui che si sia occupato della cura dell’incapace non può di per sé essere considerata invalida a mente dell’art. 628 c.c. proprio in funzione del tenore testuale dell’art. 692 c.c., che ne costituirebbe deroga per l’ipotesi specifica.

In particolare, con riferimento alla sostituzione fedecommissaria che interessa il caso di specie, ed anche sulla scorta di quanto precedentemente affermato in motivazione, può affermarsi che il beneficiario della donazione (Sempronio), quale istituito, avrà il compito di amministrare il bene, e di goderne liberamente fintanto che in vita, ma successivamente al suo decesso il detto cespite immobiliare verrà trasferito nella disponibilità della badante rumena Alina, che amorevolmente si prende cura di lui. Come evidente, ricorrono tutti i presupposti per l’operatività dell’art. 692 c.c., e precisamente, la cura dell’istituito, il duplice ‘passaggio’ dei beni, l’ordine successivo dei beneficiari, e l’obbligo in capo all’istituito Sempronio di ‘conservare per restituire’, al successivo beneficiario (sostituito), cioè, Alina.

Tale risultato tecnico è ben possibile tenendo  a mente il disposto dell’art. 795 c.c. che dispone testualmente al I comma che “nelle donazioni non sono permesse le sostituzioni se non nei casi e nei limiti stabiliti per gli atti di ultima volontà”, rendendo pertanto possibile anche una sostituzione fedecommissaria nell’ambito di una donazione.

b)    Il conflitto di interessi nella donazione

La donazione, quale atto a titolo gratuito, perfezionato con animo liberale, può dare luogo a delicati problemi concernenti possibili conflitti di interessi tra le parti contraenti.

La figura del conflitto di interessi – di difficile enucleazione – viene a verificarsi allorquando due o più soggetti si trovino in particolari situazioni che possono compromettere o viziare la genuina e naturale formazione ed esecuzione del negozio. In altri termini, può accadere che – per le ragioni più varie – determinati soggetti debbano, in rappresentanza di altri, operare delle scelte che, in presenza del conflitto, sarebbero deviate non verso l’interesse dei rappresentati (com’è naturale che sia), ma verso i propri, con mortificazione degli interessi perseguiti dal contratto e dalle parti stesse.

Una delle principali cause di conflitto di interessi nella donazione è senza dubbio dato dal particolare rapporto tra genitori e figli, su cui da molto tempo dottrina e giurisprudenza hanno focalizzato l’attenzione. E’ singolare notare che, a dispetto dell’apparente banalità della vicenda negoziale, il dibattito che si è sviluppato in ordine alla disciplina legislativa da applicare ha reso la relativa questione una delle più tormentate e controverse in materia di volontaria giurisdizione. Sul tema ancor oggi si confrontano due principali correnti di pensiero.

Da un lato, vi è un primo orientamento che sostiene che il contratto de quo sarebbe caratterizzato da un evidente conflitto d’interessi tra donante e donatario, con la conseguente applicabilità dell’art. 320, comma 6 c.c., e consequenziale nomina di un curatore speciale al minore. Questa tesi è, in verità, stata fatta propria anche dalla Suprema Corte di Cassazione in alcune sue sentenze di legittimità. Secondo la Corte, in particolare, il principale argomento a sostegno della tesi del conflitto d’interessi si ricaverebbe dalla lettera del 3 comma dell’art. 320 c.c., e cioè dalla previsione dell’autorizzazione giudiziale anche per l’accettazione della donazione pura e semplice, la quale – si precisa – difetterebbe di “base logica” laddove nella sovrana valutazione del legislatore fosse rimasta estranea la configurabilità di un potenziale contrasto tra la posizione del donante e quella del donatario. Dunque, dalla previsione normativa dell’autorizzazione giudiziale anche per l’accettazione della donazione non soggetta a pesi o condizioni, la S.C. fa discendere la possibilità di un pregiudizio per il minore donatario (che l’autorizzazione sarebbe diretta a scongiurare) e quindi la possibilità di un conflitto d’interessi con il genitore donante.

Sul fronte opposto a quello della giurisprudenza dominante si è attestata tradizionalmente la dottrina prevalente, la quale ha sempre negato in radice qualsiasi conflitto tra genitore donante e figlio minore donatario, aggiungendo che tale operazione negoziale, atteso l’imprescindibile dualismo di posizioni giuridiche, tipico di ogni contratto, presupporrebbe unicamente un impedimento ad accettare la donazione da parte dello stesso genitore donante.

Seguendo tale impostazione l’opinione maggiormente condivisa ha ritenuto che: a) qualora la donazione provenga da uno solo dei due genitori esercenti la potestà, la stessa potrà essere accettata dall’altro genitore ai sensi dell’art. 317 c.c. comma 1 c.c.;  b) nell’ipotesi di rifiuto o d’impossibilità dell’altro genitore così come nel caso in cui donante sia il genitore che esercita in via esclusiva la potestà troverà invece applicazione l’art. 321 c.c., con la conseguente nomina di un curatore speciale per il compimento dell’atto.

Si potrebbe in verità osservare come ancorare e collegare il conflitto d’interessi alla previsione normativa dell’autorizzazione giudiziale per l’accettazione della donazione (come fatto dal citato orientamento della Cassazione) rappresenti una scelta arbitraria in quanto fondata su un procedimento deduttivo (quello che ritiene di poter desumere la possibilità del conflitto dalla possibilità del pregiudizio per il minore) esattamente inverso a quello sotteso alla disciplina dettata dall’art. 1394 c.c. che regolamenta il conflitto d’interessi in funzione della possibilità di un pregiudizio che ne può derivare per il rappresentante.

La realtà è che la donazione (anche quella soggetta a pesi o condizioni) rappresenta un negozio che, almeno nella configurazione accolta dal legislatore, esclude per definizione qualsiasi possibilità di pregiudizio per il donatario. Orbene, e nello specifico di questa ipotesi, in un contesto nel quale il maggior affidamento proveniente dai genitori, in virtù del vincolo di sangue, ha indotto il legislatore a adottare minori cautele, appare ancor più evidente la necessità di un maggior rigore nell’accertamento dei presupposti del conflitto d’interessi il quale potrà configurarsi solamente nella sua reale effettività, tenendo conto dell’interesse collegato alla posizione istituzionale eventualmente ricoperta dal rappresentante legale, in proprio o come rappresentante di terzi, nonché in relazione alla funzione tipica del negozio concretamente posto in essere.

Nella vendita, ad esempio, non potrà che farsi riferimento all’interesse del compratore a conseguire per effetto dello scambio che si realizza, il miglior rapporto tra il bene acquistato e il prezzo pagato, e tale interesse non può non essere contrapposto all’interesse speculare del venditore.

Del resto non è un caso che il legislatore abbia escluso qualsiasi possibilità, per i genitori esercenti la potestà di rendersi acquirenti dei beni e dei diritti del minore (cfr. art. 323 c.c.)

Nella donazione, viceversa, l’unico interesse giuridicamente rilevante del donante risulta quello ad arricchire l’altra parte disponendo a favore di questa di un diritto o assumendo verso la stessa un’obbligazione, e rispetto ad esso l’interesse patrimoniale del donatario non può che essere convergente giammai in conflitto. Eventuali altri interessi, pur concretamente ipotizzabili, potranno assurgere al più al rango di motivi (che come noto sono di regola giuridicamente irrilevanti), salvo che, nella rappresentazione del soggetto agente, abbiano avuto tale peso nella determinazione negoziale da incidere sullo stesso profilo causale del negozio: in tal caso ben sarà possibile un conflitto d’interessi ma saremo fuori ovviamente dallo schema della donazione e ciò, naturalmente, anche ove ricorra un atto gratuito (non donativo).

Peraltro tali interessi, che si concretino in motivi della donazione o che comportino un declassamento della stessa ad atto gratuito o ad altro atto negoziale, non sfuggiranno certo alla valutazione che il giudice dovrà svolgere in sede di autorizzazione all’accettazione o all’acquisto del bene, oggetto dell’atto, da parte del minore. Ma gli stessi non verranno in rilievo in quanto tali bensì unicamente sotto il profilo della convenienza e opportunità economica dell’acquisto patrimoniale da realizzare.

Le considerazioni svolte appaiono sufficienti per escludere – in capo ad alcuna dottrina, ed in sintonia con l’indirizzo ad oggi prevalente – qualsiasi possibilità di conflitto d’interessi nella donazione al figlio minore e ciò indipendentemente dalla circostanza che tale donazione provenga da entrambi i genitori o da uno solo di essi: in quest’ultimo caso sarà altresì irrilevante che il genitore non donante assuma anche lui (assieme al minore) la veste di donatario.

Rimane un unico interrogativo:  se la dottrina che sostiene tale posizione abbia tratto da questa corretta impostazione del problema le giuste conclusioni.

Come sopra ricordato, l’orientamento che esclude qualsiasi conflitto d’interessi in tema di donazione da genitori a figlio minore ritiene nondimeno che nella fattispecie negoziale in oggetto ricorra un “imprescindibile dualismo di posizioni giuridiche” che impedisce l’accettazione della donazione (destinata al figlio minore) da parte dello stesso genitore donante.

Secondo la dottrina maggioritaria, dunque, non sarebbe utilizzabile lo schema del contratto con sé stesso disciplinato dall’art. 1395 c.c. Questa conclusione per quanto autorevolmente sostenuta e largamente condivisa, alimenta dei dubbi che si ritiene di dover analizzare.

Che la donazione esprima la necessità di un dualismo di posizioni giuridiche risulta assolutamente pacifico. Analogamente, appare fuori discussione che la rappresentanza legale non è assimilabile alla rappresentanza volontaria alla quale eminentemente si ricollega lo schema del contratto con sé stesso. Eppure tali argomentazioni non appaiono premesse idonee a giustificare una soluzione quale quella accolta dalla dottrina prevalente.

Invero, una volta esclusa per definizione la possibilità del conflitto d’interessi nella donazione fatta dai genitori al figlio minore, è lecito chiedersi perché mai le proposizioni sopra espresse dovrebbero costituire un impedimento al ricorso all’autocontratto. Pur volendo riconoscere nel contratto con sé stesso, previsto dalla richiamata norma codistica, un istituto eccezionale e non l’espressione di un principio generale da applicare in ogni caso in cui possa affermarsi l’esclusione di qualsiasi conflitto d’interessi tra rappresentante e rappresentato, non ci sono ragioni convincenti per ammettere quantomeno una lettura estensiva di tale disposizione.

Non è certo un caso che anche tra coloro che condividono la natura eccezionale dello strumento se ne affermi l’utilizzabilità in tutte le ipotesi nelle quali il contenuto del contratto sia determinato in modo da escludere la possibilità di conflitto d’interessi. Ed in particolare quindi anche in quelle in cui tale determinazione non sia frutto dell’iniziativa del rappresentato ma si colleghi all’oggetto del contratto. Ricorrendone identica ratio, analoga soluzione si ritiene debba coerentemente essere adottata qualora la determinazione oggettiva del contenuto del contratto (tale da escludere la possibilità del conflitto) sia conseguenza della particolare natura e struttura della fattispecie negoziale da realizzare.  Del resto la stessa formulazione letterale della norma sembra legittimare una tale interpretazione laddove non imputa esplicitamente e direttamente la determinazione del contenuto del contratto (tale da escludere la possibilità del conflitto d’interessi) al dominus.

 

 

c)         L’atto di opposizione alla donazione, in rapporto alle donazioni indirette

 

 

Il 6 comma dell’art. 563 c.c., come novellato dalla Legge 14 maggio 2005, n. 80 ed ulteriormente modificato dalla l. 28 dicembre 2005 n. 263, prevede che il coniuge o i parenti in linea retta del donante possano, entro venti anni dalla trascrizione della donazione, notificare e trascrivere un atto stragiudiziale di opposizione alla donazione.

Il compimento di tale atto ha l’effetto di determinare la sospensione dei termini ventennali, utili al perfezionamento della usucapione immobiliare.

L’atto di opposizione alla liberalità donativa di cui al menzionato art. 563 c.c. introduce un concetto assolutamente nuovo nel nostro ordinamento, e precedentemente sconosciuto. Per il tramite di esso il coniuge o il parente in linea retta del donante (nella sua presumibile qualità di futuro legittimario) manifesta la propria contrarietà a subire la preclusione all’azione recuperatoria nei confronti dei terzi, in esito al decorso di un ventennio a far tempo dalla donazione, nonché ad eventualmente subire il pregiudizio insito nel mantenimento anche oltre il ventennio degli effetti di una formalità pregiudizievole insistente sul bene donato ed oggetto della futura ed eventuale azione di riduzione.
Giova immediatamente fornire un elemento che costituisce un’indispensabile premessa rispetto a qualsiasi tentativo di inquadramento del nuovo istituto.

L’opposizione, come tale, infatti presuppone che si dia conto della fondamentale novità della novella. La stessa ha introdotto la limitazione cronologica rispetto alla possibilità di proporre azione di riduzione, o meglio di quella specifica azione di riduzione che consiste nell’azione recuperatoria contro i terzi. La restituzione dei beni ai terzi può infatti essere domandata, premessa l’escussione del donatario, soltanto entro 20 anni a far tempo dal perfezionamento della liberalità donativa.
La modificazione normativa parrebbe dunque avere introdotto un termine prescrizionale di anni venti relativamente all’azione recuperatoria contro i terzi di cui all’art. 563 c.c.

Detto termine prescrizionale può per l’appunto essere sospeso in relazione al compimento di un atto volontario, atto appellato come “opposizione”. Si tratta, come accennato, di una nuova tipologia di atto che sortisce un’efficacia del tutto peculiare, determinando, come detto, la sospensione di un intertempo la cui qualificazione, sotto il profilo degli istituti della prescrizione o della decadenza, è tutt’altro che agevole. In ordine alla natura giuridica dell’atto de quo, varie tesi si sono succedute in dottrina e giurisprudenza.

Secondo l’orientamento preferibile, il detto atto può leggersi in chiave negoziale. Chi manifesta l’intento di “opporsi” alla donazione in effetti altro non fa se non indicare la propria volontà in ordine a che non si producano determinate specifiche conseguenze che normativamente seguirebbero in esito al decorso del tempo (l’estinzione dell’azione recuperatoria contro i terzi, la purgazione da iscrizioni e trascrizioni pregiudizievoli del bene oggetto di donazione). E’ pur vero che, una volta che la fattispecie dell’atto di opposizione si sia perfezionata, è la legge a determinarne gli effetti, senza che vi sia spazio per la produzione di un’efficacia atipica. Infine, con riferimento alle caratteristiche dell’atto in questione, si può osservare, in una velocissima disamina, come esse siano, essenzialmente, la stragiudizialità, la personalità, la rinunziabilità, e la trascrivibilità del medesimo.

Volgendo lo sguardo alla tematica che più interessa in questa sede, ovvero al rapporto tra la descritta opposizione alla donazione e la tipologia donativa (invero assai diffusa nella pratica) delle donazioni indirette, può dirsi quanto segue. Elemento di studio prioritario in dottrina e giurisprudenza è stato quello di stabilire se la opposizione sia elemento proponibile anche contro le donazioni “indirette” e quindi, conseguentemente, di verificare il tema della trascrivibilità di una tale “opposizione” nei Registri Immobiliari.

Evidentemente, questo problema presuppone, a monte, che si ritenga proponibile l’azione di restituzione una volta accertata (con le azioni giudiziali a ciò preposte) la lesività della donazione indiretta. Da ciò, deve poi presupporsi l’art. 809 c.c., come capace di comprendere anche l’azione di restituzione tra quelle norme sulla riduzione delle donazioni che la medesima disposizione normativa estende alle liberalità che risultano da atti diversi da quelli previsti dall’articolo 769 c.c.. A prima vista, quest’ultima posizione può, forse, apparire eccessiva, specie se osservata dall’angolo visuale della stabilità delle contrattazioni per una compiuta tutela dei legittimari è concepibile che i loro diritti non vengano traditi mediante attività giuridiche che, pur non avendo la forma della donazione, ne abbiano tuttavia la sostanza (di modo che le sorti del beneficiario di una donazione ‘formale’ non possono essere differenti da quelle del beneficiario di una donazione vera e propria, sotto il profilo dell’esposizione alle possibili riprese del legittimario leso), è pur anche vero che quando si verte in tema di azione di restituzione si va a movimentare la sfera giuridica di un soggetto che, con il beneficio ottenuto dal donatario (indiretto) non ha nulla a che fare (a meno di ritenere una sua fraudolenta collusione, come invero di frequente può accadere in ristretti contesti familiari) e che, quando ha acquistato (dal “donatario” stesso o dai suoi aventi causa), non si è imbattuto, controllando i Registri Immobiliari, in nulla di allarmante: allora, se già è peculiare assistere alla fattispecie dell’avente causa del donatario che subisce l’azione di restituzione, ma essendo consapevole di aver trattato un bene oggetto di una donazione formale, la scena dell’ “esproprio” dell’avente causa ignaro (della pregressa donazione, mascherata dietro un negozio formalmente oneroso) assume evidenti e non contestabili connotati di intollerabilità, anche alla luce della Carta Costituzionale.

Alla luce di quanto detto, con tutta probabilità, la soluzione di questo dilemma si ottiene con l’ausilio della norma di cui al primo comma dell’articolo 1415 del codice civile, che dichiara la inopponibilità della simulazione (ma si ritiene che identico concetto possa ripetersi pacificamente con riguardo alle donazioni indirette) ai terzi che in buona fede hanno acquistato diritti dal titolare apparente, salvi gli effetti della trascrizione della domanda di simulazione: cosicché, prima della novella del 2005, una volta esperita vittoriosamente l’azione di riduzione e avendo constata l’ incapienza del beneficiario della disposizione lesiva, il legittimario che avesse agito in restituzione verso colui (attuale titolare del bene oggetto della disposizione lesiva)  che avesse ignorato la natura donativa dell’alienazione intervenuta tra il proprio dante causa e il de cuius si sarebbe sentito appunto eccepire dall’ attuale titolare del bene a suo tempo “donato” che l’ accertamento della simulazione (o dell’indiretta natura donativa del negozio esteriormente non donativo) non era a lui opponibile (a meno che ovviamente l’acquisto del terzo avente causa fosse stato trascritto dopo la trascrizione della domanda di simulazione).

Ora, prima della novella del 2005, l’azione di simulazione finalizzata all’esperimento della azione di riduzione a tutela del legittimario leso da un atto sostanzialmente donativo ma formalmente oneroso non era ovviamente concepibile prima della morte del donante poiché solo a questo punto ci si poteva porre un problema di lesione della legittima.

Dopo la novella del 2005, ben si può invece porre il problema della declaratoria della simulazione, poiché si tratta non più di una azione finalizzata all’ esperimento dell’azione di riduzione ma di una azione (di simulazione) finalizzata alla trascrizione dell’atto di “opposizione” (che non è ovviamente trascrivibile se non appunto con riguardo a una “donazione vera e propria”).

La suprema Corte di Cassazione, in una sua recente pronuncia (Cass. Civ.  I sez. n. 11496/2010),  ha evidenziato, , ponendo su due piani diversi le donazioni ordinarie e le donazioni indirette aventi per  oggetto beni immobili acquistati con danaro fornito da un soggetto diverso dall’intestatario, come l’azione di restituzione  non può trovare applicazione per le liberalità indirette.

Pertanto, la riduzione di tali atti non può mettere  in discussione la titolarità dei beni del donatario indiretto né incide sulla successiva circolazione degli stessi.  Le pretese restitutorie dei legittimari possono solamente concretarsi in un diritto di credito.