Cassazione penale sezione IV, sentenza 08 novembre 2012 n 43449

Motociclista, passeggero, maggiorenne, casco, obbligo, mancanza, omicidio

E’ responsabile per omicidio colposo il centauro che non abbia fatto indossare il casco al passeggero deceduto a seguito di sinistro stradale, essendo del tutto irrilevante che quest’ultimo sia persona maggiorenne e che manchi una specifica violazione contravvenzionale che preveda tale fattispecie. Riferimenti normativi: art. 171, co. 2 CdS.

 

Cassazione civile sezione III sentenza 4 dicembre 2012 n 21724

Gli effetti del comportamento dei dipendenti ricadono sul datore di lavoro ove tra l’illecito ed il rapporto di lavoro sussista nesso di occasionalità.

Ai sensi dell’art. 2049 c.c., gli effetti del comportamento dei dipendenti ricadono sul datore di lavoro ove tra l’illecito ed il rapporto di lavoro sussista quel nesso di occasionalità necessaria che si riscontra ogni qual volta le mansioni del dipendente abbiano reso possibile o agevolato la sua condotta, e quindi anche nel caso che egli agisca autonomamente nell’ambito dell’incarico, e persino ove lo stesso ecceda dai limiti concessi o trasgredisca agli ordini ricevuti, attuando una condotta contraria alle direttive e non riconducibile agli interessi del datore.

 

Cassazione civile sezione lavoro sentenza 03 ottobre 2012 n 16812

Infortunio, risarcimento, domanda, INAIL, chiamata in causa, garanzia

Il giudizio instaurato dal lavoratore nei confronti del datore di lavoro avente ad oggetto la richiesta di risarcimento dei danni a seguito dell’infortunio patito concerne l’esistenza di un diritto diverso dal diritto alle prestazioni previdenziali erogate dall’INAIL. Da ciò consegue che la chiamata in giudizio dell’Inail da parte del datore di lavoro ex art. 10, T.U. 1965 n. 1124, fondandosi su un petitum e una causa petendi diversi rispetto a quelli propri della domanda (risarcitoria) avanzata dal lavoratore nei confronti del datore di lavoro, non può essere qualificata come diretta al riconoscimento dell’ente quale unico soggetto obbligato nei confronti degli attori, né può condurre alla liberazione del convenuto dalle pretese avanzate nei suoi confronti, ma va qualificata come domanda di garanzia. Ne deriva che non può trovare applicazione il principio dell’estensione automatica della domanda dell’attore al chiamato da parte del convenuto. Riferimenti normativi: art. 2087 c.c.; art. 10, d.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124. Cfr. Cass. Civ., sez. III, sentenza 1 giugno 2006, n.13131, Cass. Civ., sez. III, sentenza 8 giugno 2007, n. 13374 e da ultimo Cass. Civ., sez. lavoro, sentenza 7 giugno 2011, n. 12317.

 

Cassazione civile sezione VI T ordinanza 05 marzo 2012 n 3433

Spese di rappresentanza, spese pubblicitarie, sponsor, pilota professionista

In tema di imposte sui redditi, ai sensi dell’art. 108 (ex 74, secondo comma) del d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, costituiscono spese di rappresentanza quelle affrontate per iniziative volte ad accrescere il prestigio e l’immagine dell’impresa ed a potenziarne le possibilità di sviluppo, mentre vanno qualificate come spese pubblicitarie o di propaganda quelle erogate per la realizzazione di iniziative tendenti, prevalentemente anche se non esclusivamente, alla pubblicizzazione di prodotti, marchi e servizi, o comunque dell’attività svolta. Pertanto, le spese di sponsorizzazione costituiscono spese di rappresentanza, deducibili nei limiti della norma menzionata, ove il contribuente non provi che all’attività sponsorizzata sia riconducibile una diretta aspettativa di ritorno commerciale. (Nella specie, la società contribuente, garante nel settore degli impianti per imballaggi, non aveva allegato, né provato qualsivoglia diretta aspettativa di ritorno commerciale riconducibile all’attività di un pilota professionista ed all’apposizione di una scritta sulla sua vettura). Riferimenti normativi: artt. 74 e 108, d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917. Cfr. Cass. Civ., sez. tributaria, sentenza 16 novembre 2011, n. 24065.

 

Cassazione civile sezione I sentenza 7 giugno 2012 n 9241

L’amministratore giudiziario nominato ai sensi dell’art. 2409 cod. civ., pur essendo pubblico ufficiale, rende la prestazione di amministratore della società

L’amministratore giudiziario nominato ai sensi dell’art. 2409 cod. civ., pur essendo pubblico ufficiale, rende la prestazione di amministratore della società, con questa instaurando un rapporto da cui deriva il credito per remunerazione, non indisponibile. Ne consegue che l’accordo tra la società e l’amministratore giudiziario sulla liquidazione del compenso a quest’ultimo spettante non è nullo, ma solo condizionato all’emanazione di un provvedimento giudiziale che lo recepisca ai sensi dell’art. 92 disp. att. cod. civ., non avendo quindi interesse ad opporre tale provvedimento la società che si limiti a denunciare un vizio di annullabilità dell’accordo (nella specie, per conflitto di interessi), senza averne provocato l’annullamento con autonoma azione.

 

Cassazione penale sezione III sentenza 28 novembre 2012 n 46299

Stupefacenti, lieve entità, attenuante, consumatore abituale, valutazione

Se solo una parte dello stupefacente viene destinata dallo spacciatore allo spaccio, mentre altra parte è detenuta per uso personale occorre verificare, in concreto, la possibilità di applicare la circostanza attenuante della lieve entità del fatto, soprattutto se lo spacciatore è anche consumatore abituale di droga, che trae dallo spaccio i proventi per l’acquisto delle proprie dosi. Riferimenti normativi: art. 73, co. 5, d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309.

 

Cassazione penale sezione I sentenza 21 novembre 2012 n 45559

Serial killer, sindrome, capacità di intendere, capacità di volere, valutazione

In tema di riconoscimento del vizio, totale o parziale, della capacità di intendere e di volere occorre effettuare una valutazione approfondita sia della capacità di intendere che di quella di volere, senza che la seconda possa rimanere assorbita nella prima.

Ne consegue che ben può sussistere la capacità di rendersi conto del disvalore dell’azione commessa e di liberamente autodeterminarsi in presenza invece di una menomazione della capacità di volere. (Nel caso di specie il difensore dell’imputato aveva chiesto la rinnovazione istruttoria per l’espletamento di una prova scientifica volta all’accertamento, per mezzo dell’esame dell’encefalo dell’imputato con risonanza magnetica nucleare – “VBN” -, di una patologia, definita “disturbo esplosivo intermittente”, anche nota come “sindrome del serial killer”, che elimina la capacità di volere per cause organiche, e che i periti di primo grado non avevano preso in esame, nemmeno per escluderla.) Riferimenti normativi: art. 85 c.p.

 

Cassazione civile sezione lavoro sentenza 17 novembre 2012 n 20145

Raccomandata, ricevuta, zio, contribuente, prescrizione, termine, prova, validità

E’ validamente interrotto il termine di prescrizione del credito contributivo vantato dall’INPS con lettera raccomandata ricevuta dal consegnatario (zio del contribuente), la cui presenza all’indirizzo del destinatario non può considerarsi occasionale senza idonea prova da parte dello stesso, che dovrebbe indicare le circostanze dalle quali desumere tale occasionalità. Riferimenti normativi: art. 139 c.p.c.

Cassazione civile sezione lavoro sentenza 26 ottobre 2012 n 18479

Cassa previdenziale, ragionieri, calcolo, pro rata temporis, adeguatezza

Il sistema previdenziale pubblico e privato ha un’intrinseca soglia minimale di protezione, derivata – e garantita a livello costituzionale – dal criterio di “adeguatezza” prescritto dall’art. 38 Cost., co. 2, e modulata diacronicamente in quanto dipendente dalla variabilità di plurimi parametri che concorrono a definirla (primo tra i quali il coefficiente che esprime l’aspettativa di vita); ciò che porta a negare validità alla tesi secondo cui l’assicurato avrebbe soltanto una mera aspettativa di fatto ad un trattamento pensionìstico (di anzianità o di vecchiaia).

Tale insopprimibile soglia minima di trattamento pensionistico, corrispondente al maturato previdenziale, non necessariamente coincide con il criterio del pro rata, ma, essendo questo l’unico (all’epoca) previsto dal legislatore, un’interpretazione costituzionalmente orientata dell’art. 3, co. 12, L. n. 335 del 1995, che si aggiunge e rafforza il canone dell’interpretazione testuale, conduce a ritenere ampio l’ambito di operatività di tale criterio, applicabile quindi anche alle modifiche in peius dei soli criteri di calcolo della quota retributiva della pensione. (Nel caso specifico, la Corte ha affermato che, in applicazione del criterio del pro rata, la Cassa Nazionale di Previdenza e Assistenza a favore dei Ragionieri e Periti Commerciali è tenuta a corrispondere al ricorrente principale la quota retributiva della pensione di anzianità nella misura risultante dall’applicazione della normativa previgente alle modifiche regolamentari adottate con le delibere del 22 giugno 2002, del 7 giugno 2003 e del 20 dicembre 2003 e, perciò, secondo il più favorevole criterio di calcolo della media dei 15 redditi professionali annuali più elevati nell’arco di 20 anni di contribuzione anteriori a quello di maturazione del diritto a pensione; conseguentemente la Cassa dovrà corrispondere al ricorrente le differenze spettanti sui ratei di pensione già corrisposti, oltre agli interessi legali dalla maturazione di ogni singolo rateo fino al saldo.)

Riferimenti normativi: art. 3, co. 12, L. n. 335/1995; art. 1, co. 763, L. 27 dicembre 2006, n. 296.

 

Cassazione civile sezione lavoro sentenza 12 novembre 2012 n 19646

Ferrovie dello Stato, dipendenti, assegno personale pensionabile, EDR

Il combinato disposto degli artt. 73 e 82 del contratto collettivo di lavoro del 6 febbraio 1998 per i dipendenti delle Ferrovie dello Stato va interpretato nel senso che l’E.D.R. – Elemento Distinto della Retribuzione – di cui all’accordo collettivo dell’8 novembre 1995 va computato nell’assegno pensionabile di cui al cit. art. 82. Riferimenti normativi: artt. 73 e 82 CCNL 6 febbraio 1998 Ferrovie dello Stato; artt. 1362-1363 c.c.

 

 

Cassazione civile sezioni unite sentenza 12 ottobre 2012 n 17402

Giurisprudenza, mutamento, overruling, avvocato, procedimento disciplinare

Il mutamento della precedente interpretazione giurisprudenziale, che ha portato a negare l’autonoma impugnabilità davanti al Consiglio nazionale forense dell’atto di apertura del procedimento disciplinare disposto dal Consiglio dell’ordine territoriale a carico di un avvocato, non dà luogo – preesistendo ad esso un orientamento univoco, tale da fondare il legittimo affidamento dell’interessato sull’ammissibilità del rimedio impugnatorio – ad una fattispecie di c.d. “overruling”, dovendosi per tale intendere il mutamento di giurisprudenza nell’interpretazione di una norma o di un sistema di norme, idoneo a vanificare l’effettività del diritto di azione e di difesa, e dal carattere, se non proprio repentino, quanto meno inatteso, o comunque privo di preventivi segnali anticipatori del suo manifestarsi, quali possono essere quelli di un, sia pur larvato, dibattito dottrinale o di un qualche significativo intervento giurisprudenziale sul tema. Riferimenti normativi: artt. 38, 50 e 56, R.D. 27 novembre 1933, n. 1578; art. 47, R.D. 22 gennaio 1934, n. 37; artt. 24 e 111 Cost. Cfr. Cass. Civ., SS.UU., sentenza 11 luglio 2011, n. 15144. Cfr.in senso contrario Cass. Civ., SS.UU., sentenza 22 dicembre 2011, n. 28335.

 

Cassazione civile sezione II sentenza 05 novembre 2012 n 18910

Diritto di veduta, affaccio, sicurezza, altezza, distanze minime, esclusione

Se il parapetto non ha una altezza che consente un comodo affaccio in tutta sicurezza, lateralmente ed obliquamente, non possono essere invocate le distanze minime per il diritto di veduta previste degli artt. 905 e 907 c.c. Riferimenti normativi: artt. 900, 905 e 907 c.c.

 

Cassazione civile sezione III sentenza 26 ottobre 2012 n 18499

Immobile, riconsegna, conduttore, ritardo, danno contrattuale, maggior danno

La responsabilità del conduttore a norma dell’art. 1591 c.c. per ritardata restituzione dell’immobile locato ha natura contrattuale, con la conseguenza che il locatore, in applicazione del principio dettato dall’art. 1218 c.c., deve provare il danno derivatogli dalla ritardata restituzione con l’ulteriore effetto che per il c.d. maggior danno è il locatore a dovere fornire la prova della lesione del suo patrimonio, consistente nel non avere potuto dare in locazione il bene per un canone più elevato o nella perdita di occasioni di vendita ad un prezzo più vantaggioso o nella perdita di altre analoghe situazioni vantaggiose. Tuttavia, la richiesta del maggior danno da parte del locatore medesimo per la mancata disponibilità del bene può essere provata secondo le regole ordinarie e, quindi, anche con presunzioni, avendo presente che la carenza di specifiche proposte di locazione relative a quell’immobile è obiettivamente giustificabile proprio alla luce della persistente occupazione del bene da parte del conduttore, successivamente alla scadenza del rapporto. Riferimenti normativi: artt. 1218 e 1591 c.c.

 

TAR Veneto Venezia sezione III sentenza 05 ottobre 2012 n 1247

Imbarcazione taxi, furto, foglio di via, pericolosità sociale, motivazione

Ai fini dell’adozione del foglio di via, sull’Amministrazione incombe l’obbligo di motivare circa l’appartenenza del destinatario dell’ordine ad una delle categorie contemplate dalla legge (ovvero coloro che debba ritenersi, sulla base di elementi di fatto, che sono abitualmente dediti a traffici delittuosi; coloro che per la condotta ed il tenore di vita debba ritenersi, sulla base di elementi di fatto, che vivono abitualmente, anche in parte, con i proventi di attività delittuose; coloro che per il loro comportamento debba ritenersi, sulla base di elementi di fatto, che sono dediti alla commissione di reati che offendono o mettono in pericolo l’integrità fisica o morale dei minorenni, la sanità, la sicurezza o la tranquillità pubblica), sia sulla pericolosità sociale del soggetto.  E’ dunque illegittimo il provvedimento del Questore che si limiti a riferire di un episodio per il quale il ricorrente è indagato, non indicando la sussistenza di elementi che rivelino oggettivamente un’apprezzabile probabilità di condotte penalmente rilevanti e faccia supporre che il destinatario dell’atto non abbia interessi che giustifichino la sua presenza nel territorio del Comune di residenza, il che è un chiaro indice di un travisamento della sua condizione personale. Riferimenti normativi: art. 1, L. 27 dicembre 1956, n. 1423. Cfr. ex pluribus, T.A.R. Marche – Ancona, sez. I, sentenza 25 gennaio 2010, n. 3.

 

Tar Veneto sezione III sentenza 18 luglio 2012 n 1022

L’assessore non può firmare quello che compete ai funzionari. Se una istanza viene respinta da un assessore, si tratta di un diniego illegittimo per incompetenza e non di un parere politico.

Nel caso esaminato dalla sentenza 18.07.2012 n. 1022 del TAR Veneto, Sez. III, un assessore comunale rigettava l’istanza di integrazione retta alberghiera presentata da un cittadino, che presentava un ricorso al TAR, eccependo l’incompetenza dell’assessore a rispondere.

La difesa dell’amministrazione eccepiva l’inammissibilità della doglianza, atteso l’evidente carattere non provvedimentale, ma meramente politico della risposta inviata dal Comune.Il TAR ha accolto il ricorso, dicendo che: “Ritiene invece il Collegio che la risposta si confronti con una domanda il cui contenuto risulta inequivocabilmente quello di una istanza all’integrazione della retta, alla quale, semmai, l’amministrazione avrebbe dovuto replicare chiedendo che fosse l’attuale ricorrente, in qualità di richiedente, ad avanzare la domanda, proposta invece, come detto, dall’attuale difensore; invece, l’aver risposto in senso negativo qualifica la nota assessorile come arresto procedimentale immediatamente lesivo della posizione della richiedente, legittimandola dunque all’impugnazione. Il ricorso è dunque fondato, dovendosi riesaminare la domanda presentata da parte dell’organo comunale competente”.

 

Cassazione civile sezione II sentenza 19 ottobre 2012 n 18050

La sostanziale identità del bene oggetto del trasferimento costituisce elemento indispensabile di collegamento tra contratto preliminare e contratto definitivo; ne consegue che, in tema di esecuzione specifica dell’obbligo di concludere un contratto, ai sensi dell’art. 2932 c.c., la sentenza che tiene luogo del contratto definitivo non concluso deve necessariamente riprodurre, nella forma del provvedimento giurisdizionale, il medesimo assetto di interessi assunto dalle parti quale contenuto del contratto preliminare, senza possibilità di introdurvi modifiche.

 

Cassazione civile sezione I sentenza 5 novembre 2012 n 18937

In materia di opere pubbliche, le riserve hanno lo scopo di consentire all’appaltatore di far risultare le proprie pretese per compensi aggiuntivi rispetto al prezzo contrattuale. Tuttavia, a pena di decadenza, le riserve devono essere tempestivamente inserite nella contabilità (fatta salva la possibilità per l’impresa di esplicitarle in seguito, qualora non sia possibile una loro immediata e precisa quantificazione al momento dell’iscrizione). Corte di Cassazione, Sezione 1 civile, Sentenza 5 novembre 2012, n. 18937

 

Cassazione civile sezione III sentenza 15 maggio 2012 n 7549

Obbligazioni di mezzi.

L’inadempimento rilevante nell’ambito dell’azione di responsabilità per risarcimento del danno nelle obbligazioni così dette di comportamento non è qualunque inadempimento, ma solo quello che costituisce causa (o concausa) efficiente del danno. Ciò comporta che l’allegazione del creditore non può attenere ad un inadempimento, qualunque esso sia, ma ad un inadempimento, per così dire, qualificato, e cioè astrattamente efficiente alla produzione del danno. Competerà al debitore dimostrare o che tale inadempimento non vi è proprio stato ovvero che, pur esistendo, non è stato nella fattispecie causa del danno.

 

Cassazione civile sezione III sentenza 29 novembre 2012 n 21237

Interpretazione del contratto. Limiti.

Il ricorso in sede di legittimità laddove censuri l’interpretazione del contratto accolta dalla sentenza impugnata, deve limitarsi ad evidenziare l’invalidità dell’interpretazione adottata attraverso l’allegazione (con relativa dimostrazione) dell’inesistenza o dell’assoluta inadeguatezza dei dati tenuti presenti dal giudice di merito o anche solo delle regole giustificative (anche implicite) che da quei dati hanno condotto alla conclusione accolta, e non potendo, invece, affidarsi alla mera contrapposizione di un risultato diverso sulla base di dati asseritamente più significativi o di regole di giustificazione prospettate come più congrue.

 

Cassazione civile sezione II sentenza 19 ottobre 2012 n 18091

Se l’opera eseguita dall’appaltatore presenta vizi e difformità, è sufficiente che il committente eccepisca tali vizi, non essendo tenuto a domandare la risoluzione del contratto

Nel caso in cui l’opera sia stata realizzata in violazione delle prescrizioni pattuite o delle regole tecniche, il committente, convenuto per il pagamento del prezzo, puo’, al fine di paralizzare la pretesa avversaria, opporre in via di eccezione le difformita’ e i vizi dell’opera, non occorrendo, al detto fine, la proposizione, in via riconvenzionale, di una domanda di risoluzione (Cass., Sez. 2, 17 maggio 2004, n. 9333; Cass., Sez. 2, 20 marzo 2012, n. 4446).

Cassazione civile sezione lavoro sentenza 16 novembre 2012 n 20163

È illegittimo il licenziamento del dipendente che usa carte della società per fare causa all’imprenditore. Infatti, non integra violazione dell’obbligo di fedeltà l’utilizzazione di documenti aziendali finalizzata all’esercizio di diritti. La S.C. ha ritenuto coerente la sentenza di appello, avendo accertato in modo specifico che il lavoratore aveva posto la documentazione a fondamento di una denuncia proposta unicamente al fine di far valere i propri diritti nonche’ a far emergere, anche per il suo ruolo di sindacalista attivo all’interno dell’azienda, condotte inadempienti e antisindacali da parte della datrice di lavoro. cfr. Cass. n. 3038 del 2011; n. 12528 del 2004; n. 22923 del 2004).

 

Cassazione civile sezione lavoro sentenza 8 novembre 2012 n 19329

La prescrizione annuale dell’indennità di maternità è sospesa, oltre che durante il tempo di formazione del silenzio rifiuto sulla richiesta all’istituto assicuratore, anche durante il tempo di formazione del silenzio rigetto sul ricorso amministrativo condizionante la procedibilità della domanda giudiziale

In tema di prestazioni di previdenza e assistenza, la prescrizione e’ sospesa, oltre che durante il tempo di formazione del silenzio rifiuto sulla richiesta all’istituto assicuratore della Legge n. 533 del 1973, ex articolo 7, anche durante il tempo di formazione del silenzio rigetto sul ricorso amministrativo condizionante la procedibilita’ della domanda giudiziale ex articolo 443 cod. proc. civ., essendo ancora valido il principio di settore, enucleabile dal R.D.L. n. 1827 del 1935, articolo 97, e conforme ai principi costituzionali di equita’ del processo ed effettivita’ della tutela giurisdizionale, per cui il decorso del termine di prescrizione e’ sospeso durante il tempo di attesa incolpevole dell’assicurato; ne consegue che la prescrizione del diritto all’indennita’ di maternita’, soggetta al termine annuale ai sensi della Legge n. 138 del 1943, articolo 6 e della Legge n. 1204 del 1971, articolo 15, e’ sospesa per i centoventi giorni di formazione del silenzio rifiuto di cui alla Legge n. 533 del 1973, articolo 7 e per i centottanta giorni di formazione del silenzio rigetto previsto dalla Legge n. 88 del 1989, articolo 46″.

 

Corte Costituzionale sentenza 31 ottobre 2012 n 241

Manovra finanziaria, Sicilia, autonomia finanziaria, tributi, aliquote, riduzione

E’ illegittima la devoluzione all’Erario statale delle “maggiori entrate” previste dai commi 5 bis e 5 ter dell’art. 2 del D.L. n. 138 del 2011, dovendo attribuirne il gettito corrispondente alla Regione a statuto speciale Sicilia, in mancanza delle condizioni statutariamente previste per l’operatività della riserva delle entrate tributarie allo Stato. In particolare i commi suddetti – attraverso l’indicazione della finalità «di recuperare all’entrata del bilancio dello Stato» sia le

somme dichiarate e non versate dai contribuenti che si sono avvalsi delle agevolazioni di cui alla L. n. 289 del 2002, sia gli ammontari delle nuove sanzioni previste per l’omesso versamento delle somme dovute ed iscritte a ruolo – riservando al bilancio statale le

maggiori entrate da essi previste. Per dette entrate ricorre indubbiamente la prima delle tre condizioni richieste per l’eccezionale riserva allo Stato del gettito delle entrate erariali, rappresentata dal carattere tributario dell’entrata erariale. Non ricorrono invece le altre due condizioni: infatti, riguardo alla novità dell’entrata tributaria, il comma 5 bis è relativo a somme già dovute in base alla precedente normativa fiscale. (Detto comma, dunque, non incide sulla legislazione fiscale previgente, non introduce alcun nuovo tributo né determina

modificazione di aliquote.) E analoghe osservazioni valgono con riguardo alle «maggiori entrate» derivanti dagli ulteriori controlli sui contribuenti, previste dal co. 5 ter. Infatti, l’attività di ulteriore accertamento fiscale non comporta alcuna modifica della legislazione fiscale vigente, né determina un “nuovo provento”. Quanto alla terza condizione, relativa alla «specificità della destinazione del gettito della nuova entrata», va ricordato che essa è soddisfatta quando la legge statale stabilisce che il gettito sia utilizzato per la copertura di oneri diretti a perseguire “particolari finalità contingenti o continuative dello Stato specificate” nella legge stessa, ciò che non possono considerarsi le esigenze di raggiungimento di obiettivi della finanza pubblica concordati in sede europea. Riferimenti normativi: artt. 2, co. 5 bis-ter e 19 bis, D.L. 13 agosto 2011, n. 138; L. 27 dicembre 2002, n. 289.

 

 

Cassazione civile sezione III sentenza 02 ottobre 2012 n 16754

Diritto alla salute, feto, malformazioni, responsabilità medica, persone offese

La responsabilità sanitaria per omessa diagnosi di malformazioni fetali e conseguente nascita indesiderata va estesa, oltre che nei confronti di entrambi i genitori anche ai fratelli del neonato, che rientrano a pieno titolo tra i soggetti protetti dal rapporto intercorrente tra il medico e la gestante, nei cui confronti la prestazione è dovuta, nonché al figlio nato malformato. La situazione soggettiva tutelata è il diritto alla salute, non quello a nascere sano. In forza della propagazione intersoggettiva degli effetti diacronici dell’illecito, l’interesse alla procreazione cosciente e responsabile non è solo della madre, ma altresì del futuro bambino, e ciò anche quando questo si trovi ancora nel ventre materno anche se la lesione

inferta al concepito si manifesta e diviene attuale al momento della nascita. Riferimenti normativi: artt. 1 e 4, L. 22 maggio 1978, n. 194; artt. 2 e 32 Cost.; artt. 1218 e 2043 c.c. Cfr. Cass. Civ., sez. III, sentenza 11 maggio 2009, n. 10741.

 

Cassazione penale sezione V sentenza 19 novembre 2012 n 45014

Diritto di critica politica. Le espressioni intrinsecamente ingiuriose devono essere contestualizzate, ossia valutate in rapporto al contesto spazio-temporale nel quale sono state proferite.

In tema di diffamazione, le espressioni intrinsecamente ingiuriose devono essere contestualizzate, ossia valutate in rapporto al contesto spazio-temporale nel quale sono state proferite. (Nel caso di specie, il teatro della vicenda era la sede di dibattito politico, ossia un

congresso provinciale di un partito politico, ove nell’ambito di un’accesa polemica, l’imputato aveva utilizzato il termine becero per qualificare il metodo di spartizione degli incarichi regionali. Al riguardo la Cassazione afferma che la locuzione, pur se discutibile sul piano dello stile, dell’opportunità e del costume politico, era scriminata per effetto dell’esimente di cui all’articolo 51 cod. pen., attualizzata nell’ottica dell’articolo 21 della Carta Costituzionale).

 

Cassazione civile sezione I sentenza 2 ottobre 2012 n 16767

Separazione dei coniugi. Pattuizioni intervenute anteriormente o contemporaneamente al decreto di omologazione.

Le pattuizioni intervenute tra i coniugi anteriormente o contemporaneamente al decreto di omologazione della separazione consensuale, e non trasfuse nell’accordo omologato, sono operanti soltanto se si collocano, rispetto a quest’ultimo, in posizione di “non interferenza” oppure in posizione di conclamata e incontestabile maggiore o uguale rispondenza all’interesse tutelato attraverso il controllo di cui all’art. 158 c.c.

 

Cassazione civile sezione III sentenza 13 novembre 2012 n 19747

L’acquirente dell’immobile locato, pur subentrando in tutti i diritti e gli obblighi correlati alla prosecuzione del rapporto di locazione, deve considerarsi terzo rispetto ai diritti ed agli obblighi già perfezionatisi ed esauritisi a favore ed a carico delle parti originarie fino al giorno del suo acquisto

Il principio, stabilito in materia di locazione dall’articolo 1602 cod. civ., che fissa nel momento dell’acquisto del bene locato il subingresso dell’acquirente nei diritti e negli obblighi derivanti dal contratto di locazione, se esclude per implicito che il fenomeno successorio, ex articolo 1599 cod. civ., del trasferimento a titolo particolare della cosa locata possa avere effetto retroattivo, comporta, invece, che il rapporto di locazione viene a scindersi in due periodi distinti, rispetto a ciascuno dei quali l’unico contratto spiega i suoi effetti nei confronti di colui che in quel periodo ha la qualità di locatore. Ne consegue che l’acquirente dell’immobile locato, pur subentrando in tutti i diritti e gli obblighi correlati alla prosecuzione del rapporto di locazione, deve considerarsi terzo rispetto ai diritti ed agli obblighi già perfezionatisi ed esauritisi a favore ed a carico delle parti originarie fino al giorno del suo acquisto, (cfr. Cass. n. 22669/04, 8328/01, 15021/04).

 

Cassazione civile sezione III sentenza 18 ottobre 2012 n 17892

Il rigurgito della fogna condominiale, che causa danni al conduttore di un’unità immobiliare ubicata il condominio, non legittima quest’ultimo a non pagare i canoni o ad agire direttamente contro il proprietario dell’immobile

La Legge n. 392 del 1978, articolo 9, che pone a carico del conduttore lo spurgo di pozzi neri e latrine, è applicabile anche alle locazioni non abitative, stante il richiamo di cui all’articolo 41, comma 1, della legge stessa; e non e’ contestata la ratio decidendi (al di là della formale menzione dell’articolo 1585 tra le norme di cui e’ denunciata la violazione) secondo la quale alla conduttrice cooperativa era imputabile il non aver “agito contro il condominio per tutelare il suo diritto di godimento, come consentito dall’articolo 1585 c.c., comma 2” (così la sentenza impugnata, alle ultime due righe di pagina 5).

 

Corte Cotituzionale sentenza 12 dicembre 2012 n 280

Termine decadenziale dll’azione risarcitoria

1. E’ inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell’articolo 30, comma 5, del decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104 (Attuazione dell’articolo 44 della legge 18 giugno 2009, n. 69, recante delega al Governo per il riordino del processo amministrativo), sollevata – in riferimento agli articoli 3, 24, 103 e 113 della Costituzione.

2. La valutazione di rilevanza effettuata dal giudice a quo non appare plausibile, perché egli ha denunciato una norma – l’art. 30, comma 5, del d.lgs. n. 104 del 2010 – della quale non doveva fare applicazione, in quanto estranea al tema sottoposto al suo esame.

 

Cassazione penale sezione I sentenza 28 novembre 2012 n 46254

Liti condominiali che sfociano in tentato omicidio.

Un colpo di pistola esploso in direzione non equivoca, ad altezza d’uomo e a pochi metri dal bersaglio costituisce condotta idonea a cagionare la morte. Ne consegue che l’autore del suddetto comportamento risponde del reato di tentato omicidio.

 

Cassazione penale sezioni unite ordinanza 10 settembre 2012 n 34473

Custodia cautelare in carcere.

1. La presunzione di adeguatezza della custodia in carcere ex art. 275, comma 3, c.p.p., opera non solo in occasione dell’adozione del provvedimento genetico della misura coercitiva ma anche nelle vicende successive che attengono alla permanenza delle esigenze cautelari.

2. La presunzione di adeguatezza della custodia in carcere di cui all’art. 275, comma terzo, cod. proc. pen. opera non solo nel momento di adozione del provvedimento genetico della misura coercitiva ma anche nelle successive vicende che attengono alla permanenza delle esigenze cautelari. (La Corte, nell’occasione, anche con la decisione qui richiamata e non massimata, ha sollevato la questione di legittimità costituzionale dell’art. 275, comma terzo, cod. proc. pen., in riferimento agli artt. 3, 13, comma primo, e 27, comma secondo, Cost., nella parte in cui fa operare la presunzione assoluta di adeguatezza della custodia cautelare in carcere in riferimento ai delitti commessi avvalendosi delle condizioni previste all’art. 416-bis cod. pen. ovvero al fine di agevolare le attività delle associazioni di tipo mafioso).

3. E’ rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 275 c.p.p., comma 3, secondo periodo, come modificato dal D.L. 23 febbraio 2009, n. 11, art. 2, convertito, con modificazioni, dalla L. 23 aprile 2009, n. 38, nella parte in cui – nel prevedere che, quando sussistono gravi indizi di colpevolezza in ordine ai delitti commessi al fine di agevolare le attività delle associazioni previste dall’art. 416 bis c.p., è applicata la custodia cautelare in carcere, salvo che siano acquisiti elementi dai quali risulti che non sussistono esigenze cautelari – non fa salva, altresì, l’ipotesi in cui siano acquisiti elementi specifici, in relazione al caso concreto, dai quali risulti che le esigenze cautelari possono essere soddisfatte con altre misure; non manifesta infondatezza ravvisabile in relazione ai seguenti articoli della Costituzione: art. 3, per l’ingiustificata parificazione dei procedimenti relativi ai delitti aggravati ai sensi del D.L. n. 152 del 1991, art. 7, a quelli concernenti i delitti di mafia nonchè per l’irrazionale assoggettamento ad un medesimo regime cautelare delle diverse ipotesi concrete riconducibili ai paradigmi punitivi considerati; art. 13, primo comma, quale referente fondamentale del regime ordinario delle misure cautelari privative della libertà personale; art. 27, comma 2, con riferimento all’attribuzione alla coercizione personale di tratti funzionali tipici della pena.

 

Cassazione civile sezione tributaria sentenza 14 novembre 2012 n 19852

Accertamenti bancari, interessi passivi, onere della prova

In tema di accertamento delle imposte sui redditi, nel quadro dei generali principi che governano l’onere della prova, mentre spetta all’amministrazione finanziaria dimostrare l’esistenza dei fatti costitutivi della maggiore pretesa tributaria azionata, fornendo quindi la prova di elementi e circostanze a suo avviso rilevatori dell’esistenza di un maggiore imponibile, grava invece sul contribuente l’onere della prova sia in ordine all’esistenza dei fatti che danno luogo a specifici oneri e/o costi deducibili, sia in ordine al requisito dell’inerenza degli stessi all’attività professionale e d’impresa svolta. (Nella specie, la CTR aveva sostenuto che, non avendo la Guardia di Finanza contestato l’esistenza di un debito della società contribuente di circa 21.000.000.000 nei confronti del sistema bancario, era da porre a carico dell’Ufficio fiscale l’operazione contabile di detrarre l’ammontare degli interessi passivi documentati dalle Banche, rimanendo poi la mancata documentazione assoggettata a ripresa.) Riferimenti normativi: art. 39, d.P.R. n. 600/1973; art. 2697 c.c.

 

Cassazione civile sezione VI T ordinanza 12 novembre 2012 n 19626

Studi di settore, incongruenze, gravi elementi sintomatici, legittimità

In tema di accertamento tributario, la necessità che lo scostamento del reddito dichiarato rispetto agli studi di settore testimoni una “grave incongruenza”, espressamente prevista dall’art. 62-sexies del D.L. 30 agosto 1993, n. 331, aggiunto dalla legge di conversione 39 ottobre 1993, n. 427, ai fini dell’avvio della procedura finalizzata all’accertamento, deve ritenersi implicitamente confermata, nel quadro di una lettura costituzionalmente orientata al rispetto del principio della capacità contributiva, dall’art. 10, co. 1, della L. 8 maggio 1998, n. 146, il quale, pur richiamando direttamente l’art. 63-sexies, non contempla espressamente il requisito della gravità dello scostamento. (Nel caso di specie, l’accertamento scaturiva dal ricarico elaborato sulla media del venduto, tenuto conto della specificità dell’esercizio; dell’ubicazione in zona fortemente urbanizzata; del volume di affari, e dell’indice di rotazione di magazzino, e ciò anche secondo lo studio di settore, senza che di contro il contribuente avesse fornito la prova del suo assunto, pur avendone l’onere.) Riferimenti normativi: art. 62 sexies, D.L. 30 agosto 1993, n. 331; art. 10, co. 1, L. 8 maggio 1998, n. 146. Cfr. Cass. Civ., SS.UU, sentenza 18 dicembre 2009, n. 26635.

 

Cassazione civile sezione III sentenza 10 aprile 2012 n 5644

Fatto notorio, nozione di fatto, applicazione, motivazione, insufficienza, ricorso

Il mancato ricorso, da parte del giudice del merito, alle nozioni di fatto rientranti nella comune esperienza, di cui all’art. 115 cod. proc. civ., deve essere specificamente spiegato ed è suscettibile di essere apprezzato dal giudice di legittimità sotto il profilo del vizio di insufficiente motivazione. (Nella specie, la S.C. ha cassato la sentenza di merito che, omettendo di applicare la nozione di comune esperienza secondo cui un impianto di allarme specifico è in qualche misura utile per evitare il furto o per attenuarne le conseguenze, aveva escluso il nesso causale tra il malfunzionamento del dispositivo ed il furto, sul rilievo che il reato si era consumato nell’arco di pochi minuti, senza dar conto delle ragioni per le quali il suono della sirena non avrebbe potuto spiegare un effetto totalmente o parzialmente deterrente, idoneo ad impedire o ad attenuare i danni subiti dal creditore del soggetto che aveva fornito l’impianto e ne provvedeva alla manutenzione). Riferimenti normativi: art. 115 c.p.c. Cfr. Cass. Civ., sez. III, sentenza 28 ottobre 2010, n. 22022.

 

Cassazione civile sezione tributaria ordinanza 09 novembre 2012 n 19550

Studi di settore, accertamento, contabilità, antieconomicità, presunzioni semplici

In tema di accertamento delle imposte sui redditi, la presenza di scritture contabili formalmente corrette non esclude la legittimità dell’accertamento analitico – induttivo del reddito d’impresa, ai sensi del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 39, co. 1, lett. d), qualora la contabilità stessa possa considerarsi complessivamente inattendibile in quanto confliggente con i criteri della ragionevolezza, anche sotto il profilo della antieconomicità del comportamento del contribuente. Pertanto in tali casi è consentito all’ufficio dubitare della veridicità delle operazioni dichiarate e desumere, sulla base di presunzioni semplici – purché gravi, precise e concordanti – maggiori ricavi o minori costi, con conseguente spostamento dell’onere della prova a carico del contribuente. Riferimenti normativi: art. 39, co. 1, lett. d), d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600.

 

Cassazione civile sezione III sentenza 9 ottobre 2012 n 17146

Obbligazioni pecuniarie.

Nelle obbligazioni pecuniarie, il cui importo sia inferiore a 12.500 Euro o per le quali non sia imposta per legge una diversa modalità di pagamento, il debitore ha facoltà di pagare, a sua scelta, in moneta avente corso legale nello Stato o mediante consegna di assegno circolare. L’estinzione dell’obbligazione con l’effetto liberatorio per il debitore si verifica, nel primo caso, con la consegna della moneta, e, nel secondo, quando il creditore acquista concretamente la disponibilità giuridica della somma di denaro, ricadendo sul debitore il rischio dell’inconvertibilità dell’assegno.

 

Cassazione civile sezione II sentenza 19 ottobre 2012 n 18052

Condominio. Interpretazione del contratto. Il principale strumento è rappresentato dal senso letterale delle parole utilizzate, il cui rilievo deve essere verificato alla luce dell’intero contesto contrattuale

Con la sentenza che si annota la Corte di Cassazione ribadisce un principio fondamentale in tema di interpretazione del contratto, chiarendo che il principale strumento è rappresentato dal senso letterale delle parole utilizzate, il cui rilievo deve essere verificato alla luce dell’intero contesto contrattuale. Solo così – ad avviso della Corte – è possibile individuare la comune intenzione delle parti contraenti. In particolare, le singole clausole devono essere considerate in correlazione tra loro, dovendosi procedere al loro coordinamento ai sensi dell’articolo 1363 del cod. civ. e dovendosi intendere per senso letterale delle parole tutta la formulazione letterale della dichiarazione negoziale, in ogni sua parte ed in ogni parola che la compone. Il giudice di merito – a cui è riservata l’opera interpretativa – dovrà collegare e raffrontare tra loro parole ed espressioni linguistiche al fine di chiarirne il significato. Infine, i Giudici di Piazza Cavour chiariscono il significato della locuzione “senso letterale delle parole”, intendendosi tale tutta la formulazione letterale della dichiarazione negoziale, in ogni sua parte ed in ogni parola che la compone.

1. Nell’interpretazione di un regolamento condominiale il giudice di merito deve ricercare la comune intenzione delle parti attraverso, innanzitutto, il senso letterale delle parole adoperate.

2. Ai fini della ricerca della comune intenzione dei contraenti, il principale strumento è rappresentato dal senso letterale delle parole e delle espressioni utilizzate nel contratto, il cui rilievo deve essere verificato alla luce dell’intero contesto contrattuale, sicché le singole clausole vanno considerate in correlazione tra loro, dovendo procedersi al loro coordinamento a norma dell’art. 1363 c.c. e dovendosi intendere per “senso letterale delle parole” tutta la formulazione letterale della dichiarazione negoziale, in ogni sua parte ed in ogni parola che la compone.

 

Cassazione civile sezione III sentenza 19 luglio 2012 n 12446

Nella vendita di massa è sufficiente un solo controllo sul prodotto

In tema di garanzia per vizi della cosa venduta ove si tratti di prodotti di massa, quali sono gli integratori utilizzati per la produzione di mangimi destinati agli allevamenti zootecnici, l’applicazione dell’art. 1494 c.c. presuppone la prova della colpevole inerzia del venditore intermedio che non abbia eseguito sul bene indagini a campione finalizzate a scongiurare la presenza di un vizio su di un elevato quantitativo di prodotto. Nel caso di specie la Cassazione ha respinto i gravami proposti dal produttore di mangimi zootecnici poiché la prova del danno era stata fornita in relazione ad un solo episodio, tale da escludere in radice la responsabilità, per omesso controllo, da parte del venditore.

 

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