È configurabile un diritto al “tempo libero”?
di Domenico Salvatore Alastra
Sommario: 1. La massima. – 2. La normativa di riferimento. – 3. Il caso deciso. – 4. La questione. – 5. La nozione di “diritti inviolabili”. – 6. Diritto al tempo libero e diritti inviolabili: caratteristiche a confronto. – 7. Il diritto al tempo libero rientra nell’ambito dei “diritti immaginari”. – 8. La possibile qualificazione della violazione del diritto al tempo libero in termini di danno da perdita di chance. – 9. Precedenti giurisprudenziali. – 10. Spunti bibliografici. 11. Corte di Cassazione – Sezione Terza Civile, Sentenza 27 aprile 2011, n. 9422: il testo integrale.
1. La massima.
Il diritto al godimento del tempo libero non è un diritto fondamentale della persona, costituzionalmente protetto, in quanto è esercitabile solo in seguito alla libera autodeterminazione del singolo. Una sua eventuale lesione rappresenta solo un fastidio della vita quotidiana, e, come tale, integra una violazione di diritti solo immaginari, sucettibili di risarcimento soltanto se espressamente previsti dalla legge.
2. La normativa di riferimento.
Cost.: Artt 2; 3. – Cod. Civ.: artt. 1226; 2059.
3. Il caso deciso.
La sentenza in commento pone termine alla vicenda giudiziaria iniziata da un professionista che conveniva in giudizio la compagnia telefonica, di cui era cliente, al fine di ottenere il risarcimento dei danni subiti a seguito della illegittima sospensione della linea telefonica urbana, nonché per le errate informazioni fornitegli dal tecnico della compagna sull’operatività di una nuova linea ADSL da cui era scaturita la necessità di interventi sostitutivi.
Sia in primo grado che in appello, la domanda dell’attore veniva accolta solo in parte, dal momento che era stata accolta la domanda di risarcimento scaturente dalla illegittimità della sospensione ma non gli era stato riconosciuto alcun ristoro del danno asseritamente subito per aver sacrificato il proprio tempo libero in lunghe attese al telefono o in fila presso gli sportelli della compagnia telefonica, per lo svolgimento delle pratiche burocratiche volte a sollecitare la riattivazione del collegamento telefonico e il ripristino della connettività alla rete internet.
4. La questione.
Con l’unico motivo sul quale si articola il ricorso, la Sezione Terza è stata chiamata a risolvere la questione se sia configurabile, tra i diritti della personalità riconosciuti come fondamentali dagli artt. 2 e 3 della Costituzione, un diritto al tempo libero, la cui lesione dia luogo ad un danno risarcibile, che il giudice dovrebbe liquidare in via equitativa – secondo quanto stabilito dall’art. 1226 Cod. Civ. – trattandosi di una specie di danno non patrimoniale che non può essere provato nel suo preciso ammontare.
Il Collegio, richiamando la giurisprudenza delle Sezioni Unite in materia di danno non patrimoniale rigetta il ricorso, e risponde negativamente al quesito.
5. La nozione di “diritti inviolabili”.
La Terza Sezione, in avvio del proprio iter argomentativo, ribadisce che i diritti inviolabili, suscettibili di tutela costituzionale, sono positivizzati in una sorta di catalogo risultante sia dalla Costituzione italiana, sia dall’ordinamento internazionale, anche in seguito all’attività di interpretazione compiuta continuamente dai giudici. Dall’art. 2 Cost. si ricava che l’uomo è titolare di diritti, sia come singolo, sia nelle formazioni sociali nelle quali si svolge la sua personalità: si tratta di diritti o interessi che l’ordinamento riconosce, garantisce e tutela nei confronti di tutti i consociati (“con efficacia erga omnes”, precisa la Corte): ciò significa che il singolo può farli valere sia nei confronti di altri individui, sia nei confronti dei poteri pubblici e privati a lui estranei, sia – infine – nei confronti delle formazioni sociali nelle quali esplichi la propria personalità. L’altissimo rilievo che l’ordinamento attribuisce a tali diritti, e, dunque, la loro inviolabilità dipendono dal fatto che su di essi si fonda la dignità della persona umana, senza la quale gli stessi non potrebbero essere né esercitati né attuati. In altri termini, tutelando questi diritti, si appresta protezione alla dignità umana.
Così argomentando, la Sezione mostra di condividere, presupponendolo, il pacifico orientamento secondo cui, con l’espressione “diritti inviolabili dell’uomo” l’art. 2 Cost. si riferisca sia ai diritti tipizzati nella stessa Costituzione, sia a quelli che la coscienza sociale, in un determinato momento storico, considera essenziali per la tutela della persona umana.[1]
6. Diritto al tempo libero e diritti inviolabili: caratteristiche a confronto.
La Corte evidenzia che i caratteri dei diritti fondamentali dell’uomo sono desumibili dalla Costituzione italiana (in particolare, dalla Parte I, di poco anteriore alla Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo, approvata dall’Assemblea Generale dell’ONU il 10 dicembre 1948), nonché dalla Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre 1950 e dalla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea, proclamata a Nizza nel 2000 e divenuta vincolante nel 2007.
L’attività ermeneutica dei giudici – ivi compresi quelli della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo di Strasburgo – ha permesso di stabilire che i diritti inviolabili spettano alla persona e sono “irretrattabili” o irrinunciabili, salvo i limiti stabiliti dalle leggi, in quanto su di essi si fondano la identità individuale della persona, la sua capacità di stringere relazioni o rapporti sociali, e, dunque, la sua esistenza nel mondo del diritto.
Accanto alla irretrattabilità, espressamente ricordata dal Collegio, i diritti inviolabili, presentano altre caratteristiche. In primo luogo, proprio perchè sono connaturati alla personalità dell’uomo, sono diritti necessari: la loro titolarità, infatti, spetta a tutte le persone fisiche, che li acquistano al momento della nascita e li perdono in seguito alla morte. In secondo luogo, sono imprescrittibili, poiché non si estinguono, anche se non vengono esercitati per lungo tempo. Inoltre, come accennato, sono diritti assoluti, nel senso che, da un lato, tutti i consociati hanno un generale dovere di astenersi dal ledere l’interesse presidiato da tali diritti; dall’altro, sono tutelabili erga omnes, nei confronti di chiunque li contesti o li pregiudichi. Infine, poiché tutelano valori della persona non suscettibili di valutazione economica, la loro lesione dà luogo a danni non patrimoniali.
Il c.d. “diritto al tempo libero”, invece, a parere della Corte, si caratterizza per la sua «autonoma opzionalità»: il suo esercizio dipende esclusivamente dalla ”autodeterminazione della persona” alla quale è lasciata la libertà di organizzare il proprio tempo, scegliendo se impegnarsi in maniera continuativa nel lavoro, o se trascorrere il tempo libero da occupazioni ed incombenze, a nulla rilevando – a parere di chi scrive – se egli decida di coltivare in questo tempo interessi culturali e sociali o di qualsivoglia altro tipo, purchè leciti, ovvero di dedicarsi al mero riposo o all’ozio.
Inoltre, la situazione che si assume violata, non figura tra i diritti espressamente tutelati dalla citata Carta dei Diritti Fondamentali dell’Unione Europea, la quale, invece, rafforza le tutele previste a favore del tempo impegnato dal lavoro, già espressamente protetto e riconosciuto dagli artt. 4, 35 e 36 Cost. (in particolare, dai commi 2 e 3 dell’ultima disposizione citata, che prevedono, rispettivamente, il principio della predeterminazione per legge della durata massima della giornata lavorativa, e il diritto – irrinunciabile – al riposo settimanale e alle ferie annuali retribuite).
E poiché il ricorrente qualifica la sua pretesa come risarcimento del danno c.d. esistenziale, la III Sezione richiama il fondamentale precedente delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione (sent. n. 26972/2008) che ha ridefinito, restringendolo rispetto al passato, l’ambito del danno non patrimoniale, la cui lesione è fonte di obbligazioni risarcitorie.
Secondo la richiamata pronuncia delle Sezioni Unite, i pregiudizi di tipo esistenziale sono risarcibili solo se conseguono alla lesione d un diritto inviolabile della persona, salvo che il fatto cui consegue il danno costituisca reato, e salvo specifiche previsioni di legge. Inoltre, non deve trattarsi di danni futili: non possono consistere in meri disagi o fastidi, ovvero nella lesione di diritti del tutto immaginari, come quello alla qualità della vita od alla felicità.
Viene, in tal modo, avvalorata la tesi per cui una lettura costituzionalmente orientata dell’art. 2059 Cod. Civ. impone che il danno patrimoniale possa essere risarcito solo in presenza di una “ingiustizia costituzionalmente e internazionalmente riconosciuta e qualificata”, tesi alla quale la Terza Sezione, con la sentenza in commento, mostra di aderire pienamente.
7. Il diritto al tempo libero rientra nell’ambito dei “diritti immaginari”.
Nel caso sottoposto alla cognizione della Terza Sezione, parte attrice ha chiesto il risarcimento del diritto al tempo libero, configurandolo come il diritto dei singoli a godere di una vita quotidiana serena, senza, tra l’altro, essere costretti a trascorrere ore in coda presso uffici per risolvere situazioni derivate da errori o inefficienze altrui (della compagnia telefonica, nel caso di specie), in modo da rendere la giornata oggettivamente insufficiente ad adempiere alle proprie incombenze lavorative.
Il Collegio, invece, fa rientrare la pretesa nella categoria dei diritti immaginari, come se si trattasse di una specie del cosiddetto diritto ad essere e vivere felici. Di conseguenza, la lesione di tali diritti può dar luogo ad obbligazioni risarcitorie solo se espressamente prevista dalla legge, come richiesto dall’art. 2059 Cod. Civ., interpretato nel senso voluto dalla più volte citata pronuncia n. 26972/2008 delle SS.UU.[2]
Prima di tale autorevole precedente giurisprudenziale, alcuni interpreti ritenevano che il danno esistenziale potesse scaturire dalla lesione di un qualsiasi bene giuridicamente rilevante, e, quindi, non si identificasse solo con la lesione dei diritti garantiti dalla Costituzione. Al contrario, secondo il Supremo Collegio, accogliendo quest’ultima tesi si sarebbe fatto confluire il danno non patrimoniale nell’ambito della disciplina di cui all’art. 2043 Cod. Civ., il quale appresta tutela alla lesione di un interesse che rivesta generica rilevanza per l’ordinamento.[3] Ciò entrerebbe in contraddizione con il carattere di tipicità proprio dei danni non patrimoniali, come risulta dalla lettera dell’art. 2059, pur resa elastica dalla disposizione di cui all’art. 2 Cost., in quanto non è necessario che i singoli diritti siano previsti e disciplinati in maniera puntuale, essendo sufficiente la copertura costituzionale fornita dal medesimo art. 2. Così, da un lato, l’art. 2059 è costituzionalmente legittimo solo se si intende come norma che appresta una tutela minima ed insopprimibile, valida solo per la lesione di diritti inviolabili; dall’altro, la tutela risarcitoria degli interessi genericamente rilevanti è lasciata alla clausola generale di cui all’art. 2043, nonché alle singole e specifiche previsioni legislative.
In altri termini, al di fuori dei casi determinati dalla legge ordinaria, soltanto la lesione grave di un diritto inviolabile delle persone, concretamente individuato, è fonte di responsabilità risarcitoria non patrimoniale. Inoltre, il diritto costituzionalmente protetto deve essere inciso oltre una certa soglia minima di tolleranza, in modo che il titolare subisca un pregiudizio serio, non futile.
Presupponendo queste argomentazioni, la Sezione III, nella pronuncia in commento, giunge alla conclusione che, poiché non è stato positivizzato un diritto al tempo libero, e poiché non è previsto dalla legge che la sua lesione possa dar luogo a responsabilità per danno non patrimoniale, non può nemmeno essere invocata l’applicazione dell’art. 1226 Cod. Civ. che, come si è accennato, prevede la liquidazione in via equitativa del danno non determinato nel suo esatto ammontare (nel caso di specie, tra l’altro, neppure provato nella sua effettiva esistenza dalla ricorrente).[4]
8. La possibile qualificazione della violazione del diritto al tempo libero in termini di danno da perdita di chance.
Secondo la Corte, le ore di tempo libero non sono nemmeno equiparabili, ai fini della determinazione del danno, alle ore di lavoro straordinario, in quanto il primo costituisce un tempo sottratto allo svolgimento di ogni attività lavorativa retribuita, mentre le seconde costituiscono un tempo che si aggiunge a quello dedicato alla attività lavorativa abituale, per esigenze organizzative o per scelta volontaria del lavoratore, da cui deriva comunque un incremento patrimoniale (rectius retributivo) a favore di quest’ultimo. Tuttavia, come è stato evidenziato in sede di primo commento[5], potrebbe essere accordata tutela risarcitoria al tempo non occupato in attività lavorative, ove si ricostruisse il danno non come un danno non patrimoniale ex art. 2059 Cod. Civ., bensì come danno derivante dalla perdita di chances, [Domenico 1] come – nel caso di specie – aveva tentato di fare il giudice di secondo grado, e come sembra essere suggerito, in via incidentale, dalla Terza Sezione, malgrado tale pretesa, non abbia formato oggetto del giudizio.
In tal modo, la Corte sembra aderire implicitamente al filone interpretativo che considera le chances come le possibilità attuali e concrete di raggiungere un risultato futuro, e, dunque, valutabili come beni giuridici autonomi, distinti dai beni e dalle utilità materiali presenti nel patrimonio di ogni soggetto. Tale ricostruzione, però, incontra un limite di ordine processuale, ed in particolare, probatorio. Infatti, il danneggiato, in primo luogo dovrebbe dimostrare che il “tempo libero da occupazioni lavorative” possa, effettivamente essere considerato un bene giuridico autonomamente valutabile. In secondo luogo, ha l’onere di provare che la chance, al momento della condotta lesiva fosse probabile, che il risultato sperato è ormai irrimediabilmente andato perduto, e, infine, che fra la condotta e l’evento lesivo rappresentato dalla lesione della chance medesima esista un nesso causale. Solo ove si raggiungesse una prova siffatta il giudice potrebbe procedere alla liquidazione del danno non patrimoniale, in via equitativa, come stabilito dal già citato art. 1226 Cod. Civ.
A parere di chi scrive, infine, non sembra possibile ricostruire il tempo libero come una forma di lucro cessante, cioè come la perdita di un risultato o di un guadagno futuro, dal momento che, in primo luogo, il tempo libero attiene alla sfera del riposo, del recupero delle energie psicofisiche da impiegare nelle attività lavorative e nelle ulteriori attività in cui si esplica la personalità umana; in secondo luogo, perché il godimento di tale tempo è subordinato ad una libera scelta del titolare, come, peraltro hanno evidenziato i giudici di legittimità nella pronuncia in commento. Inoltre, appare utile precisare che, così argomentando, si aderirebbe alla cosiddetta “teoria eziologica” della chance, secondo cui quest’ultima costituisce non un autonomo bene giuridico, bensì una fattispecie strumentale operante come mero presupposto causale in vista del raggiungimento di un risultato finale sperato. Di conseguenza, nel caso di specie, il danneggiato, ove riuscisse a dimostrare che il tempo libero possa essere ricondotto al concetto di chance o occasione meritevole di tutela da parte dell’ordinamento giuridico, dovrebbe, altresì, riuscire a provare che detta occasione, se non fosse stata pregiudicata dal comportamento altrui, avrebbe condotto, con elevato grado di probabilità, al sorgere di una nuova ed ulteriore situazione giuridica soggettiva di vantaggio, dotata di propria rilevanza sul piano patrimoniale e giuridico, e per ciò, autonomamente risarcibile.
9. Precedenti giurisprudenziali.
Conformi: Cass. SS.UU. Civ. 22 febbraio 2010, n. 4063; Cass. SS.UU. Civ. 18 agosto 2009, n. 18356; Cass., Sez. III Civ., 4 giugno 2009 n. 12885; Cass.Sez. III Civ., 9 aprile 2009, n. 8703; ; Cass. S.U., 11 novembre 2008, n. 26972; Cass. Sez. III Civ., 12 febbraio 2008 n. 3284.
10. Spunti bibliografici.
Bruno, A. “Primo maggio e diritto al tempo libero.” In LeggiOggi. It – Quotidiano di informazione giuridica (ISSN: 2039-7593) – il 01/05/2011, all’indirizzo: http://www.leggioggi.it/2011/05/01/primo-maggio-e-diritto-al-tempo-libero/
Caringella, F. – Buffoni, L. Manuale di Diritto Civile. III ed. Roma, 2011. pagg. 347-374; 656-660 e 1331-1368.
Cirillo, F. “La selezione e la vocazione universale dei diritti fondamentali”. In La giurisprudenza delle Sezioni Civili – Rassegna della Giurisprudenza di legittimità (anno 2011) a cura dell’Ufficio del Massimario presso la Corte Suprema di Cassazione. Roma, gennaio 2012. pagg. 47 e ss.
Martines, T. Diritto Costituzionale. XII ed. Milano, 2010. pagg. 598-615.
Spina, G. “è risarcibile la lesione del “diritto al tempo libero?” Nota a Cass. Civ. sez. III, sentenza 27.04.2011 n° 9422, in Altalex – Quotidiano scientifico di informazione giuridica (ISSN 1720-7886), il 5 maggio 2011 all’indirizzo http://www.altalex.com/index.php?idnot=52339
Torrente, A. – Schlesinger, P. Manuale di Diritto Privato. XX ed. Milano, 2011. pagg. 123-146 e 896-902.
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11. Corte di Cassazione – Sezione Terza Civile, Sentenza 27 aprile 2011, n. 9422: il testo integrale.
Sentenza 22 marzo – 27 aprile 2011, n. 9422
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. FILADORO Camillo – Presidente
Dott. UCCELLA Fulvio – rel. Consigliere
Dott. CARLEO Giovanni – Consigliere
Dott. SPAGNA MUSSO Bruno – Consigliere
Dott. GIACALONE Giovanni – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso 9044/2009 proposto da:
S.N.M., considerato domiciliato “ex lege” in ROMA, presso CANCELLERIA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato *****, giusta delega in atti; – ricorrente –
contro
Telecom SPA (*****), considerato domiciliato “ex lege” in ROMA, presso CANCELLERIA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato *****, giusta delega in atti; – controricorrenti –
avverso la sentenza n. 645/2008 della CORTE D’APPELLO di MILANO, Sezione Seconda Civile, emessa il 30/01/2008, depositata il 29/02/2008; R.G.N. 3367/2005;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 22/03/2011 dal Consigliere Dott. FULVIO UCCELLA;
udito il P.M. in persona dei Sostituto Procuratore Generale Dott. FINOCCHI GHERSI Renato, che ha concluso in via preliminare rinnovo comunicazione avviso udienza avvocato *****, in subordine rigetto.
Svolgimento del processo
Con sentenza del 3 marzo 2005 il Tribunale di Milano in parziale accoglimento della domanda proposta da S.N.M. volta ad ottenere il risarcimento dei danni subiti a seguito della illegittima sospensione di linee telefoniche urbane dal 19 settembre al 21 settembre 2001 nonché per le errate informazioni fornite dal tecnico Telecom sull’operatività della nuova linea ADSL Smart, con conseguenti interventi sostitutivi, condannava la Telecom al risarcimento degli stessi, escludendo il preteso danno per perdita del tempo libero, trattandosi, argomentava il Tribunale,di un bene la cui lesione non era suscettibile di valutazione economica e che non rientrava nel novero dei danni risarcibili
perché non si verteva in ipotesi di valori della persona dalla valenza costituzionale.
Su gravame dello S. la Corte di appello di Milano il 29 febbraio 2008 confermava la sentenza.
Avverso siffatta decisione propone ricorso per cassazione lo S., affidandosi ad un unico motivo.
Resiste con controricorso la Telecom.
Motivi della decisione
Con l’unico motivo insufficiente ed incongrua motivazione (art. 360 n. 5 c.p.c.) il ricorrente si duole che erroneamente il giudice dell’appello non avrebbe riconosciuto in capo a lui il diritto al tempo libero come vero e proprio diritto soggettivo, non riconducibile ai diritti della personalità tutelai dagli artt. 2 e 3 Cost. e non dotati di autonoma caratterizzazione, anche perché, esaminando la domanda dell’attore, in parte qua, il giudice avrebbe rinvenuto,, erroneamente, a suo avviso, una contraddizione, in quanto il criterio risarcitorio a tal fine si sarebbe basato sul valore dell’ora di lavoro maggiorato del 40%.
Questa, in estrema sintesi, la doglianza, con la quale si censura la sentenza anche per non avere determinato il danno secondo il disposto dell’art. 1226 c.c..
In punto di fatto, la richiesta di risarcimento per perdita del tempo libero riguarda la perdita di quattro ore di tempo libero da calcolare come ore di straordinario.
Osserva il Collegio che il motivo non merita accoglimento. Al riguardo, va posto in rilievo che i diritti inviolabili dalla valenza costituzionale sono quelli non solo positivizzati, ma anche che emergono dai documenti sovranazionali, quali interpretati dai giudici nella loro attività ermeneutica.
Si tratta di diritti o interessi che l’ordinamento non solo riconosce, ma garantisce e tutela con efficacia erga omnes, proprio perché fondanti la persona umana, che presenta una sua dignità, la quale fa da presupposto ineludibile per il loro esercizio e la loro attuazione.
Ciò posto, la normativa costituzionale da un iato, le norme della Convenzione Europea sui diritti dell’uomo, così come interpretati dalla Corte di Strasburgo, lo stesso Trattato di Lisbona con l’allegata – e giuridicamente vincolante – Carta di Nizza, la Carta sociale Europea aggiornata nel 1999, dall’altro, non consentono di ritenere il diritto al tempo libero come diritto fondamentale dell’uomo e, nella sola prospettiva costituzionale, come diritto costituzionalmente protetto e ciò per la semplice ragione che il suo esercizio è rimesso alla esclusiva autodeterminazione della persona, che è libera di scegliere tra l’impegno instancabile nel lavoro e il dedicarsi, invece, a realizzare il suo tempo libero da lavoro e da ogni occupazione.
Questa sua caratterizzazione di autonoma opzionalità lo distingue dai diritti inviolabili, che sono, di per sé, eccetto i limiti posti dalle leggi, che, comunque con essi si devono confrontare, pena la loro disapplicazione, diritti irretrattabili della persona,, perché ne fondano la giuridica esistenza sia dal punto di vista della identità individuale che della sua relazionalità sociale.
Lo stesso inserimento nella Carta di Nizza dei diritti ricavati dalle Carte sociali adottate nell’ambito dell’Unione Europea e del Consiglio d’Europa – da tenere presenti anche dall’interprete interno, per l’apertura internazionalistica del nostro sistema- non prevede tra i diritti tutelati il “diritto al tempo libero”, mentre rafforza il tempo impiegato nel lavoro, peraltro già oggetto di specifica tutela costituzionale.
Ciò posto in linea di pura teoria del diritto, va affermato che il richiamo all’autorevole sentenza delle Sezioni Unite di questa Corte (S.U. n.26972/08) non appare conferente per il caso di specie, anzi la decisione sembra rafforzativa della sentenza impugnata.
Infatti, sulla base delle argomentazioni svolte negli ultimi tempi dalla dottrina e dalla giurisprudenza, le Sezioni Unite riconoscono la tutela risarcitoria, oltre che nei casi determinati dalla legge, solo nel caso di lesione di specifici diritti inviolabili della persona, e cioè in presenza di una ingiustizia costituzionalmente ed, aggiunge questo Collegio, internazionalmente riconosciuta e qualificata.
Invero, nella motivazione, le Sezioni Unite escludono ogni risarcibilità proprio per quello che il ricorrente definisce un problema che si manifesta con preoccupante frequenza nella vita quotidiana, per cui gli utenti sono costretti a trascorrere ore a stare in coda, tanto che sta assurgendo a causa primaria della oggettiva insufficienza di ogni giornata ad adempiere alle proprie incombenze lavorative (p.7 ricorso).
Infatti, il ricorrente invoca i fastidi della vita quotidiana che, per le Sezioni Unite integrano solo un attentato a diritti immaginari, come il diritto alla qualità della vita, allo stato di benessere, alla serenità:in definitiva, il diritto ad essere e vivere felici.
In questi casi, se non prevista dalla legge, la lesione di un tale “immaginario” diritto non è fonte di responsabilità risarcitoria non patrimoniale.
Quanto sopra osservato rende irrilevante l’assunto del ricorrente circa l’obbligo del giudice del merito di applicare l’art. 1226 c.c.: assunto, peraltro, infondato, perché, come rileva la resistente, il ricorrente non ha neppure allegato e provato il danno eventualmente subito nelle quattro ore in cui non ha potuto godere, a suo dire, del c.d. diritto al tempo libero (v. S.U. n.26972 cit.) ed anche nel ricorso non allega alcuna circostanza dell’effettivo danno.
Del resto, osserva il Collegio che la domanda del ricorrente si presenta contraddittoria.
Infatti, egli ha chiesto di determinare il danno sulla base del criterio dell’ora lavorativa maggiorata del 40%.
E su questo, corretta è la risposta dei giudice dell’appello, il quale qualifica la domanda come eventuale richiesta di perdita di chances, peraltro, mai oggetto di contraddittorio tra le parti.
Su questo capo della sentenza è suggestiva, dal punto di vista dialettico, la censura del ricorrente, con la quale egli evidenzia che tale richiesta fu fatta solo per valorizzare le ore del tempo libero, applicando la stessa maggiorazione prevista per le ore straordinarie.
Infatti, è evidente che l’eventuale risarcibilità del tempo libero non può nemmeno analogicamente essere riferita al valore delle ore di lavoro straordinario, per la contraddizione tra il suo elemento caratterizzante la libertà da ogni occupazione retribuita – e l’incremento patrimoniale voluto dal soggetto con il sottoporsi alle ore di lavoro straordinarie (v.p. 8 sentenza impugnata).
Conclusivamente, il ricorso va respinto e le spese, che seguono la soccombenza, vanno liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di cassazione, che liquida in Euro 600 di cui Euro 200 per spese, oltre spese generali ed accessori come per legge.
[1] Art. 2 Cost.: “La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo, sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalita’, e richiede l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarieta’ politica, economica e sociale.”
[2] Cod. Civ. Art. 2059. Danni non patrimoniali.”Il danno non patrimoniale deve essere risarcito solo nei casi determinati dalla legge”.
[3] Cod. Civ. Art. 2043. Risarcimento per fatto illecito. “Qualunque fatto doloso o colposo che cagiona ad altri un danno ingiusto, obbliga colui che ha commesso il fatto a risarcire il danno.”
[4] Cod. Civ. Art. 1226. Valutazione equitativa del danno. “Se il danno non può essere provato nel suo preciso ammontare, è liquidato dal giudice con valutazione equitativa”.
[5] Cfr. Spina, G. “è risarcibile la lesione del “diritto al tempo libero?” sul quale, v. infra, sub Spunti bibliografici.
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