Palermo Botanical Gardens (Orto Botanico), a Moreton Bay Fig Tree (Banyan Tree, Ficus macrophylla), Sicily, Italy, Europe. This is a photo of Palermo Botanical Gardens (Orto Botanico) showing a Moreton Bay Fig Tree (Banyan Tree, Ficus macrophylla), Sicily, Italy, Europe.

Avv. Roberto Pusceddu

 

Sommario: Premessa. – 1. Gli alberi come ‘bene comune’ e la disciplina delle innovazioni. 2. L’abbattimento ed il diritto di accesso agli atti. 3. La tutela dei c.d. alberi c.d. monumentali. 4. Il rilievo penale ed il c.d. danno erariale.   

         

             Premessa

La tematica che forma oggetto del presente contributo assume un duplice rilievo: si inquadra, infatti, tanto nell’ambito del diritto di proprietà quanto nell’ambito della tutela di beni di pubblico interesse.

La tematica in esame rappresenta un evidente punto di contatto tra due macro-settori dell’ordinamento giuridico (il diritto privato, da una parte, ed il diritto pubblico, dall’altra) che si compenetrano reciprocamente e tale compenetrazione, come si avrà modo di osservare, pur non essendo priva di problematicità, è il segnale sintomatico di come le macrodistinzioni e le ripartizioni manualistiche abbiano assunto, ad oggi, una mera vera valenza classificatoria-statica sfumando e affievolendosi sul piano della dinamica del diritto.

Gli alberi costituiscono, a pieno titolo, dei beni giuridici cui l’ordinamento accorda una particolare tutela anche in considerazione delle funzioni che essi svolgono nell’ambito delle comunità degli esseri umani con i quali essi convivono: essi assolvono, infatti,

(i)   una funzione economico-sociale,

(ii)  una funzione ecologico-ambientale,

(iii) una funzione sanitaria,

(iv) una funzione culturale ed

(v) una funzione estetico-architettonica.

Tale indubbio rilievo che scaturisce dalle funzioni assolte impone al giurista di analizzare, sul piano giuridico, il fenomeno, cogliendone i profili di problematicità che possono derivare dal mancato rispetto di tali beni da parte dei consociati, e soffermandosi, dunque, anche sui necessari meccanismi di tutela accordati dallo stesso legislatore.

Ne deriva che l’abbattimento degli alberi produce un danno che si può qualificare come irreparabile per l’intera collettività.

Nel presente elaborato si procederà ad esaminare, in primo luogo, l’abbattimento degli alberi come bene comune e la disciplina delle innovazioni; in secondo luogo, si esaminerà un profilo che riconnette il fenomeno dell’abbattimento degli alberi ed il diritto d’accesso agli atti; in terzo luogo ed in quarto luogo, si richiameranno i possibili riflessi penalistici del fenomeno nonché la eventuale sussistenza del c.d. danno erariale.

 

  1. Gli alberi come ‘bene comune’ e la disciplina delle innovazioni

 

Per comprendere se sia o meno consentito l’abbattimento e a quali condizioni occorre preliminarmente accordarsi su cosa si intenda per ‘parte comune’ ai sensi dell’art. 1117 c.c.

La giurisprudenza è granitica nel ritenere che anche gli alberi dei giardini condominiali debbano essere considerati beni propri di tutti i cittadini, a prescindere dal parere della maggioranza dei condomini.

Da tale assunto deriva la rilevante conseguenza giuridica in base alla quale la distruzione di un bene comune deve considerarsi un’ipotesi inquadrabile, secondo la disciplina civilistica, come innovazione vietata ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 1120 co. 2 c.c.

Che cosa si intende con il termine ‘innovazione’? Configura un’innovazione l’opera che renda nuova la cosa comune trasformandone la funzione o destinazione ovvero ne alteri l’entità e identità sostanziale.

Sono vietate le innovazioni che possano recare pregiudizio alla stabilità o alla sicurezza del fabbricato; quelle che ne alterino il decoro architettonico e quelle che rendano talune parti comuni dell’edificio inservibili all’uso o al godimento di un solo condomino.

V’è un’importante eccezione che merita di essere posta in evidenza: l’art. 1135 c.c. attribuisce all’amministratore la facoltà di ordinare lavori di natura straordinaria salvo che rivestano il carattere dell’urgenza e che ne riferisca alla prima assemblea. È evidente, dunque, che in determinate circostanze i tempi di convocazione di un’assemblea possono contrastare con le esigenze di un rapido intervento a tutela dell’incolumità e la sicurezza degli individui, cui si accorda ragionevolmente priorità.

In quanto tale, l’abbattimento richiede l’unanime consenso di tutti i partecipanti al condominio (si vedano le maggioranze richieste ai sensi dell’art. 1136 c.c.) ed, in caso di mancato rispetto dell’unanimità, la delibera assembleare che abbia previsto lo sradicamento degli alberi condominiali è nulla e, quindi, impugnabile in ogni tempo.

Per altro verso, occorre rilevare la deliberazione volta allo sradicamento deve concorrere al miglioramento o all’uso più comodo o al maggior rendimento delle cose comuni e non deve, invece, recare pregiudizio alla stabilità o alla sicurezza del fabbricato né alterarne il decoro architettonico.

Ciò implica che, ove sia disposto l’abbattimento di un albero in un condominio, per esempio, il condomino contrario potrà impugnare la delibera anche in caso di lesione del decoro dell’edificio.

Peraltro, ciò che può essere definito tecnicamente ‘verde privato’ concorre alla complessiva composizione del verde c.d. ‘pubblico’. A riguardo la Cassazione ha ribadito che i “i danni conseguenti al taglio degli alberi ad alto fusto – seppur presenti in un giardino condominiale – appaiono “irreversibili” non solo per i condomini ma più in generale per i cittadini” (Cass., Sez. VI penale, sent. n. 24396/15).

Richiamando, peraltro, la funzione estetico-architettonica poc’anzi assegnata al bene ‘albero’, si osserva che quest’ultimo non offre un beneficio solo al complessivo aspetto estetico dell’edificio ma anche alla qualità della vita di chi vi abita all’interno (Cass. sent. n. 3666/1994).

 

  1. L’abbattimento ed il diritto di accesso agli atti

È indispensabile che vi sia una autorizzazione del Comune, supportata dal parere tecnico di un esperto in materia, per tutti quei casi in cui sia comprovata la necessità di abbattere o dimezzare l’albero. Il Tar del Lazio ha stabilito che se il Comune adotta un’ordinanza che dispone l’abbattimento di un albero di pino ubicato in un cortile condominiale ad uso pubblico, ordinando all’amministratore del condominio di provvedere a proprie spese all’abbattimento ed allo smaltimento dell’albero e tale ordinanza è stata adottato in virtù di un parere tecnico richiesto dall’ente ad un agronomo, i condomini vantano una posizione qualificata ed hanno il diritto di accedere agli atti ai sensi dell’art. 22 della Legge n. 241/1990.

Il Comune, acquisito un parere tecnico espresso da un agronomo che attesta un evidente pericolo di caduta di un pino collocato in un piazzale privato ad uso pubblico, emette un’ordinanza di rimozione dell’albero ordinando all’amministratore di condominio di provvedere a proprie spese all’abbattimento ed allo smaltimento dell’albero.

I condomini, giunti a conoscenza di tale ordinanza, possono presentare istanza per accedere agli atti del procedimento amministrativo de quo, in modo da prendere visione del parere tecnico che attesta un evidente pericolo connesso alla permanenza dell’albero di pino nel piazzale privato ad uso pubblico antistante al loro edificio, nonché per prendere visione del parere dell’ufficio tecnico del Comune.

Il Tar Lazio, tenendo conto dell’interesse qualificato dei condomini ad accedere agli atti del procedimento amministrativo in questione, ha evidenziato che non esistono motivi ostativi all’accoglimento di tale istanza.

Peraltro, accertata l’esistenza di una posizione qualificata in capo ai condomini di accedere al parere tecnico, costoro sono titolari del diritto di promuovere tutte le azioni ammissibili, anche di natura risarcitoria, nel momento in cui si dimostri che il pericolo che ha condotto l’ente all’abbattimento dell’albero sia solo asserito e non reale.

 

  1. La tutela dei c.d. alberi monumentali

 

Con riferimento alle ipotesi di alberi c.d. monumentali, vi è un’ulteriore rafforzamento di tutela.

Innanzitutto, con l’espressione ‘albero monumentale’ si intende, ai sensi dell’art.7, n. 1 Legge n. 10/2013:

  1. a) l’albero ad alto fusto isolato o facente parte di formazioni boschive naturali o artificiali ovunque ubicate ovvero l’albero secolare tipico, che possono essere considerati come rari esempi di maestosità e longevità, per età o dimensioni, o di particolare pregio naturalistico, per rarità botanica e peculiarità della specie, ovvero che recano un preciso riferimento ad eventi o memorie rilevanti dal punto di vista storico, culturale, documentario o delle tradizioni locali;
  2. b) i filari e le alberate di particolare pregio paesaggistico, monumentale, storico e culturale, ivi compresi quelli inseriti nei centri urbani;
  3. c) gli alberi ad alto fusto inseriti in particolari complessi architettonici di importanza storica e culturale, quali ad esempio ville, monasteri, chiese, orti botanici e residenze storiche private.

La Legge n. 10/2013, poc’anzi richiamata, dispone le “Norme per lo sviluppo degli spazi verdi urbani”, e al punto n. 4 del già citato art. 7 (Disposizioni per la tutela e la salvaguardia degli alberi monumentali, dei filari e delle alberate di particolare pregio paesaggistico, naturalistico, monumentale, storico e culturale) stabilisce che: Salvo che il fatto costituisca reato, per l’abbattimento o il danneggiamento di alberi monumentali si applica la sanzione amministrativa del pagamento di una somma da euro 5.000 a euro 100.000. Sono fatti salvi gli abbattimenti, le modifiche della chioma e dell’apparato radicale effettuati per casi motivati e improcrastinabili, dietro specifica autorizzazione comunale, previo parere obbligatorio e vincolante del Corpo forestale dello Stato”.

 

  1. Il rilievo penale ed il c.d. danno erariale

 

Il fenomeno dell’abbattimento degli alberi può assumere un rilievo sul piano penalistico. Esso, infatti, potrebbe configurare un’ipotesi di danneggiamento aggravato ai sensi dell’art. 635 c.p. per tale intende dosi quel comportamento che si estrinseca nel distruggere, deteriorare, disperdere o rendere inservibile – in maniera totale o parziale – un bene mobile o immobile o immobile altrui oppure di pubblica utilità. Integrano, dunque, ipotesi di danneggiamento tutti gli atti materialmente o funzionalmente offensivi di oggetti che non erano di proprietà dell’agente.

L’intervenuta depenalizzazione, a seguito dell’emanazione del D.lgs. n. 7/2016, ha coinvolto soltanto le ipotesi di danneggiamento c.d. semplice, lasciando inalterata la rilevanza penale delle fattispecie di danneggiamento aggravato, quali – fra tutte – si ricorda quello che interviene sopra piante di viti, alberi, arbusti fruttiferi, boschi, selve, foreste, vivai forestali.

Si osserva, inoltre, che l’abbattimento attraverso lo strumento della capitozzatura[1], incide sulla funzione ecologico-ambientale che la pianta svolge giacché ogni albero eroga numerosi sono i servizi ecosistemici che ogni albero eroga in favore della collettività sotto il profilo ambientale: drenaggio, stabilizzazione del suolo, depurazione delle acque superficiali, assorbimento di polveri, riduzione della temperatura, assorbimento di CO2 e gas climalteranti, riduzione degli inquinanti chimici, valore ornamentale e paesaggistico, incremento di valore degli immobili circostanti e supporto per gli insetti impollinatori.

Di recente, l’Associazione Florovivaisti Bresciani e la Società Italiana di Arboricoltura hanno presentato un esposto alla Corte dei Conti chiedendo l’avvio di indagini per danno erariale e danno ambientale a seguito del danneggiamento del patrimonio arboreo pubblico.

I ricorrenti hanno evidenziato che l’operazione eseguita non poteva qualificarsi come ‘di gestione’ ma di vera e propria capitozzatura, pratica – diversa dalla potatura- che, come detto, arreca danni di rilievo alla pianta.

[1] La ‘capitozzatura’ consiste in un taglio di grossa sezione che asporta una parte o l’intera chioma. La mancanza di una importante percentuale di chioma induce uno squilibrio energetico nell’intera pianta che la porta a reagire con la formazione di gemme avventizie ed il risveglio di gemme latenti. Tale pratica distrugge irrimediabilmente e irreversibilmente la struttura naturale dell’albero, genera rami con innesti molto deboli e precari. In ordine alla formazione e addestramento dei soggetti qualificati e preposti al taglio degli alberi si richiama la Cass. pen. Sez. IV, n. 22837/2015, ove la Corte ritiene che debbano essere impartiti al lavoratore gli adeguati corsi di preparazione a proposito delle differenti tecniche di taglio nel caso particolare di piante dritte e di piante inclinate.

Copyright © Associazione culturale non riconosciuta Nuove Frontiere del Diritto Via Guglielmo Petroni, n. 44 00139 Roma, Rappresentante Legale avv. Federica Federici P.I. 12495861002. 
Nuove frontiere del diritto è rivista registrata con decreto n. 228 del 9/10/2013, presso il Tribunale di Roma, Direttore responsabile avv. Angela Allegria, Proprietà: Nuove Frontiere Diritto. ISSN 2240-726X

Lascia un commento

Help-Desk