Cons. Stato, Sez. III, 18 ottobre 2013, n. 5069

Sui limiti di applicabilità alle procedure a evidenza pubblica del principio di eterointegrazione dei bandi di gara.

 

1. Contratti pubblici – Bando di gara e lettera d’invito – Principio di eterointegrazione – Limiti di applicabilità alle procedure a evidenza pubblica – Le norme imperative devono recare una rigida predeterminazione dell’elemento destinato a sostituirsi alla clausola difforme

 

2. Contratti pubblici – Bando di gara e lettera d’invito – Principio di eterointegrazione – Conseguenze di un bando contrastante con una norma imperativa – Esclusione del concorrente incolpevole – Impossibilità – Caducazione dell’intera gara – Possibilità

 

1. Dal combinato disposto degli artt. 1339 e 1341 c.c. deriva che non ogni eterointegrazione è possibile in modo automatico, in difetto del clare loqui della stazione appaltante su qual debba essere il parametro vincolante per tutte le imprese partecipanti. Infatti, il meccanismo sostitutivo ex art. 1339 può operare solo in presenza di norme imperative recanti una rigida predeterminazione dell’elemento destinato a sostituirsi alla clausola difforme. Viceversa, esso non può trovare applicazione laddove siano comunque affidati alle parti la quantificazione e l’esatto corrispettivo, nonché il metodo e la concreta manifestazione dell’elemento in questione (nel caso di specie, i costi della sicurezza da rischio specifico)

 

2. Già nei contratti a prestazioni sinallagmatiche l’effetto discendente dall’applicazione dell’art. 1339 c.c., qualora le parti contraenti agiscano in violazione di una norma imperativa, è non già il residuo di consenso, né la sopravvivenza di un equilibrio oggettivo tra le reciproche prestazioni purchessia, bensì la totale nullità del negozio stesso. A più forte ragione, l’aver indotto un partecipante non predisponente, senza colpa di questi e senza possibilità per lui di porvi rimedio ex post, a confezionare un’offerta secondo una regola di gara poi rivelatasi illegittima, non può risolversi con la mera eliminazione del soggetto incolpevole. Al contrario, poiché la clausola illegittima va interpretata contro il soggetto che l’ha predisposta, quest’ultimo è tenuto, in applicazione della par condicio verso tutte le imprese partecipanti, ad eliminare gli effetti nocivi della violazione bilaterale della norma imperativa, se del caso, come nella specie perché ad offerte già aperte e conosciute, con la ripetizione di detta gara.

N. 05069/2013REG.PROV.COLL.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso n. 811/2013 RG, proposto dalla Y & R Italia s.r.l., corrente in Milano, in persona del legale rappresentante pro tempore, in proprio e n.d. di capogruppo mandataria dell’ATI con la Pomilio Blumm s.r.l., rappresentata e difesa dagli avvocati Carlo Costantini ed Angelo Clarizia, con domicilio eletto in Roma, via Principessa Clotilde n. 2,

contro

il Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali, in persona del sig. Ministro pro tempore, appellante incidentale, rappresentato e difeso per legge dall’Avvocatura generale dello Stato, presso i cui uffici si domicilia in Roma, via dei Portoghesi n. 12

nei confronti di

Assist Group s.r.l., corrente in S. Polo d’Enza (RE), in persona del legale rappresentante pro tempore, controinteressata, rappresentata e difesa dagli avvocati Francesco Scanzano e Filippo Brunetti, con domicilio eletto in Roma, via XXIV Maggio n. 43,

per la riforma

della sentenza del TAR Lazio – Roma, sez. II-ter, n. 66/2013, resa tra le parti e concernente l’affidamento del servizio di informazione e comunicazione, rivolta ai cittadini consumatori, sulla valorizzazione e la promozione del consumo di olio italiano extravergine d’oliva di qualità;

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio delle parti intimate;

Visti tutti gli atti della causa;

Visti gli artt. 74 e 120, c. 10, c.p.a.;

Relatore all’udienza pubblica del 12 aprile 2013 il Cons. Silvestro Maria Russo e uditi altresì, per le parti, gli avvocati Clarizia e Scanzano e l’Avvocato dello Stato D’Elia;

Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue:

FATTO e DIRITTO

1. – Con bando pubblicato nella G.U., V s. spec., n. 95 del 12 agosto 2012, il Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali ha indetto una procedura aperta, da aggiudicarsi con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, per la scelta di una società specializzata o di un raggruppamento di imprese, cui affidare la realizzazione di «…azioni di informazione e comunicazione rivolte ai cittadini consumatori sulla valorizzazione e la promozione del consumo dell’olio italiano extravergine di oliva di qualità…».

L’art. 14 del capitolato d’oneri ha stabilito che le offerte sarebbero state valutate, ai sensi dell’art. 83 del Dlg 12 aprile 2006 n. 163, con l’attribuzione di un punteggio massimo di punti 100, di cui punti 45 (max.) per la qualità dell’offerta tecnica e punti 55 (max.) per l’offerta economica. Quest’ultima, a sua volta, sarebbe stata «…valutata in relazione al valore percentuale del compenso di agenzia richiesto dal concorrente, espresso in conformità a quanto previsto al precedente art. 11…». A tal fine, il capitolato ha indicato la formula matematica per assegnare il punteggio per l’offerta economica, che è la seguente: Ca min x 55 / Ca off. In particolare, Ca min rappresenta il valore percentuale del compenso complessivo d’agenzia richiesto più basso e Ca off è il compenso complessivo d’agenzia inerente all’offerta presa in esame.

2. – A detta gara ha inteso partecipare, tra le altre imprese, pure la costituenda ATI tra la Y & R Italia s.r.l. (capogruppo mandataria) e la Pomilio Blumm s.r.l. S.r.l. (mandante), proponendo rituale offerta.

Detta ATI dichiara d’aver superato positivamente la valutazione, a seguito del sorteggio ex art. 48 del Dlg 163/2006, del possesso dei requisiti tecnici ed economici. Detta ATI rende noto altresì che, nella seduta pubblica del 2 giugno 2012, il seggio di gara ha proceduto ad aprire le buste contenenti l’offerta tecnica.

Tuttavia, prima di aprire quelle dell’offerta economica, la Commissione stessa ha chiesto alla P.A. aggiudicatrice di fornire chiarimenti circa la predetta formula matematica di valutazione dell’offerta economica. Tanto perché, a suo dire, la mera applicazione della formula come scritta nel capitolato non avrebbe consentito un risultato logico ed attendibile, essendo il Ca indicato in percentuale al numeratore ed in valore assoluto al denominatore. Il Ministero, con nota n. 15090 del 4 luglio 2012, ha precisato che, per mero errore, nella predetta formula non fu indicato un valore percentuale di Ca anche al denominatore, donde la valutazione delle offerte economiche in base alla formula esatta.

In esito alla gara, detta ATI s’è collocata al primo posto della graduatoria di merito, con punti 92, seconda graduata essendo la Assist Group s.r.l., con punti 91,74063. Con decreto n. 18002 del 2 agosto 2012, il servizio è stato aggiudicato in via definitiva alla predetta ATI.

Avverso tal statuizione e gli atti di gara è insorta allora la Assist Group s.r.l. innanzi al TAR Lazio, deducendo vari profili di censura ed affermando che, se la formula de qua non fosse stata modificata, essa sarebbe stata l’aggiudicataria del servizio.

L’adito TAR, con sentenza n. 66 del 7 gennaio 2013, ha accolto il ricorso della Assist Group s.r.l. per tre aspetti, perché: A) – la P.A. aggiudicatrice ha indebitamente modificato in corso di gara la formula matematica di calcolo per l’attribuzione del punteggio relativo all’offerta economica mediante un decreto pubblicato solo sul sito WEB del Ministero e non in G.U. o nella GUCE; B) – la P.A. stessa ha illegittimamente omesso d’escludere della gara detta ATI, per non aver questa dichiarato la distribuzione interna delle quote di partecipazione al raggruppamento; C) – l’ATI non ha indicato gli oneri di sicurezza fin dalla fase di formulazione dell’offerta, non potendosi ritenere a tal fine equivalente la dichiarazione come riportata a pag. 2 del verbale della seduta di gara n. 8 del 10 luglio 2012.

3. – Appella allora detta ATI, con il ricorso in epigrafe, deducendo in punto di diritto l’erroneità della sentenza impugnata, in quanto: 1) – ad onta dei vocaboli adoperati, il Ministero non ha modificato la lex specialis di gara, ma ha operato la doverosa rettifica della formula matematica per riportarla al suo effettivo e corretto significato, correggendo un mero errore, tanto evidente che, se la formula stessa fosse rimasta quella originaria, in pratica tutte le imprese avrebbero ottenuto un risultato identico, così vanificando la ratio dell’art. 83 del Dlg 163/2006; B) – il decreto di correzione ha solo specificato il senso della formula e, dunque, non è soggetto al principio del contrarius actus, né a pubblicazione in G.U. o in GUCE e non ha violato la regola della par condicio perché tutti i partecipanti conoscevano la stessa formula, ma non anche le offerte di ciascuno degli altri; C) – l’obbligo di esatta corrispondenza tra quote di partecipazione all’ATI e quote di esecuzione vige, per gli appalti diversi da quelli di ll.pp., solo nella fase esecutiva, fermo restando che, nella specie, l’ATI ha indicato le parti di servizio che ciascun’impresa partecipante avrebbe realizzato, con ciò chiaramente esprimendo pure le corrispondenti quote di partecipazione al raggruppamento; D) – l’ATI appellante, e di ciò dà atto lo stesso TAR, ha esattamente adempiuto all’obbligo, posto dalla lex specialis di gara, laddove non ha inteso chiedere, a pena d’esclusione, l’esatta indicazione degli oneri di sicurezza e s’è limitata a prescrivere una mera dichiarazione sulla valutazione dei relativi importi e la loro considerazione ai fini della formulazione dell’offerta economica, donde l’assenza dei presupposti per l’eterointegrazione della predetta normativa, invece assunta dalla sentenza per la pretesa violazione dell’art. 86, c. 3-bis e dell’art. 87 del Dlg 163/2006.

Resiste in giudizio il Ministero intimato, che propone a sua volta appello incidentale, contestando la sentenza impugnata e deducendo: 1) – l’evidente errore nella primigenia stesura della formula di calcolo del punteggio sull’offerta economica e la legittimità della relativa correzione, da intendersi non come un quid novi, ma il chiarimento d’un dato implicito ma esistente nella norma di gara, di cui s’è fornita alle imprese partecipanti adeguata pubblicità; 2) – l’assenza d’ogni sanzione espulsiva sulla dichiarazione delle quote di partecipazione all’ATI, d’altronde pleonastica a fronte a fronte della dichiarazione sulle quote del servizio e sui relativi valori.

S’è costituita nel presente giudizio pure l’appellata Assist Group s.r.l., che conclude per il rigetto dell’appello principale. Essa replica altresì i motivi assorbiti in primo grado, deducendo anzitutto il mancato possesso, in capo alla capogruppo mandataria dell’ATI appellante, del requisito economico specifico, il cui fatturato è stato conseguito non nel triennio di riferimento (2008 – 2009 – 2010), bensì solo nell’anno 2011. La Società rende noto che la P.A. aggiudicatrice ha reputato irrilevante il mancato possesso di tal requisito, essendo questo soddisfatto interamente dalla mandante, ma ciò è erroneo in quanto la legge di gara si limita a ribadire la regola generale per cui per le ATI il possesso dei requisiti è soddisfatto mediante il cumulo di quelli delle imprese associate e, dunque, vale l’art. 275 del DPR 5 ottobre 2010 n. 207, in forza del quale la capogruppo mandataria li deve possedere in misura maggioritaria. Detta Società deduce inoltre: I) – in via subordinata, ove la disposizione sul requisito de quo si debba interpretare nel senso che il relativo possesso si riferisca al triennio precedente alla data di presentazione dell’offerta, tale norma è illegittima e va impugnata per violazione dell’art. 41, c. 1, lett. c) del Dlg 163/2006; II) – l’omissione della sottoposizione, da parte del seggio di gara, dell’offerta dell’ATI appellante a verifica d’anomalia, pur in presenza dei relativi presupposti ex art. 86 del Dlg 163/2006; III) – l’omessa indicazione, nel decreto recante l’aggiudicazione definitiva, dell’avvenuta verifica dei requisiti dichiarati ai sensi dell’art. 38 del Dlg 163/2006; IV) – l’assenza del requisito, in capo alla capogruppo mandataria, del certificato di qualità ISO 9001/ 9002, non potendo essa profittare del fatto che quest’ultimo sia posseduto da una società controllata senza un avvalimento formale ai sensi dell’art. 49 del Dlg 163/2006.

Alla pubblica udienza del 12 aprile 2013, su conforme richiesta delle parti, il ricorso in epigrafe è assunto in decisione dal Collegio.

4.1 – Per evidenti ragioni di pregiudizialità, il Collegio procede anzitutto alla disamina dei dianzi citati motivi di primo grado, ritualmente proposti dall’attuale controinteressata Assist Group s.r.l. e ribaditi in questa sede, giacché l’eventuale loro accoglimento renderebbe inammissibili gli appelli in epigrafe.

4.2. – In primo luogo, tale Società lamenta il mancato possesso, da parte della capogruppo mandataria Y & R s.r.l., del requisito inerente al fatturato specifico (attività di comunicazione istituzionale per conto della P.A.).

Ebbene, la Y & R s.r.l. non smentisce tale dato, in quanto essa ha conseguito il relativo importo (≥ € 1.000.000,00) nel solo 2011. Anzi, come dice la controinteressata (cfr. pag. 27 della memoria del 27 febbraio 2013), la fatturazione è intervenuta «…nell’arco temporale che va dal 16 maggio… al 21 settembre 2011…», per cui tali fatture, con ogni evidenza, competono all’esercizio 2011. Ad avviso di detta controinteressata, ciò sarebbe al di fuori del triennio di riferimento indicato dal bando, ossia fuori dagli ultimi tre esercizi finanziari il cui bilancio sia stato approvato al momento della pubblicazione del bando, che essa (si badi, e non l’art. 8 del capitolato d’oneri) indica negli anni 2008, 2009 e 2010. Poiché, però, il bando de quo è stato pubblicato nella G.U. del 12 agosto 2012, non v’è dimostrazione seria, da parte della medesima controinteressata, che l’esercizio 2011 della Y & R s.r.l. risulti non ancora approvato a quella data o abbia un’altra scansione temporale. Da tanto discende, per un verso, che l’assunto, per cui il triennio di riferimento indicato dal capitolato non contempli pure l’esercizio 2011, s’appalesa allo stato mera petizione di principio e, per altro verso, non sussiste in tal modo la paventata violazione dell’art. 41, c. 1, lett. c) del Dlg 163/2006.

Del pari erronea è la mancata considerazione di tali fatturazioni, da parte della stazione appaltante (recte, l’argomento difensivo da essa adoperato innanzi al TAR), sol perché il requisito de quo sarebbe stato già soddisfatto per intero dalla Pomilio Blumm s.r.l.

Tal dato non consta esser stato in realtà consacrato in atti ufficiali della stazione appaltante, talché resta solo il contenuto di un suo scritto difensivo non inserito nella sequenza procedimentale della gara. Esso nulla aggiunge o toglie alla corretta e dianzi definita interpretazione della lex specialis, in mancanza d’altro o diverso dato testuale evincibile da quest’ultima o da contraria dimostrazione della controinteressata. Scolora quindi la questione sul soddisfacimento del requisito stesso da parte della mandante, onde non giova più alla tesi della controinteressata invocare la violazione dell’art. 275, c. 2 del DPR 207/2010 o del principio di necessaria corrispondenza tra quote di possesso dei requisiti e quote di esecuzione dell’appalto.

4.3. – Neppure convince la doglianza della Assist Group s.r.l. sulla circostanza che il seggio di gara, pur avendo sospettato d’anomalia l’offerta dell’ATI Y & R, non le ha poi chiesto i giustificativi, in base a quanto prevede l’art. 88 del Dlg 163/2006.

Al riguardo, non ha difficoltà il Collegio ad escludere che la lettura dell’art. 14 del capitolato, ove precisa che il seggio di gara «… procederà… all’individuazione delle offerte anormalmente basse, le quali, se del caso, saranno sottoposte a verifica…», conceda al seggio stesso una discrezionalità sull’an dell’attivazione della procedura per la verifica dell’anomalia. Più semplicemente, i termini «se del caso» indicano solo che, ove individuata l’offerta anomala, essa sarà sottoposta a verifica ai sensi degli artt. 87 e 88 del Dlg 163/2006, tranne che l’impresa non abbia già giustificato aliunde la propria offerta.

Ma tutto questo non è realmente in discussione, giacché nella specie il seggio di gara non ha affatto esercitato la paventata “discrezionalità”, come si vede non prevista dal capitolato, almeno non nel senso indicato dalla controinteressata.

Invece, il seggio di gara, così esprimendo solo un giudizio tecnico in sé non erroneo, né irrazionale, ha preso le mosse dalla valutazione del compenso complessivo di agenzia, fissato come minimo dal capitolato al 5% (Ca min). In concreto, questo è stato esposto in offerta con valori simili da tutte le imprese partecipanti, comprese l’ATI appellante (5%) e la controinteressata (5,7%), onde v’è stata sì equivalenza sostanziale tra tali offerte, ma pure corrispondenza dei relativi valori rispetto al compenso minimo stabilito dal capitolato. Rettamente, quindi, il seggio di gara non ha ritenuto di sottoporre ad ulteriore e pignola valutazione il compenso dell’ATI appellante, in assenza di altri, evidenti e sicuri indici d’anomalia, appunto perché questo s’è appalesato la mera ribadizione di ciò che la lex specialis ritenne congruo quale remunerazione per il servizio appaltando.

Insomma, detto riferimento al valore minimo di capitolato è in sé giustificato e, come tale, non necessita di ulteriori spiegazioni, donde l’inutilità dell’effusione d’una verifica il cui risultato non sarebbe stato altro che la conferma del valore già a prioristabilito e riconosciuto come congruo.

5.3. – Va respinto pure il sesto motivo del ricorso di primo grado, con cui la controinteressata denuncia l’omessa attivazione, da parte della stazione appaltante, della verifica sul possesso dei requisiti ex art. 38 del Dlg 163/2006.

Invero e come consta in atti, il Ministero ha acquisito il DURC e ha richiesto i certificati del casellario giudiziale relativi all’ATI appellante, poi acquisiti alla procedura ai fini della stipulazione del contratto. Nei riguardi di tali documenti così depositati, la controinteressata nulla deduce se non l’omessa, pignola indicazione di essi nel decreto n. 18002/2012, però in realtà così non è. Le imprese dell’ATI appellante hanno sì confermato il predetto possesso, ma perché già v’avevano provveduto a seguito del sorteggio di cui all’art. 48 del Dlg 163/2008.

Sicché, a fronte di tal conferma, non basta predicare l’omissione nella citazione o il ritardo nella richiesta da parte della stazione appaltante, occorrendo piuttosto argomentare in ordine alla rilevanza, o no degli stessi e ciò non è accaduto in primo grado e men che mai nella memoria di replica del 30 marzo 2013.

Da rigettare è ancora il settimo motivo del ricorso al TAR, con cui l’odierna controinteressata si duole della violazione del § III.2.3, lett. c) del bando originario. Quest’ultimo dispose, tra le necessarie informazioni per valutare la conformità ai requisiti di capacità tecnica, di dar contezza di «… eventuali certificati rilasciati da organismi indipendenti attestanti che il concorrente osserva le norme in materia di garanzia della qualità…». Come si vede, la presentazione di tali certificati, bene lo dice l’ATI appellante, non è stata ritenuta obbligatoria o, meglio, parte necessaria ed indefettibile del possesso del requisito di capacità tecnica, ma solo uno dei dati di informazione su cui basare la valutazione della conformità al predetto requisito. In altri termini, se il certificato c’è ed è sottoposto alla stazione appaltante, questa lo valuta e ne verifica la coerenza con il requisito di capacità tecnica commisurata all’oggetto dell’appalto; in caso contrario, no, senza che ciò implichi qualsivoglia esclusione dalla gara in parola. Anche in tal caso scolorano le questioni sulla necessità, o meno dell’avvalimento, da parte della Y & R Italia s.r.l., del certificato ISO 9001/2008 posseduto dalla controllata Y & R Roma s.r.l.

5. – Ciò posto, nel merito, sono da accogliere il primo motivo sia dell’appello principale, sia di quello incidentale.

In particolare, rettamente l’appellante principale afferma che la stazione appaltante, nella specie e su richiesta del seggio di gara, non ha modificato o, come ha ritenuto l’impugnata sentenza, innovato in modo radicale la formula di calcolo dei punteggi sull’offerta economica.

È stato per vero adoperato il vocabolo «modifica», però non nel significato d’abrogazione e di contestuale innovazione in parte qua della legge di gara. Infatti, la serena lettura combinata del testo sia della formula matematica de qua, sia del decreto n. 15090/2012 porta a concludere, per semplice constatazione, che il secondo ha apportato alla prima la doverosa correzione, in virtù di criteri di evidente ragionevolezza, di un errore rilevante e riconoscibile in cui la P.A. incorse nella concreta scritturazione della formula stessa.

Tanto perché quest’ultima, espressa in forma di rapporto, ha esposto al numeratore un valore percentuale e al denominatore un valore assoluto. In tal modo, la formula originaria ha fornito due dati numerici, se non impossibili da dividere, tra loro manifestamente incoerenti per logica e, soprattutto, secondo l’art. 83, c. 5, I per. del Dlg 163/2006. Donde l’impossibilità d’interpretare il decreto a guisa d’innovazione della lex specialis di gara, come ha invece inteso il Giudice di prime cure, appunto perché essa si riferisce (art. 11 del capitolato) solo alla «… percentuale del compenso complessivo di agenzia…». Rettamente il Ministero appellante incidentale ravvisa nel proprio decreto null’altro che il chiarimento, anche sulla scorta delle indicazioni rese dal seggio di gara, d’un dato sì implicito, ma già esistente nella norma di gara stessa.

Né vale obiettare l’astratta possibilità che detto rapporto, nella sua formulazione originaria ed in sé erronea, potesse giungere ad un qualunque risultato.

Al contrario, pare al Collegio ben dedotta la tesi dell’appellante, per cui la prova di tal erroneità sia nella specie inferibile dalla sostanziale identità di punteggi che sarebbe derivata dalla mera applicazione della formula originaria a tutte le offerte in gara. Non nega il Collegio che l’identità ravvisata, peraltro esposta in una tabella esemplificativa nell’atto d’appello (pag. 9), stia pure nel fatto, in sé materialmente vero, che tutti i compensi complessivi di agenzia offerti furono tra loro uguali o con minimi scostamenti. Ma non è questo il punto: l’incoerenza evidente degli elementi del rapporto, come esposto nel suo testo originario, discende piuttosto, dalla necessità, indicata nel citato art. 83, c. 5, che l’offerta economica sia individuabile in base ad un unico parametro numerico, in ogni suo aspetto ed in sé immediatamente intelligibile. Sicché non basta affermare che una formula matematica dia un risultato utile purchessia, in quanto l’utilità dev’essere conforme all’unitarietà posta dalla legge quale regola sul metodo di valutazione delle offerte e, soprattutto, non deve condurre a punteggi bizzarri, irragionevolmente complicati e, quindi, non ben prevedibili secondo la normale diligenza.

Del pari, non condivisibile è l’obiezione per cui la controinteressata avrebbe subito, a causa della correzione della formula erronea, una violazione della par condicio. Ciò perché essa, per quanto abbia potuto toto corde confidare nel testo originario della formula e così confezionare la propria offerta, non ha avuto contezza se non solo di quest’ultima e non certo di quelle di tutte le altre imprese. E tale situazione è stata quella in cui versavano pure gli altri partecipanti al momento in cui, chiuse ancora le buste delle offerte economiche, la P.A. ha provveduto a tal correzione, onde tutti e ciascuno di questi avevano espresso le loro offerte confezionandole allo stesso modo e nelle medesime condizioni della controinteressata. È solo da precisare che la correzione è promanato da un organo competente, secondo l’ordinamento proprio dell’ente aggiudicatore, in base non solo all’art. 11, c. 2 del Dlg 163/2006, ma soprattutto alle attribuzioni che l’art. 16, c. 1 del Dlg 30 marzo 2001 n. 165 assegna ai dirigenti di uffici dirigenziali generali.

6. – Ancora da condividere è il secondo motivo d’appello, ove si lamenta l’accoglimento, da parte della sentenza impugnata, della questione della necessaria dichiarazione, nella specie omessa, circa la distribuzione interna alla costituenda ATI delle quote di partecipazione.

Al riguardo, l’art. 11 del capitolato, relativamente all’offerta economica, ha disposto che «… nel caso di raggruppamento di imprese, l’offerta dovrà…contenere una dichiarazione in cui saranno indicate le parti del servizio eseguite dai singoli componenti, nonché una dichiarazione…con la quale… (questi ultimi) …si impegnano ad ottemperare a quanto previsto dall’art. 37 del D. Lgs. n. 163/2006…».

Ora, questo Consiglio (cfr. Cons. St., ad. plen., 13 giugno 2012 n. 22) ha chiarito come già sotto l’imperio dell’art. 11, c. 2 del Dlg 17 marzo 1995 n. 157, poi trasfuso nel citato art. 37, c. 4 del Dlg 163/2006, l’obbligo d’indicare, in sede di presentazione dell’offerta, le “parti” di servizio imputate a ciascun operatore raggruppato persegua lo scopo di permettere alla stazione appaltante di verificare la serietà dell’impegno e dell’idoneità delle imprese raggruppate a svolgere effettivamente le “parti” di servizio indicate. Ed è fatto presente altresì che, proprio per gli appalti diversi da quelli di lavori, l’obbligo di esatta corrispondenza tra quote di partecipazione all’ATI e quote di esecuzione già vigeva solo per la fase esecutiva dell’appalto. Questo Consiglio ha precisato quindi (cfr. Cons. St., ad. plen., 5 luglio 2012 n. 26) che l’obbligo di cui al citato art. 37, c. 4, circa la specificazione delle parti del servizio che saranno eseguite dalle singole imprese raggruppate o raggruppande, si deve considerare legittimamente assolto in caso sia d’indicazione, in termini descrittivi, delle singole parti del servizio da cui sia evincibile il riparto di esecuzione tra loro, sia d’indicazione, in termini percentuali, della quota di riparto delle prestazioni che saranno eseguite tra le singole imprese. E ciò in ossequio al principio della tassatività delle cause di esclusione, oggidì sancito dal successivo art. 46, c. 1-bis, donde l’impossibilità di reputare incongrue o illegittime le dichiarazioni di riparto tra le predette imprese sol perché non ne rechino la puntigliosa suddivisione in valori ed in percentuali, dovendo tener conto anche dell’oggetto del servizio e della complessità, o meno, della relativa esecuzione.

Ebbene, nella specie, l’ATI appellante ha adempiuto alla prescrizione dell’art. 11 del capitolato, in quanto essa ha indicato, nella propria offerta economica, le parti del servizio appaltando che ciascuna delle imprese partecipanti avrebbe svolto e dettagliando i relativi costi con le percentuali di competenza d’ognuna di esse.

Sicché, a fronte del modo in cui l’offerta dell’ATI appellante è stata confezionata in concreto, quest’ultima non è irretita da illegittimità e non può formare oggetto di esclusione, appunto in coerenza con il predetto art. 46, c. 1-bis. Scolora dunque ogni considerazione sul fatto che il procedimento di gara sia nella specie regolato dal testo dell’art. 37, c. 13 del Dlg 163/2006, previgente alla novella del 2012 ed in virtù del quale «… i concorrenti riuniti in raggruppamenti temporanei devono eseguire le prestazioni nella percentuale corrispondente alla quota di partecipazione al raggruppamento…». Infatti, non è chi non veda come l’indicazione delle parti del servizio, anche relativamente ai costi ripartiti tra le imprese dell’ATI appellanti, manifesti l’apporto di rispettiva responsabilità nell’esecuzione dell’appalto e la correlata serietà del relativo impegno negoziale, non potendo la stazione appaltante esigere da tutte e da ciascuna di esse altra prestazione che quella dedotta nell’offerta e secondo la ripartizione da loro così evidenziata. Ogni altra pretesa s’appalesa, ancor prima che infondata, pleonastica e priva di senso logico, giacché l’ATI ha indicato le parti di servizio che ciascun’impresa partecipante avrebbe realizzato, con ciò esprimendo in modo chiaro e facilmente intelligibile pure le corrispondenti quote di partecipazione a siffatto raggruppamento.

7. – Si duole ancora l’ATI appellante che la sentenza impugnata, pur avendo lealmente riconosciuto come l’offerta economica di essa fosse stata redatta in conformità del capitolato, l’ha ritenuta pur sempre illegittima e, dunque, da escludere per violazione dell’art. 86, c. 3-ter e dell’art. 87, c. 4 del Dlg 163/2006, idonei in sé ad eterointegrare la lex specialis anche nel caso, come nella specie, nel quale si limitò a chiedere un generico impegno sulla considerazione degli oneri di sicurezza.

A tal riguardo, l’art. 11 del capitolato, nel disciplinare la confezione dell’offerta economica, chiese tra l’altro che «… l’offerta economica dovrà contenere anche la dichiarazione che l’offerta tiene conto degli obblighi connessi alle disposizioni in materia di sicurezza e protezione dei lavoratori nonché alle condizioni di lavoro…». Sul punto, è pacifico che l’offerta dell’ATI appellante s’è strettamente attenuta a tal prescrizione, la quale non ha inteso chiedere, a pena d’esclusione, una ripartizione esatta e predefinita dei costi per la sicurezza. Tale prescrizione, però, è stata impugnata espressamente in primo grado ed il TAR l’ha reputata illegittima per violazione dei citati artt. 86 e 87, applicabili senza limiti anche agli appalti di servizi.

Ora, il Collegio è ben consapevole dell’orientamento della Sezione sull’efficacia immediatamente precettiva dei ripetuti artt. 86 e 87, che s’inseriscono nel regolamento di gara (e, quindi, dello stesso contratto) in via d’integrazione automatica ex art. 1339 c.c. In particolare, sussiste la necessità di indicare i costi relativi alla sicurezza nell’offerta economica, ferma la nota distinzione tra oneri di sicurezza per le interferenze, nella misura predeterminata dalla stazione appaltante con il DUVRI e non soggetta a ribasso ed oneri di sicurezza da rischio specifico o aziendale, la cui quantificazione spetta a ciascuno dei concorrenti in rapporto alla propria offerta economica. Ebbene, la Sezione (cfr., per tutti, Cons. St., III, n. 212/2012) ha chiarito che gli «… atti di gara… (oltre agli oneri non soggetti a ribasso) … devono poi prevedere che, nell’offerta economica, siano indicati gli altri oneri per la sicurezza (da rischio specifico) che sono variabili perché legati all’offerta economica delle imprese partecipanti alla gara…». Sicché la Sezione riconosce «… ai costi per la sicurezza da rischio specifico la valenza di un elemento essenziale dell’offerta a norma dell’art. 46 co. 1 bis del Codice dei contratti, la cui mancanza rende la stessa incompleta e come tale, già di per solo, suscettibile di esclusione…».

Pur tuttavia, reputa opportuno il Collegio ricostruire la vicenda dell’eterointegrazione alla luce del combinato disposto dell’art. 1339 (e non dell’art. 1374) e dell’art. 1341 c.c. —anche per la peculiare posizione della P.A. nella solitaria ed autonoma predisposizione delle clausole del procedimento di gara e del contratto—, e ciò per un duplice ordine di ragioni.

Per un verso, pare al Collegio che non si possa prescindere, come pare evincersi dalla pronuncia della Sezione n. 212/2012 quando rivolge alla stazione appaltante l’obbligo di rispettare (e, quindi, di predisporne le conseguenti clausole) le prescrizioni in tema di costi per la sicurezza da rischio specifico, dalla constatazione che le regole dell’appalto pubblico sono nelle esclusive disponibilità e responsabilità dell’ente aggiudicatore. In sostanza, i principi ex art. 1341 c.c. sono in sé applicabili alle procedure d’evidenza pubblica ed ai contratti della P.A. in veste di predisponente, dal che, a no’ di corollario, la tutela dell’impresa partecipante e stipulante quale soggetto non predisponente, che confida nell’intera correttezza del regolamento negoziale. Tanto perché la predetta norma non si limita alla mera tutela del contraente debole —per vero non sempre coincidente con chi aderisce ad uno schema negoziale da altri confezionato—, ma la sua ratio si sostanzia in una garanzia di contrattualità effettiva di tutti e di ciascun aspetto di tal regolamento. Sicché l’applicabilità di detta norma prescinde sia dalla mera forza economica dell’impresa partecipante, sia dalla circostanza che l’operato della P.A. è retto istituzionalmente da finalità di interesse generale e dai principi di buon andamento ed imparzialità, sia dalla procedura di gara per la scelta del contraente, procedura che, di per sé sola, non comporta la partecipazione dell’aggiudicatario alla determinazione del contenuto del regolamento stesso.

Per altro verso, si può forse discettare su qual possa essere l’effetto dell’eterointegrazione ex art. 1339 c.c., se sul piano del rapporto e non su quello dell’accordo o, più propriamente, se essa sia uno strumento di integrazione del regolamento negoziale, incidente appunto sulla qualità e sulla misura degli effetti di quest’ultimo. Tanto perché, come pare evincersi dai precedenti della Sezione, l’art. 1339 c,c. riguarda soltanto le norme imperative e dunque la propria efficacia a sostituire con esse la (difforme) volontà delle parti, a differenza ciò che accade con l’integrazione di cui al successivo art. 1374, operante anche per le norme meramente dispositive ed in assenza d’una contraria volontà delle parti.

Allora, ciò che qui più importa, se si leggono insieme gli artt. 1339 e 1341 nella risoluzione del caso in esame, è che non ogni eterointegrazione è possibile in modo automatico, in difetto del clare loqui della stazione appaltante su qual debba essere il parametro vincolante per tutte le imprese partecipanti. Infatti, il meccanismo sostitutivo ex art. 1339 riesce ad operare solo in presenza di norme imperative recanti una rigida predeterminazione dell’elemento destinato a sostituirsi alla clausola difforme. Viceversa, esso non trova applicazione laddove siano comunque affidati alle parti la quantificazione e l’esatto corrispettivo, nonché il metodo e la concreta manifestazione dell’elemento (i costi della sicurezza da rischio specifico) in questione. La serena lettura della clausola contenuta nel citato art. 11 del capitolato consente di concludere non certo per un invito all’omissione, né tampoco per il divieto della manifestazione dei costi per la sicurezza de quibus, ma per la loro incorporazione nel complesso dell’offerta economica. Non illegittima è allora la clausola di cui al medesimo art. 11 che, in relazione alla complessiva semplicità della prestazione oggetto d’appalto che s’appalesa non certo concettualmente innovativa o tale da smuovere masse di operatori pubblicitari (p.es., comunicazione pubblicitaria, promozione dell’olio d’oliva ed eventi connessi, segnatamente presso la grande distribuzione ed anche con comunicazione istituzionale), scelga di semplificare le modalità di manifestazione dell’offerta economica per tali attività.

A tutto concedere, comunque, impone la tutela del non predisponente una siffatta clausola, ove se ne accerti (ma così non è nella specie) la totale distonia di essa con il complessivo tenore dell’art. 86, c. 3-bis del Dlg 163/2006, che essa sia interpretata contro la P.A. ed a favore di chi vi s’è adeguato e non certo l’esclusione di questi dalla gara. Infatti, la mera e formale osservanza della lex specialis, se di per sé sola non può dirsi adempimento diligente per operatori qualificati come le imprese partecipanti ad una gara ad evidenza pubblica, neppure si può pretenderne, fuori da errori rilevanti e riconoscibili, comportamenti che forzino le regole di gara. Del pari, quest’ultima e, in particolar modo, l’affidamento che ingenera verso il non predisponente non sono manifestamente irrilevanti, onde la sanzione espulsiva dalla gara, appunto per la sua gravità in sé e per il rigoroso sistema d’accertamento dei relativi presupposti ex art. 46, c. 1-bis del Dlg 163/2006, va irrogata non in via automatica ma, dopo un altrettanto rigoroso vaglio della fattispecie, alla luce degli artt. 1341, 1367 e 1370 c.c.

Né appare così infondata, a differenza di ciò che opina la controinteressata, la doglianza di cui al quarto motivo d’appello. Essa contesta al TAR, una volta accertata l’illegittimità della clausola de qua per violazione degli artt. 86 e 87 del Dlg 163/2006, di non aver statuito l’annullamento della procedura per intero.

In apparenza, l’effetto d’eterointegrazione del regolamento negoziale con le due disposizioni citate sembra addirittura anodino, nel senso che potrebbe bastare, in presenza della nullità della predetta clausola per sua difformità rispetto ad una norma cogente, la sostituzione con la disposizione legale attraverso la regola contenuta nell’art. 1339, anziché comminarne la nullità sic et simpliciter. In realtà, nei contratti ad evidenza pubblica l’unico effetto negativo sarebbe solo quello espulsivo, nella costruzione del TAR comunque irrimediabile, verso l’impresa che, pur confidando nella possibilità di semplificare l’evidenziazione dei costi per la sicurezza da rischio specifico, resterebbe esclusa dalla gara come se ne fosse unica e diretta responsabile. Sennonché, già nei contratti a prestazioni sinallagmatiche, l’effetto discendente dall’applicazione dell’art. 1339, qualora le parti contraenti agiscano in violazione di una norma imperativa, è non già il residuo di consenso, né la sopravvivenza di un equilibrio oggettivo tra le reciproche prestazioni purchessia, bensì la totale nullità del negozio stesso. A più forte ragione, l’aver indotto un partecipante non predisponente, senza colpa di questi e senza possibilità per lui di porvi rimedio ex post, a confezionare un’offerta secondo una regola di gara poi rivelatasi illegittima, non può risolversi con la mera eliminazione del soggetto incolpevole. Al contrario, poiché la clausola illegittima va interpretata contro il soggetto che l’ha predisposta, quest’ultimo è tenuto, in applicazione della par condicio verso tutte le imprese partecipanti, ad eliminare gli effetti nocivi della violazione bilaterale della norma imperativa, se del caso, come nella specie perché ad offerte già aperte e conosciute, con la ripetizione di detta gara.

8. – In definitiva, l’appello va accolto nei sensi fin qui visti, ma la complessità della questione e giusti motivi suggeriscono la compensazione integrale, tra le parti, del doppio grado di giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (sez. III), definitivamente pronunciando sul ricorso n. 811/2013 RG in epigrafe, accoglie l’appello principale e l’appello incidentale del Ministero delle politiche agricole e per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata, respinge integralmente il ricorso di primo grado.

Spese del doppio grado compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio del 12 aprile 2013, con l’intervento dei sigg. Magistrati:

Pier Giorgio Lignani, Presidente

Bruno Rosario Polito, Consigliere

Angelica Dell’Utri, Consigliere

Hadrian Simonetti, Consigliere

Silvestro Maria Russo, Consigliere, Estensore

DEPOSITATA IN SEGRETERIA il 18/10/2013.

 

 

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