di Donatella Rocco

 

Prima sentenza

 

Cassazione, sez. III Civile, sentenza 8 febbraio –2 marzo 2012, n. 3256

Massima

«Ai fini della individuazione dell’ambito di applicabilità della disciplina in tema di «pacchetti turistici», costituiscono strumento ermeneutico essenziale: la ratio di tutela del consumatore, che ispira la normativa, nell’ambito dell’obiettivo dell’avvicinamento delle legislazioni degli Stati membri della Comunità Europea; la causa concreta del contratto, costituita dalla «finalità turistica»; le altre disposizioni del d.lgs. n. 111 del 1995. Proprio la causa concreta del contratto impedisce di considerare «accessori» all’alloggio, altri servizi, strettamente funzionali alla finalità turistica, aggiuntivi rispetto alla ospitalità e ai tradizionali accessori; la ratio di tutela del consumatore e altre disposizioni dello stesso d.lgs. in argomento, comportano che, ai fini della «prefissata combinazione» e della vendita a un «prezzo forfettario» dell’alloggio e degli altri servizi, non rileva che la fruizione di tali altri servizi sia subordinata all’acquisto presso il villaggio di una tessera club, né il prezzo della stessa, quando, come nella specie, tali altri servizi siano contenuti nel depliant e l’acquisto della tessera sia obbligatorio. Pertanto, nell’ipotesi di acquisto, dai un’agenzia, del pernottamento con mezza pensione in un villaggio turistico, scelto dia un catalogo; villaggio presso il quale, previo acquisto di una «tessera club», sono fruibili servizi turistici (quali spiaggia attrezzata, miniclub bambini, animazione, piscina, campi da tennis …ecc.), sussistono tutte le condizioni richieste dalla legge (art. 2 del d.lgs. n. 111 del 1995) per la configurabilità dell’acquisto di un «pacchetto turistico». Né, ai fini dell’applicabilità della suddetta disciplina, ha alcun rilievo il mancato rispetto dell’art. 19 dello stesso decreto legislativo, trattandosi di previsioni a favore del consumatore, lontane dallo stabilire oneri e decadenze a carico dello stesso.»

 

IN FATTO

Due coniugi con i loro figli minori nel maggio 2002 avevano acquistato presso una agenzia, scegliendolo da un catalogo di un noto tour operator, un periodo di soggiorno di 14 giorni presso un villaggio turistico, durante il quale, previo acquisto di una «tessera club», potevano fruire di una serie di servizi (spiaggia attrezzata, mini club per bambini, piscina, animazione, campi da tennis, ecc.). I coniugi avevano agito in giudizio chiedendo il risarcimento dei danni subiti a seguito di una serie di disservizi verificatisi nel corso della loro vacanza, tuttavia la Corte di merito adita ha rigettato la domanda, sulla base delle seguenti affermazioni: a) inapplicabilità della disciplina prevista dal decreto legislativo17 marzo 1995, n. 111, essendo stato acquistato un soggiorno in mezza pensione in una struttura alberghiera e, tramite una «tessera club», servizi che non possono qualificarsi «non accessori», ai sensi dell’art. 2 del suddetto decreto, che ne definisce l’ambito applicativo, trattandosi di mere facilitazioni accessorie al soggiorno, non autonomamente valutabili rispetto all’alloggio, essendo esclusivamente destinati al più intenso godimento del servizio alberghiero offerto nel villaggio; b) mancato adempimento dell’onere di invio di comunicazione tramite raccomandata, ai sensi dell’art. 19 dello stesso decreto ed assenza di presentazione di reclami effettuati in loco durante la vacanza; c) mancanza di prova di inadempimenti qualitativi, tali da determinare obblighi risarcitori. Avverso la sentenza di merito i coniugi proponevano ricorso per cassazione

 

LE QUESTIONI

Con la richiamata sentenza la Corte di Cassazione ha affrontato l’importante questione di delineare l’ambito di applicabilità della disciplina relativa ai contratti turistici ed i cd. pacchetti turistici, disciplina che si può rinvenire nel D.Lgs. n. 111 del 1995, successivamente riprodotta nel cd. Codice del Consumo, D.Lgs. n. 206 del 2005 e infine prevista nel cd. Codice del Turismo il D.Lgs. n. 79 del 2011.

I giudici di legittimità hanno così avuto il compito di analizzare ed indicare i criteri ermeneutici che l’operatore del diritto è chiamato ad utilizzare nella individuazione dell’ambito di applicabilità della disciplina richiamata.

L’analisi effettuata dalla Corte di Cassazione ha ad oggetto l’attribuzione della qualifica di accessorio o meno del servizio di cui i ricorrenti lamentavano l’inadempimento qualitativo da parte dell’organizzatore del viaggio.

Il secondo motivo di reclamo avverso la sentenza di merito ha riguardato la natura dell’istituto del reclamo disciplinato dall’art. 19 D.Lgs. n.111/1995 applicabile ratione temporis al caso di specie. Si trattava di attribuire o meno allo stesso natura di onere decadenziale a carico del turista consumatore con le relative conseguenze in caso di mancata presentazione dello stesso.

 

La soluzione della Corte di Cassazione accolta nella sentenza in commento sottolinea l’importanza, nella individuazione dell’ambito della disciplina del contratto turistico,  degli strumenti ermeneutici dati dalla ratio di tutela del consumatore, che ha guidato ed ispirato il legislatore, comunitario prima e nazionale poi, nella redazione delle norme di riferimento e dalla causa concreta del contratto, costituita dalla “finalità turistica”, che come tale impedisce, come sottolinea la Corte, di poter considerare “accessori” dei servizi che siano strettamente funzionali a tale finalità.

Con specifico riguardo alla seconda questione sottoposta alla Corte, ossia alla funzione da attribuire al reclamo di cui all’art. 19 D.Lgs. n. 111/95, questa ha affermato, sottolineando che si tratta di una facoltà prevista a favore del consumatore, come non assuma natura di onere né determini la decadenza dal diritto di richiesta di risarcimento dei danni subiti dal turista.

La Corte di Cassazione ha, poi, censurato la sentenza di merito nella parte in cui, non ritenendo integrato l’inesatto adempimento del contratto di pacchetto turistico, non aveva riconosciuto il diritto al risarcimento del danno non patrimoniale subito.

La causa veniva quindi rinviata alla Corte di Appello di Milano in diversa composizione.

Seconda sentenza

 

Cassazione, sez. III Civile, sentenza1 dicembre 2011–20 marzo 2012, n. 4372

Presidente Filadoro – Relatore Travaglino

 

Massima (non ufficiale)

La causa del contratto, così come affermato da questa corte di legittimità con le sentenze 10490 del 2006, 16315 e 26956 del 2007, non può ulteriormente essere intesa, in senso del tutto astratto, come funzione economico-sociale del negozio, svincolata tout court dalla singola fattispecie contrattuale, bensì come funzione economico-individuale del singolo, specifico negozio, da valutarsi in tali termini sotto il profilo tanto genetico, quanto funzionale; onde la obiettivazione (quale quella verificatasi nel caso di specie) di un motivo di cui la controparte sia resa espressamente partecipe è destinata ad integrare l’elemento causale della convenzione negoziale nella misura in cui esso risulta determinante della formazione del consenso;

La risarcibilità del danno morale è, nella specie, prevista per legge, oltre che costantemente predicata dalla giurisprudenza della Corte di Giustizia europea

 

IL FATTO

Un turista aveva convenuto in giudizio, dinanzi al giudice di pace di Genova, la società organizzatrice del viaggio, esponendo di aver acquistato dalla convenuta un pacchetto turistico per un soggiorno nell’isola di Creta nel periodo 15-22 aprile, con possibilità di immersioni subacquee per due persone – attività che costituiva per lui, motivo determinante per la conclusione del contratto, come espressamente dichiarato all’agenzia di Ravenna presso la quale egli aveva acquistato il pacchetto turistico -, possibilità di immersioni rivelatasi peraltro impraticabile essendo l’attività subacquea vietata nell’isola sino al 20 maggio.

Il giudice di primo grado accolse la domanda limitatamente alla richiesta di risarcimento del danno morale (liquidato in 100 euro), rigettando ogni altra istanza di contenuto economico.

Il tribunale di Genova, investita del gravame principale proposto dal M. ed a quello incidentale della Columbus, accolse quest’ultimo, mandando assolta la società di viaggi da ogni pretesa risarcitoria.

La sentenza è stata impugnata da parte del turista con ricorso per cassazione.

 

IL QUESITO GIURIDICO

Le questioni di diritto sottoposte ai giudici di legittimità riguardano la determinazione dell’ambito del contratto di pacchetto di viaggio e la natura contrattuale o meno di prestazioni in esso contenute o ad esso accessorie, ma garantite dal tour operator (nel caso di specie la prestazione di diving), con conseguente inadempimento della società convenuta e resistente e sussistenza e risarcibilità del danno da vacanza rovinata a favore del turista deluso.

 

La soluzione accolta dalla Corte di Cassazione, e indicata nei principi di diritto cui il giudice del rinvio dovrà attenersi, è data dalla ribadita essenzialità della causa concreta del contratto nella individuazione delle prestazioni accessorie, ma essenziali e che costituiscono obblighi rientranti nel contratto di pacchetto turistico. La causa non dovrà essere intesa in modo slegato dalla singola fattispecie contrattuale, ma dovrà essere la funzione economico-individuale del singolo specifico negozio giuridico, per cui la obiettivazione di un motivo di cui sia resa edotta e partecipe la controparte ne va ad integrare l’elemento causale poiché è determinate del consenso prestato.

Le prestazioni così offerte anche se accessorie al contratto di pacchetto turistico, ma garantite formano parte integrante del rapporto contrattuale e dal loro inadempimento discende la responsabilità del debitore anche con risarcimento del cd. danno da vacanza rovinata in quanto riconosciuto dalla legge e affermato dalla costante Giurisprudenza della Corte di Giustizia Europea.

Senza motivare la propria statuizione, la Corte ha poi ritenuto che l’omissione di informazioni rilevanti da parte del tour operator costituisca una violazione di natura contrattuale e non precontrattuale.

 

Nota di commento alle sentenze

Le due recenti sentenze emesse da parte della Corte di Cassazione offrono l’occasione per ripercorrere ed analizzare gli orientamenti dottrinali e l’evoluzione giurisprudenziale in tema di contratti turistici. Difatti le pronunce in commento si sono concentrate sulla delimitazione dell’ambito di applicabilità della disciplina in materia, tralasciando invece il diverso tema della risarcibilità del danno da vacanza rovinata e limitandosi a darne per scontata la risarcibilità, la prima pronuncia ritenendo tali motivi di ricorso assorbiti nell’accoglimento dell’inquadrabilità del caso di specie nella disciplina del contratto turistico e nella relativa responsabilità contrattuale. La seconda sentenza, invece, si limita a statuire il principio di diritto per cui al risarcibilità del danno morale è nella specie prevista per legge, oltre che costantemente predicata dalla giusprudenza della Corte di Giustizia Europea, senza aggiungere altro in motivazione e così dando per assodata al risarcibilità di tali pregiudizi.

 

L’INDIVIDUAZIONE DELL’AMBITO DI OPERATIVITA’ DELLA DISCIPLINA E IL RUOLO DELLA CAUSA CONCRETA

Nell’ambito della attività turistica vengono individuate due distinte modalità di svolgimento con una “scissione” tra organizzazione e intermediazione e vendita del viaggio e si delineano due distinte tipologie di contratto: quello di organizzazione del viaggio e quello di intermediazione del viaggio ( M. Cocuccio, Giust. Civ. 2010, 7-8, 1683B, cit.).

I due casi decisi dalle sentenze della Corte di Cassazione oggetto del presente commento hanno riguardo a contratti di pacchetto turistico. Si tratta di quel negozio giuridico mediante il quale “una parte (organizzatore) si obbliga, in nome proprio, a fornire all’altra parte (viaggiatore), dietro pagamento di un corrispettivo globale, un insieme di prestazioni tra loro combinate” (M. Cocuccio, cit.). Secondo la dottrina (M. Cocuccio, cit., De Santis, I pacchetti turistici: i viaggi, le vacanze e circuiti « tutto compreso », in I nuovi contratti (a cura di Cendon, Torino 2004, 108; Gliatta, La responsabilità degli operatori turistici nell’ambito del c.d. danno da vacanza rovinata, in Resp. civ., 2008, 358; Pignataro, Inadempimento del tour operator: concetto, tipologie e natura della responsabilità, in Commentario al codice del consumo a cura di Stanzione e Sciancalepore, Milano 2006, 708) e la giurisprudenza (Cass.9 novembre 2004 n. 21343 e Cass.24 aprile 2008 n. 10651), si tratta di una obbligazione di risultato, dal momento che il tour operator con la sottoscrizione del contratto di viaggio tutto compreso è chiamato a rispondere del risultato stesso. Come sottolineato da parte della Corte di Cassazione con la sentenza del3 dicembre 2009 n. 25396, “l’organizzatore e il venditore di pacchetto turistico assumono nell’ambito del rischio di impresa, un’obbligazione di risultato nei confronti dell’acquirente e, pertanto, la loro responsabilità sussiste ogniqualvolta sia ravvisabile una responsabilità contrattuale diretta del prestatore di servizi nei confronti del consumatore per il servizio resogli (o non resogli), e non è correlata ad un suo difetto di diligenza nella scelta del prestatore di servizi di cui si avvalga, ovvero alla possibilità di controllarne in concreto le modalità operative nell’esecuzione della prestazione”.

Secondo le regole proprie della responsabilità contrattuale incomberà così sul debitore-organizzatore del viaggio dimostrare che non vi è stato l’inadempimento o l’inesatto adempimento allegato dal turista consumatore oppure che il mancato o inesatto adempimento non sono a lui imputabili (cfr. Cass.27 giugno 2007n. 14837).

Anche recentemente la Corte di Cassazione con la sentenza n. 5189/2010 ha precisato che “Con il contratto avente ad oggetto un pacchetto turistico “tutto compreso”, sottoscritto dall’utente sulla base di una articolata proposta contrattuale, spesso basata su un dépliant illustrativo, l’organizzatore o il venditore assumono specifici obblighi, soprattutto di tipo qualitativo, riguardo a modalità di viaggio, sistemazione alberghiera, livello dei servizi etc, che vanno “esattamente” adempiuti. Pertanto qualora la prestazione non sia esattamente realizzata, sulla base di un criterio medio di diligenza (art. 1176, comma 1 c.c.) si configura una responsabilità contrattuale, tranne nel caso in cui organizzatore o venditore non forniscano adeguata prova di un inadempimento ad essi non imputabile.” Secondo la richiamata giurisprudenza il tour operator per andare esente da responsabilità “organizzatore e venditore dovranno provare: o il caso fortuito (o la forza maggiore), o l’esclusiva responsabilità del consumatore, oppure l’esclusiva responsabilità di soggetto-terzo, quali eventi successivi alla stipula del “pacchetto” (Cass. n. 5189/2010).

 

Preliminare ad ogni considerazione in tema di responsabilità contrattuale del tour operator è la valutazione se il caso oggetto di decisione rientri o meno nella disciplina del contratto di viaggio tutto compreso.

Difatti, il procedimento logico giuridico, che l’interprete del diritto è chiamato a svolgere, in risposta alle doglianze del turista che asserisce di avere subito un disservizio e l’inadempienza dell’organizzatore del viaggio, con conseguente richiesta di risarcimento del danno subito, passa attraverso una serie di fasi tra loro consequenziali, che vedono una prima analisi della riconducibilità o meno della fattispecie nell’ambito della disciplina relativa ai contratti turistici ed i cd. pacchetti turistici, disciplina che si può rinvenire ratione temporis a sua volta nel D.Lgs. n. 111 del 1995, successivamente riprodotta nel cd. Codice del Consumo, D.Lgs. n. 206 del 2005, e infine prevista nel cd. Codice del Turismo il D.Lgs. n. 79 del 2011.

In un secondo momento, dovrà essere valutato da parte dell’operatore del diritto se il disservizio vi sia effettivamente stato e se sia riconducibile alla responsabilità dell’organizzatore, in seguito verrà valutato se sia esso risarcibile ed in che misura.

 

Le due sentenze in commento affrontano proprio tali questioni e soprattutto la pronuncia n. 3256/2012 aggiunge un importante tassello in tema di individuazione dell’ambito di applicabilità di tale disciplina grazie alla indicazione precisa degli strumenti ermeneutici necessari ed essenziali allo scopo.

Come sottolineato dalla stessa Corte di Cassazione nella sentenza n. 10651 del 2008 “sia in dottrina che in giurisprudenza, il viaggio tutto compreso (noto anche come travel package o pacchetto turistico) costituisce un nuovo tipo contrattuale nel quale la “finalità turistica” (o, con espressione più generale, lo “scopo di piacere”) non è un motivo irrilevante ma si sostanzia nell’interesse che lo stesso è funzionalmente volto a soddisfare, connotandone la causa concreta e determinando, perciò, l’essenzialità di tutte le attività e dei servizi strumentali alla realizzazione del preminente fine del godimento della vacanza per come essa viene proposta dall’organizzatore del viaggio (c.d. tour operator) e accettata dall’utente (si veda in particolare Cassazione civile sezione 3^, n. 16315 del24 febbraio 2007, Rv. 598453). Si è parlato nella letteratura di commercializzazione in sè della vacanza, esprimendo, in tal modo, il rilievo causale che assume il bene immateriale della vacanza definita dall’insieme degli elementi che consentono all’utente di godere di un periodo di riposo e di svago orientato su una precisa formula proposta dall’organizzatore del viaggio.” “A tale ricostruzione della causa contrattuale si è pervenuti in considerazione della ratio della disciplina normativa di origine comunitaria (direttiva CEE/90/314) che è fortemente improntata dalle finalità di tutelare il diritto del consumatore a fruire effettivamente della vacanza offerta sul mercato dall’operatore turistico e di consentirgli la facoltà di recedere dal contratto nel caso in cui la fruizione dei servizi caratterizzanti l’offerta si rendano indisponibili sia prima che dopo lai partenza.”

Il contratto di pacchetto turistico, come disciplinato dall’art. 2 del D.Lgs. n. 111 del 1995, applicato nel caso di specie dalla Corte di Cassazione ratione temporis, e successivamente riprodotto senza modifiche per la parte che interessa nel cd. Codice del Consumo, D.Lgs. n. 206 del 2005 all’art. 84, statuisce che “1. I pacchetti turistici hanno ad oggetto i viaggi, le vacanze ed i circuiti “tutto compreso”, risultanti dalla prefissata combinazione di almeno due degli elementi di seguito indicati, venduti od offerti in vendita ad un prezzo forfettario, e di durata superiore alle ventiquattro ore ovvero estendentisi per un periodo di tempo comprendente almeno una notte:

a ) trasporto;

b ) alloggio;

c ) servizi turistici non accessori al trasporto o all’alloggio di cui all’art. 7, lettere i ) e m ), che costituiscano parte significativa del “pacchetto turistico”.

2. La fatturazione separata degli elementi di uno stesso “pacchetto turistico” non sottrae l’organizzatore o il venditore agli obblighi del presente decreto”.

 

Come sottolineato in dottrina (S. Caterbi, Il danno da vacanza rovinata, Giuffrè, 2010, p. 43), il legislatore nel definire i servizi turistici non accessori fa espresso riferimento al trasporto e all’alloggio, che così assumono importanza principale nell’economia contrattuale.

 

Il servizi non accessori vengono precisati in quelli che costituiscono parte significativa del pacchetto turistico. Il concetto di significatività è stato oggetto di dibattito da parte della dottrina (si vedano i richiami in S. Caterbi, op. cit., p. 44 e segg.) per cui, secondo alcuni autori, si avrebbe dovuto avere riguardo all’oggetto del contratto stesso per cui i servizi possono essere considerati non accessori e significativi solo se le parti vi abbiano raggiunto l’accordo. Altri autori, invece, sottolineano che si debba partire dalla rilevanza che le prestazioni aggiuntive hanno avuto per il consumatore turista e al suo interesse perseguito con la stipula del contratto di pacchetto di viaggio.

Autorevole dottrina (S. Caterbi, op. cit.) si è richiamata alle statuizioni della Corte di Cassazione in materia di causa concreta del negozio giuridico concluso dalle parti ed ha sottolineato che “solo attraverso tale esame, infatti, si potrà affermare se il servizio non accessorio fosse stato o meno una parte significativa del pacchetto”.

Le due pronunce in commento dimostrano di seguire tale orientamento dottrinale per cui, nella individuazione dell’ambito della applicabilità della disciplina in materia di pacchetto turistico e delle fattispecie che ne vanno ricomprese, si debbono utilizzare come criteri ermeneutica essenziali la ratio di tutela del turista consumatore (che ha ispirato sia il legislatore comunitario che quello italiano in sede di attuazione della direttiva comunitaria) e il richiamo alla causa concreta del contratto.

Quest’ultima è costituita dalla «finalità turistica», che qualifica il contratto «determinando l’essenzialità di tutte le attività e i servizi strumentali alla realizzazione del preminente scopo vacanziero» (Cass.24 luglio 2007, n. 16315).

Come sottolineato dalla Corte di Cassazione in motivazione nella sentenza n. 3256/2012, “proprio la causa concreta del contratto impedisce di considerare «accessori» all’alloggio, al servizio alberghiero, comprensivo di pasti, i servizi – quali, nella specie, spiaggia attrezzata, miniclub bambini, animazione, piscina, campi da tennis… ecc., – strettamente funzionali alla finalità turistica. Finalità che il consumatore, al momento della stipulazione del contratto, persegue ed è determinante nella scelta di un albergo, strutturato come «villaggio turistico», caratterizzato dalla prestazione di servizi aggiuntivi alla ospitalità e ai suoi tradizionali e convenzionali accessori, piuttosto che un altro.”

Per i giudici di legittimità “d’altra parte, la stessa lettera legislativa consente un’interpretazione estensiva dei «servizi turistici non accessori», parlando genericamente di «altri servizi» inclusi nel pacchetto (art. 7, lett. i), che siano «parte significativa» dello stesso; precisazione che non può non leggersi come chiaro riferimento alla causa concreta del contratto. Né, in senso contrario, può avere alcun rilievo l’essere tali servizi interamente offerti e fruiti all’interno del villaggio, atteso che l’esistenza degli stessi può coincidere totalmente con la finalità di vacanza perseguita”.

La Corte di legittimità ha poi rinvenuto un sostegno nella propria interpretazione nella lettura del nuovo disposto in materia rinvenibile nell’art. 34 del Codice dei turismo (sostitutivo dell’art. 2 in argomento), “secondo il quale, deve trattarsi di servizi «non accessori…che costituiscano, per la soddisfazione delle esigenze ricreative dei turista, parte significativa del pacchetto turistico»; dove, la significatività dei servizi non accessori è rapportata finalisticamente alla volontà del turista contraente”.

Difatti, appare chiaro come i giudici di legittimità abbiano considerato l’inciso aggiunto nella nuova normativa e facente riferimento alla “soddisfazione delle esigenze ricreative del turista” come un richiamo alla cd. finalità turistica quale causa concreta del negozio posto in essere.

Come statuito anche nella precedenti pronunce n. 16351 del 2007 e 10651 del 2008, la causa del contratto di pacchetto turistico deve essere ravvisata non nella astratta funzione economico-sociale propria dello schema contrattuale, ma invece nella sintesi degli interessi concreti e reali che l’intera operazione nel suo dinamico svolgimento è volta a realizzare. Nel contratto in questione, secondo la oramai costante giurisprudenza di legittimità, “la finalità turistica non si sostanzia negli interessi che rimangono nella sfera volitiva interna dell’acquirente ma viene ad obiettivarsi in tale tipo di contratto, divenendo interesse che lo stesso è funzionalmente volto a soddisfare, pertanto connotandone la causa concreta” (Cass. n. 16351/2007).

Così intesa, la causa concreta viene a qualificare il contratto determinando l’essenzialità, o meglio, la significatività (per usare la medesima espressione del legislatore) delle attività e dei servizi strumentali alla realizzazione dello scopo vacanziero e di relax e svago perseguito dal turista consumatore con la sottoscrizione del contratto di pacchetto di viaggio.

Nella sentenza n. 3256 del 2012 in commento sono i servizi quali la presenza di spiaggia attrezzata, di miniclub per bambini, animazione, piscina, campi da tennis, ecc. che vengono ritenuti non accessori proprio perché quali servizi aggiuntivi al servizio alberghiero sono stati presi in considerazione dal turista nella realizzazione della finalità turistica e nota alla controparte dallo stesso perseguita con la conclusione del contratto.

Nella seconda sentenza in commento, n. 4372 del 2012, invece, è il servizio di diving che viene obiettivizzato nella causa concreta del negozio in essere tra le parti, per cui la possibilità di effettuare immersioni lungi dal rimanere mero motivo interno al turista, va, come affermato dalla Corte di Cassazione, “ad integrare l’elemento causale della convenzione negoziale nella misura in cui esso risulta determinante della formazione del consenso”.

Inoltre, in quest’ultima pronuncia, viene anche statuito il principio per cui, comunque, l’offerta di prestazioni contenute nel pacchetto turistico ovvero accessori ma garantite dal tour operator rientrano tout court nell’orbita del rapporto contrattuale.

Sarà quindi compito del giudice di merito cui la causa viene rinviata accertare se nel caso di specie vi sia stata la specifica prestazione di una garanzia da parte dell’organizzatore del viaggio circa la praticabilità delle immersioni subacque e se la fruibilità del servizio di diving sia rientrata nella causa concreta del contratto sottoscritto.

 

Altra interessante questione affrontata dalla sentenza della Corte di Cassazione n. 3256 del 2012 e data dalla rilevanza che la ratio di tutela del consumatore turista assume nella interpretazione dei concetti di “prefissata combinazione” e della vendita a un “prezzo forfetario” quali condizioni richieste dalla legge affinché possa ritenersi integrato un pacchetto turistico.

Come sottolineato da autorevole dottrina (S. Caterbi, op.cit., p. 45), il pacchetto turistico è il risultato della prefissata combinazione di vari elementi, quali il trasporto l’alloggio e i servizi turistici non accessori, venduti od offerti a prezzo forfetario.

Il richiamo legislativo fatto a tale tipologia di combinazione indica che la tipologia contrattuale in commento riguardi solamente ipotesi in cui il turista voglia ottenere una sorta di pacchetto preconfezionato. La Corte di Giustizia CE con la sentenza del30.04.2002n. 400 ha precisato che l’espressione “prefissata combinazione” di cui all’art. 2 punto 1 della direttiva 90/314/CE debba essere intesa come riguardante i viaggi tutto compreso nel senso di includere le combinazioni si servizi turistici effettuate al momento in cui  il contratto viene stipulato tra l’agenzia di viaggi e di cliente.

Proprio richiamando tale intepretazione data dalla Corte di Giustizia CE, la Corte di Cassazione con la sentenza n. 3256/2012 ha affermato che ai fini della configurabilità della prefissata combinazione e della determinazione del prezzo forfetario non deve rilevare la particolare modalità di acquisto dei servizi aggiuntivi che era stata prevista con l’acquisto di una tessera club presso la struttura. Tale espressa previsione, che veniva rinvenuta anche nei depliant informativi, si configura per i giudici di legittimità come il risultato della “prefissata combinazione” al momento della conclusione del contratto tra l’alloggio presso il villaggio turistico e la fruizione dei servizi con finalità turistica offerti.

Neppure il pagamento presso il villaggio e non compreso direttamente nel prezzo del pacchetto turistico corrisposto all’agenzia costituisce per la Corte di Cassazione elemento idoneo ad escludere l’applicabilità della disciplina in tema di viaggi tutto compreso. A sostegno di tale argomentazione, oltre al richiamo alla ratio di tutela del consumatore, viene in rilievo il disposto del legislatore che ha sempre previsto, sia all’art. 2 D.Lgs. n. 11/1995 che nella successiva normativa che la fatturazione separata di elementi di uno stesso pacchetto turistico potesse sottrarre l’organizzatore o il venditore agli obblighi dallo stesso disciplinati nella normativa in materia.

 

IL RECLAMO

Aspetto peculiare della disciplina in materia di contratti turistici tutto compreso è dato dalla previsione della possibilità di formulare un reclamo sia nel corso della vacanza che successivamente.

La sentenza della Corte di Cassazione n. 3256 del 2012 in commento si è soffermata sul valore e sulla funzione dell’onere del reclamo e sulla valutazione delle conseguenze della violazione dell’art. 19 D.Lgs. n. 111 del 1995 (poi strasfuso nell’art. 98 comma 2 cd. Codice del Consumo e ora art. 49 comma 2 cd. Codice del Turismo).

La Corte ha in motivazione analizzato la delicata questione sottolineando che la disposizione richiamata ha recepito la direttiva comunitaria in materia la quale prevedeva che nel contratto turistico fossero inseriti i termini entro i quali il consumatore doveva presentare il reclamo per l’inadempimento o la cattiva esecuzione del contratto. Veniva anche previsto che ogni mancanza rispetto alla corretta manutenzione dovesse essere segnalata in loco e segnalata al più presto, per iscritto o in qualsiasi altra forma appropriata; mentre in caso di reclamo, l’organizzatore avrebbero dovuto adoperarsi per trovare soluzioni appropriate.

Per i giudici di legittimità la previsione dell’istituto del reclamo si ricollega alla modifica delle condizioni contrattuali prima e dopo la partenza e si tratta di una previsione di favore per il consumatore. Grazie al reclamo in loco è possibile per il consumatore ottenere un rimedio alle mancanze lamentate e con il reclamo con raccomandata fatto al ritorno dal viaggio il consumatore attiva una procedura stragiudiziale di soluzione della controversia (cfr. Cass. n. 297/2011).

Il reclamo così disciplinato non costituisce per la Corte di Cassazione un vero e proprio onere imposto al turista per poter agire al fine dell’accertamento dell’inadempimento dell’organizzatore del viaggio e dell’ottenimento della tutela risarcitoria.

La sua violazione non comporta per la Corte alcuna decadenza.

Tale soluzione interpretativa trova conferma anche nella migliore dottrina in materia (S. Caterbi Il danno da vancanza rovinata, cit, pag. 179 e “La nuova normativa in tema di turismo” in Resp. Civ. e prev., 2011, 11, 2393), la quale ha sottolineato come la norma seppure poco chiara, con l’uso del verbo potere (il consumatore-turista “può” sporgere il reclamo) appare prevedere una mera facoltà e non un preciso obbligo. Tale orientamento dottrinale sottolinea poi il fatto che non è possibile per il legislatore prevedere un termine decadenziale in modo ambiguo e senza certezza della sua specifica qualità, atteso che dalla sua violazione derivano per il consumatore-turista conseguenze negative. Neppure nella direttiva europea CE 90/314 da cui derivava la disciplina interna del D.Lgs. n. 11 del 1995 si era rinvenuto alcun elemento a sostegno della decadenzialità del termine del reclamo e della funzione di vero e proprio onere del reclamo stesso per la proposizione di richieste risarcitorie (S. Caterbi, cit., e Tullio in Attività alberghiera e di trasporto nel pacchetto turistico all inclusive: le forme di tutela del turista consumatore, Trento, 2006, 135).

Con l’entrata in vigore del nuovo codice del Turismo, la questione risulta oggi superata dal momento che il legislatore, dopo avere all’art. 49 comma primo e secondo riprodotto la disciplina già contenuta nel D.Lgs. n. 111/1995 e nel cd. Codice del Consumo, ha aggiunto il terzo comma che espressamente prevede “La mancata presentazione del reclamo può essere valutata ai fini dell’art. 1227 c.c.”. Da ciò ne consegue che la mancanza di reclamo non costituirà preclusione per il consumatore nel formulare richieste di risarcimento dei danni da inadempimento subiti, ma potrà essere valutata da parte del giudice quale concorso del fatto colposo del creditore e determinare una diminuzione nella quantificazione del danno risarcibile.

 

IN CONCLUSIONE

Le due sentenze in commento lasciano presupporre che si possa delineare un indirizzo costante da parte della giurisprudenza di legittimità in tema di individuazione dell’ambito della disciplina del contratto turistico, con individuazione degli strumenti ermeneutici dati dalla ratio di tutela del consumatore, che ha guidato ed ispirato il legislatore, comunitario prima e nazionale poi, nella redazione delle norme di riferimento e dalla causa concreta del contratto, costituita dalla “finalità turistica”, che come tale impedisce, come sottolinea la Corte, di poter considerare “accessori” dei servizi che siano strettamente funzionali a tale finalità.

A ciò si aggiunga anche la nuova disposizione normativa di cui all’art. 34 del Codice del turismo, secondo il quale, deve trattarsi di servizi «non accessori…che costituiscano, per la soddisfazione delle esigenze ricreative dei turista, parte significativa del pacchetto turistico». Proprio la significatività dei servizi non accessori, essendo rapportata finalisticamente alla volontà del turista contraente, sostiene la centralità del criterio interpretativo della causa concreta e della cd. finalità turistica, che dovrà guidare l’interprete nel delimitare l’ambito di applicabilità della disciplina in commento.

 

Riferimenti normativi

D.Lgs. n. 111 del 1995

D.Lgs. n. 206 del 2005

D.Lgs. n. 79 del 2011.

 

 

Riferimenti Bibliografici

S. Caterbi Il danno da vancanza rovinata, Giuffrè, 2010

S. Caterbi La nuova normativa in tema di turismo, Resp. Civ. e prev., 2011, 11, 2393

M. Cocuccio, Responsabilità del venditore di pacchetto turistico per infortunio del turista durante un’escursione, Giust. Civ. 2010, 7-8, 1683B

M. Cocuccio, Un mare “fuori servizio”: mancanza di soluzioni alternative e ristoro per la “vacanza rovinata”, Giust. Civ., 2009, 12, 2775

 

Giusprudenza conforme

Cass. Civ. Sez. III,24.07.2007  n. 16351

Cass. civ. Sez. III,24.04.2008n. 10651

Cass. Civ. Sez. III,04.03.2010n. 5189

 

SENTENZA n. 1)

 

Cassazione, sez. III Civile, sentenza 8 febbraio –2 marzo 2012, n. 3256

Presidente Spirito – Relatore Carluccio

 

Svolgimento del processo

 

1. – I coniugi M.C. e M.D., genitori di due minori, che nel maggio 2002 avevano acquistato presso una agenzia, scegliendolo da un catalogo Alpitour, un periodo di soggiorno di 14 giorni presso un villaggio turistico, durante il quale, previo acquisto di una «tessera club», potevano fruire di una serie di servizi (spiaggia attrezzata, mini club per bambini, piscina, animazione, campi da tennis, ecc.), vedevano rigettata dal Tribunale di Milano la domanda di risarcimento, avanzata nei confronti della Alpitour Spa.

La Corte di appello di Milano rigettava l’impugnazione proposta dai coniugi (sentenza del 21 dicembre 2009).

2. – Avverso la suddetta sentenza, i coniugi Donzelli propongono ricorso per cassazione con quattro motivi, esplicati da memoria. La Alpitour Spa resiste con controricorso, esplicato da memoria.

 

Motivi della decisione

 

1. – La Corte di merito ha così motivato il rigetto della domanda.

a) Alla specie non è applicabile la disciplina prevista dal decreto legislativo 17 marzo 1995, n. 111, essendo stato acquistato un soggiorno in mezza pensione in una struttura alberghiera e, tramite una «tessera club», servizi che non possono qualificarsi «non accessori», ai sensi dell’art. 2 del suddetto decreto, che ne definisce l’ambito applicativo, trattandosi di mere facilitazioni accessorie al soggiorno, non autonomamente valutabili rispetto all’alloggio, essendo esclusivamente destinati al più intenso godimento del servizio alberghiero offerto nel villaggio.

b) Comunque, rispetto ai disservizi lamentati, non è stata inviata alcuna comunicazione tramite raccomandata, ai sensi dell’art. 19 dello stesso decreto. Né risulta prova di reclami effettuati in loco durante la vacanza.

c) Correttamente, il giudice di primo grado, in via residuale, qualificando la domanda risarcitoria per inadempimento di obbligazioni contrattuali, l’ha rigettata per mancanza di prova di inadempimenti qualitativi, tali da determinare obblighi risarcitori.

Quanto alla non usufruibilità della spiaggia: dalle foto risulta frequentata, nonostante la presenza di barche e di mezzi di traino delle stesse; non era l’unica, risultando dal depliant altra spiaggia in prossimità. Gli spazi angusti e, in genere, l’intrattenimento non professionale, si spiegano con l’essere il villaggio qualificato a tre stelle, livello non di eccellenza. Quanto all’incompetenza dello staff del mini club, collegato allo smarrimento temporaneo della minore, l’episodio risulta provato genericamente e non risulta attribuibile a tale incompetenza. In conclusione, si tratta di mera insoddisfazione commerciale e non di inadempimento contrattuale.

d) Quanto al danno non patrimoniale lamentato, per mera completezza, si richiama la rigorosa delimitazione dello stesso effettuata dalla giurisprudenza di legittimità (Sez. Un. 11 novembre 2008, n. 26972), che si condivide.

2. – Con il primo motivo si deduce, la violazione dell’art. 2 del d.lgs. n. 111 del 1995, per non avere il giudice di merito ritenuto l’applicabilità della normativa dettata per i «pacchetti turistici» in presenza di servizi (quali spiaggia attrezzata, mini club per bambini, piscina, animazione, campi da tennis, ecc.), acquistati con tessera club, da ritenersi non accessori all’alloggio in mezza pensione presso un villaggio turistico, essendo stati determinanti nella decisione di sottoscrivere il contratto.

2.1. – Il motivo va accolto.

La Corte di merito erra nel non ritenere applicabile la disciplina che regola, in adempimento della direttiva n. 90/314/CEE, i «pacchetti turistici». Disciplina contenuta nel d.lgs. n. 111 del 1995, rilevante ratione temporis, poi riprodotta, senza modificazioni (per la parte di interesse), nel d.lgs. 6 settembre 2005, n. 206 (Codice di consumo) e da ultimo, in una visione d’insieme, nel d.lgs. 23 maggio 2011, n. 79 (Codice del turismo).

Viene in rilievo la disposizione che definisce l’ambito di applicabilità della disciplina (art. 2, d.lgs. n. 111 del 1995).

Secondo la previsione normativa, si ha «pacchetto turistico» quando:

– si vende, o si offre in vendita, il risultato della «prefissata combinazione» di almeno due, dei tre elementi individuati: trasporto, alloggio, servizi turistici «non accessori»;

– i suddetti elementi sono venduti, o offerti in vendita, «a un prezzo forfettario»;

– sempre che, qualora elemento che compone il pacchetto siano i servizi «non accessori», questi, individuati mediante il rinvio alle lett. i) ed m) del successivo art. 7, costituiscano «parte significativa» dei pacchetto.

2.2. – Nella specie, pacificamente concernente l’acquisto, presso un’agenzia, del pernottamento con mezza pensione in un villaggio turistico, scelto da un catalogo Alpitour; villaggio dove, previo acquisto di una «tessera club», erano fruibili servizi turistici, quali spiaggia attrezzata, miniclub bambini, animazione, piscina, campi da tennis …ecc., sussistono tutte le condizioni richieste dalla legge per la configurabilità dell’acquisto di un pacchetto turistico.

L’alloggio, combinato, al momento del contratto, con servizi non accessori allo stesso, che costituiscono parte significativa dello stesso contratto, è stato venduto a un prezzo forfettario.

2.3. – Va premesso che, ai fini della individuazione dell’ambito di applicabilità della disciplina e, quindi, delle fattispecie in essa ricomprese, costituiscono strumento ermeneutico essenziale: in generale, la ratio di tutela del consumatore che ispira la normativa, nell’ambito dell’obiettivo dell’avvicinamento delle legislazioni degli Stati membri della Comunità Europea; la causa concreta del contratto, costituita dalla «finalità turistica», che qualifica il contratto «determinando l’essenzialità di tutte le attività e i servizi strumentali alla realizzazione del preminente scopo vacanziero» (Cass. 24 luglio 2007, n. 16315); le altre disposizioni del d.lgs. n. 111 del 1995.

2.3.1. – Proprio la causa concreta del contratto impedisce di considerare «accessori» all’alloggio, al servizio alberghiero, comprensivo di pasti, i servizi – quali, nella specie, spiaggia attrezzata, miniclub bambini, animazione, piscina, campi da tennis… ecc., – strettamente funzionali alla finalità turistica. Finalità che il consumatore, al momento della stipulazione del contratto, persegue ed è determinante nella scelta di un albergo, strutturato come «villaggio turistico», caratterizzato dalla prestazione di servizi aggiuntivi alla ospitalità e ai suoi tradizionali e convenzionali accessori, piuttosto che un altro.

D’altra parte, la stessa lettera legislativa consente un’interpretazione estensiva dei «servizi turistici non accessori», parlando genericamente di «altri servizi» inclusi nel pacchetto (art. 7, lett. i), che siano «parte significativa» dello stesso; precisazione che non può non leggersi come chiaro riferimento alla causa concreta del contratto. Né, in senso contrario, può avere alcun rilievo l’essere tali servizi interamente offerti e fruiti all’interno del villaggio, atteso che l’esistenza degli stessi può coincidere totalmente con la finalità di vacanza perseguita.

Tale interpretazione trova conforto, oggi, nell’art. 34 del Codice dei turismo (sostitutivo dell’art. 2 in argomento), secondo il quale, deve trattarsi di servizi «non accessori…che costituiscano, per la soddisfazione delle esigenze ricreative dei turista, parte significativa del pacchetto turistico»; dove, la significatività dei servizi non accessori è rapportata finalisticamente alla volontà del turista contraente.

2.3.2. – La ratio di tutela del consumatore e altre disposizioni dello stesso d.lgs. in argomento, comportano che, ai fini della «prefissata combinazione» e della vendita a un «prezzo forfettario» dell’alloggio e degli altri servizi – altre condizioni richieste dalla legge perché possa ritenersi integrato un «pacchetto turistico» – non rileva che la fruizione di tali altri servizi sia subordinata all’acquisto presso il villaggio di una tessera club, né il prezzo della stessa, quando, come nella specie, tali altri servizi siano contenuti nel depliant e l’acquisto della tessera sia obbligatorio.

Infatti, quanto acquistato presso l’agenzia si configura come il risultato della «prefissata combinazione», al momento del contratto, tra alloggio, comprensivo di mezza pensione, presso un villaggio turistico e ulteriori servizi con finalità vacanziera offerti all’interno del villaggio, come pacificamente risultanti dal depliant dell’Alpitour. Anche secondo l’interpretazione della Corte di Giustizia CE, la «prefissata combinazione» deve essere interpretata nel senso che include le combinazioni di servizi turistici effettuate al momento in cui il contratto viene stipulato tra l’agenzia e il cliente, ivi compresi gli accordi raggiunti su diretto suggerimento del turista (sentenza 30 aprile 2002, n. 400). D’altra parte, ai sensi dell’art. 9 dei d.lgs. n. 111 del 95, le informazioni contenute nell’opuscolo vincolano l’organizzatore e il venditore.

Sussiste anche ulteriore condizione della vendita ad un «prezzo forfettario». Non rileva, in senso contrario, il pagamento presso il villaggio della tessera club. Infatti, espressamente, con la chiara finalità di tutelare il consumatore, il comma 2, dell’art. 2 in argomento, prevede che la fatturazione separata degli elementi di uno stesso «pacchetto turistico» non sottrae l’organizzatore a il venditore agli obblighi. Né rileva, ai fini di considerarla esclusa dal prezzo forfettario, l’eventuale sottoscrizione della tessera club presso il villaggio, stante l’obbligatorietà della sua sottoscrizione (per persona di età superiore a tre anni, prevista nei depliant). Ancora, non rileva l’importo del prezzo per tali servizi, atteso che il dover questi costituire «parte significativa» del pacchetto si collega alla causa concreta del contratto e alle finalità perseguite dal turista. D’altra parte, la ripartizione dell’importo dei prezzi tra quanto richiesto per la struttura alberghiera in senso proprio e quanto richiesto per ulteriori servizi fruibili presso il villaggio, risponde a politiche di marketing operate dall’imprenditore turistico.

3. – Con il secondo motivo si deduce la violazione dell’art. 19 del d.lgs. n. 111 del 1995, per non avere il giudice di merito ritenuto che il reclamo in loco non necessita di alcuna formalità e che l’invio con raccomandata nel termine di dieci giorni è una possibilità non comportante decadenza. 3.1. – Il motivo va accolto.

La questione all’attenzione della Corte è, la funzione della previsione dell’art. 19 in argomento, in riferimento alle conseguenze della sua inosservanza.

La disposizione, ha recepito la direttiva comunitaria, secondo la quale: vanno inseriti nel contratto «i termini entro cui il consumatore deve presentare reclamo per l’inadempimento o la cattiva esecuzione del contratto» (art. 4, comma 2, lett. a), con rinvio all’allegato); «ogni mancanza nell’esecuzione del contratto rilevata in loco…deve essere segnalata al più presto, per iscritto o in qualsiasi altra forma appropriata…» (art. 5, comma 4); «in caso di reclamo, l’organizzatore e/o il venditore, o il suo rappresentante locale….devono adoperarsi sollecitamente per trovare soluzioni appropriate» (art. 6).

Essa si collega alla modifica delle condizioni contrattuali, prima e dopo la partenza (art. 12 del d.lgs. n. 111 del 1995).

Si tratta, quindi, di previsioni a favore dei consumatore, lontane dallo stabilire oneri e decadenze a carico dello stesso. Il reclamo in loco è volto a consentire di porre rimedio alle inadempienze; il reclamo con raccomandata è facoltativo: è volto alla denuncia degli inadempimenti al fine di favorire la soluzione della controversia in via stragiudiziale (Cfr. Cass. 10 gennaio 2011, n. 297, in motivazione).

4. – In conclusione, i primi due motivi di ricorso sono accolti in applicazione del seguente principio di diritto: «Ai fini della individuazione dell’ambito di applicabilità della disciplina in tema di «pacchetti turistici», costituiscono strumento ermeneutico essenziale: la ratio di tutela del consumatore, che ispira la normativa, nell’ambito dell’obiettivo dell’avvicinamento delle legislazioni degli Stati membri della Comunità Europea; la causa concreta del contratto, costituita dalla «finalità turistica»; le altre disposizioni del d.lgs. n. 111 del 1995. Proprio la causa concreta del contratto impedisce di considerare «accessori» all’alloggio, altri servizi, strettamente funzionali alla finalità turistica, aggiuntivi rispetto alla ospitalità e ai tradizionali accessori; la ratio di tutela del consumatore e altre disposizioni dello stesso d.lgs. in argomento, comportano che, ai fini della «prefissata combinazione» e della vendita a un «prezzo forfettario» dell’alloggio e degli altri servizi, non rileva che la fruizione di tali altri servizi sia subordinata all’acquisto presso il villaggio di una tessera club, né il prezzo della stessa, quando, come nella specie, tali altri servizi siano contenuti nel depliant e l’acquisto della tessera sia obbligatorio. Pertanto, nell’ipotesi di acquisto, dai un’agenzia, del pernottamento con mezza pensione in un villaggio turistico, scelto dia un catalogo; villaggio presso il quale, previo acquisto di una «tessera club», sono fruibili servizi turistici (quali spiaggia attrezzata, miniclub bambini, animazione, piscina, campi da tennis …ecc.), sussistono tutte le condizioni richieste dalla legge (art. 2 del d.lgs. n. 111 del 1995) per la configurabilità dell’acquisto di un «pacchetto turistico». Né, ai fini dell’applicabilità della suddetta disciplina, ha alcun rilievo il mancato rispetto dell’art. 19 dello stesso decreto legislativo, trattandosi di previsioni a favore del consumatore, lontane dallo stabilire oneri e decadenze a carico dello stesso.»

5. – Con il terzo e quarto motivo si censura la sentenza nella parte in cui non ha ritenuto provato l’inesatto adempimento e non ha riconosciuto il danno non patrimoniale chiesto, nell’ambito della generale responsabilità contrattuale. Questi motivi restano assorbiti dall’accoglimento dei primi due motivi, concernenti l’inquadrabilità della fattispecie nella disciplina del d.lgs. n. 111 del 1995.

6. – In conclusione, in accogliendo del primo e secondo motivo di ricorso, assorbiti i restanti, la sentenza della Corte di merito è cassata in relazione ai motivi accolti e la causa deve essere rinviata alla Corte di appello di Milano, in diversa composizione, che deciderà la controversia in applicazione del principio di diritto enunciato (§. 4), provvedendo anche sulle spese dei presente giudizio di cassazione.

 

P.Q.M.

 

La Corte di Cassazione accoglie il primo e il secondo motivo di ricorso, dichiara assorbiti gli altri; cassa in relazione la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese del presente giudizio, alla Corte di appello di Milano, in diversa composizione.

 

 

Sentenza n. 2)

 

Cassazione, sez. III Civile, sentenza1 dicembre 2011–20 marzo 2012, n. 4372

Presidente Filadoro – Relatore Travaglino

 

Svolgimento del processo

 

Nell’aprile del 2002 R.M. evocò in giudizio, dinanzi al giudice di pace di Genova, la società Columbus Organizzazione Viaggi, esponendo di aver acquistato dalla convenuta un pacchetto turistico per un soggiorno nell’isola di Creta nel periodo 15-22 aprile, con possibilità di immersioni subacquee per due persone – attività che costituiva per lui, motivo determinante per la conclusione del contratto, come espressamente dichiarato all’agenzia di Ravenna presso la quale egli aveva acquistato il pacchetto turistico -, possibilità di immersioni rivelatasi peraltro impraticabile essendo l’attività subacquea vietata nell’isola sino al 20 maggio.

Il giudice di primo grado accolse la domanda limitatamente alla richiesta di risarcimento del danno morale (liquidato in 100 euro), rigettando ogni altra istanza di contenuto economico.

Il tribunale di Genova, investita del gravame principale proposto dal M. ed a quello incidentale della Columbus, accolse quest’ultimo, mandando assolta la società di viaggi da ogni pretesa risarcitoria.

La sentenza è stata impugnata da R.M. con ricorso per cassazione articolato in 12 motivi.

Resiste cori controricorso la Columbus Organizzazione viaggi s.r.l..

 

Motivi della decisione

 

Il ricorso è fondato.

Con il primo motivo, si denuncia violazione dell’art. 11 delle preleggi al codice.

Il motivo è fondato.

Il tribunale di Genova ha fatto erronea applicazione dell’art. 87 ss. del Dlgs. 206 del 2005, mentre la vicenda oggetto del presente giudizio, che risale all’anno 2001, resta governata, ratione temporis, dai principi di cui al D.lgs. 111 del 1995.

Con il secondo motivo, si denuncia violazione degli artt. 8 ultimo comma, 9 ultimo comma, 14 D.lgs,. 111/95 e dell’art. 1218 c.c., falsa applicazione dell’art. 87 D.lgs. 206/2005.

Con il terzo motivo, si denuncia omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio.

Il fatto controverso e decisivo per il giudizio viene indicato, ai sensi dell’art. 366 bis c.p.c., applicabile ratione temporis, nella natura di obbligazione contrattuale dell’offerta della prestazione di diving, natura sostenuta dal M. in atto di citazione in primo grado in appello.

Con il quarto motivo, si denuncia violazione dell’art. 1218 c.c., art. 8 ultimo comma, 9 ultimo comma e 14 D.lgs. 111/95 e falsa applicazione dell’art. 1337 c.c..

Con il quinto motivo, si denuncia violazione dell’art. 113 e del1’art. 112 c.p.c. (art. 360 n. 3 c.p.c.), omessa pronuncia su domanda prospettata dalla parte in relazione all’art. 112.

Con il sesto motivo, si denuncia omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio; violazione dell’art. 2059 c.c. e 16 D.lgs. 111/95.

Il fatto controverso e decisivo per il giudizio viene indicata la natura contrattuale dell’obbligazione assunta dal Tour Operator (prestazione di diving) nonché la sussistenza e la risarcibi1ità del danno da vacanza rovinata nella fattispecie de qua.

Con il settimo motivo, si denuncia falsa applicazione dell’art. 1337 c.c. e violazione degli artt. 8 ultimo comma, 9 ultimo comma e 14 D.lgs. 111/95, 1218 c.c.; omessa, insufficiente, contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo del giudizio.

Per fatto controverso e decisivo del giudizio viene intesa la responsabilità contrattuale del Tour Operator per i fatti di causa.

Con l’ottavo motivo si denuncia violazione dell’art. 115 comma I c.p.c.; omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio.

Il punto controverso viene così sintetizzato: se il M. avesse manifestato alla Columbus che il motivo esclusivo del viaggio fosse la pratica delle immersioni subacquee in mare e se la Columbus avesse concordato al M. la possibilità di fruire del centro diving sito entro un albergo diverso da quello nel quale soggiorna, che ne era invece, sprovvisto, nella specie, il centro era sito presso il vicino Hotel Marina Beach.

Con il nono motivo, si denuncia violazione dell’art. 2697 c.c.

Con il decimo motivo, si denuncia violazione dell’art. 112 c.p.c.

Con l’undicesimo motivo, si denuncia violazione degli artt. 116 c.p.c. e 2702 c.c.

Con il dodicesimo motivo, si denuncia violazione degli artt. 91 e 92 II comma c.p.c.; omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa la condanna alle spese legali.

Devono essere accolti i motivi sub 2, 3, 4, 5, 6, 8, 9, 10, 11, con assorbimento dei motivi 7 e 12.

Questi i principi di diritto cui il giudice del rinvio dovrà attenersi:

1) La causa del contratto, così come affermato da questa corte di legittimità con le sentenze 10490 del 2006, 16315 e 26956 del 2007, non può ulteriormente essere intesa, in senso del tutto astratto, come funzione economico-sociale del negozio, svincolata tout court dalla singola fattispecie contrattuale, bensì come funzione economico-individuale del singolo, specifico negozio, da valutarsi in tali termini sotto il profilo tanto genetico, quanto funzionale; onde la obiettivazione (quale quella verificatasi nel caso di specie) di un motivo di cui la controparte sia resa espressamente partecipe è destinata ad integrare l’elemento causale della convenzione negoziale nella misura in cui esso risulta determinante della formazione del consenso;

2) La risarcibilità del danno morale è, nella specie, prevista per legge, oltre che costantemente predicata dalla giurisprudenza della Corte di Giustizia europea;

3) La valutazione del coacervo testimoniale deve avvenire secondo un procedimento di scrutinio logico delle singole disposizioni che dia conto del loro contenuto e della loro intepretazione soprattutto sul piano obiettivo, non potendo una valutazione di inattendibilità fondarsi sulle sole qualità soggettive del deponente;

4) L’offerta di prestazioni contenute nel pacchetto di viaggio, ovvero accessorie ad esso ma comunque garantite dall’operatore turistico, rientrano tout court nell’orbita del rapporto contrattuale;

5) Le omissioni di informazioni rilevanti, da parte del Tour Operator, costituiscono, a loro volta, violazioni di natura contrattuale e non precontrattuale;

6) Il catalogo informativo dell’operatore turistico costituisce prova documentale equiparabile alla scrittura ex art. 27022 c.c. sottratta alla libera valutazione e al libero apprezzamento del giudice di merito.

Il ricorso è pertanto accolto, con conseguente cassazione dell’impugnata sentenza.

Il procedimento va rinviato al tribunale di Genova, in altra composizione, che provvederà altresì alla liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.

 

P.Q.M.

 

La corte accoglie il ricorso, cassa e rinvia, anche per le spese del giudizio di cassazione, al tribunale di Genova in diversa composizione.

Di admin

Help-Desk