Cassazione Civile sezione II 15 febbraio 2011 n 3704
Sono affette da nullità le delibere condominiali attraverso le quali, a maggioranza, siano stabiliti o modificati i criteri di ripartizione delle spese comuni.

La seconda sezione civile
Presidente Dott. Settimj Giovanni, Relatore Dott. De Chiara Carlo

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
F.L. proponeva opposizione avverso il decreto con cui il Pretore di Varallo le aveva ingiunto il
pagamento a favore del Condominio (OMISSIS) della complessiva somma di L. 4.880.729 per
contributi condominiali dal 1983 fino all’esercizio 1987/1988 Deduceva la nullità del decreto,
essendo state le spese calcolate sulla base di una quota di 53,43 millesimi anzichè 40,00
secondo quanto previsto dalla tabelle contrattuali approvate con l’atto costitutivo del
Condominio. L’opposto chiedeva il rigetto dell’opposizione, osservando che il decreto ingiuntivo
era stato emesso sulla base delle Delib. 29 agosto 1978 e Delib. 14 agosto 1979 con cui erano
state modificate le tabelle millesimali Con sentenza del 21 dicembre 2000 il Giudice di pace
(subentrato al Pretore per effetto della legge n. 479 del 1999) rigettava l’opposizione sul rilievo
che, da un canto, la F. non aveva corrisposto alcuna somma, neppure in base alla quota di
40,00 millesimi e, dall’altro, che la ripartizione delle spese era avventa alla stregua delle
tabelle regolarmente approvate da una delibera assembleare alla quale aveva partecipato la
medesima opponente e tacitamente approvata dagli assenti.
Con sentenza dep. il 16 giugno 2003. Il Tribunale di Vercelli sez. distaccata di Varallo
respingeva l’appello proposto dall’ opponente.
Dopo avere escluso i presupposti previsti dall’art. 295 cod. proc. civ. per la sospensione del
presente giudizio in attesa della definizione di quelli pendenti dinanzi al Tribunale di Vercelli
e aventi ad oggetto l’impugnazione delle delibere relative ai criteri di riparto dei millesimi
diversi da quelli contrattuali, il Tribunale – dichiarati inammissibili i documenti prodotti in
sede di gravame- riteneva che la questione relativa alla validità delle modifica delle tabelle
millesimali compiuta dall’assemblea condominiale con le Delib. 29 agosto 1978, Delib. 14
agosto 1979 e di quelle successive era ormai preclusa dal giudicato formatosi a seguito della
sentenza n. 621/1983 della Corte di appello di Torino.
Avverso tale decisione propone ricorso per cassazione F. L., rappresentata dal procuratore
M.M., sulla base di sei motivi. Non ha svolto attività difensiva l’intimato.

MOTIVI DELLA DECISIONE Con il primo motivo la ricorrente, lamentando violazione degli artt. 9 e 34 c.p.c., art. 40 c.p.c.,
u.c., artt. 112 e 295 cod. proc. civ. per difetto di motivazione, deduce che l’esito della presente
lite dipendeva dalla decisione di quelli pendenti dinanzi al Tribunale di Vercelli per cui, ai
sensi dell’art. 34 cod. proc. civ., il giudice avrebbe dovuto rimettere l’intera causa a quel
Tribunale o, quanto meno, sospendere il presente giudizio in attesa della definizione degli altri
che avevano carattere pregiudiziale. Il motivo è infondato.
Occorre rilevare che non sussistevano i presupposti di cui all’art. 295 cod. proc. civ., atteso che
la sospensione necessaria del processo, nell’ipotesi di giudizio promosso per il riconoscimento
di diritti derivanti da titolo, ricorre quando in un diverso giudizio tra le stesse parti si
controverta dell’inesistenza o della nullità assoluta del titolo stesso, poichè al giudicato
d’accertamento della nullità – la quale impedisce all’atto di produrre “ab origine” qualunque
effetto, sia pure interinale – si potrebbe contrapporre un distinto giudicato, di accoglimento
della pretesa basata su quel medesimo titolo, contrastante con il primo. Detto principio di
inesecutività del titolo impugnato a seguito di allegazione della sua originaria invalidità
assoluta è derogato, nella disciplina del condominio, da un sistema normativo che mira
all’immediata esecutività del titolo, pur in pendenza di controversia, a tutela di interessi
generali ritenuti prevalenti e meritevoli d’autonoma considerazione, sicchè il giudice non ha il
potere di disporre la sospensione della causa di opposizione a decreto ingiuntivo, ottenuto ai
sensi dell’art. 63 disp. att. cod. civ., in relazione alla pendenza del giudizio in cui sia stata
impugnata la relativa delibera condominiale, restando riservato al giudice dell’impugnazione
il potere di sospendere ex art. 1137 c.c., comma 2 l’esecuzione della delibera. Non osta a tale
disciplina derogatoria il possibile contrasto di giudicati in caso di rigetto dell’opposizione
all’ingiunzione e di accoglimento dell’impugnativa della delibera, poichè le conseguenze
possono essere superate in sede esecutiva, facendo valere la sopravvenuta inefficacia del
provvedimento monitorio, ovvero in sede ordinaria mediante azione di ripetizione dell’indebito
(S.U. 4421/2007).
Con il secondo motivo la ricorrente, lamentando violazione dell’art. 345 cod. proc. civ. e L. n.
353 del 1990, art. 90 censura la sentenza laddove aveva ritenuto inammissibile la produzione
di nuovi documenti in sede di gravame, quando invece doveva nella specie trovare applicazione
l’art. 345 cod. proc. civ. nel testo anteriore alla modifica di cui alla L. n. 353 del 1990.
Con il terzo motivo la ricorrente, lamentando violazione degli artt. 112 e 645 cod. proc. civ.,
denuncia l’omessa pronuncia relativamente al quinto motivo di appello, con cui era stata
dedotta l’avvenuta corresponsione delle somme ingiunte. Vanno disattesi il secondo e terzo
motivo che sono da esaminare congiuntamente, tenuto conto che la inammissibilità della
produzione (2^ motivo) assume interesse sostanzialmente in relazione al dedotto pagamento dei contributi condominiali che costituirebbe l’oggetto del motivo di appello non esaminato di
cui al 3^ motivo, il cui esame ha quindi ha priorità logica. Tale censura è infondata.
Anche volendo prescindere; dal difetto di autosufficienza del ricorso, dall’esame degli atti
consentito dalla natura processuale del vizio denunciato, è risultato che la avvenuta
corresponsione delle somme ingiunte non ha formato oggetto di una specifica doglianza
formulata in sede di gravame e volta alla riforma della decisione impugnata, sembrando
piuttosto una difesa che l’appellante aveva esperito nei confronti della controparte dopo avere
contestato l’illegittimo aumento della quota millesimale attribuita alla ricorrente.
Ne consegue, per quel che si è detto, che è priva di rilevanza la documentazione di cui è stata
ritenuta inammissibile in sede di gravame la produzione: ne consegue che il secondo motivo è
inammissibile per mancanza di interesse.
Con il quarto motivo la ricorrente, lamentando violazione dell’art. 324 cod. proc. civ. e art.
2909 cod. civ., censura la sentenza impugnata laddove aveva erroneamente attribuito valore di
cosa giudicata sostanziale alla sentenza n. 621 del 1983 del Corte di appello di Torino, che
invece non poteva rivestire alcuna efficacia vincolante nel presente giudizio.
Con il quinto motivo la ricorrente denuncia l’illegittimità dei riparti parametrati a millesimi
53,43, tenuto conto che: le tabelle millesimali di natura contrattuale approvate al momento
costitutivo del Condominio erano state illegittimamente modificate senza il necessario
consenso unanime dei condomini; le nuove tabelle non erano state sottoposte all’approvazione
dell’assemblea, non essendo stato mai posto all’ordine del giorno un problema di revisione
delle tabelle millesimali convenzionali; la questione era sorta nell’ambito dell’argomento del
rifacimento della impermeabilizzazione dei terrazzi del primo piano. Mentre l’assemblea del
29.8.78 si era limitata a invitare i condomini a comunicare una accettazione che non era
risultata generalizzata, quella del 14.8.79, prendendo in esame la voce “rifacimento terrazzi”
del preventivo 79/80, si era espressa con la sola presenza di millesimi 681,67 per una “nuova
parametrazione in millesimi tenendo conto dei balconi e terrazzi valutandone la superficie al
50%”: in assenza di manifestazioni di volontà da parte di tre condomini, l’assemblea aveva
ritenuto che “in caso di silenzio, entro 30 giorni data della presente, sarà considerato aver
ottenuto il loro implicito accordo per l’esecuzione dei lavori, che verranno comunque messi in
atto appena in possesso del preventivo richiesto”; il condomino R. aveva preso “l’impegno di
indirizzarsi ad un tecnico (geometra) per la misurazione e la nuova ripartizione dei millesimi
occorrenti per la sistemazione della spesa”; quindi la nuova tabella era stata redatta dal geom.
B. di Novara il 1.9.79 senza neanche attendere trenta giorni dall’assemblea del 13.8.79 nè
dalla ricezione del relativo verbale e non era mai stata sottoposta ad approvazione da parte
dell’assemblea di condominio. In ogni caso, il voto favorevole espresso dalla Fo. nell’assemblea
del 14-8-1979, che peraltro era confinato al problema del rifacimento dei terrazzi, non aveva valenza inequivoca, come le successive vicende avevano poi dimostrato: mentre non poteva
neppure profilarsi l’errore delle originarie tabelle riguardo al calcolo delle terrazze e dei
balconi che erano considerate lastrici solari di uso esclusivo; frutto di errore piuttosto erano le
tabelle del 1979 che avevano aggiunto alla superficie degli appartamenti quella delle terrazze
e dei balconi che invece, per quanto detto, non avrebbe potuto essere calcolata: le misure erano
comunque inattendibili.
Con il sesto motivo la ricorrente denuncia la nullità radicale delle delibere modificative delle
tabelle che, avendo natura contrattuale, non potevano essere modificate se non con il consenso
unanime dei condomini, essendo del tutto irrilevante il consenso della F.; d’altra parte, si
ribadisce, le nuove tabelle non erano state approvate da alcuna assemblea.
Il quarto, il quinto e il sesto motivo – che, essendo strettamente connessi, vanno esaminati
congiuntamente – sono infondati.
ccorre premettere che: 1) in tema di opposizione a decreto ingiuntivo immediatamente
esecutivo emesso ai sensi dell’art. 63 disp. att. cod. civ. per la riscossione dei contributi in base
allo stato di ripartizione approvato dall’assemblea, il condomino opponente non può far valere
questioni attinenti alla validità della delibera condominiale ma solo questioni riguardanti
l’efficacia della medesima. Tale delibera infatti costituisce titolo di credito del condominio e, di
per sè, prova l’esistenza di tale credito e legittima non solo la concessione del decreto
ingiuntivo, ma anche la condanna del condominio a pagare le somme nel giudizio di
opposizione che quest’ultimo proponga contro tale decreto, ed il cui ambito è dunque ristretto
alla sola verifica della esistenza e della efficacia della deliberazione assembleare di
approvazione della spesa e di ripartizione del relativo onere (Cass. 2387/2003; 7261/2002;
11515/1999; 3302/1993).
Peraltro in tema di condominio, sono affette da nullità, che può essere fatta valere anche da
parte del condomino che le abbia votate, le delibere condominiali attraverso le quali, a
maggioranza, siano stabiliti o modificati i criteri di ripartizione delle spese comuni in
difformità da quanto previsto dall’art. 1123 cod. civ., mentre sono annullabili e, come tali,
impugnabili nel termine di cui all’art. 1137 c.c., u.c., le delibere con cui l’assemblea,
nell’esercizio delle attribuzioni previste dall’art. 1135 c.c., nn. 2 e 3, determina in concreto la
ripartizione delle spese medesime in difformità dai criteri di cui all’art. 1123 cod. civ..
Ciò posto, occorre ricordare che l’opponente aveva dedotto la nullità del decreto ingiuntivo in
quanto la deliberazione in base alla quale era stato emesso aveva ripartito le spese calcolando
la quota millesimale in difformità da quanto previsto dalle tabelle millesimali convenzionali,
ovvero in base alle tabelle modificate con le Delib. 29 agosto 1978 e Delib. 14 agosto 19979: il
ricorrente ne aveva dedotto l’invalidità per essere state le stesse approvate a maggioranza
mentre – avendo natura contrattuale – sarebbe stata necessaria l’unanimità dei consensi. Ora a prescindere dal considerare che, secondo la recente pronuncia delle Sezioni Unite
(18477/2010), l’atto di approvazione delle tabelle millesimali, al pari di quello di revisione delle
stesse, non avendo natura negoziale non deve essere approvato con il consenso unanime dei
condomini, essendo a tal fine sufficiente la maggioranza qualificata di cui all’art. 1136 c.c.,
comma 2, la questione circa l’invalidità delle delibere modificative delle originarie tabelle era
del tutto irrilevante nella presente sede, posto che la Delib. del 1987 sulla base della quale era
stato emesso il decreto opposto si era limitata ad approvare la ripartizione delle spese
condominiali calcolandole in base alle tabelle modificate, sicchè la stessa era pur sempre
annullabile e, come tale, produttiva di effetti.
Tali osservazioni consentono di ritenere che: il Giudice dell’opposizione al decreto non avrebbe
potuto, neppure incidenter tantum, verificare l’invalidità delle delibere modificative delle
tabelle millesimali, per cui del tutto ultroneo si è rivelato il riferimento al giudicato di cui alla
sentenza n. 621 del 1983 della Corte di Torino che era privo di alcuna rilevanza nel presente
giudizio , e ciò a prescindere da ogni considerazione sulla valenza di giudicato esterno
attribuitole dalla decisione impugnata. Il ricorso va rigettato.
Non va adottata alcuna statuizione in ordine al regolamento delle spese della presente fase,
non avendo l’intimato svolto attività difensiva.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso.

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