CASSAZIONE CIVILE  

Cass.     civ., Sez. VI-5, Ord., 8 gennaio 2013, n. 271

IMPOSTA REGISTRO

È erronea per omessa e/o insufficiente ed illogica     motivazione, e va conseguentemente cassata con rinvio ad altro Giudice, la     sentenza della Commissione Tributaria Regionale che nell’accogliere il     ricorso proposto dai contribuenti avverso l’avviso di liquidazione     dell’imposta di registro conseguente alla revoca delle agevolazioni per la     prima casa, relativamente ad atto di compravendita di immobile da destinare     a prima casa, facendo riferimento alla sussistenza di una bolletta di     energia elettrica e ad una dichiarazione delle Forze dell’Ordine     oggettivamene generica, non dia conto dell’iter logico seguito e dei     concreti elementi, utilizzati nel percorso decisionale, per giungere ad     affermare il trasferimento di residenza. (Nella specie è, altresì, omesso l’esame     di circostanze fattuali evidenziate dall’Agenzia delle Entrate, quali le     risultanze del certificato storico di residenza e l’afferenza della     bolletta esibita non ad una utenza per l’approvvigionamento di energia     elettrica di una casa per civile abitazione, bensì funzionale alla mera     esecuzione di lavori edili).

Cass.     civ., Sez. lav., 8 gennaio2013, n. 212

LAVORO (RAPPORTO DI)

La previsione della risoluzione del patto di non concorrenza     rimessa all’arbitrio del datore di lavoro costituisce una clausola nulla     per contrasto con norme imperative. Ciò per evitare, da un lato, che al     datore di lavoro sia attribuito il potere di incidere unilateralmente sulla     durata temporale del vincolo, sì da vanificare la previsione della     fissazione di un termine certo e, dall’altro lato, che l’attribuzione     patrimoniale pattuita a favore del lavoratore in merito all’obbligo di non     concorrenza possa venire meno solo in virtù della volontà del datore di     lavoro.

Cass.     civ., Sez. lav., 8 gennaio 2013, n. 206

IMPIEGO PUBBLICO

L’assoluzione o proscioglimento con la formula “perché il     fatto non sussiste” o “perché l’imputato non lo ha     commesso”, presupponendo un accertamento che esclude in radice la     configurabilità di ogni responsabilità del soggetto imputato in relazione     al fatto ascritto, giustificano la preclusione alla valutazione in sede     disciplinare dello stesso fatto. Ciò non può dirsi in relazione all’ipotesi     in cui vi sia un’assoluzione o proscioglimento “perché il fatto non     costituisce illecito penale”, in quanto in tale ipotesi non è esclusa     la materialità del fatto, né la sua riferibilità al dipendete pubblico, ma     solo la sua rilevanza penale. Di talché, non sussiste alcuna qualificata     ragione per sottrarre il dipendente pubblico che sia stato assolto o     prosciolto con tale ultima formula, alla valutazione disciplinare del     fatto. Ed invero, diversamente opinando verrebbero pregiudicate le esigenze     di buon andamento ed imparzialità della Pubblica Amministrazione, nonché lo     stesso principio di uguaglianza. (Fattispecie concernente il rapporto tra     azione disciplinare ed azione penale ed, in particolare modo, in     riferimento a quanto disposto in tal senso dall’art. 14 CCNL comparto     Ministeri del 2003 e dall’art. 68 CCNL Agenzia Fiscali del maggio 2004).

Cass.     civ., Sez. VI-1, 7 gennaio 2013, n. 180

FIDEIUSSIONE

La fideiussione è caratterizzata dall’accessorietà, il che     rende evidente la connessione tra la causa relativa al rapporto principale     e quella riguardante il negozio fideiussorio. Ne deriva che deve     individuarsi un unico foro competente per entrambe le cause. Ciò detto,     nella specie, la norma derogativa della competenza applicabile è l’art. 31     c.p.c., atteso che il vincolo di accessorietà si pone in relazione di     specialità rispetto al genus della connessione per oggetto e titolo     regolata dall’art. 33 c.p.c.

L’obbligazione del fideiussore deriva     la propria validità ed efficacia dall’obbligazione principale e non può     eccedere ciò che è dovuto dal debitore, né tanto meno può essere prestata a     condizioni più onerose di quelle del contratto che ha ad oggetto il     rapporto principale, pur estendendosi a tutti gli accessori del debito     garantito. La fideiussione, dunque, si caratterizza per la mancanza di     autonomia che rappresenta, altresì, anche l’elemento che la distingue dal     contratto autonomo di garanzia che, rientrando nell’ambito di applicazione     dell’art. 1322, comma 2, c.c., si caratterizza per la legittimità     dell’escussione della garanzia, senza la preventiva valutazione della     validità e vigenza del rapporto principale.

 

CASSAZIONE   PENALE

Cass.     pen., Sez. V, ud. 10 ottobre 2012 – dep. 8 gennaio 2013, n. 769

BANCAROTTA E REATI NEL FALLIMENTO

La condotta delittuosa che si sostanzi in un fatto di     bancarotta prefallimentare, consistente nella distruzione o nella     sottrazione delle scritture contabili obbligatorie, finalizzata ad impedire     l’apprensione delle stesse da parte degli organi fallimentari, integra non     il delitto di bancarotta semplice documentale di cui all’art. 217, comma     secondo, L.F. , ma la più grave ipotesi criminosa di bancarotta fraudolenta     documentale, ex art. 216, comma primo, n. 2, L.F., quale reato di pura     condotta, per la cui realizzazione non è richiesto il verificarsi     dell’evento della concreta impossibilità di ricostruire il patrimonio o il     movimento degli affari dell’impresa dichiarata fallita.

Il mancato deposito, da parte     dell’imprenditore dichiarato fallito, delle scritture contabili     obbligatorie per legge, ed il mancato rinvenimento delle stesse,     determinanti la impossibilità, per gli organi fallimentari, di ricostruire     la situazione patrimoniale ed il movimento di affari dell’impresa, pur non     assumendo rilievo ai fini della integrazione dell’elemento oggettivo del     reato di bancarotta fraudolenta, assume valore pregnante per dimostrare la     esistenza del dolo specifico, ovvero della volontà di arrecare un     pregiudizio ai creditori in previsione del possibile fallimento (nella     specie, altresì, emergente dal concomitante elemento della incompleta     documentazione messa a disposizione degli organi del fallimento,     rappresentata dal registro vendite e dal registro acquisti).

Cass.     pen., Sez. V, ud. 26 settembre 2012 – dep. 8 gennaio 2013, n. 745

INGIURIA E DIFFAMAZIONE

Non costituisce condotta idonea ad integrare la fattispecie     incriminatrice di cui all’art. 595 c.p. per esercizio antigiuridico del     diritto/dovere di informazione, quella del giornalista che non abbia     illecitamente violato la verità, negando e disconoscendo l’evoluzione     culturale e politica della persona offesa, rispetto alla passata adesione     ad uno schieramento caratterizzato da innegabili modalità di esternazione,     diffusione e promozione della concezione della dialettica politica, qualora     l’imputato, sia pure con espressioni non attualmente gratificanti per il     destinatario (specificamente definendolo “ex picchiatore     fascista”), ma pienamente correlate e proporzionate al tema ed al     livello della polemica, abbia rievocato reali vicende passate, collocando     il querelante all’interno di uno schieramento che non ha mai rinnegato     l’evocato tipo di dialettica della violenza, avente precise radici     storiche.

Cass.     pen., Sez. I, ud. 5 dicembre 2012 – dep. 4 gennaio 2013, n. 134

IMPOSTE E TASSE IN GENERE – SICUREZZA PUBBLICA

Contestato il reato di emissione di fatture per operazioni     inesistenti, l’accertamento della sproporzione del valore dei beni     sequestrati e confiscati rispetto ai redditi dichiarati ed all’attività     svolta dall’agente, o della provenienza da condotte illecite, necessario ai     fini dell’applicazione delle disposizioni di cui agli artt. 2 ter e 3 della     L. n. 575 del 1965, può essere legittimamente compiuto sulla base della     ricostruzione della somma di denaro rinvenuta nella disponibilità     dell’agente e dell’affermata natura di profitto del reato predetto, nonché     delle informazioni ottenute da taluni fruitori dei documenti fiscali e     dell’accertata corrispondenza all’importo dell’i.v.a. dovuta all’Erario per     gli importi fatturati riscossi dagli operatori economici destinatari delle     fatture stesse.

In ipotesi di contestazione della     condotta criminosa di utilizzazione, da parte dell’agente, della propria impresa     societaria prevalentemente quale cartiera, per la emissione di fatture per     operazioni inesistenti, utilizzate poi da altri imprenditori per simulare     costi in realtà mai sostenuti, e dunque quale attività dalla quale ricavare     ingenti profitti mediante il meccanismo della retrocessione in denaro     contante di quanto dovuto all’Erario a titolo di i.v.a. sugli importi     fatturati, il requisito dell’attualità della pericolosità sociale,     necessario ai fini dell’applicazione della misura di prevenzione della sorveglianza     speciale di p.s., non viene meno né con la chiusura dell’esercizio     commerciale, né con la collaborazione nell’attività di indagine. Il     protrarsi pervicace, organizzato e sistematico dell’attività illecita,     invero, unitamente alla consistenza attuale di un patrimonio mobiliare     frutto della stessa, costituente fonte di sostentamento dell’indagato,     costituisce espressione di quella abitualità che connota la pericolosità     sociale ex art. 1, L. n. 1423 del 1956.

Cass.     pen., Sez. IV, ud. 23 ottobre 2012 – dep. 21 dicembre 2012, n. 49815

INFORTUNI SUL LAVORO

Nell’ambito delle malattie determinate dall’esposizione     all’amianto le vittime sono colpite da affezioni determinate dalla     contaminazione con la sostanza e la condotta attribuibile ai responsabili     dell’azienda è attiva, in quanto l’esposizione all’agente lesivo, in modo     improprio, è frutto di una determinazione di tipo organizzativo, avente un     rilievo condizionante, poiché se il lavoratore non fosse stato addetto a     quella particolare lavorazione l’evento non si sarebbe verificato. Al fine     di ritenere la sussistenza del nesso causale è, dunque, necessario,     innanzitutto, dimostrare che la patologia sia stata determinata     dall’esposizione alla sostanza nociva. (Nella fattispecie la Corte di     Legittimità annulla con rinvio la gravata pronuncia per carenza di     motivazione sulla sussistenza o meno in concreto della esposizione     all’amianto del lavoratore, quale prima necessaria condizione affinché     possa essere attribuita alla parte datoriale la responsabilità del     verificatosi evento morte del prestatore.)

 

T.A.R.  

T.A.R.     Campania, Napoli, Sez. II, 7 gennaio 2013, n. 176

CONCORSI A PUBBLICI IMPIEGHI – CONTABILITA’ E BILANCIO DELLO     STATO – ISTRUZIONE PUBBLICA E PRIVATA

Il principio della copertura finanziaria degli atti     legislativi ed amministrativi che comportano una spesa pubblica deve     considerarsi alla stregua di un principio generale ed inderogabile     dell’ordinamento, derivante dalle norme di contabilità pubblica e dall’art.     81, quarto comma, della Cost.. Per quanto riguarda in particolare i     concorsi universitari, la regola del rispetto della copertura finanziaria è     sancita espressamente dal D.P.R. n. 117 del 2000. (Nella fattispecie, si è     constatato che la procedura comparativa per il conferimento di un posto di     professore universitario di prima fascia era stata indetta senza la     preventiva, necessaria, copertura economico-finanziaria, risultando del     tutto assente il presupposto fideiussorio cui il bando era subordinato).

È di norma irrilevante, ai fini     dell’obbligo di astensione nei pubblici concorsi (nel caso concreto si     tratta di una procedura comparativa per il conferimento di un posto di     professore universitario di prima fascia), la circostanza che il     commissario ed uno dei candidati abbiano pubblicato insieme una o più     opere. Ed infatti, tale circostanza deve ormai ritenersi, nella comunità     scientifica, consueta, in quanto risponderebbe alle esigenze di     approfondimento di temi di ricerca sempre più articolati e complessi, con     la conseguenza che, in alcuni settori disciplinari, risulterebbe     estremamente difficile la formazione di commissioni esaminatrici in cui     tali collaborazioni non siano presenti. L’inesistenza di un obbligo di     astensione non è, tuttavia, assoluto ed incondizionato, dovendo invece     essere considerato esistente ed applicabile, a salvaguardia di evidenti ed     elementari principi di imparzialità e di trasparenza dell’agere     amministrativo, ogni qualvolta siffatti rapporti di collaborazione abbiano     rilievo ed intensità speciali o sussistano tra i soggetti coinvolti     reciproci interessi di natura professionale ed economica.

T.A.R.     Lazio, Roma, Sez. I, 7 gennaio 2013, n. 87

GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA

Le disposizioni di carattere processuale trovano immediata     applicazione fin dal momento della relativa entrata in vigore, con     inevitabile operatività estesa anche ai giudizi in corso. Ciò detto, si     evidenzia che l’art. 136, comma 1, c.p.a. sancisce che “I difensori     indicano nel ricorso o nel primo atto difensivo un indirizzo di posta     elettronica certificata e un recapito di fax … dove intendono ricevere le     comunicazioni relative al processo. Una volta espressa tale indicazione si     presumono conosciute le comunicazioni pervenute con i predetti mezzi nel     rispetto della normativa, anche regolamentare, vigente…”. Altresì, è     principio ormai noto che la semplificazione offerta con la possibilità di     utilizzo della cd. p.e.c., posta elettronica certificata, è limitata, nel     processo amministrativo, alle comunicazioni (di segreteria) relative al     processo, nonché ai depositi informatici, e non involge, dunque, ogni altra     attività in rito. Alla luce di quanto sopra detto, come accaduto nel caso     di specie, deve affermarsi, la correttezza della comunicazione effettuata,     con riferimento all’avviso di fissazione d’udienza, a mezzo di posta     elettronica.

T.A.R.     Lazio, Roma, Sez. II, 3 gennaio 2013, n. 16

OPERE PUBBLICHE

Il bando della procedura di gara pubblica è affetto da nullità     ogni qualvolta individua quale causa di esclusione dalla gara la mancata     allegazione della polizza fideiussoria di cui all’art. 75, comma primo, del     codice dei contratti pubblici. Tale norma, la quale prevede, al comma     sesto, l’obbligo – non sanzionato con l’inammissibilità dell’offerta o     l’esclusione del concorrente per l’ipotesi in cui la garanzia non venga     prestata – di corredare l’offerta di una garanzia pari al due per cento del     prezzo base indicato nel bando o nell’invito, sotto forma di cauzione o di     fideiussione, a scelta dell’offerente, a garanzia della serietà     dell’impegno di sottoscrivere il contratto e quale liquidazione preventiva     e forfettaria del danno in caso di mancata stipula per fatto     dell’affidatario, ed al comma ottavo che l’offerta, espressamente a pena di     esclusione, sia corredata, altresì, dall’impegno di un fideiussore a     rilasciare la garanzia di cui all’art. 113, qualora l’offerente risultasse     affidatario, in seguito alla entrata in vigore della disposizione dell’art.     46, comma primo bis, del codice dei contratti pubblici, deve essere     interpretata in modo tale da valorizzare la diversa formulazione letterale     del comma sesto, in relazione al comma ottavo, con l’evidente intento di     ritenere sanabile o regolarizzabile la mancata prestazione della cauzione     provvisoria, al contrario della cauzione definitiva, che garantisce     l’impegno più consistente della corretta esecuzione del contratto e     giustifica l’esclusione dalla gara.

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