Quando una minore è il soggetto propositivo degli atti sessuali verso il padre. Corte di Cassazione, Sez. III penale, Sentenza 09 marzo 2012 n. 9349.
A cura della dott.ssa Francesca Lucchese
Massima
L’art. 609-quater c.p. punisce chiunque, al di fuori delle ipotesi previste dall’art. 609 bis c.p., “compie” atti sessuali con una minore. Nell’alveo di tale fattispecie sono da ricondurre anche gli atti sessuali compiuti su iniziativa della minore sulla persona dell’adulto, autore del fatto, a nulla rilevando che quest’ultimo assuma un comportamento inerte o passivo.
Ne consegue che risponde di tale delitto il genitore che con accondiscendenza partecipativa rimanga inerte, senza respingere gli approci della figlia minore che gli dà baci e pone in essere toccamenti dall’inequivoca valenza erotica.
Sintesi del caso
Una minore di anni dieci, durante i periodi trascorsi con il padre, faceva con lo stesso giochi erotici ( baci con la lingua e toccamenti in zone erogene).
Dalle risultanze processuali, emergeva che il padre, rimasto inerte e limitandosi a rimproveri verbali, aveva accettato per anni gli approci sessuali della bambina, nonostante la possibilità di rifiutarli.
Tra genitore e figlia si era instaurata una relazione nella quale l’uomo compiva con e sulla figlia atti che manifestavano non un affetto paterno bensì atti caratterizzati da una inequivoca valenza sessuale.
Il padre veniva ritenuto responsabile del reato previsto dall’art. 81 cpv. art. 609 quater cod. pen. ai danni della figlia minore degli anni dieci.
La materia del contendere
L’imputato, proponeva ricorso per Cassazione sostenendo l’erronea applicazione dell’art. 609 quater c.p. che richiede per il suo perfezionamento che l’agente compia atti sessuali tenendo una determinata condotta attiva con il minore.
Secondo la tesi prospettata dal ricorrente, infatti, la mera passività e l’inerzia dell’adulto è esente da sanzione in quanto non concretizza l’elemento oggettivo del reato.
Quaestio juris
Quali sono gli atti da considerarsi sessuali e sussumibili nella fattispecie di reato prevista dall’art. 609 quater c.p.? Quali sono le condotte vietate dalla norma?
Normativa di riferimento e recenti modifiche legislative.
Si segnalano le recenti modifiche normative in materia di reati sessuali avvenute ad opera della legge n. 172 del 1 Ottobre 2012 (Ratifica ed esecuzione della Convenzione del Consiglio dʹEuropa per la protezione dei minori contro lo sfruttamento e lʹabuso sessuale, fatta a Lanzarote il 25 ottobre 2007, nonché norme di adeguamento dellʹordinamento interno).
Pubblicata nella Gazzetta ufficiale della Repubblica italiana, serie generale, n. 235, dell’8 ottobre 2012.
Articolo 609 quater. Atti sessuali con minorenne. Soggiace alla pena stabilita dall’articolo 609-bis chiunque, al di fuori delle ipotesi previste in detto articolo, compie atti sessuali con persona che al momento del fatto:
1) non ha compiuto gli anni quattordici;
2) non ha compiuto gli anni sedici, quando il colpevole sia l’ascendente, il genitore anche adottivo, il tutore, ovvero altra persona cui, per ragioni di cura, di educazione, di istruzione, di vigilanza o di custodia, il minore è affidato o che abbia, con quest’ultimo, una relazione di convivenza.
Non è punibile il minorenne che, al di fuori delle ipotesi previste nell’articolo 609-bis, compie atti sessuali con un minorenne che abbia compiuto gli anni tredici, se la differenza di età tra i soggetti non è superiore a tre anni.
Nei casi di minore gravità le pena è diminuita fino a due terzi.
Si applica la pena di cui all’articolo 609-ter, secondo comma, se la persona offesa non ha compiuto gli anni dieci.
Articolo 609 bis. Violenza sessuale. Chiunque, con violenza o minaccia o mediante abuso di autorità, costringe taluno a compiere o subire atti sessuali è punito con la reclusione da cinque a dieci anni.
Alla stessa pena soggiace chi induce taluno a compiere o subire atti sessuali:
1) abusando delle condizioni di inferiorità fisica o psichica della persona offesa al momento dei fatto;
2) traendo in inganno la persona offesa per essersi il colpevole sostituito ad altra persona.
Nei casi di minore gravità la pena è diminuita in misura non eccedente i due terzi.
Nota esplicativa
E’ d’obbligo evidenziare che con la legge n. 66 del 15 febbraio 1996 è stata approvata la riforma dei reati in materia di violenza sessuale. Il punto centrale di questa riforma è stato il mutamento della oggettività giuridica dei reati in esame: il codice Rocco li prevedeva nella categoria dei reati contro la moralità pubblica e il buon costume.
Oggi, essi hanno assunto dignità di reati contro la persona in conseguenza della continua e acquisita consapevolezza che la libertà sessuale costituisce un insopprimibile aspetto della libertà sessuale.
In questa cornice generale, si devono rilevare le modifiche legislative intervenute in materia di lotta contro lo sfruttamento sessuale dei bambini e la pedopornografia anche a mezzo internet ad opera dalla legge n. 38 del 2006 e la recentissima legge n. 172 del 1 Ottobre 2012 (Ratifica ed esecuzione della Convenzione del Consiglio dʹEuropa per la protezione dei minori contro lo sfruttamento e lʹabuso sessuale, fatta a Lanzarote il 25 ottobre 2007, nonché norme di adeguamento dellʹordinamento interno).
Occorre preliminarmente prendere la mosse da un dato fattuale che emerge dalla lettura delle motivazioni della sentenza: “l’imputato rimaneva completamente passivo di fronte alle iniziative affettive della figlia e le intimava di smettere “.
Partendo da tale assunto, la Corte di Cassazione si è interrogata sull’elemento oggettivo necessario ai fini della configurabilità del reato di atti sessuali con minorenne.
Analizzando il significato semantico letterale previsto dall’art. 609 quater c.p.: “..Compie atti sessuali con persona..”, i giudici della Suprema Corte hanno affermato che la partecipazione attiva o l’iniziativa della vittima non assumono rilievo alcuno ai fini della punibilità del reato. Infatti, la dizione della norma permette di considerare vietati anche gli atti che il minore compie sulla persona dell’ agente.
Diversamente opinando, si rischierebbe di creare un vuoto nella tutela del minore che non può ritenersi giustificabile in presenza delle continue riforme legislative volte alla più ampia ed adeguata protezione dei soggetti deboli. Una simile interpretazione è da ritenersi coerente con la ratio dell’art. 609 quater c.p. che mira a tutelare l’integrità psico-fisica del minore nella prospettiva di un corretto sviluppo della personalità sessuale attraverso una assoluta intangibilità nell’ipotesi di minore degli anni quattordici.
Muovendo dai rilievo sopra esposti, la giurisprudenza maggioritaria afferma che in tema di atti sessuali con minori, reato connotato come a forma libera e comprensivo di tutte le possibili forme di aggressione al minore, non può riconoscersi alcuna efficacia giuridica al consenso prestato dalla persona offesa. Ciò in quanto si tratta di soggetti che la legge penale considera assolutamente privi di capacità di intendere e di volere.
Il relazione alla fattispecie di cui trattasi, occorre soffermarsi sul concetto di atti sessuali. Nel caso che ci occupa si trattava di baci sulla bocca e di palpazioni in zone erogene del corpo.
Secondo la giurisprudenza maggioritaria, la nozione di “atto sessuale” va interpretata alla luce della libertà sessuale, interesse protetto dalla fattispecie , e comprende non solo gli atti che involgono la sfera genitale, ma anche tutti quelli che riguardano zone del corpo note, secondo la scienza medica, psicologica, antropologica-sociologica, come erogene. In definitiva, si tratta delle zone del corpo conosciute come stimolanti dell’istinto sessuale.
Tra queste condotte vanno sicuramente ricompresi i toccamenti, palpeggiamenti e sfregamenti sulle parti intime, suscettibili di eccitare la concupiscenza sessuale anche in modo non completo e/o di breve durata, essendo del tutto irrilevante, ai fini della consumazione, che il soggetto abbia conseguito o meno la soddisfazione erotica.
Con maggiore impegno esplicativo deve rilevarsi che la Suprema Corte, ritenendo la non invasività degli atti sessuali (baci e carezze pur protratti nel tempo), ha annullato con rinvio affinchè i nuovi Giudici riconsiderino il tema della concedibilità della speciale attenuante della minore gravità dei fatti prevista dal comma 4 dell’art. 609 quater c.p.
Sentenze e precedenti conformi e difformi
Sulla nozione di atti sessuali:
-Cass. pen., sez. III, 27.09.2007;n.237294;
– Cass.pen., sez. III, 17.02.2006, n. 6329;
-Cass.pen., sez. III, 04.07.2000, n. 7772;
Elemento oggettivo del reato:
– Cass.pen., sez. III, 08.07.2004, n.29662.
Bibliografia
-Rel. n. III/10/2012 Roma, 19 ottobre 2012, sulle novità legislative pubblicata sul sito www.CortediCassazione.it;
-Codice penale annotato con la giurisprudenza, G. Lattanzi, 2011.
Testo sentenza
SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA PENALE
Sentenza 9 marzo 2012, n. 9349
Svolgimento del processo – Motivi della decisione
In parziale riforma della decisione del Tribunale, la Corte di Appello di Milano, con sentenza 19 marzo 2011, ha ritenuto T. G. responsabile del reato previsto dall’art. 81 cpv. art. 609 quater cod. pen. ai danni della figlia V. minore degli anni dieci e, concesse le attenuanti generiche prevalenti sulla aggravante, lo ha condannato alla pena di anni quattro di reclusione.
Per giungere a tale conclusione, i Giudici hanno rilevato come fosse errato partire, come richiesto dalla difesa, da una presunta strumentalizzazione della bambina da parte dei nonni materni per ottenerne l’affidamento, ma fosse necessitasse focalizzare l’attenzione sulle dichiarazioni della minore che è la fonte principale di prova.
V., nel corso dell’incidente probatorio, ha segnalato che, durante i periodi trascorsi con il padre (all’epoca era affidata alla madre poi morta), faceva con lui dei giochi “da fidanzati” (baci con la lingua e toccamenti); la bambina ha precisato che prendeva l’iniziativa di tali comportamenti e che il padre rimaneva inattivo, ma non respingeva i suoi approcci.
I Giudici hanno rilevato che la bambina – che non aveva problemi o turbe psichiche che compromettessero la sua attitudine a testimoniare- aveva reso una narrazione costante e coerente dimostrando precisione nel rispondere e capacità di resistere a domande suggestive. La Corte ha reputato che V. fosse attendibile e credibile e che le sue dichiarazioni non lasciassero margini ad equivoci per cui perdeva di consistenza la tesi difensiva secondo la quale i nonni materni avevano esercitato una pressione psicologica per fare interpretare a V. come illecite le condotte paterne.
La Corte ha concluso che gli atti per cui è processo- ai quali aveva partecipato l’imputato pur passivo senza sottrarsi come era suo dovere- avevano natura sessuale e di ciò il T. aveva piena consapevolezza avendo visto la figlia che si masturbava e, pertanto, avendo notato l’effetto di stimolazione erotica che aveva su di lei la intimità con il padre.
Indi, i Giudici hanno ritenuto che la fattispecie concreta fosse inquadrabile nel reato ex art. 609 quater cod. pen. e che non fosse concedibile l’attenuante e del fatto di minore gravità.
Per l’annullamento della sentenza, ha proposto ricorso per Cassazione il Procuratore Generale della Repubblica deducendo difetto di motivazione e violazione di legge. Sostiene che l’imputato non ha compiuto atti sessuali e non ha neppure indotta la figlia a compierli, anzi ha cercato con tutti i mezzi a sua disposizione di impedirli come emerge dalle dichiarazioni della stessa V.
Osserva, ancora, che alcune affermazioni contenute nella sentenza (come la “manipolazione a corpo nudo”) non hanno base probatoria.
Per l’annullamento della sentenza, ha, pure, proposto ricorso per Cassazione l’imputato a sensi dell’art. 606 cod. proc. pen., comma 1, lett. b).
Rileva che la possibilità che la bambina abbia subito influenza, anche involontaria, da parte del nucleo materno ricevendo l’idea che fosse morboso l’accaduto è dimostrato dalle seguenti circostanze:
= V. usa le stesse espressioni, non consone alla sue età e grado culturale, della teste S.;
= la bambina alle autorità americane, che avevano archiviato la denuncia, aveva riferito solo di baci alla francese la cui esistenza aveva appreso da un film; in Italia ha aggravato le sue dichiarazioni narrando anche di toccamento e precisando che era stato il padre a insegnarle quel tipo di baci;
= la consulente psicologica di parte, non tenuta in considerazione dai Giudici, ha convalidato la tesi difensiva;
= nel processo si sono presentati falsi documenti (con missive, figuranti spediti dalla bambinaia che la stessa non aveva scritto).
Il ricorrente deduce travisamento delle prove. V. nè nella dichiarazioni effettuate in America nè in quelle del presente processo ha riferito che il padre nei momenti di intimità fosse nudo; i Giudici hanno interpretato come una masturbazione della bambina quello che la stessa definiva solo un toccamento.
L’imputato lamenta che i Giudici non abbiano tenuto in considerazione che, pur non avendone l’obbligo giuridico, aveva sempre interrotto il comportamento esuberante della figlia e la circostanza emerge anche dalle dichiarazioni della S. teste dell’accusa.
Sostiene l’erronea applicazione dell’art. 609 quater cod. pen., che richiede per il suo perfezionamento che l’agente compia atti sessuali tenendo una condotta attiva con il minore; la mera passività e l’inerzia dell’adulto è esente da sanzione in quanto non concretizza l’elemento oggettivo del reato; il delitto previsto dall’art. 609 quater cod. pen. richiede una determinata condotta positiva per cui non si applica al caso la previsione dell’art. 40 cpv cod. pen.
Ravvisa una violazione del principio di necessaria correlazione tra accusa e sentenza perchè è mutata la condotta addebitata all’imputato (da soggetto che induce la minore a compiere atti sessuali a soggetto che subisce le attenzioni della figlia).
Il ricorrente conclude rilevando difetto di motivazione sulla mancata applicazione dell’attenuante dei fatto di minore gravità. Le parti civili hanno presentato memorie.
La principale tesi ed il baricentro della difesa si incentra nella circostanza che i nonni materni (per non perdere l’affidamento della bambina e la gestione del suo considerevole patrimonio) l’hanno “pilotata” nello accusare il padre oppure l’hanno indotta e valutare come comportamento morboso quella che era una lecita manifestazione di effetto tra figlia e padre.
La prospettazione rimane a livello di ipotesi non è confortata da elementi probatori o argomenti logici che rendano concreta la tesi che V. fosse il veicolo di altrui macchinazioni o fosse, comunque, suggestionata nello interpretare i fatti dalle negative influenze dei parenti; anzi sono riscontrabili circostanze di segno contrario che non danno consistenza allo assunto difensivo.
A tale conclusione, conduce la genesi della notizia di reato dal momento che la bambina, una volta presa con l’età consapevolezza della anomalia del comportamento paterno, si è confidata con la madre (non escussa perchè defunta) e con una insegnante, la S., di cui aveva fiducia raccomandandole di serbare il silenzio; la denuncia alle autorità della Florida è una iniziativa della insegnante e non dei familiari di V. (la circostanza risulta dalla sentenza di primo grado).
Anche il crescendo delle dichiarazioni della minore (rispetto a quanto riferito agli investigatori americani) è un elemento neutro non essendo dato sapere le modalità con cui si è svolto l’interrogatorio presso l’autorità giudiziaria straniera; è ben possibile che l’audizione protetta eseguita in Italia con l’ausilio di uno psicologo abbia positivamente influito nella emersione e verbalizzazione il patrimonio mnestico.
Nel corso dell’esame V. mette in luce elementi a favore del padre e tale rilievo conferisce valore alla genuinità e spontaneità del suo narrato.
La circostanza che la bambina ripeta ai Giudici la chiave di lettura della sua esperienza fornitale dalla S. non equivale ad una manipolazione dei ricordi.
La deduzione che, nell’attuale processo la parte civile abbia prodotto prove che la difesa dell’imputato reputa false (la relativa questione è sub iudice) non può retroattivamente riverberarsi sulle asserzioni della minore, rese in sede di audizione protetta.
Come correttamente segnalato dalla Corte di Appello il racconto di V. (che nel corso dell’interrogatorio ha dimostrato una maturità superiore alla età anagrafica) è coerente, lucido, circostanziato sì che non può essere il frutto della fantasia o della confabulazione della giovane dichiarante.
Di conseguenza, si può con serenità concludere che la bambina (che non nutre sentimenti negativi verso il padre di cui ha conservato l’affetto) abbia riferito delle esperienze veramente vissute e non fosse condizionata da auto o etero suggestioni; del resto – e la circostanza è di decisivo significato per sigiare l’affidabilità della minore- lo stesso imputato, con qualche sfumatura, ha ammesso i fatti storici posti alla base del processo.
Pertanto, per la risoluzione del caso necessita avere come referente il racconto di V., ma estrapolare dal testo del provvedimento in esame alcuni particolari della sua narrazione fraintesi dai Giudici (che hanno qualificato come masturbazione ciò che la piccola considerava come toccamenti in parti “riservate” ed hanno fatto riferimento “manipolazioni a corpo” nudo di cui la bambina non ha parlato).
Come precisato da V. – che ha più volte nel corso della deposizione ribadito il concetto- l’imputato rimaneva completamente passivo di fronte alle sue iniziative affettive e le intimava di smettere (e la circostanza è confermata da una teste dell’accusa).
Sta il fatto che, oltre alle labiali ed inutili raccomandazioni, il padre (che ben poteva prendere iniziative fattive e concrete per neutralizzare le manifestazioni non appropriate di affetto della figlia) ha accettato per anni il comportamento di V. Di conseguenza, la condotta dell’imputato, pur di accondiscendenza, non può qualificarsi omissiva, ma deve ritenersi partecipativa; il suo consenso alle iniziative della figlia era implicito nella loro prolungata accettazione nonostante la possibilità di rifiutarle.
Necessita, ora, valutare se gli atti per cui è processo siano da qualificarsi sessuali e sussumibili nella fattispecie di reato contestata alla luce delle critiche formulate dai ricorrenti.
Mentre l’art. 609 bis cod. pen. sanziona la condotta di chi costringe o induce taluno a compiere o subire atti sessuali, l’art. 609 quater cod. pen. punisce chi compie tali atti “con” un minore a nulla rilevando la partecipazione attiva o l’iniziativa della vittima.
La diversa dizione tra le due norme e la presenza della preposizione offre un segnale semantico forte che permette di considerare vietati anche gli atti che il minore compie sulla persona dell’agente.
La esegesi proposta negli atti di ricorso ha come ricaduta una irragionevole vuoto nella tutela del minore che non è giustificabile in presenza di una riforma legislativa orientata alla più consona protezione dei soggetti deboli; la interpretazione, inoltre, non si pone in sintonia con la ratio della norma che prevede l’intangibilità dei minori (tranne per l’area di liceità dell’art. 609 quater cod. pen., comma 2) perchè un precoce approccio a qualsiasi forma di sessualità può avere conseguenze negative sulla loro personalità ed armonico sviluppo.
Nel caso concreto, è circostanza accertata che la bambina esplorava il corpo dell’adulto anche in zone erogene e, pertanto, compiva sul padre atti connotati da una indiscussa valenza sessuale.
Inoltre, i baci (che erano accettati dall’imputato per quanto riferito) coinvolgevano la corporeità dei due protagonisti nei confronti dei quali, nel contesto relazionale instaurato, diventava indifferente il relativo ruolo assunto; con questo contatto fisico, l’uomo compiva con e sulla figlia atti manifestati un affetto non paterno, ma erotico che raggiungevano la soglia della rilevanza penale.
Non si evidenzia la dedotta mutatio libelli dal momento che, prima di affrontare il dibattimento, il T. era edotto della versione dei fatti fornita dalla figlia (non in perfetta sintonia con il capo di imputazione) per cui è stato in grado di approntare una fattiva azione difensiva su tutti gli elementi della accusa.
Meritevole di accoglimento è la residua deduzione.
Il caso che ci occupa è del tutto peculiare perchè era la minore il soggetto propositivo degli atti sessuali che considerava un passatempo giocoso ed innocuo fino a quando, maturando con l’età, non ha preso consapevolezza della illiceità del comportamento paterno; ciò non ha impedito alla minore di conservare sentimenti di affetto verso il genitore e di rimpianto per la sua lontananza come si evince dalle dichiarazioni dello incidente probatorio.
Tali rilievi uniti alla non invasività degli atti sessuali (baci e carezze pur protratti nel tempo) induce la Corte a ritenere insufficiente e non congruo l’apparato argomentativo della sentenza sulla non applicabilità della attenuante della minore gravità dei fatti; di conseguenza, si impone un annullamento con rinvio ad altra sezione della Corte di Appello di Milano perchè i nuovi Giudici riconsiderino il tema della concedibilità della speciale attenuante.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata con rinvio ad altra sezione della Corte di Appello di Milano limitatamente alla applicabilità della attenuante del fatto di minore gravità; condanna l’imputato alla rifusione delle spese sostenute nel grado dalle parti civili liquidate per ciascuna in complessivi Euro tremila oltre accessori di legge.