Oltre il mio nome

                       di Barbara Carrara & Samantha Mendicino

Quis est?

Mauro Vaglio è un Avvocato del Foro di Roma, con attività prevalente in materia civile. Dal 1995 circa ha cominciato ad occuparsi di politica forense e nel 1997 ha partecipato, venendo eletto, alle votazioni per i Delegati al Congresso di Trieste Grado, nel quale, tra l’altro,  è stato approvato il Codice Deontologico. Ha ripetuto la medesima esperienza positiva per il successivo Congresso di Napoli del 1999. Negli anni che seguono si è occupato di vari settori dell’Avvocatura attraverso importanti esperienze associative. In quel periodo dà avvio ad un nuovo modo di confrontarsi tra Colleghi: istituisce una newsletter che invia ai Colleghi/amici che fanno parte della sua mailing list, informandoli su novità legislative e giurisprudenziali, molti gli rispondono inviandogli suggerimenti, sentenze e altre utilità e dandogli così la possibilità di diffonderli a tutti. Di qui l’esigenza di rendere stabile quresto intescambio attraverso un sito web, che si costruisce e gestisce da solo con importanti riscontri da parte degli iscritti: www.maurovaglio.it. Per la prima volta nel 2006 viene candidato alle elezioni per il Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Roma e non viene eletto per 5 voti su 1.427 ricevuti. Negli anni successivi (2008, 2010 e 2012), invece, risulta sempre il prrimo degli eletti. Addirittura a febbraio di quest’anno viene eletto al primo turno, evento che a Roma non si verificava dal 1980, cioè da 32 anni. Il nuovo Consiglio, composto da ben 13 Consiglieri su 15 della sua lista, lo elegge Presidente il 23 febbraio 2012.

–  Affrontiamo prima di ogni altra domanda un argomento molto caro a tutti gli avvocati: l’obbligo di formazione professionale continua.  Tutti gli avvocati iscritti all’Albo, difatti, hanno il dovere di migliorare la propria preparazione professionale, tuttavia, molti avvocati lamentano la bassa utilità di una buona parte degli incontri formativi organizzati dai propri Consigli dell’Ordine. Quale è il Suo punto di vista al riguardo? E quali sono, se secondo Lei esistono, i punti di criticità dell’attuale sistema di formazione continua a carico degli avvocati?

Si tratta di un argomento che mi sta così a cuore che le mie pubbliche dichiarazioni contro questo tipo di formazione obbligatoria mi procurarono, nel 2008, un esposto al Consiglio dell’Ordine di Perugia (competente per le questioni disciplinari relative ai Consiglieri dell’Ordine di Roma). Naturalmente non contestavo l’importanza dell’aggiornamento professionale ma le modalità con cui questo veniva imposto ed effettuato.

Pur nelle difficoltà di individuare una soluzione valida, per il momento, il nuovo Consiglio ha ridotto il numero di crediti formativi necessari nel triennio, da 60 a 48, cercando inoltre di incentivare la formazione mirata. Tra le altre novità introdotte dal Consiglio di Roma, proprio per favorire una formazione efficace, si è stabilito che chi dimostri di avere frequentato corsi specifici e di avere svolto la relativa attività professionale in determinate materie possa fregiarsi della qualifica di “esperto in …”.

Molto resta ancora da fare, tenendo comunque conto che ormai l’obbligatorietà della formazione per tutti i professionisti è stata stabilita legislativamente.

–  Liberalizzazione della professione forense: una manovra (si dice) voluta dal mercato per facilitare il ricorso alla giustizia ed aumentare la concorrenza. Quale è, in tutta sincerità, l’opinione che Lei si è fatto in merito?

E’ l’ennesima mistificazione della realtà. La cd. liberalizzazione delle professioni, lungi dall’essere un beneficio per il singolo cittadino, si riduce ad un regalo per i poteri forti (banche, assicurazioni, grandi enti pubblici, e così via). Solo questi infatti, in virtù della loro posizione di forza, sono in grado di trattare i compensi con i professionisti.

Il semplice cittadino, al contrario, è addirittura svantaggiato rispetto al precedente sistema perché non è più tutelato dal divieto per l’Avvocato di oltrepassare i massimi previsti dalla Tariffa forense. Inoltre, se viene concordato un compenso in percentuale al risultato conseguito, potrebbe dover  pagare molto di più rispetto a quanto era originariamente previsto dalla Tariffa.

Infine, non vedo come sia applicabile, alla professione forense, l’espressione “liberalizzazioni”. Penso che non esista in Italia una categoria professionale altrettanto liberalizzata come quella degli Avvocati: siamo in circa 240.000 e solo a Roma abbiamo superato da tempo i 23.500. Quale liberalizzazione ancora ci deve essere?

I nostri governanti continuano, senza accorgersene, a propalare intenti evidentemente contraddittori: infatti, da una parte parlano di permettere un accesso maggiore alla professione (quindi con un aumento indiscriminato del numero degli iscritti) e dall’altra dicono che siccome siamo troppi è nostra la colpa del numero elevato di processi e, perciò, della lunghezza della giustizia.  

– La mediazione è, ancora oggi, uno degli argomenti più ‘caldi’ all’interno dell’ambito dell’avvocatura. E’ recente, poi, il parere negativo espresso dall’U.E. in merito. Quale è, secondo la Sua esperienza, la verità sulla “mediazione obbligatoria”?

Intanto il 23 ottobre di quest’anno si svolgerà innanzi alla Corte Costituzionale l’udienza di discussione sulla legittimità costituzionale di “questa” mediazione, quindi si saprà, nei debiti tempi, se il D.P.R. 4.3.2010 n. 28, che ha stabilito l’obbligatorietà della mediazione a pena di improcedibilità dell’azione giudiziaria, è costituzionale o meno.

L’opposizione dell’Avvocatura è incentrata principalmente sui costi che il cittadino è chiamato a sostenere in questa procedura di mediazione. Infatti, se tale procedura fosse gratuita, come lo erano i tentativi di conciliazione innanzi ai comptetenti Ispettorati per i processi di lavoro (stranamente abrogati proprio in concomitanza con il predetto decreto presidenziale), non avremmmo nulla in contrario. Il problema è che si obbliga il cittadino a sostenere in prima istanza il costo di attivazione della mediazione e poi, nel caso (molto frequente, anzi prevalente) di mancata conciliazione, quello di accesso all’autorità giudiziaria..

Peccato. I nostri governanti avevano la grande opportunità di creare una vera e propria cultura della mediazione offrendo incentivi e agevolazioni a chi avesse voluto utilizzarla ed invece hanno sprecato questa occasione rendendo la procedura obbligatoria e determinandone l’ormai evidente insuccesso.

 –  Il ruolo dell’avvocato: come viene considerato, di fatto, oggi e quale dovrebbe essere?

Purtroppo negli ultimi anni la professione ed il ruolo dell’Avvocato sono stati ingiustamente screditati dai mezzi di comunicazione che ne hanno dato, di volta in volta, immagini davvero negative. Si è passati dall’accusa di approfittare dei problemi giudiziari dei cittadini all’essere additati come la principale causa dei problemi della Giustizia. Non parliamo poi della leggenda metropolitana secondo la quale più dura il  processo più l’Avvocato guadagna.

Anche se in qualche raro caso penale questo può verificarsi quando si tenta di raggiungere la prescrizione del reato, sicuramente non accade nei processi civili nei quali la maggior parte degli Avvocati riceve un anticipo e poi percepisce il saldo solo alla fine della causa.

Si tratta, quindi,  di un’altra mistificazione della realtà. Ma è necessario riconoscere che se da un lato c’è una responsabilità dei media, dall’altro è mancata la capacità dell’Avvocatura di far capire alla gente comune che l’Avvocato è il baluardo del diritto di difesa e che qualsiasi indebolimento di questo diritto e qualsiasi limitazione della possibilità di rivolgersi, tramite una professionale difesa tecnica, ad un’autorità giudiziaria terza costituisce un grave colpo al sistema democratico.

L’Avvocato come baluardo della democrazia e della Giustizia, questa è l’immagine che dovremmo far emergere al di fuori dei nostri ristretti ambienti e a questo scopo stiamo approntando i migliori strumenti di comunicazione disponibili: così hanno fatto già il Consiglio Nazionale Forense e la Cassa Forense, così ha fatto il Consiglio dell’Ordine di Roma a livello territoriale e ad esso si stanno adeguando anche altri Consigli dell’Ordine.

–  Molti lamentano l’eccessivo numero dei laureati in legge che viene visto come una delle principali cause del sovraffollamento nelle aule dei tribunali. Per di più, statisticamente è risultato che gli studenti che non hanno le idee chiare sul proprio progetto di vita decidono di… iscriversi a giurisprudenza!

Secondo il Suo parere professionale: si tratta di una rimostranza infondata o esiste un presupposto di verità? Quali le conseguenze (positive e/o negative)? Ed, ove negative, quali gli eventuali rimedi?

L’unico modo per incidere sul numero così elevato di Avvocati è proprio quello di intervenire sul percorso universitario, permettendo di accedere alla pratica forense ed al successivo esame solo a coloro che dimostrino, nel corso degli studi universitari, una seria intenzione di intraprendere questa professione. Insomma una scelta definitiva che va manifestata già durante gli studi universitari con un numero massimo di posti disponibili per questo corso specifico.

–  Ed arriviamo ad un’altra nota dolente della professione: assodato che il numero degli avvocati è eccessivo rispetto alla domanda (si parla di oltre 240.000 legali in Italia), tuttavia, molti degli iscritti all’albo, di fatto, svolgono altre attività (amministrazione condominiale, insegnamento ecc.)? Ci sono responsabilità da parte dei singoli Consigli dell’Ordine degli avvocati? E quali le concrete soluzioni?

Personalmente ritengo che, una volta permessa l’iscrizione all’Albo degli Avvocati, non si possano imporre delle preclusioni, a meno che non ci si trovi di fronte ad attività incompatibili (ad esempio, esercizio del commercio, lavoro subordinato, e così via).

Non credo che il problema dell’Avvocatura possa essere individuato in quelle figure a cui Lei si riferisce. Non credo nemmeno che il numero degli iscritti che non esercitano realmente la professione forense possa determinare una diminuzione di lavoro per gli altri. Il vero problema è che ci sono troppi Avvocati che esercitano realmente la professione rispetto alle possibilità di lavoro per tutti.

In ogni caso il Consiglio dell’Ordine di Roma ogni settimana verifica se vi siano iscritti irreperibili e provvede a cancellarli. Certo una revisione più approfondita dell’Albo intendiamo farla, anche se, ripeto, non sarà questa la panacea dei mali dell’Avvocatura.

–  Professione forense e codice deontologico: per taluni, uno ‘sconosciuto’ tra le aule giudiziarie. Perchè, secondo Lei, esiste un così diffuso malessere tra gli avvocati che lamentano troppe violazioni al codice Deontologico e così poco interesse dei C.O.A. a perseguirle con sanzioni disciplinari?

Il Consiglio dell’Ordine di Roma, che ha il maggior numero di iscritti in Italia, è anche quello che, secondo una recente statistica del Consiglio Nazionale Forense, commina più sanzioni disciplinari. Noi ogni setitmana celebriamo 3 o 4 procedimenti disciplinari. Per capirci, quando arriva un esposto al Consiglio dell’Ordine viene delegato un Consigliere che istruisce la pratica e, quando la ritiene matura, chiede l’apertura del procedimento disciplinare o l’archiviazione. Le pratiche disciplinari sono veramente tante, ogni consigliere ne ha assegnate circa 150. E’ evidente come con questi numeri sia necessario parecchio tempo per la loro definizione, ma tutte vengono attentamente seguite.

L’aumento delle violazioni deontologiche è dovuto a molti fattori ed il tema è troppo delicato per poterlo affrontare in poche parole. Basti, però, dire che se da una parte molti sono i giovani che incorrono in violazioni più o meno gravi, ciò non significa che i “più esperti” ne siano totalmente immuni.

 

–  Università e Scuole di Specializzazione per la professioni legali: secondo il Suo parere, l’attuale sistema -così per come è strutturato e per come viene portato avanti dai responsabili della formazione- è capace di formare i giuristi del prossimo futuro? Ed in caso di risposta negativa: perchè e quali le possibili soluzioni? 

Personalmente sono sempre stato contrario a permettere che la frequentazione della Scuola di Specializzazione potesse sostituirsi ad una vera e concreta pratica forense. Analogo discorso vale per la possibilità, ora riconosciuta, di poter svolgere la pratica (valida per i 18 mesi richiesti) negli ultimi sei mesi di corso universitario.

Sarebbe stato sicuramente meglio includere, nel corso universitario, l’obbligo di svolgere uno stage presso gli studi legali, soprattutto in concomitanza con lo studio delle procedure. Questo avrebbe permesso al laureato di affrontare con cognizione di causa lo studio di tali esami determinanti e di affrontare poi in modo maggiormente proficuo il periodo di pratica forense. Anche qui mi sembra utile un esempio. Ogni volta che faccio un colloquio per inserire nel mio studio un neo-laureato come praticante faccio la seguente domanda: quale è la differenza pratica tra atto di citazione e ricorso? Ebbene, in molti anni ho visto pochissime risposte corrette a questa semplicissima domanda.

Ecco perché è necessario affiancare, allo studio universitario teorico, quegli aspetti pratici che consentano di vedere direttamente  come si preparano gli atti giudiziali, come si fanno le notifiche, e così via. Naturalmente ciò non deve essere considerato sostitutivo della successiva ed integrale pratica forense.

 – In linea con quanto sopra chiesto, parliamo del periodo di formazione del giovane avvocato sul campo (cd. “pratica forense) che è passato da 24 a 18 mesi. Si tratta, secondo Lei, di “innovazione” da valutare positivamente o meno? E perchè?

A mio parere non si può diventare veri Avvocati né con 18 né con 24 mesi di pratica forense. Ci vogliono anni di professione e studio. Tuttavia, pensando che fino agli anni ‘90 erano sufficienti 12 mesi di pratica, è facile rispondere che 18 mesi vanno benissimo. La vera questione è lo spirito con cui si conduce il periodo di praticantato. Se il giovane affronta l’impegno come se fosse un lavoratore dipendente non acquisirà tanto facilmente quell’esperienza e quelle capacità che sono necessarie per esercitare la professione con competenza ed efficacia.

Quello che consiglio sempre al praticante è che deve considerare ogni compito che gli viene assegnato come se fosse proprio, non eseguendolo in maniera acritica e meccanica ma cercando di cogliere i motivi per i quali un determinato atto va svolto in quel preciso modo e non in un altro.

Solo così potrà presto considerarsi un Avvocato in grado di mettere al servizio della collettività le proprie capacità professionali.

– Dalla giustizia cartacea alla giustizia digitale: può spiegarci quali sarebbero i vantaggi e quali le criticità? E, soprattutto: a che punto ci troviamo col processo di informatizzazione e quali le reali prospettive?

Questo è un argomento sul quale mi sono impegnato in prima persona e a cui tengo molto per gli importanti benefici che l’utilizzo delle nuove tecnologie può recare al mondo giudiziario e all’attività forense, con evidenti e positive ricadute a favore del cittadino.

Sembra che ormai i tempi siano maturi affinché il processo abbia un supporto telematico e negli ultimi tre anni sono stati fatti, in questo senso,  passi da gigante (visibilità delle sentenze civili e dei decreti ingiuntivi su Polisweb nonché di tutte le fasi processuali con possibilità di richiesta degli stessi tramite P.E.C., processo civile telematico completo per i decreti ingiuntivi del Tribunale, comunicazione dei biglietti di cancelleria in tempo reale a mezzo P.E.C., e così via).

Presto ci saranno novità ancora più importanti come la possibilità di pagamento telematico del contributo unificato e delle marche da bollo. Questo sarà un passo fondamentale poiché permetterà una serie di ulteriori utilità finora impossibili da realizzare come l’iscrizione  a ruolo completamente telematica, la consegna delle copie per via telematica da parte della cancelleria, ed altro ancora. Stiamo infatti lavorando affinché sia possibile il deposito tramite P.E.C. delle memorie ex art. 183 c.p.c., nonché delle comparse conclusionali e delle repliche.

Inoltre non abbiamo certo dimenticato il settore penale nel quale contiamo di permettere all’Avvocato, sotto la propria responsabilità, di accedere alle notizie di reato (il cd. 335 c.p.) che riguardano il proprio cliente.

Lavoriamo di comune accordo con dirigenti ministeriali, magistrati e cancellieri per utilizzare il processo telematico nella giustizia amministrativa, contabile e tributaria.

Nei prossimi mesi, quindi, spero proprio di poter annunciare molte importanti e positive novità.

– Avvocati e magistrati: pari dignità professionale, diverse funzioni. Giudica buono l’attuale rapporto tra le parti?

Più conflittuale, per i più, il rapporto tra avvocati e cancellieri o avvocati ed impiegati giudiziari (soprattutto per le notifiche in ambito pignoratizio) a causa delle inefficienze che allungano i tempi ed aumentano i costi di esecuzione. Quale è il Suo punto di vista?

Naturalmente ciascuno ha le proprie responsabilità, ma certamente l’atavica mancanza di personale nel settore giustizia ed il proposito del Ministero di ridurlo ulteriormente di oltre il 30% sono il segnale che, contrariamente a qualsiasi logica di efficienza, l’effetto sarà quello di limitare l’accesso alla giustizia rendendolo molto più difficile.

Premesso ciò, per quanto riguarda le esecuzioni si tratta di un problema emerso in questi ultimi mesi all’U.N.E.P. di Roma a causa del nuovo programma informatico imposto dal ministero e che ha rallentato la lavorazione delle istanze di pignoramento, sfratti e esecuzioni in genere.

Tuttavia, questo è proprio uno di quei casi in cui il lavoro comune di magistratura, avvocatura ed impiegati pubblici ha dato dei risultati utili. Infatti, da una parte le lamentele congiunte hanno indotto il Ministero ad intervenire per la modifica del predetto programma informatico, ma soprattutto si è raggiunta l’intesa con il Presidente della Corte d’Appello ed il responsabile dell’U.N.E.P. in base alla quale gli Avvocati avranno determinati sportelli a disposizione per il passaggio dei propri atti, addirittura con la previsione di lasciarli in una busta senza fare alcuna fila.

– Avvocati e regime tributario. Per molti il sistema è penalizzante soprattutto perchè non consente un efficiente investimento nell’acquisto di beni strumentali. E’ d’accordo sul fatto che occorrerebbe modificare l’attuale meccanismo di imposizione tributaria, magari introducendo un più efficiente sistema di detrazioni e/o deduzioni fiscali?

Qui entriamo in un campo molto complicato che ritengo debba essere affrontato da tecnici del settore. Sicuramente l’imposizione tributaria è ormai arrivata ad un limite non più sostenibile, ma questo vale per l’intera Nazione e non solo per noi Avvocati.

 

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