Obbligo di denuncia operazioni a scopo di riciclaggio – Diritto e dovere di riservatezza – limiti

Corte Europea dei diritti dell’Uomo – 6 dicembre 2012, Michaud c. Francia, (n. 12323/11)
Il caso riguarda i limiti del diritto/dovere di riservatezza dell’avvocato nell’esercizio del suo mandato. In particolare la Corte Europea dei diritti dell’uomo ha stabilito che l’obbligo di comunicare le operazioni sospette a carico degli avvocati previsto dalla direttiva 2005/60 sulla prevenzione dell’uso del sistema finanziario a scopo di riciclaggio dei proventi di attività criminose e di finanziamento del terrorismo non lede il principio di segretezza tra avvocato e cliente e per l’effetto non è in contrasto, come sostenuto dall’avvocato ricorrente, con l’articolo 8 della Convenzione – che assicura il diritto al rispetto della vita privata e alla segretezza della corrispondenza. L’obbligo di denuncia imposto agli avvocati dalla direttiva 2005/60, diretto ad arginare il fenomeno del riciclaggio del denaro, prevale infatti sul rapporto di riservatezza che lega il cliente al professionista.

DIRITTO di DIFESA

Provvedimenti restrittivi – congelamento di capitali – obbligo di motivazione – sufficienza della comprensione delle ragioni sottese al provvedimento.

Corte di giustizia, 15 novembre 2012, Consiglio dell’Unione Europea/Nadiany Bamba (C-417/11 P)
La Corte di giustizia è stata adita dal Consiglio dell’Unione Europea che ha impugnato una sentenza del Tribunale della Costa di Avorio adito dalla Signora Bamba. In particolare la signora Bamba, nella delicata situazione politica della Costa D’Avorio del 2010 che vedeva contrapporsi i leader ivoriani e militari (cui la Signora Bamba era ricollegabile) e il Presidente democraticamente eletto Ouattara, era stata raggiunta da un provvedimento restrittivo adottato da parte del Consiglio di Europa per motivi di ostruzione del processo di pace in Costa d’Avorio mediante istigazione pubblica all’odio e alla violenza. In concreto il provvedimento restrittivo ha riguardato il congelamento dei capitali della Signora Bamba. Tale provvedimento è stato successivamente annullato dal Tribunale, per difetto di motivazione e consequenziale violazione del diritto di difesa. Sul ricorso del Consiglio di Europa, la Corte di Giustizia ha invece stabilito la sufficienza della motivazione e dunque ha annullato la sentenza del Tribunale, ribadendo che il controllo ad essa demandato non è un controllo di merito e di legittimità del provvedimento.
Ciò in quanto secondo la Corte il controllo del rispetto dell’obbligo di motivazione, quale corollario del principio del rispetto dei diritti della difesa, è diretto ad accertare se le indicazioni fornite dal Consiglio siano state sufficienti a far comprendere alla interessata le ragioni poste a sostegno della misura restrittiva. La motivazione deve far trasparire in forma chiara e non equivoca l’iter logico che ha portato alla adozione del provvedimento, in modo adeguato alla natura dell’atto contestato e al contesto nel quale è stato adottato. Nel caso di specie il contesto era assolutamente noto alla Signora Bamba a causa della sua posizione personale e professionale.

DISCRIMINAZIONE

Differenze linguistiche – bandi di concorso UE – mancata pubblicazione nelle lingue ufficiali – obbligo di sostenere prove in determinate lingue

Corte di giustizia, Grande sezione – 27 novembre 2012, Italia c. Commissione europea (C-566/10 P)
La Corte ha esaminato in questo caso la richiesta di annullamento di alcuni bandi di concorso della Unione Europea proposta dallo Stato italiano sulla base di due ordini di motivi: il primo attinente la mancata pubblicazione integrale dei bandi in tutte le lingue ufficiali dell’Unione europea, il secondo per la limitazione della scelta della seconda lingua ai fini della partecipazione a un concorso. Per quanto riguarda il primo profilo la Corte ha ricordato che il regime linguistico dell’Unione europea definisce come lingue ufficiali e lingue di lavoro delle istituzioni dell’Unione le 23 lingue attuali dell’Unione e che, secondo lo Statuto dei funzionari dell’Unione, i bandi di concorso generale devono essere pubblicati nella Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea che a sua volta deve essere pubblicata in tutte le lingue ufficiali. Ne discende dunque che i concorsi controversi avrebbero dovuto essere pubblicati integralmente in tutte le lingue ufficiali. Per quanto attiene al secondo profilo ovvero la limitazione della scelta della seconda lingua ai fini della partecipazione a un concorso, a giudizio della Corte, una limitazione siffatta può essere giustificata dall’interesse del servizio. Eventuali regole che limitino la scelta della seconda lingua devono prevedere criteri chiari, oggettivi e prevedibili, per permettere ai candidati di conoscere con sufficiente anticipo le conoscenze linguistiche richieste e per potersi preparare ai concorsi nelle migliori condizioni. I bandi controversi non contenevano alcuna motivazione giustificante la scelta delle tre lingue ammesse. Di conseguenza la Corte nell’annullare i bandi di concorso ha stabilito che la pubblicazione in sole tre lingue dei bandi di concorso UE e l’obbligo di sostenere le prove di selezione in una di queste tre lingue costituiscono una discriminazione fondata sulla lingua.

DETENUTI

Sovraffollamento carcerario – condizioni detentive – violazione art. 3 della Convenzione per la salvaguardia dell’uomo e delle libertà fondamentali – eccezione di mancato esaurimento delle vie di ricorso interne

Corte Europea dei diritti dell’Uomo – Seconda Sezione – 8 gennaio 2013, Torreggiani e altri c. Italia (nn. 43517/09, 46882/09, 55400/09, 57875/09, 61535/09, 35315/10 e 37818/10)
La Corte di Strasburgo, con sentenza 8 gennaio 2013, ha condannato lo Stato italiano per trattamenti inumani e degradanti compiuti a danno di sette detenuti -rinchiusi nelle carceri di Busto Arsizio e di Piacenza in celle triple di nove metri quadri – in violazione dell’art. 3 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo.
La costante giurisprudenza della Corte configura, in modo automatico, un trattamento come inumano e degradante quando ciascun detenuto disponga di uno spazio personale pari o inferiore a 3 metri quadri. Tale proporzione non può essere violata nemmeno in forza di considerazioni economiche o di bilancio.
I giudici, in conformità con i principi stabiliti dalla giurisprudenza della Corte, hanno avanzato,?alle autorità italiane, le richieste: di mettere in atto, entro un anno dall’emissione della sentenza, tutti gli strumenti idonei a risolvere il sovraffollamento carcerario; di prevedere, in alternativa alle pene detentive, l’applicazione di misure punitive non privative della libertà personale e di ridurre al minimo il ricorso alla custodia cautelare.
Quanto all’eccezione formulata dal governo italiano, di non ricevibilità dei ricorsi per mancato esaurimento dei rimedi interni, la Corte ne ha dichiarato la ricevibilità specificando che non è risultato dimostrato che i rimedi “preventivi” avrebbero potuto impedire il protrarsi della violazione denunciate e assicurare, ai ricorrenti, un miglioramento delle loro condizioni materiali di detenzione.

LIBERTÀ DI ESPRESSIONE

Internet – libertà di informazione – violazione art. 10 della Convenzione per la salvaguardia dell’uomo e delle libertà fondamentali

Corte Europea dei diritti dell’Uomo – Seconda Sezione – 18 dicembre 2012, Ahmet Yildirm c. Turquie (n. 3111/10)Corte Europea dei diritti dell’Uomo – Seconda Sezione – 18 dicembre 2012, Ahmet Yildirm c. Turquie (n. 3111/10)
Il caso sottoposto alla Corte riguardava un cittadino turco che aveva diffuso, nel suo sito web, alcuni testi che avrebbero configurato, secondo le autorità giudiziarie turche, il reato di vilipendio alla figura di Atatürk. Lo Stato turco ha inizialmente oscurato il sito internet gestito dal ricorrente e, successivamente, i bloccato l’accesso a Google quale motore ospitante del sito stesso.
La Corte di Strasburgo, con la sentenza 3111/10, ha affermato che il blocco all’accesso a Google risultava essere in contrasto con il diritto alla libertà di espressione garantito dall’art. 10 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo. Internet è uno strumento attraverso il quale si esercita il diritto alla libertà di espressione e d’informazione ed è, dunque, soggetto ha protezione convenzionale. Una restrizione all’accesso alle fonti d’informazione può essere ammessa solo in casi eccezionali e in presenza di un espresso quadro normativo.
La Corte ha escluso la possibilità di applicare in via analogica misure restrittive, non previste espressamente in un testo legislativo, ricordando che il diritto alla libertà di espressione si applica “senza riguardo alle frontiere”.

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