Nota a sentenza n. 8554 del 2012
a cura dell’Avv. Giuseppe Benfatto
Corte di Cassazione, Sezione 3 Civile
Sentenza 29 maggio 2012, n. 8554
Massima
Il diritto al risarcimento del danno spetta anche a colui che esercita un potere soltanto materiale sulla cosa, e , del danneggiamento di questa, risente un pregiudizio al suo patrimonio, indipendentemente dal diritto, reale o personale, che egli abbia all’esercizio di quel potere ( nella specie, la Corte, pur riconoscendo in astratto il risarcimento del danno in favore del mero detentore della cosa, ha escluso il diritto al risarcimento in capo al guidatore di un veicolo, atteso che lo stesso non aveva fornito alcuna prova della titolarità del veicolo, ne era stata provata l’incidenza sul suo patrimonio del danno di cui chiedeva la riparazione mediante risarcimento).
Sintesi del caso
La vicenda sottoposta all’attenzione dei giudici di legittimità riguardava la domanda di risarcimento danni presentata avanti al Giudice di pace di Roma da un soggetto che assumeva di aver subito un danno patrimoniale in seguito ad un sinistro stradale che vedeva coinvolto un veicolo di cui non risultava provata la proprietà. Il giudice di primo grado accoglieva la domanda risarcitoria e condannava le controparti al pagamento della somma di euro 7.230,40. Tale decisione veniva impugnata davanti al Tribunale di Roma che riformava la decisione di primo grado accogliendo la censura del difetto di legittimazione attiva del danneggiato e condannava il danneggiato a restituire al somma, pagata in esecuzione della sentenza di primo grado, alla compagnia assicuratrice.
Avverso quest’ultima sentenza il danneggiato propone ricorso per cassazione.
I giudici di legittimità fanno rilevare che la decisione impugnata non contraddice il principio secondo cui il diritto al risarcimento del danno spetta anche a colui il quale esercita un potere soltanto materiale sulla cosa, e, dal danneggiamento di questa risente un pregiudizio al suo patrimonio; invece, la decisione contestata muove dalla considerazione che il titolo, dedotto a fondamento della presente azione risarcitoria, era rappresentato dal diritto di proprietà dell’autovettura danneggiata e dall’ulteriore rilievo che nella fase destinata allo svolgimento del thema probandum non era stata fornita alcuna prova della titolarità del veicolo. Per la Corte l’attore che intendeva far valere la propria qualità di detentore non poteva limitarsi ad allegare una situazione di possesso, ma doveva dimostrare con prove idonee l’esistenza a suo favore della situazione di possesso e l’incidenza sul suo patrimonio del danno di cui chiedeva il ristoro. In considerazioni di tali carenze probatorie il ricorso principale veniva rigettato.
Questio iuris
L’importanza della decisione sta nel fatto che questa ribadisce il principio che la legittimazione attiva nell’azione di risarcimento danni può essere riconosciuta anche ad un soggetto diverso dal proprietario del veicolo, ma sottolinea l’onere, incombente sull’attore, di provare due importanti aspetti: l’esistenza in favore dell’attore della situazione di detenzione o possesso e l’incidenza sul suo patrimonio del danno di cui si chiede il ristoro.
Tale questione non è di poco momento, poiché capita di frequente che si presenti al magistrato la necessità di compiere una valutazione sulla titolarità dell’azione di risarcimento in capo ad un soggetto non proprietario del bene danneggiato.
Si pensi alle sole ipotesi di utilizzo di un veicolo concesso in leasing finanziario o noleggiato per un lungo periodo o affittato per qualche giorno. Ancora, altre ipotesi di utilizzo del bene da parte di un soggetto non proprietario si configurano nelle ipotesi di prestito o comodato d’uso, ovvero di affidamento del bene a terzi: si ponga mente all’assegnazione di un’auto aziendale. Altra ipotesi frequente è il possesso del veicolo da parte di un soggetto che lo ha acquistato ma non ha provveduto ancora a regolarizzare il trasferimento presso il pubblico registro automobilistico.
In tutti questi casi la Corte rammenta che non vale la sola intestazione del veicolo nei pubblici registri ad escludere la legittimazione attiva al risarcimento del danno proposta da un soggetto diverso dall’intestatario, ma per escludere la legittimazione si deve verificare che l’attore non eserciti un potere di controllo o di imperio sul bene, riconducibile all’art. 1140 cod. civ., e che dal danneggiamento del bene non risenta di un pregiudizio nella sua sfera patrimoniale. Al contrario, l’attore che chiede il risarcimento deve essere in grado di provare questi stessi elementi, se non vuole incorrere in un difetto di legittimazione attiva.
Normativa di riferimento
Art. 81 cpc
Sostituzione processuale. Fuori dei casi espressamente previsti dalla legge, nessuno può far valere in nome proprio un diritto altrui.
Art. 100 cpc
Interesse ad agire. Per proporre una domanda o per contraddire alla stessa è necessario avervi interesse.
Art. 1140 cc
Possesso. Il possesso è il potere sulla cosa che si manifesta in un’attività corrispondente all’esercizio della proprietà o di un altro diritto reale.
Si può possedere direttamente o per mezzo di un’altra persona, che ha la detenzione della cosa.
Art. 2043 cc
Risarcimento per fatto illecito. Qualunque fatto doloso o colposo, che cagiona ad altri un danno ingiusto, obbliga colui che ha commesso il fatto a risarcire il danno.
Art. 2697 cc
Onere della prova. Chi vuol far valere un diritto in giudizio deve provare i fatti che ne costituiscono il fondamento.
Chi eccepisce l’inefficacia di tali fatti ovvero eccepisce che il diritto si è modificato o estinto deve provare i fatti su cui l’eccezione si fonda.
Nota esplicativa
Nella sentenza in esame l’attore intendeva far valere il suo potere di fatto sulla cosa danneggiata. Al fine di comprendere la sua posizione è opportuno chiarire che la proprietà è una situazione di diritto, mentre il possesso è una situazione di fatto. L’art. 1140 cc lo definisce come “il potere sulla cosa che si manifesta in un’attività corrispondente all’esercizio del diritto di proprietà”. Trattandosi di una situazione di fatto per conseguire il possesso non occorre la capacità di agire, ma è sufficiente la capacità naturale di intendere e di volere. Se di regola il proprietario è anche possessore, nella prassi, come detto, può accadere che il proprietario non possiede la cosa e altri ne abbia il possesso. Ciò accade anche nel caso di furto, in quanto il derubato rimane proprietario della cosa e il ladro ne ha il possesso senza esserne proprietario.
Oltre al possesso corrispondente al diritto di proprietà, possesso pieno, è configurabile anche un possesso corrispondente al contenuto di altri diritti reali, che viene definito possesso minore.
Dal possesso si distingue la semplice detenzione, che consiste nell’avere la cosa nella propria materiale disponibilità, come abitare un appartamento o fare uso di un veicolo.
Per essere possessore occorre l’animus possidendi, cioè l’intenzione di comportarsi come proprietario della cosa. Dunque non è possessore, bensì detentore, chi ha il godimento della cosa per un titolo che implichi il riconoscimento dell’altruità della cosa.
Tanto al possessore quanto al detentore il nostro ordinamento riconosce dei mezzi per tutelare la loro situazione di fatto. In particolare al possessore viene attribuita l’azione di manutenzione e quella di reintegrazione. Quest’ultima può essere esercitata anche dal detentore nell’interesse proprio, il quale deve provare la propria detenzione provando il possesso di colui in nome del quale detiene la cosa.
Oltre le azioni specifiche a tutela del possesso si riconosce a colui che esercita un potere di fatto sulla cosa anche il rimedio generale di cui all’art. 2043 cc.
La norma sulla responsabilità extracontrattuale impone a chi ha cagionato un danno di risarcirlo a colui che subisce il relativo pregiudizio. Il risarcimento del danno patrimoniale consiste di norma nel pagamento di una somma di denaro, che si calcola secondo i principi sulla valutazione dei danni di cui agli artt. 1223, 1226, 1227; tuttavia l’art. 2056 omette di richiamare l’art. 1225 cc, si ritiene, di conseguenza, che il risarcimento debba comprendere anche il danno non prevedibile al momento dell’illecito. Il risarcimento del danno patrimoniale è l’equivalente monetario della perdita subita dal patrimonio del danneggiato. Infatti nel nostro sistema il risarcimento ha la sola funzione di reintegrare il patrimonio leso dal fatto illecito, difatti si esclude la possibilità, ammessa in altri sistemi ( come negli Stati Uniti), di ottenere i cosiddetti risarcimenti punitivi, pari ad un multiplo del danno effettivamente subito.
Tuttavia la sentenza in commento non mette in dubbio la spettanza, sul piano astratto, del risarcimento al detentore che subisce un pregiudizio per i danni patiti dal veicolo di cui ha la disponibilità. Invero questa pronuncia riconosce legittimazione attiva per il risarcimento anche al soggetto che non è proprietario, o non fa valere il suo diritto di proprietà, a condizione che egli dimostri, quanto meno, la situazione di possesso. Con riferimento alla legittimazione attiva si deve ribadire che questa consiste nella identità fra la persona dell’attore e la persona a cui la legge conferisce il potere di agire per quel dato fine. La legittimazione attiva rappresenta un aspetto ineliminabile del giudizio civile. Ciò si evince, a contrario, dall’art. 81cpc, secondo cui nessuno può agire in giudizio, in nome proprio, per far valere un diritto altrui. Nel caso che ci occupa l’attore intendeva fare valere il proprio diritto al ristoro del pregiudizio patito in seguito al danneggiamento del veicolo di cui aveva la disponibilità e il godimento. Dunque su questo punto la sentenza conferma l’orientamento prevalente e favorevole a riconoscere legittimazione attiva per il risarcimento al soggetto non proprietario che esercita un potere di fatto sulla cosa danneggiata.
Nonostante il riconoscimento della legittimazione attiva in capo all’attore le sue pretese rimangono disattese per via di carenze probatorie. Infatti nel nostro ordinamento l’onere della prova ricade sulle parti, come si evince dall’art. 2697 cc. Questa norma è di fondamentale importanza sistematica, in quanto fornisce al giudice la regola di giudizio che dovrà adottare per accogliere o rigettare la domanda attorea. Poiché se l’attore non prova la sussistenza del suo diritto il giudice dovrà rigettare la domanda, invece se l’attore prova la sussistenza del suo diritto, sarà onere del convenuto provare i fatti in base ai quali eccepisce l’insussistenza, la ma modificazione o l’estinzione del diritto azionato, se quest’ultimo riesce a fornire tale prova il giudice rigetterà la domanda. Nel caso in esame si riscontra la prima delle ipotesi indicate, l’attore non ha provato il potere materiale sulla cosa e il danno conseguente all’illecito, aspetti imprescindibili per l’accoglimento delle sue pretese. Tutto ciò chiarifica e giustifica la decisione di rigetto adottata dai giudici di legittimità.
Sentenze e precedenti conformi
CORTE DI CASSAZIONE, SEZIONE 3 CIVILE
SENTENZA 14 LUGLIO 2011, N. 15458
In tema di legittimazione attiva alla domanda di danni derivanti da circolazione stradale, il diritto al risarcimento può spettare anche al soggetto non proprietario che, per circostanze contingenti, si trovi nella detenzione del bene danneggiato, a condizione che fornisca la dimostrazione di poter risentire un pregiudizio al suo patrimonio, indipendentemente dal diritto, reale o personale, che egli abbia all’esercizio di quel potere. A tale scopo non è sufficiente la prova dell’esistenza di un titolo che obblighi il detentore a tenere indenne il proprietario del veicolo, ma è anche necessario provare che in base a quel titolo l’obbligazione è stata adempiuta, si che il proprietario non possa pretendere d’essere ancora risarcito dal terzo danneggiante, come nel caso in cui il detentore abbia effettivamente erogato l’importo necessario per la riparazione del veicolo.
CORTE DI CASSAZIONE, SEZIONE 3 CIVILE
SENTENZA 12 OTTOBRE 2010, N. 21011
Legittimato a domandare il risarcimento del danno patrimoniale consistente nel costo di riparazione di un autoveicolo, danneggiato in un sinistro stradale, non è necessariamente il proprietario o titolare di altro diritto reale sul bene mobile, ma anche chi, avendo il possesso o la detenzione del veicolo, risponda nei confronti del proprietario dei danni occorsi allo stesso e abbia provveduto a sue spese, avendovi interesse, alla riparazione del mezzo.
CORTE DI CASSAZIONE, SEZIONE 3 CIVILE
SENTENZA 26 OTTOBRE 2009, N. 22602
In tema di risarcimento del danno derivato da circolazione stradale, il detentore di un autoveicolo intestato ad un terzo ha legittimazione a pretendere il risarcimento dei danni subiti dal veicolo, ancorchè non ne sia il proprietario, ma deve dimostrare che tali danni abbiano inciso nella propria sfera patrimoniale.
CORTE DI CASSAZIONE, SEZIONE 3 CIVILE
SENTENZA 23 FEBBRAIO 2006, N. 4003
In tema di legittimazione alla domanda di danni, deve ritenersi che il diritto al risarcimento può spettare anche a colui il quale, per circostanze contingenti, si trovi ad esercitare un potere soltanto materiale sulla cosa e, dal danneggiamento di questa, possa risentire un pregiudizio al suo patrimonio, indipendentemente dal diritto, reale o personale, che egli abbia all’esercizio di quel potere. E’ dunque tutelabile in sede risarcitoria anche la posizione di chi eserciti nei confronti dell’autovettura danneggiata in un sinistro stradale una situazione di possesso giuridicamente qualificabile come tale ai sensi dell’art. 1140 cc.
Testo sentenza
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. SEGRETO Antonio – Presidente
Dott. CARLEO Giovanni – Consigliere
Dott. SPIRITO Angelo – Consigliere
Dott. AMBROSIO Annamaria – rel. Consigliere
Dott. SCARANO Luigi Alessandro – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 7996/2010 proposto da:
(OMISSIS) (OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che lo rappresenta e difende giusta delega in atti;
– ricorrente –
contro
(OMISSIS) S.P.A. (OMISSIS) in persona del suo procuratore speciale Dott. (OMISSIS), elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende giusta delega in atti;
– controricorrente –
e contro
(OMISSIS), (OMISSIS) S.A.S.;
– intimati –
avverso la sentenza n. 18386/2009 del TRIBUNALE di ROMA, depositata il 11/09/2009, R.G.N. 17047/2006;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 24/04/2012 dal Consigliere Dott. ANNAMARIA AMBROSIO;
udito l’Avvocato (OMISSIS);
udito l’Avvocato (OMISSIS) per delega;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. POLICASTRO Aldo, che ha concluso per il rigetto.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con sentenza n. 53385 del 2005, il Giudice di pace di Roma condannava la (OMISSIS) s.p.a. (gia’ (OMISSIS)), in solido con la s.a.s. (OMISSIS) e (OMISSIS), al pagamento in favore di (OMISSIS) della somma di euro 7.230,40, oltre interessi e spese processuali, a titolo di risarcimento danni subiti dal (OMISSIS) nell’incidente stradale avvenuto in (OMISSIS), quando l’autovettura Ford Focus tg. (OMISSIS), da lui guidata, era stata tamponata dall’auto Fiat Barchetta tg. (OMISSIS) di proprieta’ (all’epoca del fatto) di (OMISSIS) e guidata (OMISSIS), legale rappresentante della societa’ convenuta.
La decisione, gravata da impugnazione della (OMISSIS) s.p.a. la quale contestava sia la legittimazione attiva del (OMISSIS), sia il merito della decisione (con riguardo al nesso causale tra sinistro e danni e con riguardo alla quantificazione), era riformata dal Tribunale di Roma, il quale con sentenza in data 11.09.2009, dichiarava inammissibile, per difetto di legittimazione attiva di (OMISSIS), la domanda da questi proposta nei confronti della (OMISSIS) s.p.a., della s.a.s. (OMISSIS) e di (OMISSIS); condannava (OMISSIS) a restituire alla (OMISSIS) s.p.a. la somma ricevuta dalla compagnia assicuratrice in esecuzione della sentenza di primo grado, aumentata degli interessi legali maturati dalla data del pagamento; compensava interamente le spese processuali tra le parti.
Avverso detta sentenza ha proposto ricorso per cassazione (OMISSIS), svolgendo un unico motivo, illustrato anche da memoria.
La (OMISSIS) ha depositato controricorso, chiedendo il rigetto dell’avverso ricorso, nonche’, in accoglimento dei reiterativi motivi di impugnazione (sui quali il Tribunale non si e’ pronunciato) la cassazione della sentenza n. 53385/2005 con l’adozione di ogni consequenziale pronuncia ovvero con rinvio ad altra sezione del Tribunale di Roma, previa enunciazione del principio di diritto cui attenersi; ha, altresi’, depositato memoria.
Nessuna attivita’ difensiva e’ stata svolta dalle altre parti.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Preliminarmente vanno riuniti ex articolo 335 cod. proc. civ., i ricorsi proposti avverso la stessa sentenza.
1.1. Muovendo dal ricorso principale, si osserva che il Tribunale – premesso che il (OMISSIS) si era dichiarato proprietario dell’autovettura Ford Focus e in tale qualita’ aveva proposto l’azione di risarcimento del danno – ha dichiarato inammissibile la domanda del (OMISSIS), per difetto di legittimazione attiva, per non avere costui provato nel primo grado del giudizio la qualita’ di proprietario di detta autovettura, ritenendo, da un lato, tardiva la produzione in appello delle certificazioni PRA e della carta di circolazione e, dall’altra, non idonee, ai fini della relativa prova, le indicazioni del c.t.u. e del perito di assicurazione.
1.2. Con unico motivo il ricorrente principale denuncia violazione degli articoli 1140, 1168, 2043 e 2054 cod. civ. in relazione all’articolo 360 cod. proc. civ., n. 3. Al riguardo deduce che – a prescindere dalla prova della proprieta’ – la legittimazione ad agire per il risarcimento del danno compete anche nella mera ipotesi di detenzione del veicolo danneggiato.
1.3. Il motivo di ricorso non merita accoglimento. Invero il vizio di violazione di legge in relazione all’articolo 360 cod. proc. civ., n. 3, qual e’ quello denunciato da parte ricorrente postula l’erronea ricognizione, da parte del provvedimento impugnato, della fattispecie astratta recata da una norma di legge e implica, un problema interpretativo in ordine all’affermazione di tesi e principi giuridici. La denuncia di questo vizio deve avvenire mediante la specifica indicazione dei punti della sentenza impugnata che si assumono in contrasto con le norme regolatrici della fattispecie o, con l’interpretazione delle stesse fornite dalla giurisprudenza di questa Corte e/o della dottrina prevalente (Cass. 11 aprile 2000, n. 8153); laddove, nel caso all’esame, parte ricorrente – lungi dall’individuare punti o affermazioni della sentenza impugnata in contrasto con le norme in rubrica e con l’interpretazione ad esse date da questa Corte – pretende di innovare la causa petendi della pretesa risarcitoria, mutando i presupposti di fatto in base ai quali il Tribunale ha accolto l’eccezione di difetto di legittimazione.
Vero e’ che la decisione impugnata non contraddice il principio espresso da questa Corte, cui fa riferimento l’odierno ricorrente, secondo cui il diritto al risarcimento del danno spetta anche a colui il quale esercita un potere soltanto materiale sulla cosa, e, dal danneggiamento di questa, risente un pregiudizio al suo patrimonio, indipendentemente dal diritto, reale o personale, che egli abbia all’esercizio di quel potere (Cass. 23 febbraio 2006, n. 4003); piuttosto essa muove dalla considerazione che il titolo, dedotto a fondamento della presente azione risarcitoria, era rappresentato dal diritto di proprieta’ dell’autovettura danneggiata e dall’ulteriore rilievo che (nella fase destinata allo svolgimento del thema probandum) non era stata, fornita alcuna prova della titolarita’ del veicolo.
Non e’ superfluo aggiungere che, nel caso in cui il (OMISSIS) avesse voluto agire in qualita’ di detentore, non avrebbe, comunque, potuto limitarsi ad allegare una situazione di possesso – come asserisce di aver fatto, peraltro inammissibilmente, nella comparsa conclusionale depositata innanzi al Tribunale – occorrendo anche la dimostrazione, sulla scorta di prove idonee, sia della esistenza a suo favore di una situazione di possesso corrispondente a quella sopra descritta, sia dell’incidenza sul suo patrimonio del danno di cui chiedeva il ristoro.
In definitiva il ricorso principale va rigettato.
2. Il ricorso incidentale va dichiarato inammissibile per carenza di interesse, proponendo censure che non sono dirette contro una statuizione della sentenza del Tribunale, ma sono relative a questioni sulle quali il giudice di appello non si e’ pronunciato, ritenendole assorbite, atteso che in relazione a tali questioni manca la soccombenza che costituisce il presupposto dell’impugnazione.
Le spese del giudizio di legittimita’ vanno interamente compensate per la reciproca soccombenza.
P.Q.M.
La Corte riunisce i ricorsi; rigetta il ricorso principale e dichiara inammissibile quello incidentale; compensa interamente le spese del giudizio di legittimita’ tra le parti costituite.