Avv. Giacomina Carla Squitieri

La decretazione d’urgenza che accompagna il nostro presente da quando è sorta l’emergenza epidemiologica da COVID-19 ha comportato, inevitabilmente, il sorgere di una serie di complicate questioni relative alla necessità di salvaguardare la salute pubblica anche a discapito di altre posizioni sostanziali, seppur costituzionalmente garantite. Tale circostanza risulta particolarmente evidente laddove a rapportarsi siano il diritto alla frequentazione ed il diritto alla salute ex art. 32 Cost., non solo nell’interesse generale ma anche del minore e dei genitori. Purtroppo sul punto, non si registra uniformità tra le posizioni giurisprudenziali e ciò perché il veloce susseguirsi di misure limitative sempre più stringenti, ha costretto il giudicante investito della questione episodica, a spostare di volta in volta il baricentro degli interessi coinvolti.

Nello specifico si commenta il provvedimento del Tribunale di Roma, sez. I, ordinanza 7 aprile 2020, n. 3692, del Tribunale di Busto Arsizio, decreto 3 aprile 2020 e del Tribunale di Vasto, decreto 2 aprile 2020.   

Le posizioni giurisprudenziali

In tutte le ipotesi in analisi, seppur scaturenti da vicende differenti, il Tribunale è stato chiamato a pronunciarsi sostanzialmente sulle modalità ed i tempi di esercizio del diritto-dovere di frequentazione dei genitori a fronte delle limitazioni poste dal diritto delle emergenze al fine di salvaguardare la salute pubblica.

In primis si evidenzia che, ai sensi dell’art. 83, comma 3 del D.L. n. 18/2020, nonostante il periodo di sospensione stabilito a causa dell’emergenza sanitaria, devono essere trattati i procedimenti per i quali sia ravvisabile una situazione di grave pregiudizio per i minori, quale è sicuramente quella da cui derivi una possibile violazione del principio di bigenitorialità (art. 30 Cost. ed art. 8 CEDU), prioritario interesse del minore posto alla base della legge n. 54 del 2006. Pregiudizio e conseguente urgenza di trattazione che sono stati ravvisati dai giudici summenzionati, i quali hanno adottato i provvedimenti necessari inaudita altera parte.

Dall’analisi di questi ultimi è possibile rinvenire due orientamenti antitetici, quello più restrittivo che ritiene recessivi alcuni aspetti della genitorialità rispetto all’emergenza in corso e quello che, attraverso un’interpretazione ampia delle disposizioni normative d’emergenza ed un bilanciamento tra gli interessi in gioco, garantisce il diritto dei genitori e dei figli al rispetto della vita familiare.

Nello specifico, al primo orientamento aderisce il Tribunale di Vasto il quale con il decreto del 2 aprile 2020, ha ritenuto che consentire gli incontri dei minori con i genitori dimoranti in un Comune diverso da quello di residenza dei minori stessi, non realizzerebbe affatto le condizioni di sicurezza e prudenza di cui ai Decreti della P.C.M. che si sono susseguiti nel mese di marzo 2020. Pertanto, nel bilanciamento degli interessi coinvolti, ha concluso che quello alla salute pubblica prevale in ogni caso, anche sul diritto del minore alla bigenitorialità oltre che sul diritto-dovere di frequentazione dei genitori separati/divorziati, soprattutto laddove non sia verificabile se il minore venga o meno esposto a rischio sanitario. Il giudice vastese quindi, in conformità dell’orientamento espresso poco tempo prima con decreto dalla Corte d’Appello di Bari il 26 marzo 2020 e ritenendo scopo primario della normativa emergenziale, tesa al contenimento del contagio, quello di attuare una rigorosa e universale limitazione dei movimenti sul territorio con conseguente sacrificio di tutti i cittadini ed anche dei minori, ha specificato che di fatto il diritto-dovere di frequentazione è stato sospeso limitatamente agli incontri “in presenza”. Il Tribunale di Vasto, infatti, nel rigettare l’istanza presentata dal genitore non collocatario dimorante in un Comune diverso da quello presso il quale si trovava la figlia minore, al fine di ottenere l’emissione di un provvedimento di collocazione presso di sé della stessa nel periodo oggetto di restrizioni, ha disposto che il ricorrente possa esercitare il proprio diritto di frequentazione attraverso colloqui telefonici riservati in videochiamata con la figlia, secondo un calendario puntualmente indicato in decreto.

È chiaro che nulla esclude che al termine dell’emergenza sanitaria, venga posta fine alla sospensione permettendo la riespansione del diritto, seppur nei limiti delle eventuali nuove disposizioni di contenimento vigenti.

Maggiori adesioni ha avuto l’orientamento opposto a quello appena descritto.

Il Tribunale di Roma con ordinanza n. 3692 del 7 aprile 2020, nel decidere in merito alla vicenda in cui un genitore collocatario, in conseguenza dell’emergenza sanitaria, si allontanava da Roma e si recava in Puglia, portando con sé i figli, senza avvisare in alcun modo il padre e senza comunicare il nuovo domicilio, riassume egregiamente il fulcro di tale indirizzo.

Difatti la questione principale decisa dal Tribunale ha riguardato l’influenza esercitabile dall’emergenza sanitaria, non solo sul concreto esercizio dei rapporti tra genitori e figli, ma, preliminarmente, sulla possibilità di derogare alle norme ordinarie. È evidente che, secondo la soluzione adottata dal giudice, l’emergenza non può neppure determinare deroghe al diritto del genitore non collocatario di frequentare i figli.

Nello specifico il giudice romano, richiamando gli insegnamenti della Corte di Cassazione, ha rimarcato che non può ritenersi che il genitore non collocatario abbia un diritto inferiore o condizionato, rispetto all’altro, nell’esercizio della genitorialità. La collocazione del minore concerne, infatti, modalità pratiche e risponde all’esigenza di dare allo stesso un punto di riferimento abitativo stabile, senza incidere in alcun modo sia sul principio di bigenitorialità, inteso “quale presenza comune dei genitori nella vita del figlio, idonea a garantirgli una stabile consuetudine di vita e salde relazioni affettive con entrambi” sia su quello di pari dignità di ciascuno dei genitori nell’esercizio delle facoltà educative e nell’attribuzione dei tempi di frequentazione.

Tutto ciò premesso, il Tribunale ha poi affermato, nel merito, la necessità di bilanciare l’interesse alla bigenitorialità con l’interesse alla salute, sia sotto il profilo individuale sia sotto quello collettivo ed ha ritenuto che l’esercizio del primo non pregiudicasse in alcun modo il secondo. A ragionare diversamente si negherebbe il diritto del genitore non collocatario di continuare a vedere e tenere con sé i figli, determinando la lesione del diritto di questi ultimi nonché un’inaccettabile riconoscimento della subalternità del genitore.

Alle stesse conclusioni giunge l’opzione ermeneutica sposata dal Tribunale di Busto Arsizio con il decreto del 3 aprile 2020, il quale, interpretando ampiamente le disposizioni normative d’urgenza, ha stabilito che il diritto di visita dei figli di genitori separati e divorziati non ha subìto limitazioni a seguito della normativa emergenziale per fronteggiare il Coronavirus, in quanto certamente rientrante nelle “situazioni di necessità” che legittimano lo spostamento sul territorio.

La vicenda esaminata dal suddetto Tribunale traeva origine dall’istanza presentata da un padre separato che vedeva sospesi e sostituiti da videochiamate i suoi incontri calendarizzati con i figli, secondo quanto indicato dai Servizi Sociali a seguito delle misure sanitarie adottate in relazione alla pandemia da Coronavirus. Tale sospensione degli incontri “in presenza”, evidentemente, non discende da una valutazione delle competenze genitoriali ma dall’interpretazione, da parte del Servizio Tutela Minori, della normativa emergenziale vigente.

Ecco perché il Tribunale ha disposto che i Servizi Sociali riferiscano sulle ragioni giustificative della sospensione dei rapporti padre/figli, la quale può discendere solo da preclusioni normative.

Proseguendo nell’analisi del provvedimento di cui si discorre, il giudice ha poi riportato tutte le considerazioni svolte dall’istante nel ricorso introduttivo ed in particolare si segnala tra queste, oltre all’inevitabile richiamo della normativa emergenziale in vigore, il riferimento al modello di autodichiarazione pubblicato sul sito del Ministero degli Interni dopo il D.L. n. 19/2020, il quale espressamente prevedeva gli “obblighi di affidamento di minori” tra le motivazioni che consentivano gli spostamenti individuali, circostanza questa riportata anche nel FAQ governativo e della Regione Lombardia.

Il riferimento al contenuto del FAQ è ravvisabile anche nella pronuncia del Tribunale di Milano che, tempo prima e precisamente l’11 marzo 2020, ha stabilito, anch’esso attraverso un’interpretazione ampia della disciplina vigente, che “le disposizioni del D.P.C.M. 8 marzo 2020 non impediscono al genitore di spostarsi per raggiungere i figli minori che si trovino presso la casa dell’altro genitore o dell’affidatario”.

Si segnala infine, una decisione particolarmente interessante del Tribunale di Terni del 30 marzo 2020, che si pone in una posizione mediana fra le ricostruzioni fin qui esaminate, stabilendo che “nel bilanciamento degli interessi di pari rango costituzionale, quello alla tutela della bigenitorialità e quello alla tutela della salute, gli incontri in spazio neutro tra il padre ed i figli devono avvenire con modalità che, pur assicurando il costante contatto, non mettano a rischio la salute psico-fisica dei minori, quali, ad esempio, videochiamate (skype ovvero whatsapp), attivate dall’operatore dei Servizi Sociali, il quale assicurerà la propria presenza per l’intera durata della conversazione”.

È chiaro quindi, che il Tribunale non ha ritenuto di attribuire priorità assoluta ad uno dei beni giuridici in gioco ma ha provveduto ad individuare delle modalità operative attraverso le quali salvaguardare entrambi gli interessi, pur tenendo conto delle peculiarità del caso concreto.

A parere di chi scrive, pur essendo apprezzabile la logica adottata dal giudice umbro, non può certo sottacersi che la soluzione concretamente adottata non appare del tutto soddisfacente: l’esercizio del diritto di frequentazione attraverso le videochiamate si pone, indubbiamente, come un minus rispetto alle modalità usuali.

La delicata questione

Appare necessario per poter meglio comprendere le posizioni giurisprudenziali esaminate, soffermarsi nel dettaglio sul contenuto della citata normativa d’urgenza.

È fondamentale premettere che quest’ultima non ha specificatamente affrontato il problema della frequentazione genitori/figli ma elenca una serie di misure incidenti su diritti e libertà costituzionali, tra cui la libertà personale ed il diritto di circolazione sul territorio.

Questa normativa speciale prende avvio con la Delibera del Consiglio dei Ministri del 31 gennaio 2020, attraverso la quale è stato preso atto della dichiarazione di emergenza internazionale fatta dall’Organizzazione mondiale della sanità e delle raccomandazioni di quest’ultima circa la necessità di intervenire stabilendo misure adeguate a tutela della salute e dell’incolumità pubblica. Tenuto conto che detta situazione di emergenza non è stata ritenuta fronteggiabile con mezzi e poteri ordinari, ne è scaturita la dichiarazione dello stato di emergenza per sei mesi ex artt. 7, comma 1, lett. c), e 24, comma 1, D.lgs. n. 1 del 2018. Si tratta di un tipo di intervento tra quelli più ponderosi previsti dal nostro ordinamento, atteso che gli articoli summenzionati regolamentano “Emergenze di rilievo nazionale connesse con eventi calamitosi di origine naturale o derivanti dall’attività dell’uomo che in ragione della loro intensità o estensione debbono, con immediatezza d’intervento, essere fronteggiate con mezzi e poteri straordinari da impiegare durante limitati e predefiniti periodi di tempo ai sensi dell’art. 24”, il quale dal canto suo prevede che “il Consiglio dei ministri, su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri, formulata anche su richiesta del Presidente della Regione o Provincia autonoma interessata e comunque acquisitane l’intesa, delibera lo stato d’emergenza di rilievo nazionale, fissandone la durata e determinandone l’estensione territoriale con riferimento alla natura e alla qualità degli eventi e autorizza l’emanazione delle ordinanze di protezione civile di cui all’articolo 25”, le quali possono essere assunte “in deroga ad ogni disposizione vigente, ma nel rispetto dei principi generali dell’ordinamento e delle norme dell’Unione europea” purché comunque contengano l’indicazione delle norme cui si intende derogare e le relative motivazioni.

Il D.L. 23 febbraio 2020, n. 6, conv., con modificazioni, nella L. 5 marzo 2020, n. 13, ha previsto la possibilità di massima incisività delle misure via via adottate con i decreti successivi. Com’è noto, sulla base di questa legge sono stati emanati ulteriori decreti legge, decreti della Presidenza del Consiglio dei ministri e una serie di ordinanze da parte dei ministri coinvolti.

Tornando agli aspetti della succitata normativa che più interessano ai fini di questa breve disamina, rileva il D.P.C.M del 9 marzo 2020 che ha dato la stura al crescendo di misure sempre più stringenti incidenti tra le altre cose, anche sul diritto di frequentazione. Nel vigore di questo provvedimento che prevedeva: “a) evitare ogni spostamento delle persone fisiche in entrata e in uscita dai territori di cui al presente articolo, nonché all’interno dei medesimi territori, salvo che per gli spostamenti motivati da comprovate esigenze lavorative o situazioni di necessità ovvero spostamenti per motivi di salute. È consentito il rientro presso il proprio domicilio, abitazione o residenza…” era stato pacificamente ritenuto che accompagnare i figli dalla casa di un genitore all’altro, sia all’interno dello stesso comune che in uno diverso, rientrasse tra le specifiche ragioni in grado di giustificare, tramite l’autocertificazione, lo spostamento. In tal senso aveva chiarito anche il Governo tramite le cd. FAQ, pubblicate sul sito istituzionale e richiamate in più d’una delle decisioni giudiziarie su commentate. In argomento non poteva che rilevarsi il fatto che i figli di genitori separati o divorziati hanno due domicili, coincidenti con ciascuna delle abitazioni dei genitori, e quindi gli spostamenti tra i due rientravano senza alcun particolare problema nella previsione che consentiva “il rientro presso l’abitazione, il domicilio o la residenza”.

Tale conclusione è diventata meno certa in seguito all’ordinanza del Ministero della salute del 20 marzo 2020 la quale, inasprendo ulteriormente le misure restrittive, ha introdotto in merito agli spostamenti consentiti, il riferimento al solo domicilio principale. Da ciò rampollava l’incertezza sul poter intendere quest’ultimo come riferito esclusivamente al domicilio del genitore collocatario, con la conseguenza di includere nell’ambito della limitazione anche gli spostamenti legati alla frequentazione genitoriale.

Sicuramente sul punto era da preferire un’interpretazione strettamente letterale della limitazione, in ossequio a quanto disposto dall’art. 12, comma 1 delle preleggi, ed in effetti, l’ordinanza in commento, vieta espressamente solo lo spostamento verso le seconde case, intendendo evidentemente precisare, a contrario, il significato di tale locuzione attraverso il richiamo al domicilio principale. Senza alcun dubbio il domicilio del genitore non collocatario non può essere assimilato a una seconda casa.

Non può certo sottacersi inoltre, il fatto che in termini di fonti del diritto, l’ordinanza del Ministro della salute, pur se temporalmente successiva, resta in posizione subordinata rispetto al decreto del Consiglio dei Ministri del 9 marzo 2020 il quale, come già evidenziato riteneva pacificamente esercitabile l’attività di cui si discorre.

Maggiori problematiche sono sorte quando con l’adozione del decreto del 22 marzo, viene espressamente abolita, tra le ipotesi consentite, la possibilità di fare ritorno nel proprio domicilio. La nuova regolamentazione è palesemente più restrittiva rispetto alla precedente, difatti, scompare la “situazione di necessità” ed essendo stato aggiunto un ulteriore limite territoriale quale quello del comune di residenza, vengono aggiunte le “comprovate esigenze di assoluta urgenza” che consentono gli spostamenti ultra comunali.

Quanto appena rimarcato significa, nell’ottica del diritto di frequentazione, che il minore, quand’anche si trovasse nella casa del genitore non collocatario, non potrà certo raggiungere il domicilio dell’altro, laddove si trovi in un altro comune ed analogamente in caso contrario. Tali spostamenti resterebbero limitati alla ricorrenza delle “comprovate esigenze di assoluta necessità” in cui certamente non rientra l’esercizio della normale frequentazione genitori-figli.

Tuttavia l’aspetto che lascia perplessi è l’assunzione del territorio comunale quale area di riferimento per gli spostamenti che, riguardo all’argomento di cui si discorre, realizza in maniera evidente una disparità di trattamento che non trova alcuna giustificazione né funzionale né giuridica, se non quella del luogo in cui si trovano i figli o i genitori.

Ai decreti fin qui analizzati è stato aggiunto il D.L. n. 19 del 25 marzo 2020, il quale riespande il diritto alla frequentazione dei genitori, eliminando il limite del territorio comunale e le comprovate esigenze di assoluta necessità. Questa nuova disciplina degli spostamenti deve, tuttavia, norme alla mano, ritenersi operante solo dopo la data di espirazione del D.P.C.M. del 22 marzo 2020.

È importante però evidenziare come le FAQ pubblicate il 26 marzo dal Governo, riprendevano i contenuti già richiamati in precedenza, definendo infatti come consentito lo spostamento tra i domicili dei genitori del minore, seppur ubicati in comuni diversi. Questa precisazione, più consona alla garanzia degli interessi coinvolti, consente di evitare che la situazione d’emergenza sanitaria possa essere utilizzata per ampliare o per restringere il diritto di frequentazione in analisi.

L’incertezza derivante da tale quadro normativo ha, come ampiamente evidenziato in precedenza, dato origine alle diverse posizioni giudiziarie analizzate ma con il nuovo D.P.C.M. del 26 aprile 2020 sembra si sia fatto finalmente un passo in avanti. Con tale decreto infatti, non solo è stata nuovamente introdotta la previsione secondo cui “è in ogni caso consentito il rientro presso il proprio domicilio, abitazione o residenza” ma è stato anche riconosciuto tra gli spostamenti necessari, quello per incontrare i congiunti, a condizione che vengano comunque rispettate le regole di distanza interpersonale, il divieto di assembramento e l’impiego delle mascherine.

Si segnala infine, che con la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale della legge n. 27 del 24 aprile 2020 si è concluso l’iter di conversione del D.L. 17 marzo 2020, n. 18, c.d. decreto “Cura Italia”, con tutte le modifiche apportate dal maxiemendamento governativo. Questa legge ha introdotto rilevanti novità in tema di procedimenti relativi a minori e famiglia, accogliendo i suggerimenti della prassi giurisprudenziale nel periodo dell’emergenza sanitaria ed ha introdotto una nuova disciplina per lo svolgimento degli incontri tra genitori e figli nel cd. spazio neutro, ipotesi simile a quella sottoposta e decisa dal Tribunale di Terni con il provvedimento citato in precedenza. È stata disegnata la possibilità, in via di deroga al regime ordinario disposto dal giudice della separazione, di nuove forme di svolgimento, mediante connessione da remoto, degli incontri genitori-figli in forma protetta.

A parere di chi scrive è importante porre l’accento sul fatto che la richiamata nuova disciplina è intrisa del principio per cui la sospensione del diritto di frequentazione genitori/figli è da intendersi come extrema ratio poiché pregiudizievole per l’interesse prevalente del minore.

In conclusione, indipendentemente dall’interpretazione, criticabile o meno, della disciplina emergenziale attualmente in vigore, non può aprioristicamente ritenersi prevalente il diritto alla salute rispetto ad altri diritti fondamentali come quello alle relazioni familiari, tanto più in un momento come quello che stiamo vivendo che già da solo mette a dura prova l’equilibrio psicofisico, di per sé delicato, dei figli di genitori separati o divorziati. Bisognerebbe in realtà, come mostrano anche alcune delle recenti pronunce giurisprudenziali commentate, evitare automatismi e procedere, nel necessario bilanciamento dei diritti, a trovare soluzioni fondate sul buon senso e sulle specificità del caso concreto, sempre nell’ottica del superiore interesse del minore.

Fonti:

D.L. 18/2020;

art. 30 Cost.;

art. 8 CEDU;

legge n. 54 del 2006;

Tribunale di Vasto, decreto del 2 aprile 2020;

Corte d’Appello di Bari, decreto del 26 marzo 2020;

Tribunale di Roma, ordinanza n. 3692 del 7 aprile 2020;

Cassazione civile, ordinanza n. 9764 del 2019;

Tribunale di Busto Arsizio, decreto del 3 aprile 2020;

Tribunale di Milano, decreto dell’11 marzo 2020;

Tribunale di Terni, sentenza del 30 marzo 2020;

D.lgs. n. 1 del 2018;

D.P.C.M n. 11 del 9 marzo 2020;

ordinanza del Ministero della salute del 20 marzo 2020;

D.P.C.M. 22 Marzo 2020;

D.L. n. 19 del 25 marzo 2020;

D.P.C.M. del 26 aprile 2020;

legge n. 27 del 24 aprile 2020.

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