a cura di Jean Carmel Provenzano

La semplice registrazione di un nome di dominio non può essere considerata in sé prova di un utilizzo commerciale e, per tali motivi, dare diritto ad una piena tutela del marchio.  È quanto ha stabilito il Tribunale Ue, con la sentenza nelle cause riunite T-321/11 e T-322/11, in seguito alla contestazione avanzata dal Circolo del Popolo della Libertà per la richiesta di registrazione del marchio “Partito della libertà”. La tutela, in particolare, riguardava una serie di prodotti e servizi riconducibili al merchandising. Già in precedenza l’Ufficio per l’armonizzazione nel mercato interno (l’UAMI, l’ufficio preposto alla gestione dei marchi e del design industriale per il mercato interno dell’Unione europea), aveva già bocciato l’opposizione. Secondo la seconda seziona del Tribunale Ue, chiamata a risolvere la controversia, innanzitutto “occorre ricordare come l’esistenza di un marchio anteriore non registrato o di un segno diverso da un marchio legittima l’opposizione se essi soddisfano i seguenti requisiti: essere utilizzati nella normale prassi commerciale; avere una portata non solamente locale; attribuire al loro titolare il diritto di vietare l’uso di un marchio più recente; il diritto ai segni in parola deve essere stato acquisito conformemente alla normativa dell’Unione o al diritto dello Stato membro in cui i segni sono stati utilizzati prima della data di deposito della domanda di marchio comunitario”. Prosegue nel suo ragionamento il tribunale spiegando come “pertanto, quando un segno non soddisfa uno di essi, l’opposizione fondata sull’esistenza di un marchio non registrato o di altri segni utilizzati nella normale prassi commerciale…non può essere accolta”. Per ciò che concerne il segno invocato a sostegno dell’opposizione, esso deve essere effettivamente utilizzato in modo sufficientemente significativo nella normale prassi commerciale e la sua estensione geografica non deve essere solamente locale; elementi che non sono stati sicuramente dimostrati dal ricorrente. Erroneamente lo stesso ricorrente argomentava come la sola circostanza che il nome di dominio gli fosse stato attribuito dall’autorità italiana, competente per la registrazione dei nomi di dominio, comproverebbe un suo utilizzo nella prassi commerciale. Come spiega il Tribunale nelle sue motivazioni, ciò può essere ritenuto valido solo in caso venga dimostrato che tale nome di dominio sia veramente utilizzato per un’attività commerciale atta a conseguire un vantaggio economico; la sola e semplice registrazione non può considerarsi prova sufficiente. In secondo luogo la parte ricorrente rivendicava l’esistenza di un meccanismo automatico di reindirizzamento del sito Internet “www.partitodellaliberta.it” verso il sito “www.liberali.it”. Ma solo quest’ultimo era l’unico sito realmente operativo al momento della registrazione del marchio e per tali motivi era evidente l’impossibilità nel dimostrare, nel caso di specie, l’utilizzo del nome di dominio «partitodellaliberta.it» nella normale prassi commerciale. Secondo il Tribunale non è necessario esaminare altri elementi e per tali ragioni, conclude, il ricorso deve essere respinto, in quanto infondato; al contrario pienamente fondate le opposizioni proposte avverso le domande di registrazione dei marchi comunitari di cui trattasi.

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